In cerca di cielo

Posted by usmionline
nov 05 2012

Nel mondo occidentale l’odore dei soldi toglie lucidità a troppi e chiude il cielo. Nei pochi che con la bellezza di una fede radicale lo tengono aperto, è tutta l’umanità che trova la sua via per uscire vincitrice da tempi tanto insicuri.

Figli di polvere corrotti dal potere…
Troppi gli scandali in questo nostro tempo, tanto che la vera notizia è qualcuno ‘in alto’ che non ruba. Così anche sulle pagine dei nostri quotidiani il denaro, realtà o sogno che sia, occupa tutti gli spazi. La vita è uno schifo, comincia cinicamente a pensare qualcuno! Comanda solo chi ha le tasche piene e il più delle volte lo fa per riempirsele meglio. Anche il Papa, ricordando l’invettiva di san Giacomo contro “i ricchi disonesti”, ha richiamato con forza alla equità e moralità, a tutti i livelli.

…e realtà viventi
Eppure esistono in mezzo a noi realtà di cui si parla troppo poco. Nel nostro Paese c’è chi vuole e sa vedere; chi ha il coraggio civile di porsi e porre domande e si dà da fare in prima persona per cambiare le cose anche quando sembra che non ci siano intorno orecchie per ascoltare. Gran parte del Paese reagisce agli scandali della politica e alla corruzione. Dalla gente comune viene un grido di opposizione contro lo strapotere del denaro che detta le regole e crea una società ingiusta scrivendo sulla filigrana delle banconote il futuro dei padri e dei figli. Le nuove generazioni, che hanno gli occhi più puliti e riescono a vedere più chiaro, percepiscono l’angoscia del momento – anche attraverso lo sbandamento dei genitori di fronte all’urto della crisi – e scendono in piazza. Dunque non siamo ‘morti’. Dunque se si vuole si può fare resistenza a ciò che è disonesto, perché nella vita c’è altro. E lo sbocco ad ‘altro’ si può trovare con intelligenza, con forza e senza violenza.
In tutto questo non si tratta di costruire un mondo a misura della propria pretesa o attesa. Nemmeno di smussare e bacchettare continuamente il mondo in cui viviamo perché diventi di nostro gradimento. Il senso alla propria vita, infatti, nel ‘mondo’ di ogni tempo, non lo danno gli amici o i nemici,  il buio o la luce degli avvenimenti, ma il come vengono vissuti.  
Anche quello in cui viviamo è semplicemente e sempre il mondo concreto e insostituibile che ‘Dio ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito’ (Gv 3,16): il luogo del nostro incontro con Lui.

Responsabilità individuale e ordine sociale
Il cambiamento della società è di secondaria importanza; esso avverrà naturalmente, inevitabilmente, quando voi, come esseri umani produrrete questo cambiamento (…) Voi siete il mondo.” Sono parole che Jiddu Krishnamurti -filosofo apolide di origine indiana – amava ripetere. Ma è possibile davvero diventare capaci di cogliere e di agire questo rapporto vitale fra noi e il ‘mondo’, fra ciò che siamo ‘dentro’ (e che interiormente condiziona i nostri rapporti umani) e la struttura sociale esteriore? Comunque sia ci vuole un grande coraggio per avviare in sé una rivoluzione interiore seria e coerente, da cui possa prendere forma una rivoluzione sociale.

Nel nostro Occidente oggi non è certo il messaggio cristiano a fare problema, ma il fatto che esso venga associato a una comunità di credenti, che non si rivela all’altezza della situazione. C’è un deficit di testimonianza nei comportamenti quotidiani. La visione della fede in tanti è ‘mercantile’ e la pratica religiosa spesso è vissuta come un parafulmine contro le disgrazie che a volte la vita riserva. Ma una fede esibita come ‘uniforme’ o solo come gesto esteriore vacuo e contraddittorio certo non cambia né la propria vita, né il contesto sociale.   

E quando in pieno giorno è buio nel cuore?…
A volte nel segreto del nostro cuore cerchiamo e quasi accarezziamo il potere, piccolo o grande che sia, per evitare il confronto alla pari con gli altri, o forse con l’illusione di trovare una specie di rifugio intoccabile che dia la sensazione di essere più al sicuro. Ma i beni materiali e il potere come anche il successo, cercati e usati unicamente per se stessi e non nella prospettiva della solidarietà e del bene comune, non possono che far deviare nel viaggio della vita, senza per altro condurre a una visione chiara di sé. Aveva visto giusto Marcel Proust quando affermava che “le opere, come nei pozzi artesiani, salgono tanto più alte quanto più a fondo la sofferenza ha scavato il cuore”, perché è la sofferenza ad esigere che il vero io venga alla luce.  E a ben vedere si scopre che i più clamorosi successi degli ultimi anni (personali, nazionali, economici, artistici…) sono germinati proprio nell’incubatrice del più doloroso ‘flop’. Ma è necessario disporsi ad accogliere che la vita sgorghi dal paradosso della sua stessa negazione, senza pretendere di trattenere ciò che ci piace ed evitare ciò che non ci piace.

Ben vengano allora i tempi in cui ci si ritrova ad affrontare faccia a faccia il nulla di sé, mentre tutto ciò che aveva dato significato alla propria vita viene strappato via; quando sembra venire a mancare l’energia per vivere e lavorare; quando dentro di sé un urlo prolungato impedisce di sentire e all’orizzonte non si riesce a vedere altro che un abisso senza fondo…  

Ma come passare da questa angoscia alla libertà, dalla depressione alla pace, dalla disperazione alla speranza? Come recuperare interesse per i problemi degli altri, affrontare la storia, misurarsi con la vita? Soprattutto come sviluppare una più coerente capacità di dare amore senza aspettarsi sempre in cambio altro amore?

Lo star bene, con se stessi e con gli altri – l’arte del vivere insomma – è qualcosa che si impara in un intenso rapporto con Cristo, ci ricorda Benedetto XVI. Il Signore non ci lascia soli nei combattimenti, nei compiti e nei cammini della vita, anche quando non lo sentiamo. L’incontro con Lui rifà nuova ogni giorno l’innocenza interiore della sua creatura e la mette in grado di attraversare il tempo dell’angoscia senza perdere la fiducia nella Vita. Un cuore ‘piccolo’ infatti sperimenta sempre che Dio, se non preserva nessuno dalla sofferenza, non lascia però che qualcuno la viva da solo. E l’energia che viene dal credere fino in fondo diventa contagiosa, si propaga, abbatte i muri, apre gli orizzonti… Così il mondo cambia.

Il compito che viene dalla fede…
In sintesi il compito che viene dalla fede è quello di permettere alla barca della propria vita che il vento dello Spirito ne gonfi le vele. Con la Sua spinta ognuno potrà lasciarsi alle spalle il porto ‘sicuro’ di se stesso con i pensieri, i sentimenti, gli atteggiamenti, le decisioni da prendere, le azioni da compiere…; potrà mettere i suoi passi su quelli del Figlio di Dio fatto uomo; e andare verso i fratelli in umanità con la capacità di riconoscere in essi tutto ciò che di buono e di bello li abita. Per questa traversata ogni barca va bene, nessuna esclusa, perché per Colui che ci ha creato nessuno è creta inutile. Egli vuole semplicemente  impadronirsi della debolezza profonda di ognuno e lì vuole incarnarsi come lievito e come sole nel fango.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Comments are closed.