Il buio della notte si può vincere
In quale ‘casa’ vogliamo abitare? Sfida è la qualità del nostro credere, da cui ci viene la giusta intelligenza di ciò che la vita richiede. E che ci richiede di fare ‘insieme’.
Ritrovare motivazioni forti. Insieme
La crisi è figlia degli errori del passato. Come l’iniqua distribuzione del reddito. Le ombre della miseria si dilatano ormai anche sul così detto Occidente e l’urgenza dei tempi che stiamo vivendo stimola proprio tutti a riconoscerci e muoverci finalmente in un “insieme”, a svolgere ognuno la propria parte guardando con coerenza e fedeltà al tutto. Tale scelta non è altruismo, beneficenza o bontà. È saggezza di vita, perché l’uomo in primo luogo è e rimane “un essere di relazione e non di produzione”. E tutti in qualche misura possiamo testimoniare che l’affanno di possedere fa diventare schiavi delle cose a scapito dei rapporti con le persone e del bene ‘comune’.
Ma questa purtroppo è la situazione del nostro tempo: di decadenza. Che non è l’abbandono dei valori, o la rinuncia a vivere ‘qualcosa’ per cui comunque si pensa che valga la pena di vivere. Più sottilmente decadenza oggi è ciò che priva l’uomo della passione per la verità, gli toglie il gusto di combattere e vivere per ragioni più alte, lo spoglia di ogni motivazione forte. Ci chiediamo: il Vangelo – unica e vera parola di libertà – è tale anche per l’uomo di oggi? Lo può essere, senza la mediazione di qualcuno o di tanti? E il compito dei consacrati – in questo tempo storico – quale sarà? quale potrà essere?…
Intelligenza del concreto
Crescono gli “scoraggiati”. In Italia quasi tre milioni di inattivi secondo l’Istat: il livello più alto degli ultimi otto anni, tre volte superiore a quello medio europeo. Alla regione Veneto – per anni considerata un’isola felice dello sviluppo – il triste primato di nove piccoli imprenditori che hanno deciso di togliersi la vita davanti alle crescenti difficoltà persino a ottenere il pagamento di crediti. Rastrellamenti fiscali mettono a dura prova la sopravvivenza dei pensionati e la consistenza dei redditi delle famiglie. Qualcuno definisce il tutto ‘macelleria sociale’. Certo un fiume sempre più pieno di poveri quotidianamente bussa alle porte dei nostri Istituti e case, e chi era già povero si trova ora a competere nella miseria con i nuovi arrivati, in cerca di quell’essenziale per vivere che, per natura, è diritto di tutti. E quando i poveri, immersi nella loro solitaria disperazione, tentano una qualche legittima ribellione e resistenza, capita che maliziosamente siano stoppati dai mass media.
Intanto corruzione e disprezzo delle regole del codice nel nostro Paese sembrano regnare sovrani, addirittura indisturbati. Come pure l’arroganza con cui sempre più spesso se ne esibisce la trasgressione nel vivere civile. Più inquietante ancora è il fatto che le regole sono disprezzate per un semplice, terribile motivo: è molto diffusa fra noi la consapevolezza che la trasgressione non comporta quasi nessuna punizione e non occorrerà mai risarcire niente di niente, né vergognarsi. Così si moltiplica l’abitudine fra gli ‘umani’ a dichiarare giusto ciò che conviene. Sembriamo insomma paurosamente inadeguati alla radicale trasformazione storica che stiamo attraversando e impreparati all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, necessaria per affrontarla. E dire che a inventare il cittadino responsabile siamo stati noi italiani nel Rinascimento!
La politica oggi è invisa. Ma ai partiti per primi e alla classe dirigente spetta apprendere dai propri errori, e non mancare – per indolenza e autoconservazione – l’appuntamento con la verità. Questo perché la corruzione ha radici proprio nelle menti e in memorie striminzite. Lunga è la lista dei mali occultati e spesso dimenticati. Denunciare e temere l’antipolitica non basta. È necessario comprendere in tempo l’essenziale raccogliendo davvero e con i fatti il messaggio che viene a tutti dalle battaglie dell’Italia migliore (antimafia, anticorruzione). Su questa strada è possibile rigenerarsi, ricostruire le comunità, ricomporre il mondo frantumato e cominciare una nuova Storia.
Un altro modo è possibile
Un altro mondo, e anche un altro modo di vivere, è possibile. Perché sempre è possibile mettersi alla ricerca di stili di vita personali che, cambiando noi stessi, possano cambiare anche il mondo intorno a noi; è possibile impegnarsi a conoscere la realtà non per dominarla e piegarla alle proprie vedute, ma per riconoscere l’altro – ogni ‘altro’ – e dargli parola rispettandone i diritti. Senza ‘insieme’ non c’è crescita e non c’è solidarietà: né economica, né politica, né sociale. E nemmeno affettiva e sentimentale. La stessa economia di mercato è compatibile con intenzioni di solidarietà se è regolata davvero secondo i dettami della Costituzione italiana che, nella forma e nello spirito, sposa il lavoro per tanti piuttosto che la ricchezza per pochi, mira al “pieno sviluppo della persona e all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori”. Il mercato crolla quando lo si sfrutta mirando solo al proprio tornaconto e lo Stato si impoverisce se non si sta alle regole della solidarietà tributaria. Nell’economia di Dio e nella logica della sua aritmetica – in cui Lui ci chiede di entrare – per moltiplicare è necessario imparare a dividere e condividere. Per questo ci ha consegnato il mondo affidandoci gli uni agli altri, reciprocamente.
Qualità del nostro credere in un mondo di cui Dio – nonostante tutto – non si è pentito…
Per muoverci in tale direzione il Padre ci chiede l’ascolto credente della Sua Parola incarnata e rivelata nel Figlio. Ascolto credente possibile solo nella fedeltà alle domande vere di questo nostro mondo e all’uomo reale, al quale Cristo Gesù si è fatto fedele fino all’abisso della croce. Sconvolgente questo Dio che si fa uomo, si incarna; che non è rifugio dalla crisi (qualunque crisi!), e neppure alternativa al naufragio. Ma lungo la strada della passione per il Vangelo invita tutti a esplorare se stessi per provare la meraviglia di essere stati creati e amati da Dio: esperienza che apre la strada a risposte coraggiose nel tempo.
…è il ‘farsi poveri’ per costruire il Regno
La povertà materiale, il farsi evangelicamente poveri consente poi di scoprire che non abbiamo null’altro da dare che noi stessi: il mio tempo, la mia presenza, il mio sguardo, i gesti della mia vita… Consente di essere come i veri poveri: “feriti dalla ferita degli altri”. E si conosce l’audacia del percorrere vie nuove, che conducono a ritrovare se stessi e la propria dignità; a farsi lucidi interpreti del presente in forza della Parola che ci è stata consegnata. Diventare capaci di dire la fede dentro e fuori la Chiesa e perciò audaci costruttori del futuro. Liberi finalmente e aperti al soffio dello Spirito, ci si muove davvero verso orizzonti nuovi. Il proprio cammino nella storia diventa così un segno del Regno…Ed è la meraviglia della Verità nella povertà: il Signore è l’unica ricchezza che vale davvero, l’unico assoluto amore, l’unico progetto che conta.
Luciagnese Cedrone
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