Impasti di ombra e di Luce

Posted by usmionline
apr 19 2013

 

Quando l’incontro con il male di vivere – e con le emozioni, i sentimenti e le idee che lo accompagnano – diventa esercizio di salute mentale ed esperienza di senso e di Gioia…

La persona folle, ‘diversa’ e disturbante…
a11La follia è una condizione umana. In noi essa esiste ed è presente come lo è la ragione…Il malato non è solamente un malato, ma un uomo con tutte le sue necessità. Lo affermava  Franco Basaglia, principale elaboratore della legge 180 del 1978, che chiuse in Italia i manicomi, tanto imparentati con degrado, violenza, abbandono, isolamento e spersonalizzazione. Una legge bellissima la sua, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale, eppure a tutt’oggi, inattuata e molto ignorata. L’utopia di Basaglia era che su tutto il territorio nazionale fossero creati servizi di salute mentale organizzati come residenze comunitarie, con la partecipazione di educatori, medici, accompagnatori. L’obiettivo: rendere “umane” le relazioni tra le persone, recuperare il rapporto dei malati con il mondo, alleggerire la fatica delle famiglie, dimostrare a tutti che l’indifferenza e la paura della ‘diversità’ – anche mentale – si può vincere.

…e l’insano della persona sana
Tutti conosciamo per esperienza che le crisi e il disagio mentale non sono insoliti per nessuno, troppe-diagnosi-e-abuso-di-farmaci-siamo-tutti-malati-di-mente_1726anzi. Prima o poi ognuno si ritrova in qualche ‘crepaccio’ a gridare: “Salvami da quest’ora”. Una vita debole e turbata, che forse non vogliamo vedere e riconoscere, si esprime in ansia e depressione. Sempre più numerose sono le persone annodate in grovigli di rapporti sbagliati, perse in un nodo di solitudine e di pena.

Certo di fronte alle difficoltà della vita non tutti reagiamo allo stesso modo e, se tutti siamo esposti alla sofferenza, solo alcuni sviluppano un disturbo psichico grave. I più purtroppo non sanno o non vogliono reagire ai propri malesseri: si limitano a trascinare i loro giorni senza gioia e si perdono in qualche forma di disagio minore. Scritti scientifici e servizi giornalistici raccontano che oggi la parola ‘depressione’, usata nell’accezione sommaria e abusata di malattia mentale, sembra essere diventata contenitore e nello stesso tempo spiegazione di ogni condizione. Si riducono a depressione, infatti tristezze e affanni, stanchezze e rancori, frustrazioni e delusioni… in un percorso che puntualmente si conclude con la prescrizione di ansiolitici e antidepressivi. Abituati come si è a valutare tutto, tutti e anche se stessi in base all’apparenza e all’efficienza, facilmente si finisce per oscillare tra l’esaltazione di sé e la cupa depressione che cresce nel senso di vuoto dell’anima. Un numero sempre crescente di persone si rivolge allo psicoterapeuta per poter affrontare l’insufficiente senso della propria vita.

Risvolti dolorosi di vite “al limite”
Cresce a dismisura anche il numero di coloro che compiono atti di violenza contro se stessi o psicofarmaltri, che ricorrono a sostanze illecite pur di provare gratificazioni facili e forti emozioni. C’è chi arriva a compiacersi di insulse bravate e prevaricazioni… “Cose da pazzi”, reagisce la gente di fronte all’esplosione di gesti estremi di devianza. E qualcuno, spingendosi ad evocare un’epidemia di “follia” collettiva nel nostro oggi, quasi per salvare se stesso rimpiange persino il tempo in cui esistevano i ‘manicomi’ dove rinchiudere e isolare chi è ‘fuori di testa’. Intanto l’assistenza a chi è afflitto da gravi disturbi mentali, oggi è passata di fatto dallo Stato direttamente ai familiari. La quantità dei servizi erogati infatti è presente sul territorio a macchia di leopardo e comunque la qualità dell’assistenza spesso ripropone con altro nome la stessa logica manicomiale. Un elemento risulta assente da tutto questo: la elaborazione reale e concreta della sofferenza propria e altrui. Ma nessun male può essere dissolto solo chiudendo il discorso con una sbrigativa etichetta di ‘matto’ e la cura è vera se si orienta sullo sviluppo e valorizzazione della persona.

