Con la coscienza che rende ognuno insostituibile e solo, farsi compagni di viaggio di tutti, per cercare insieme la verità delle cose e degli uomini, prima e più della propria sicurezza.
Immersi nella bufera della storia…
“Noi ignoriamo questo mondo che ci circonda, che cammina a fianco, ma contro la nostra fede e la nostra concezione della vita. Noi lo ignoriamo perché non lo amiamo come si deve. E non lo amiamo perché semplicemente non amiamo”.
Così scriveva Giovanni Battista Montini in una lettera circolare per la giornata fucina del 1927. Eppure il suo monito risuona attualissimo per noi, immersi oggi insieme a tanta gente in una inedita complessità di situazioni e dentro una temperie culturale in cui ciò che ognuno vuole sembra essere la definitiva e unica legge.
Anche in questo nostro oggi il problema è tutto nel conoscere e nell‘amare come si deve o più semplicemente nell’amare il mondo reale che ci circonda. L’amore certo non si comanda, eppure, quando c’è, comanda tutta la vita fino a trasformarla.
…per entrare nella realtà che ci circonda
Ma come cercare con intelligenza le attese delle persone, i problemi del proprio territorio e del mondo globalizzato? C’è una via per sentirli propri? E come coltivare quella riconoscenza in cui poter cercare e riconoscere i beni che non hanno bisogno di essere divisi per appartenere a ciascuno?
Certamente è nel quotidiano e nel cordiale incontro delle persone che può crescere la coscienza di essere cittadini e l’opportunità di occuparsi insieme della cosa comune. Il reciproco riconoscimento fraterno e l’amicizia -vere radici di ogni possibilità di convivenza- possono essere sperimentate solo nella quotidianità sofferta e partecipata.
Il peso e le possibilità del quotidiano
Il reale che ci circonda però ha un suo peso specifico non sempre tollerabile. Tante volte sentiamo ripetere (o diciamo noi stessi): Una volta ci si comportava diversamente … Ai miei tempi questo non accadeva! Indubbiamente c’è stato negli ultimi anni un accelerato cambio di costume e di coscienze. Certamente è sempre più facile cogliere la decadenza dei livelli di moralità negli altri e nella società che in se stessi; se non si ha, comunque, una soluzione per risolvere un problema, la realtà diviene ‘pesante’. Allora è facile fermarsi a guardare alle proprie forze, avere la sensazione di non farcela e sentirsi finiti. È facile anche perdersi in sogni di fuga e di evasione e dimenticare che la vita si gioca nel fidarsi. Sì, il raggomitolarsi in se stessi e la paura tagliano alla radice il movimento di fiducia nella vita. Comprendere invece che Dio è presente con noi in tutti i momenti misteriosi, nascosti e difficili della nostra esistenza fa sentire rinati.
La luce può venire dal groviglio del cuore
L’oggettiva difficoltà di sapere cosa sia più giusto fare per il bene comune quindi non dipende solo dal groviglio di legami esistenti all’interno dell’ambiente nel quale la persona vive e da cui ogni giorno cerca di districarsi, ma dipende anche dal groviglio che è dentro il suo stesso cuore. Siamo portati spesso a chiamare verità ciò che ci fa più comodo ed errore quanto ostacola i nostri desideri, perché accettare la verità morale può comportare di cambiare le proprie abitudini e questo forse non è facile per nessuno. Può anche accadere che atti i quali esteriormente appaiono scorretti, per la persona che li compie sono conformi alla sua coscienza. Ci sono quindi resistenze soggettive ad arrendersi alla verità. Dà fiducia però il fatto che in questo cammino non si parte mai da zero. Ognuno può trovare risorse positive nella propria personalità morale e anche aiuti di natura oggettiva dentro la propria comunità di appartenenza per potersi orientare e trovare una verità ‘pratica’.
Che fare allora?
La verità esiste e va cercata, disposti ad accoglierla sinceramente in sé, va cercata insieme. Nel dialogo – con gli altri e con le loro esperienze – è possibile procurarsi informazioni più veritiere sulle situazioni. Rimane difficile comunque uscire del tutto da sé per lasciarsi coinvolgere nelle realtà che ci circondano (famiglia, comunità in cui si vive…). Riconoscersi appartenenti e farsi partecipi di un destino comune aiuta ad effettuare quella conversione che comporta poi un totale rivolgimento nella propria visione della realtà.
Un proverbio indiano definisce l’età adulta come un ritirarsi nel bosco. Il che significa imparare a riconoscere i propri limiti e saper fare anche un passo indietro se necessario, nella convinzione che la verità va sempre servita e mai asservita al proprio interesse. Il top sarebbe riuscire a non togliere a nessuno la possibilità di ricredersi. E soprattutto non togliere a se stessi il dubbio di aver commesso degli errori, ricordando anche che la divisione a volte può nascere addirittura dalla pretesa di essere i primi ad amare e ad amare di più, mentre l’altro dice il contrario.
Farsi compagni di viaggio nella ricerca della verità permette di apprezzare davvero il valore delle cose più semplici e insieme di fare la propria parte per migliorare la vita. Rimane vero -secondo l’insegnamento del futuro Paolo VI- che la strada maestra per conoscere il bene è amare: più si ama il bene, più lo si conosce, perché nella conoscenza del bene esiste una priorità del cuore sull’intelligenza.
La Verità assoluta esiste e ci sovrasta. E a ognuno è chiesto semplicemente di:
- Volgere tutti i propri sforzi a cercarla con tutte le forze, nella giustizia, nell’uguaglianza, nella pace. Allora forse si potrà comprendere che il limite è la grazia che mette la persona al riparo dalla pretesa di essere quello che non è.
- Conquistare il coraggio di restare, senza fughe e senza soluzioni immediate, anche nel cuore del disagio.
Luciagnese Cedrone
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