L’economia si muove verso un respiro umanistico
Quest’anno il Nobel per l’economia è stato assegnato agli americani Alvin Roth e Lloyd Shapley, due docenti esperti di scienza economica. Hanno insegnato una cosa semplice e grande: il mercato – che è interazione tra persone – non è per forza più efficiente se affidato al metro del denaro. I due esperti lo dimostrano insegnando strade diverse, molto più furbe, per ottimizzare la vita economica di una comunità. Arrivano a tale conclusione dopo aver dedicato gran parte del loro tempo ad osservare e studiare il comportamento delle persone. In particolare: Roth ha collaborato a ridisegnare meccanismi per la selezione di medici al primo incarico, per le scuole superiori di New York e le scuole elementari di Boston. E Shapley ha dimostrato come la creazione di un metodo per far incontrare domanda e offerta può beneficiare sistematicamente una o l’altra parte di un mercato.
Con il loro contributo, il pensiero umano si avvicina, lentamente e inesorabilmente, ad una faticosa conquista: il denaro non è la misura di tutto! Se, per esempio, l’accesso a una risorsa limitata come l’istruzione universitaria viene riservato a chi porta più denaro; se nei concorsi le raccomandazioni continuano a vincere sui meriti; se il progetto Erasmus – nato con lo scopo di cementare l’unione tra i giovani della Comunità europea – è diventato più elitario perché sono diminuiti i fondi e così i giovani avranno meno esperienza di vita … Tutto questo oggi non è più solo ingiusto! Shapley e Roth lo hanno dimostrato e insegnato: è semplicemente stupido, perché il mercato è da gestire e non da subire.
Il messaggio che ci viene da questo Nobel rende meno triste la ‘scienza triste dell’economia’. Ci rivela che la cultura globale si muove nella direzione del respiro umanistico, la via lungo la quale il Vangelo potrà penetrare anche nella cultura oggi emergente. Tutto questo apre certamente il cuore alla fiducia. In tal senso ci sono già segnali positivi nel mondo: imprese che hanno scelto di mettere la persona al centro del proprio processo economico; banche che non fanno speculazione, ma più semplicemente finanza per il mercato. Il modello di società in cui viviamo, insomma, non è l’unico possibile, ma è solo il frutto delle nostre decisioni.
La speranza e gli scartati
D’altra parte il segnale da Facebook è chiaro: la voglia di buona Europa cresce e si fa sempre più forte su tutti i fronti … E l’altro Nobel, quello assegnato all’Unione Europea - che è stato letto soprattutto come un riconoscimento ai Padri che seppero intravvedere il percorso della pace e dell’Unione – mentre riconosce all’Europa il merito della pace più lunga mai vissuta dal Continente, incita tutti a sognare e a muoversi nella direzione di una speranza più fondata.
Ma è necessario svegliarsi dal sonno della logica ancora dominante e da quello delle coscienze. Conosciamo bene infatti i guai economici dell’Europa (… per riferirci al nostro continente), i discordi interessi tra le nazioni e le classi sociali; conosciamo il lavoro precario, le diseguaglianze crescenti e la disperazione; ci giungono quasi ogni giorno notizie intorno alla corruzione che ha inquinato le nostre istituzioni, mentre nelle cronache giudiziarie italiane si susseguono notizie di arresti clamorosi e condanne per reati commessi da personaggi ufficialmente impegnati a servire l’economia nazionale.
Richiami e drammi della storia
In tale situazione sembra che nessuno abbia voglia di ricordare che:
- è in fermento anche un’altra realtà: quella globale
- si rischia la guerra tra Israele e Iran
- la Palestina è disperata
- la popolazione siriana è all’estremo delle sue forze
- l’Africa è sempre percossa da flagelli e da conflitti tribali
- Con l’elezione del Presidente negli Stati Uniti si gioca in qualche modo il destino del mondo …
Economia non è solo profitto …
La diffusa convinzione della nostra società è che il potere (a partire da quello che si concretizza nel denaro) è un bene, e che chi lo possiede non può fare altro che desiderarne di più. Così circondati da tanto potere è facile cedere alla tentazione di ricercarlo come fanno tutti gli altri. Occorre invece non rassegnarsi alla supremazia del mercato, dove la produzione a tutti i costi cancella ogni valore. È necessario cioè saper leggere e interpretare i fenomeni sociali determinati dalla globalizzazione “con intelligenza e amore della verità”. Un bisogno crescente di giustizia vive in ogni angolo della terra. Lo spazio dunque è quello globale.
… è umanizzare la globalizzazione
Il punto è trovare nuove regole, nuovi vincoli e garanzie, nuovi incentivi e nuovi orizzonti per un’economia di liberazione e una democrazia realizzata. E la via è tornare al centro, al cuore, per non perdere le motivazioni che orientano al bene comune; raccogliere le speranze e le angosce dei poveri, anche quando questo significa rischiare la persecuzione. Perché l’autentica e grande speranza (quella trascendente) può essere mantenuta in tutti solo con i segni della speranza storica. Il mondo dei poveri ci insegna come deve essere l’amore cristiano, che cerca sicuramente la pace, ma smaschera il falso pacifismo, la rassegnazione e l’inattività.
Centinaia di migliaia di persone rischiano ogni anno la vita per arrivare in Italia e in Europa, trovarvi un lavoro e mettere su casa. Lasciano dietro di sé una tragica scia di morti pur di fuggire dall’inferno in cui vivono. Per loro l’Europa è la ‘speranza’ anche se a molti europei d’oggi sembra piuttosto una terra di desolazione.
Il Nobel all’Unione europea allora significa – insieme al riconoscimento per la pace realizzata in 60 anni – un augurio, un’esortazione e la fiducia che i giovani, con l’intelligenza e la passione che li caratterizza, sappiano raccogliere il meglio di questa nostra Europa, lo facciano crescere e diventare storia quotidiana.
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it