Notizie ‘ansiogene’ e realtà

Posted by usmionline
feb 07 2013

Le scene di aggressività e competizione selvaggia come influiscono sul nostro modo di porci in relazione con noi stessi, con gli altri, con la vita? Quali conseguenze può produrre un uso inappropriato dei media?

Che gli uccelli dell’ansia e della preoccupazione volino sulla vostra testa, non potete impedirlo; ma potete evitare che vi costruiscano un nido. (Proverbio cinese)

Iter dei media: realtà – mediazione – rappresentazione
I media oggi sono partner onnipresenti per tutti, tanto che l’epoca attuale è stata definita “società della comunicazione”. Nel bene e nel male fanno parte della nostra vita quotidiana e non possiamo e non vogliamo certo farne a meno. Usati bene, potrebbero essere strumenti formidabili per stimolare la consapevolezza delle persone verso rapporti umani più aperti e collaborativi; per tradurre in concreto i principi democratici della libertà, dell’autodeterminazione e della cooperazione; per costruire legami sociali e un ambiente in cui riconoscersi.

Violenza nei media, crimini sceneggiati …
Ma come parla oggi l’informazione pubblica? L’Italia e il mondo sembrano essere fatti di sola cronaca nera, scandali, scontri politici, gossip. Leggere un quotidiano o vedere un TG è esperienza paragonabile al sentire un bollettino di guerra. Titoli shoccanti, insistenza su particolari morbosi e immagini raccapriccianti sollecitano emozioni negative, spesso senza aggiungere nulla alla comprensione dei fatti. Perfino nei cartoni animati e in tre quarti delle fiction la pistola è il principale mezzo di comunicazione con l’altro, quasi l’ideologia di un mondo, la forza, l’osanna per chi vince.

La violenza sembra essere il simbolo incarnato del mondo che abbiamo di fronte. Una visione cupa e minacciosa, che giornali e TV, con la rappresentazione sbilanciata che danno della realtà, contribuiscono a creare e rafforzare. A chi giova?… In fondo sappiamo per esperienza che si reagisce al male se c’è qualche speranza di riuscire a cambiare le cose. Ma se viviamo in un mondo in cui la mafia vince sempre, il furbo prevale in tutti i casi, i politici sono tutti corrotti, gli ospedali funzionano male dappertutto … allora non resta che rassegnarsi e chiudersi in se stessi; oppure farsi furbi e disonesti, appunto, come ‘tutti’.

… e intossicazione emozionale
La gran parte dei media in realtà punta più agli indici di ascolto che a quelli di consenso, privilegiando il tornaconto economico, o politico, rispetto all’utilità sociale. L’offerta culturale che ne deriva è perciò spesso incentrata su ingredienti dai ‘sapori’ forti, ma di scarsa qualità e con gravi effetti collaterali.

- Ricerche scientifiche dicono che la visione di un film con scene di violenza provoca in genere nella persona un sonno agitato con sogni sgradevoli e introduce col piede sbagliato al nuovo giorno. La persona, inoltre, porta nel suo quotidiano i residui di ciò che aveva inquietato il suo animo. Così facilmente diventa più sospettosa, irritabile, chiusa verso gli altri; propensa più a vedere i rischi che non la bellezza di ciò che la circonda.

- Per tale via si ingenera nelle persone (in particolare nelle più sensibili) un atteggiamento ansioso del tipo ‘viviamo proprio in un brutto mondo’.

- Soprattutto sono i bambini che, nel loro comportamento a volte isterico e incontrollabile, risentono pesantemente della violenza, pur grottesca, dei cartoni animati di supereroi e simili.

- A volte nemmeno l’atteggiamento critico è sufficiente per proteggersi dai condizionamenti dei media. Può capitare infatti che, seguendo un certo programma, ci si ritrovi dentro commozione o ammirazione per un certo personaggio pur sapendo razionalmente che non le merita affatto.

Eppure facilmente si continua a lasciarsi guidare passivamente, per ingenuità o per pigrizia, da ciò che si vede, si sente e si legge e ognuno rimane così sostanzialmente indifeso di fronte agli effetti che ne derivano nella propria vita.

Come operare allora per restituirsi una visione del mondo più umana e più reale? Certo è necessario imparare ad utilizzare i media in modo sempre attivo e consapevole, rifiutando di abbandonarsi passivamente a menù prestabiliti da altri; scegliendo autonomamente una ‘dieta’ personalizzata dei programmi e decidendo le dosi con cui assumerli. È una opzione impegnativa e faticosa, ma il risultato vale la pena.

Collera da esprimere e… collera da reprimere
Come opera per la formazione della coscienza civile e politica dei cittadini una società che acquista, consuma, si lamenta, grida negli stadi, protesta nelle piazze … per scoprire che alla fine di tutto questo i suoi sentimenti e le sue azioni sono inconcludenti?

Le emozioni sociali suscitate dai mass media sono prevalentemente di tipo negativo: paura, invidia, vergogna. Soprattutto vi è presente la rabbia – che si esprime nei titoli e nelle immagini – insieme all’ira con cui vengono descritti i fatti! E l’ira suscita ira. Ci sono anche sentimenti positivi (mitezza, autocontrollo, giovialità, pace…), ai quali viene però dedicato molto meno spazio. La mitezza sembra essere anzi del tutto estranea non solo ai mass media, ma anche alla realtà attuale. Ci è necessario e urgente riscoprire la forza della mitezza che resiste e domina l’ira trasformandola, eventualmente, in una eccitazione giusta per sconfiggere ciò che non va. Ma la cultura di oggi confonde la mitezza con l’apatia indifferente, con la debolezza indulgente di chi dice ‘sì’ a tutto perché vuole essere d’accordo con tutti e con tutte le opinioni; di chi teme di affermarsi solo per paura di essere frainteso, giudicato, di non essere amato e accettato…

…per essere cittadini della civiltà dell’amore
Mitezza in realtà è l’atteggiamento che permette di superare la frustrazione, l’irritazione e lo scoraggiamento di fronte all’apparente sterilità della propria azione e della paura. Viverla è una meta da raggiungere, ardua, difficile, ma non impossibile e comunque è imprescindibile per il cristiano, perché la politica – come gestione della terra umana e cura del bene comune che si riassume nella pace – secondo la beatitudine evangelica sarà affidata ai ‘mansueti’, ai nonviolenti attivi, che oggi sono diseredati ed emarginati.

Il giornalista, che nella sua professione non vede solo il lavoro che gli dà da mangiare ma anche il piccolo quotidiano contributo alla costruzione di una società migliore, può molto. ‘Essere miti’, secondo la beatitudine evangelica, è domanda di quella radicalità che fa sentire acutamente anormali rispetto all’ordine violento e selvaggio in cui domina la supremazia onnivora del profitto. È la buona novella che attraverso il cuore, la mente e la mano di ogni uomo di buona volontà, ogni giorno si rinnova sulla terra..

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Comments are closed.