Viaggiatori nel tempo della vita

Posted by usmionline
lug 16 2012

Noi uomini in viaggio sui sentieri dell’Eterno. Vivere e morire: due classi della stessa Scuola, ma nella società occidentale, dominata dal sentimento della morte, sembra proibito parlare e perfino pensare alla morte, se non per cercare di esorcizzarla spettacolarizzandola.

Stralci da una lettera

Carissima F.,

la settimana scorsa il figlio di un mio caro amico, al padre che stava morendo fra tante sofferenze a causa di un tumore, mentre in tanti eravamo lì intorno al suo letto (…aveva voluto anche la ‘monaca’ – come mi chiamava lui!), ha chiesto: “Dimmi, papà, se c’è qualcosa che posso fare per te…”. Il padre, pienamente cosciente fino alla fine, con un filo di voce e uno sguardo pieno d’amore gli ha risposto: ”Guarda e impara!”.

Certo non è dato a tanti di morire così e non ogni morte porta con sé la stessa forza di istruzione e rivelazione. Ma è altrettanto certo che dove c’è amore, è compiuto tutto il significato della vita. Tutto il resto diventa completamente indifferente.

La lotta contro la morte inizia dalla nascita e riempie la vita. È vero che felicità e orologio si escludono perché in un certo senso la morte sta nascosta negli orologi. Ed è anche vero che noi per illuderci di possedere il tempo cerchiamo in tanti modi (inutilmente!!) di riempirlo. Ma credere in fondo non significa avere risposte già pronte… forse è solo la possibilità di vivere la pace di sapersi infinitamente amati da Dio e contagiarla. Ti confesso, cara F., che anch’io proprio di fronte alla morte dei miei genitori, ho visto più chiaramente – e ancora solo fugacemente – che cosa sia la vita in realtà. È stata per me la fine di un mondo unico. Sono debitrice al mio papà e alla mia mamma che ho visto perdere forza e varcare il tratto di strada che da qui vediamo e che a me ha tolto volti di cui vivevo. Mi è rimasta di loro (e anche di tanti che ho conosciuto) la speranza, la certezza nella fede che nulla va perduto della nostra vita: nessun frammento di bontà e di bellezza, nessun sacrificio per quanto nascosto e ignorato, nessuna lacrima e nessuna amicizia vera… “Insegnaci a contare i nostri giorni per arrivare alla sapienza del cuore”, preghiamo col salmo 89. E io me lo ripeto nel cuore ogni giorno, potrei dire: ogni momento.  

Rimane però il fatto che il mistero circonda e quasi opprime la vita: un argomento ad alta tensione che tocca tutti, anche inconsciamente. Non ha torto il sociologo Bauman nel sottolineare che l’unica e la sola cosa che non possiamo e non potremo mai raffigurarci è un mondo che non contenga noi che ce lo raffiguriamo. La morte in realtà è la personificazione dell’ignoto. E qualsiasi cosa abbiamo fatto per prepararci ad essa, probabilmente ci troverà comunque impreparati… Ma prima di essere chiamati ad uscire di scena, arriva per ognuno – ne sono convinta – un momento in cui sentiamo di dover mettere con coraggio e onestà le carte in tavola per capire su quale fede davvero stiamo basando la nostra vita, senza lasciarci  condizionare dalla paura di doverla riconoscere povera, spoglia, drammatica o nuda. Credere non significa semplicemente pensare che Dio esiste. È invece fidarsi di Qualcuno e “assentire alla chiamata dello Straniero che invita”. È certezza che nessuno è un numero davanti all’Eterno, è – spiega Bruno Forte – rimettere la propria vita incondizionatamente nelle mani di un Altro.

Giustamente Benedetto XVI ha parlato, a proposito del nostro oggi, di “stanchezza del credere”. Più che mancanza di volontà, all’uomo occidentale sembra mancare proprio la capacità di rischiare su qualcosa di assoluto. Così egli si guarda allo specchio e parla solo di se stesso, incapace di preghiera e anche di rivolta. Tutto finisce per lui per essere ‘uguale’ purché ‘conveniente’. E il ‘senso’ non lo trova se non è… immediato, pratico, individuale.

In realtà ci identifichiamo con il nostro corpo, con gli oggetti e gli affetti che sono esterni a noi; diamo molto peso alle cose materiali. Pensiamo che con la morte perdiamo tutto questo, e in effetti è così visto che “l’ultimo vestito che indosseremo è senza tasche”.

E mentre sentiamo la morte come la perdita di tutto, ci lasciamo prendere dal breve giro degli affanni e dei tornaconti immediati che prima o poi conducono nell’angoscia di un buco senza fondo.

Ma la casa, l’auto, i parenti, il lavoro… non siamo noi. La morte non sigilla nel nulla tutto quello che abbiamo vissuto e sentito. Ciò che è stato con noi fin dal momento della nascita ci accompagnerà anche nella morte. Non è necessario nemmeno avere “fede” per comprendere queste cose.

Eppure chissà perché continuiamo a credere che tutti gli uomini siano mortali, tranne noi stessi! E così, come dice Pascal, non avendo nessun rimedio contro morte, miseria e ignoranza, gli uomini hanno stabilito, per essere felici, di non pensarci mai.

Tu hai ragione, F.: la morte dovrebbe essere la cosa più bella, se noi amassimo veramente Dio. Questo perché non siamo fatti solo per misurarci e compierci in un soffio di anni. Ho meno dubbi sull’esistenza di Dio che sulla mia stessa esistenza. Sì, non veniamo da noi stessi e non abbiamo base in noi. Siamo fatti invece per confrontarci con il grande mare dell’Eterno, che si apre dietro a quella ‘porta’.

Nei giorni che ci sono dati, la vita riserva ad ognuno la possibilità di accogliere e riconoscere l’esistenza di un orizzonte più ampio in cui cercare Dio e sentire di essere cercati da Lui. Ma riuscirvi richiede l’impegno a relativizzare se stessi disponendosi alla ‘morte’ quotidiana che questo comporta. Allora in noi e intorno a noi crescono fiducia, meraviglia, accoglienza, perdono… tutto ciò che in una parola il cristiano chiama dono della conversione

Camminiamo in cordata, mia cara F.

Contando sulla fedeltà di Dio che non ci manca mai perché Egli ci ama sempre e comunque, riusciamo a connetterci con le domande della storia e a mettere il nostro agire sui sentieri del ‘senso’. E se la vita e le situazioni cambiano, sempre però ci è dato di riconoscerci e vivere tutti come fratelli uguali nella dignità, nei diritti e nei doveri; di nutrire interesse per l’altro e per quello che accade nel mondo; di pregare per spostare quelle montagne di odio e ingiustizia che con le nostre sole mani a volte non riusciamo nemmeno a toccare.

“Tra voi non sia così…”. Gesù esorta quelli che scelgono di seguirLo a fare quanto è nelle proprie possibilità per lottare contro la povertà e l’ingiustizia…

Su questa strada anche lo spirito moderno, nato all’insegna di ‘felicità-più felicità, sempre più felicità’, potrà conoscere la gioia autentica della vita camminando sì nella notte, ma imparando anche ad aprire gli occhi alla luce della bellezza, che la fede in Cristo dischiude alla nostra fede.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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