Fra conflitti dimenticati e nuovi

Posted by usmionline
feb 18 2013

Emergenze umanitarie complesse accompagnano infinite situazioni di conflitto armato nel mondo. Ma cosa sappiamo davvero di queste “guerre lontane”? E soprattutto, cosa può fare ognuno di noi? Come?

Venti di guerra nel mondo                       
Spirano periodicamente nel mondo “venti di guerra” fra la pace da una parte e l’economia globalizzata dall’altra. L’una e l’altra insieme non possono essere risolte, perché a favore dell’economia gioca l’interesse dei poteri forti. Questi appoggiano le guerre per sfruttare risorse naturali ed energetiche (petrolio, acqua, terra..), o per esportare armi e continuare così a produrle. Le armi, in realtà, se prodotte e commercializzate in grandissime quantità, non possono che servire alle guerre.

Sul Pianeta Terra ci sono Paesi in condizioni di conflitto interno, aperto o latente, per instabilità politica e miseria. Ci sono conflittualità diffuse e continue per motivi etnici. Guerriglie – fatte di attentati e agguati terroristici – dimenticate quando il mondo ricco non ha interessi in quelle Terre. Nessuno le ferma. Non se ne parla nemmeno. Solo i reporter di guerra sono testimoni in esse dei diritti violati e delle violenze sui civili. E spesso subiscono per il loro lavoro ritorsioni e attentati.  

Rispetto a situazioni “vecchie” di conflitti armati degenerati in guerre vere e proprie, si registra, soprattutto a partire dal 2011, l’avvio di nuovi conflitti, in numero il più elevato dalla fine della II guerra mondiale. Cominciano tutti senza memoria critica dei precedenti. In Siria, per esempio, da quando sull’onda della ‘Primavera araba’ ebbero inizio le proteste, tutto il Paese e tutta la popolazione sono al fronte, senza tregua e senza speranza. Un massacro dopo l’altro fra il regime assolutista di Assad e i ribelli che rivendicano riforme per una maggiore democrazia. Da allora le stime parlano ormai di 60 mila morti – nella stragrande maggioranza civili presi tra i due fuochi – ed esodi di intere popolazioni. Le Potenze Occidentali si limitano a sostenere l’opposizione armata aspettando il crollo del regime di Assad per logoramento. Nella quasi indifferenza  del mondo.  

“Interventi umanitari”, o guerre neo-coloniali?
 Fra le guerre più recenti è quella di Parigi nel Mali (Africa sub sahariana) con il consenso – ex post – degli alleati europei. Nelle intenzioni dichiarate del governo francese doveva essere una semplice operazione di polizia. Ma se pensiamo alla vicinanza con il Niger – regione ricca di oro, petrolio e uranio – non è difficile cogliere tra le radici dell’intervento il progetto di controllare le risorse naturali di quei territori. Di fatto in poco, pochissimo tempo, il conflitto si è esteso (Nigeria, Libia …), trasformandosi in un intervento massiccio che rischia ora di diventare internazionale. Così dall’Afghanistan si passa al Sahara-Sahel. E l’islam armato, anziché essere contenuto, è stato dilatato!

Si parla di interventi “umanitari” da parte delle potenze europee, fatti “a fin di bene”, per “esportare la democrazia”, per cacciare “odiosi tiranni”… Ma constatiamo che al posto dei precedenti subentrano altri tiranni, forse solo più servizievoli nei confronti delle potenze occidentali. La politica in realtà appare fissa sul militare, mentre l’interventismo sta diventando, sul modello americano, un habitus anche europeo. Mancano invece un pensare ampio e una veduta cosmopolita, un’apertura al diritto internazionale. E anche la gente comune fatica a riflettere su questi fatti. Constata supinamente.

Guarire le relazioni…
Come si può, insieme, contribuire a mettere fine alla notte dell’irresponsabilità che sembra avvolgerci? Benedetto XVI esorta i potenti della terra: “Si trovi finalmente il coraggio del dialogo e del negoziato”.

Per ognuno però esistono meravigliose risorse umane che attendono silenziosamente solo un’opportunità e una decisione personale per allenarsi a costruire la pace nel quotidiano …

… per concreti bilanci di pace
 - Ognuno è quello che respira, legge, studia, ciò di cui riempie le proprie giornate e i propri pensieri. Lo è nel bene e lo è nel male. In tutto ciò che si è e si fa, la pace è un cammino costante. Non un’utopia generica, ma un obiettivo da ricercare con il massimo impegno, attraverso gesti concreti e quotidiani nei quali ognuno si compromette realmente.
- Ogni persona può sempre scegliere se seguire da lontano il corso degli eventi o assumere con coraggio la responsabilità della propria esistenza; se affrontare la tentazione più grande – che in ogni tempo è forse quella di estraniarsi da tutto, rassegnandosi alla realtà dei fatti – o dare all’oggi che interpella risposte concrete, con quel coraggio che è virtù da coltivare quotidianamente. Non si può pensare di cambiare il mondo se non si parte e riparte ogni giorno da se stessi.
- I confronti di idee fra persone che tendono alla stessa verità (anche se la comprendono diversamente!) costituiscono la bellezza della vita. Mentre infatti consentono di scambiarsi i  pareri, rafforzano il desiderio di continuare a cercare la verità e guariscono le relazioni.

Certo può accadere (e accade spesso!) che in uno pseudo-confronto qualcuno si batta, più o meno consapevolmente, solo perché l’interlocutore abbia torto, sia sminuito, perda, ne abbia un danno… Una recita, insomma, una farsa più o meno riuscita, ma in tutti i casi sicuramente sterile per qualsiasi rapporto e per la pace interiore.

È necessario rileggere insieme i fatti mettendosi dalla parte degli sconfitti, delle vittime, della gente, della pace, “avendo in corpo l’occhio del povero” – direbbe don Tonino Bello. Dalla fede viene ai credenti un supplemento di coraggio per impegnarsi a fondo a trasformare il mondo. Affidati a un Altro, potremo muoverci senza paura nella realtà complessa del nostro tempo verso l’oltre possibile.  

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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