Dove abita il Sole
In realtà la follia fa parte delle possibilità e della “normalità” delle vicende umane per chi è alle prese con la fatica di vivere. Siamo un impasto di normalità e di follia e dove c’è più ombra c’è papavero_e_luceanche più luce. Ma lo si può scoprire solo se si lavora sui propri problemi, pazzie, limiti… Su questa via si diventa anche capaci di affrontare i problemi di altri; di conoscere che nella sofferenza si nasconde il mistero di Dio che sembra allontanarsi e che in realtà continua la sua presenza in ogni situazione.

Si tratta di fermarsi per scegliere la strada da prendere agli incroci che si incontrano lungo il percorso. La sofferenza può condurre al di là del proprio io piccolo e limitato e allenare a chiarirsi le idee; a domandarsi se davvero vale la pena usare il tempo in un certo modo, mentre la vita diventa sempre più breve. Ma non è facile ammettere il proprio turbamento, liberarsi di sé, ascoltare la coscienza e – per il credente – scegliere fra il proprio io e Dio, lasciando in definitiva a Lui l’ultima parola e il dono della gioia. Perché allora e soltanto allora, mettendosi sotto lo Sguardo che conta infinitamente più di ogni cosa, dal proprio turbamento può nascere l’abbandono nelle braccia del Padre e l’apertura alla vita e al prossimo.

Non di soli farmaci
La ‘depressione’ va accolta in una indispensabile autocoscienza, se realmente se ne vuole uscire. In genere essa rappresenta, infatti, solo il segnale doloroso che qualcosa nella propria vita, nel rapporto con se stessi e con gli altri non sta andando come dovrebbe e per questo ci si sta … spegnendo. Gli psicofarmaci si limitano a nascondere i sintomi del problema. Necessari e utilissimi perciò in alcune situazioni – soprattutto se associati alla psicoterapia – nella maggior parte dei casi gli psicofarmaci, per i loro effetti collaterali, sono discutibili. Qualificati ricercatori indipendenti dalle industrie farmaceutiche hanno acquisito che essi non agiscono solo sulla psiche, ma condizionano l’attività cardiaca e respiratoria, alterano in modo significativo il ciclo sonno/veglia, l’appetito … Costringono insomma nel patologico sentimenti ed emozioni. Da soli certamente non bastano a dare rispetto e significato alla persona.

La relazione: farmaco giusto e necessario
In realtà la cura che le singole persone cercano spontaneamente per i propri malesseri è un rapporto d’amore gratuito: quello di cui si può fare esperienza in un gruppo/comunità che non espelle chi soffre, ma si impegna a capire e riconoscere senso e dignità a ogni storia. Comincia così per ognuno un’avventura nella quale è necessario di volta in volta scegliere che cosa fare e che cosa dire, persona per persona. Questo attiva e permette di condividere contesti positivi e autorigeneranti. “Piccole” cose poi si richiedono ogni giorno: il coraggio di contenere le proprie ragioni (star bene, pensare normalmente e futilmente, evadere dalle situazioni …); uscire dal timthumbpregiudizio e, onestamente, riconoscere in sé la stessa umanità dell’altro; accogliere con umiltà l’occasione per vedersi e riconoscersi nella sua fragilità, paure e vulnerabilità. Serve insomma essere persone impegnate a gestire ed elaborare la sofferenza propria insieme a quella di chi ci vive accanto. Non per niente il volontariato per certi aspetti è oggi l’unica realtà forte, nel momento in cui offre se stesso all’incontro con i bisogni e i problemi sociali. Questa è anche la vera politica. L’incontro con il “male di vivere” dentro e fuori di noi può allora diventare realmente un esercizio quotidiano di salute mentale, in tutti i sensi e per tutti.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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