Alla nostra società non mancano solo adulti nella fede. Mancano adulti tout court. Che cosa produce un sentimento di vita che rifiuta, nei modi più impensati, l’invecchiamento e i segni che l’accompagnano? O che costringe al silenzio l’esperienza della morte?
Giovani ‘sconnessi’…
In una sorta di nebbia che sembra dominare su tutto, ciò che fino a qualche anno fa significava maturità si sta disgregando. I contorni si confondono e si neutralizzano. I giovani “passeggiano per le strade con l’orecchio otturato dalla cuffia delle loro musiche” (card. Ravasi), che li segnala ‘sconnessi’ dall’insopportabile complessità sociale, politica e religiosa creata dagli adulti. In un certo senso i ragazzi calano una visiera per autoescludersi dalla corruzione e dall’incoerenza che li ha ridotti al precariato, alla disoccupazione e alla marginalità.
Nello stesso tempo una strana febbre ha colpito il mondo degli adulti che li rende incapaci di riconoscere lo specifico umano dell’essere al mondo. Immersi nella cultura dell’adesso e affidati all’esperienza del momento, essi sembrano amare più la giovinezza che i giovani, finendo spesso per spendere la vita aggrappandosi al … nulla!
…e adulti ‘scomparsi’
Secondo il sociologo della modernità liquida Zygmunt Bauman, la generazione nata tra il 1946 e il 1980 ha progressivamente riscritto il sentimento della vita compiendo una vera e propria rivoluzione tra le età nell’immaginario collettivo. È nato così – e si è subito diffuso – un modello di società a “responsabilità zero”. Entrati con la vita in questo modello, gli adulti si sono persi nella stessa nebbia dei più giovani, senza più distinzione generazionale. Non è eccessivo parlare – come fa Marcel Gauchet, famoso storico francese – “di una liquidazione dell’età adulta”. Certo è difficile per tutti crescere in un mondo che non ammette i segni della vecchiaia, che sembra apprezzare solo la giovinezza e ciò che farmaceuticamente e chirurgicamente le rassomiglia; che spende capitali per ricerche e scelte ‘anti-age’, interventi estetici, tinte per capelli, creme…; chiama ‘divertimento’ stili di vita “bunga bunga”; si fa guidare da manie dietetiche e vede crescere il numero dei forzati della palestra… Questa cosa certo non vale per tutti, ma l’andamento generale va proprio in tale direzione. “Gli adulti stanno male – spiega U. Galimberti – perché, anche se non se ne rendono conto, non vogliono diventare adulti”.
“Pensare in tempi oscuri”
Ci siamo abituati a rinnegare la fragilità, che perciò è stata censurata dal tempo e nel tempo. Il fenomeno ha avuto il massimo successo negli ultimi quarant’anni. Ma il tempo concesso ad ognuno per compiere il cerchio della propria esistenza è consapevolezza della fragilità che conduce alla fine. Consapevolezza che versa un meraviglioso significato dentro ogni momento che precede la fine, rendendo così grandiosi gli aspetti più banali dell’esistenza. La grande cultura ci ha sempre detto che l’uomo diventa autentico solo se accetta la morte. Zygmunt Bauman nel nostro tempo lo ribadisce: ciò che dà senso ai nostri giorni è proprio la consapevolezza della mortalità. Ma la morte oggi è stata zittita, negata, tanto che non siamo più in grado di pensarla e, tanto meno, di ascoltarla o di dirla. Così, non avendo più parola – come afferma Luciano Manicardi – la morte ha cessato di insegnare e di indicare simboli e chiavi per interpretare la realtà. E dentro la nebbia che ne consegue, facilmente ci ritroviamo tutti nervosi, scontrosi, infelici e tristi!
Adulti ‘compiuti’
Capita sempre più spesso di assistere, soprattutto in politica, a una lotta tra vecchi e giovani e, comunque, sembra essere venuta a mancare nel nostro tempo quella salutare dialettica che porta a darsi regole condivise. Nelle famiglie occidentali si cerca di risparmiare ai piccoli ogni fatica e dolore, quando poi non ci si conforma ai criteri e ai comportamenti dei figli, per ottenere la loro approvazione. Ma pare che non ci sia nulla di più traumatico del non aver mai avuto dei traumi; e nulla di più pesante del legame con un genitore che pretende che tu gli voglia bene per il bene che lui ti vuole. Ad un adulto certo non si chiede di rappresentare l’ideale di una vita compiuta, né di incarnare nessun modello di perfezione, ma solo di assumersi responsabilmente il peso della propria parola e dei propri atti, di riconciliarsi con la verità della vita e della vocazione umana. In fondo è questo che può salvare dalla solitudine e dall’abbandono e questo bisognerebbe poter ricostruire individualmente e collettivamente.
L’equilibrio tra egoismi non ha mai portato a una collettività forte, coesa e sicura di sé, poiché lo specifico umano dell’essere al mondo è altro. È volersi bene per quello che si è e riuscire a fare propri i sentimenti che l’altro vicino a noi vive; è lasciarsi toccare e segnare dal grido di chi ci è compagno di viaggio nel tempo; è amare la vita, nonostante la morte. Ma come è possibile accostarsi a questo limite, senza una promessa di Vita, senza una Luce che dia chiarore al fondo senza fondo che è il morire?
Spiragli di luce nella nebbia
Affaticati dalla vita come singoli e come comunità per gli uomini del nostro tempo è urgente rimettere in cammino la propria fede cominciando a distogliere l’attenzione da se stessi. Il cristiano sa per esperienza che custodire con amore il vangelo del Signore Gesù è l’inizio dell’incontro con Lui. Parola conservata nel cuore come un seme. Seme non pianta. Seme da coltivare con la propria libertà perché germogli e orienti a vivere la verità di ciò che si è di fronte a Lui e a se stessi. Un’esperienza di grazia e di vita che traccia una storia. Un modello autorevole per le generazioni più giovani, i quali altro compito non hanno se non quello di diventare adulti.
Certo i giovani oggi sono diversi. Ma la loro ‘diversità’ contiene già semi sorprendenti di fecondità e autenticità che parlano a chi vuole vedere e ascoltare: tanti di loro fanno la scelta del volontariato, nutrono in sé (e la esprimono in gruppo!) la passione per la musica, lo sport, l’amicizia… Tutti modi per dirci che l’uomo non vive di solo pane. Possiedono una loro originale spiritualità, sincerità, libertà nascoste sotto la coltre di un’apparente indifferenza… Certo hanno bisogno di adulti che sanno crescere con loro in prospettiva di scomparire. Il mistero che è la vita di tutti è venato anche da ferite, da ombre, da lotte. Ma che cosa possiamo in verità comunicare agli altri e poi lasciare in preziosa eredità? Forse solo le nostre ferite, le sconfitte, i desideri. In una parola: ciò che ci manca e che ci tiene in movimento verso la Luce.
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it