La diversità – cercata e accolta – relativizza e arricchisce, rende più pensosi e più consapevoli, distoglie dalla concentrazione spasmodica sulla vita terrena con la lungimiranza di chi pensa al futuro.
Davvero la diversità divide?
Una verità molto semplice di cui ognuno può fare esperienza ogni giorno: non è la diversità che divide. Essa anzi è proprio ciò che rende possibile l’incontro con, quello che mette in comunicazione e in comunione, l’obiettivo verso il quale con tutte le forze cerchiamo di muoverci in ogni istante, anche quando camminiamo per strade che di fatto ce ne allontanano. In realtà ciò che dà senso e fondamento all’intera esistenza umana e alla vita di ogni uomo è l’esperienza di relazioni vere, quelle che si realizzano non malgrado, ma grazie alle diversità e rimanendo in esse. Se questo è vero (come è vero), allora è proprio chi si trova a dover lasciare la sua casa, o a non averne ancora una, che contribuisce oggi più che mai a portare alla luce tale verità, perché “la patria del senza patria è l’altro’ (Flusser). Quell’altro che si fa approdo e non barriera, inizio e non fine di ogni speranza.
Sull’onda dell’allarmismo…
Eppure nell’epoca della più grande mobilità della storia, stiamo assistendo a una massiccia e crescente violazione dei diritti umani nei confronti di chi non ha casa: rom, immigrati e ‘senza fissa dimora’ sono gli ‘incriminati di dovere’ quando viene compiuto un reato. La legge Bossi-Fini in Italia non riconosce gli immigrati come soggetti di diritto. Li ammette solo come forza-lavoro, pagata a basso prezzo e da rispedire al mittente, quando non serve più. Le economie ne richiedono l’assunzione definendoli irregolari e dando loro un’identità che li fissa in una posizione di inferiorità e di mancanza di diritti: un esercito di invisibili ricattabile e sfruttabile.E questo nella quasi indifferenza dei cittadini italiani, che - in nome di una fantomatica ‘sicurezza sociale’ – sembrano aver fatto propria la trilogia: ‘immigrazione – criminalità e terrorismo – insicurezza’. In ogni angolo della terra peròzizzania e buon grano sono profondamente intrecciati, nascosti nel cuore di ognuno e di ogni cultura. Ed è quella zizzania che fa crescere un po’ dappertutto quei ‘fazzoletti di periferia’ dove si ritrovano a vivere persone alle quali più che un tetto, manca un ‘focolare’. Persone sulle quali si posa quotidianamente solo lo sguardo fugace di chi passa o che vive lì accanto, e non vede e non osserva, perché non vuole osservare. Eppure è guardando i margini e le periferie che si scopre il centro. E attraversando l’altrove si può scoprire il proprio dove … Questo però se si ha il coraggio di lasciarsi aprire da chi si incontra, e non con un’apertura programmata a partire dai propri gusti e dalle proprie misure!! L’unità fra le persone non è mai esistita, come ci piace fantasticare, solida e immutata nel tempo. Essa va invece costruita, verificata, ristrutturata…
… l’ospitalità in azione è la sfida!
Non si tratta di sopportare eroicamente la diversità, in nome di una pseudo-convivenza pacifica e con tutto il fastidio e la diffidenza che essa comporta, per superarla però appena possibile. Via per costruire l’unità è farsi umilmente capaci di ospitare in sé l’altro che è sempre ‘diverso’. Darsi da fare cioè per creare insieme un ‘posto’ sicuro dove ospite e ospitato possano fare esperienza di fiducia e di accettazione reciproca, in cui sia possibile un’intima conoscenza reciproca. Il che richiede un vero esodo da se stessi, dal proprio piccolo mondo e opinioni verso il mondo considerato dalla prospettiva dell’altro. Lasciarsi disturbare dal mistero che l’altro è e spogliarsi della pretesa di possederlo e di manipolarlo richiede un passaggio che è rottura con l’essere concentrati su se stessi e non risulterà certo indolore.
Raul Follerau a questo proposito invita a riflettere: “Pensate a voi stessi, e poi pensate a voi stessi e infine ancora a voi stessi. E’ il vostro universo. Va bene. Ma allora non dite più che siete cristiani”. Non sarà che la verità di Dio uni-trino non ha ancora rivoluzionato realmente la mentalità dei cristiani, la loro coscienza, il modo di pensare e di vivere le relazioni? Non viviamo tempi facili, ma cristiani si è proprio nelle bufere storiche – grandi o piccole che siano – tenendo davanti agli occhi il criterio della croce, che permette l’unica esperienza davvero indicibile e affascinante della vita.
E muoversi verso l’unità nella vita comune
L’unità, parola chiave del Vangelo, non è certo un elemento naturale nella vita insieme. È invece impegno interiore e sfida continua ad ascoltarsi a vicenda. Nel percorso per imparare a farlo, il compito più delicato è quello delle persone che nel gruppo sono rivestite d’autorità. A loro infatti spetta di trovare la via per coinvolgere, attraverso il dialogo, nelle decisioni da prendere; di condividere le responsabilità interpellando chi forma il gruppo e accettando discussioni e consigli. È loro il compito di saper decidere e poi far sì che le decisioni prese siano eseguite. Nel momento in cui il sentire comune riesce a toccare il cuore di tutti i componenti di un gruppo, allora, dal magma delle differenze, si può arrivare alla costruzione di una decisione che ne esprima in qualche modo la passione. Certo non si può costringere nessuno all’unità, ma si può operare per promuoverla.
Purtroppo nel nostro quotidiano così limitato è più facile muoversi insieme verso una falsa unità. Questo succede quando l’autorità chiede un parere ad altri e non ai membri del proprio gruppo. Sollecita, magari con sincerità, la saggezza del proprio gruppo, ma si aspetta solo la replica di ciò che è già deciso. Impone insomma l’uniformità, che in genere il gruppo accetta: per tradizione, per interesse sociale, o semplicemente per abitudine. Così avviene che, preoccupato di dare risposte orientate a fare un unico punto di vista, chi riveste l’autorità non è in grado di cogliere le domande vere del gruppo. Il consenso in realtà non è mai condiscendenza. E soprattutto ci si può donare realmente solo a un gruppo che non si limita a tollerare le differenze, ma le cerca. Allora il consenso dei suoi componenti non perde vigore nel momento della prova.
I costruttori autentici e segreti della storia
Il progresso vero dentro la storia è nelle mani di tanti comuni santi anonimi, che non si lasciano fermare da ciò che ai più appare impossibile. La loro è una presenza leggera, che non dà giudizi. Sempre disponibili ad agire sulla propria coscienza, apprendono le differenze e le rispettano. Sono persone che abitano nel Vangelo e sono abitate dal Vangelo, dal quale attingono la certezza che ancora, sempre, una porta si può spalancare e niente è irrimediabilmente perduto se scaturisce dall’amore. Chi di noi non conosce o non ha conosciuto una di queste persone? Capaci di dedizione infinita, mantengono intatta la loro amabilità nonostante la durezza della vita. Sanno fare tutto questo, apparentemente in modo inspiegabile, nella gioia. E dopo di loro è più facile e più bello essere umani.
Luciagnese Cedrone
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