Fiaccolata di fede, memoria e profezia

Posted by usmionline
ott 18 2012

Il «popolo di Dio in cammino attraverso la storia» in fiaccolata. Chiamato a ripensare in modo nuovo il rapporto tra fede e storia e tra Chiesa e mondo; a coltivare una fede adulta che non oscuri la ‘profezia’ nel mondo contemporaneo; a non interrompere il cammino avviato cinquant’anni fa con il Concilio…

Si apre l’Anno della Fede
Non è semplice commemorazione dei cinquant’anni dal Concilio Vaticano II la fiaccolata realizzata da quaranta mila persone la sera dell’11 ottobre 2012 in Piazza S. Pietro, a Roma. È invece memoria viva di un evento importante; memoria necessaria per il cammino che i cristiani si trovano a fare oggi nei “deserti del mondo contemporaneo”.
Come cinquant’anni fa, la Piazza sembra incendiata in un mare di luci. Sono comitive di giovani e gruppi di religiose, famiglie e sacerdoti, persone anziane e bambini…Tutti guardano avanti verso il futuro che questo Anno della fede vuole contribuire a rischiarare come le fiammelle della loro fiaccolata e aspettano. Tutti con gli occhi a quella finestra illuminata del Palazzo apostolico dalla quale l’indimenticabile Giovanni XXIII improvvisò lo storico discorso “della luna”.

Il saluto di Benedetto XVI
E Benedetto XVI non li delude. Nel suo saluto a braccio, da quella stessa finestra ricorda ai presenti: “Quella sera eravamo felici e pieni di entusiasmo: il grande Concilio ecumenico si era inaugurato ed eravamo sicuri che doveva venire una nuova primavera della Chiesa, una nuova Pentecoste, una nuova presenza liberatrice del Vangelo (…) Anche oggi portiamo la gioia nel nostro cuore, ma una gioia più sobria, una gioia umile: in questi cinquant’anni abbiamo imparato ed esperito che il peccato originale esiste e si traduce in peccati personali, che possono divenire strutture di peccato, visto che nel campo del Signore c’è anche la zizzania, che nella rete di Pietro ci sono anche pesci cattivi, che la fragilità umana è presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando con vento contrario, con minacce contrarie. E qualche volta abbiamo pensato: il Signore dorme e ci ha dimenticato”.

Poi il Papa aggiunge:
 “…ma abbiamo fatto esperienza anche della presenza del Signore, della sua bontà: il fuoco di Cristo non è divoratore né distruttivo, è un fuoco silenzioso, una piccola fiamma di bontà: il Signore non ci dimentica, il suo modo è umile. Il Signore è presente, dà calore ai cuori, crea carismi di bontà e carità, che illuminano il mondo e sono per noi garanzia della bontà di Dio”. Sì, Cristo vive con noi e possiamo essere felici anche oggi.

«Abitiamo i deserti del mondo»
La folla certamente non fatica a riconoscersi nella “desertificazione spirituale” (immagine suggestiva usata da Benedetto XVI, nella omelia della Messa di apertura dell’Anno della fede); si riconosce nel deserto quotidiano che cresce dentro la banale abitudine delle piccole cose, da cui scaturisce un vuoto insieme a un senso di smarrimento, che spesso non riusciamo nemmeno a definire chiaramente. Il più grave pericolo oggi è una fede tiepida e assopita. Attraverso di essa il vuoto si diffonde e la realtà della vita vera si oscura e deforma.

È necessario – è il richiamo del Papa ai cristiani – ritrovare la «tensione commovente» che ebbe il Concilio per il «compito comune» di far «risplendere la verità e la bellezza della fede nel nostro tempo». Perciò è necessario guardare molto bene il ‘deserto’ – specchio del nostro torpore – perché nel suo ‘nulla’ può germinare di nuovo come un seme ostinato la domanda di Dio.

Ascoltiamo ancora le parole del Papa:

“…a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita”. Nel deserto, ha evidenziato ancora il Papa, “c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza”. È la fede vissuta infatti che “apre il cuore alla grazia di Dio la quale soltanto libera dal pessimismo. Oggi più che mai, evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada”.  

Ripartire dalla ‘Cattedra del Concilio’
Il Concilio invita a una conversione dell’agire. Benedetto XVI insiste sulla necessità di ‘tornare’ alla ‘lettera’del Concilio per riscoprire, nel suo spirito autentico, l’essenziale per vivere e per intenderlo come inizio della nuova evangelizzazione. I vescovi nel Sinodo si sono messi ancora in ascolto,in queste settimane, della Parola e della condizione umana. A tutti noi è chiesto di ristabilire un contatto con ciò che è avvenuto cinquant’anni fa, cominciando dal mettere – il credente e il non credente che sono in ognuno di noi -in condizione di interpellarsi, di confrontarsi e di misurarsi anche con le parole della fede perché essa diventi più matura.

Con il passare del tempo, infatti polvere e sporcizia si depositano su tutto: anche sulle nostre comunità e su noi, che camminiamo con il mondo, e -secondo le parole del Concilio e, oggi, del Papa – ne condividiamo anche le debolezze.

Il contesto socioculturale attuale è divenuto, con la globalizzazione, irreversibilmente pluriculturale, plurietnico e plurireligioso. Come dialogare con questo mondo, condividendone le speranze e i problemi? Come porsi in esso oggi in modo nuovo per agire da fermento spirituale, culturale e sociale?

Certamente ci si impone uno sforzo formativo straordinario soprattutto sul piano della maturazione della fede, che sola può farci capaci di una vera ripresa spirituale… perché “non vogliamo essere fedeli tiepidi, ma pellegrini sulle vie della storia e dentro la storia, per assumerci le nostre responsabilità e trasmettere la fede alle giovani generazioni”.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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