Il ‘Sacro GRA’ e le periferie dell’esistenza

Posted by usmionline
nov 08 2013

La vita non è ciò che si dice della vita, ma ciò che si vive della vita. E tutta la vita è provarci e poi provarci ancora. Perché non si nasce già capaci di relazionarsi e di amare: lo si diventa.

Monumento involontario
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Grande raccordo anulare di Roma, croce e delizia di ogni romano al volante: striscia di asfalto, mai considerata luogo in sé. Solo un rullo momentaneo per arrivare altrove. Un balcone che dà sul mondo esterno, perciò: orizzonte, viaggio, fuga dalla metropoli. All’inizio racchiudeva la città di Roma. Ora si trova, a sua volta, circondato da giganteschi e spesso disordinati quartieri. A suo modo circolare lo è, ma certo non unisce.

“Il vostro GRA vince il Leone d’Oro”
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Sul GRA arriva un giorno il regista Gianfranco Rosi che scherza con l’acronimo di questo spazio e lo chiama “sacro”. Egli non è alla ricerca della bellezza – grande o piccola che sia – ma del fascinoso vissuto che si raccoglie intorno a quello spazio, oltre il muro di un frastuono continuo. Sceglie di affidarsi all’evidenza della realtà, indugia su squarci sconosciuti e scopre in quello spazio magico esistenze che meritano attenzione. Sono figure che vivono quasi tra parentesi, come non-persone. Il regista vede, ascolta, attende che quei protagonisti della vita quotidiana si rivelino e che
l’incontro
avvenga. Poi con i loro occhi egli guarda dal basso le grandi trasformazioni collettive avvenute a margine di un universo in espansione. E con la sua capacità poetica le racconta. Nasce così “Sacro GRA”, il suo film, che – presentato alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia – dopo tanti anni regala all’Italia il Leone d’oro.

Invito al viaggio …
Il regista Rosi sembra sollecitare nello spettatore del suo film un desiderio: raccogliere l’invito a compiere nel proprio mondo quotidiano un percorso simile. E muoversi perciò con tutte le proprie capacità verso le periferie della esistenza: unico ‘viaggio’ ancora e sempre possibile a tutti. Si realizza all’interno della relazione che unisce ogni luogo ai suoi abitanti e al proprio cuore; e favorisce l’incontro con tutto ciò che è sempre sotto i propri occhi ma appare scontato, semplicemente perché è lì, estraneo al cuore per propria disattenzione.

… nelle periferie del cuore
260506-509Le periferie dell’esistenza non si trovano soltanto oltre il ‘raccordo’. Per nessuno infatti è semplice integrare il proprio mondo con quello di chi gli vive accanto; e se amare se stessi è un dato di partenza (… fra l’altro da riconquistare più e più volte!), riuscire ad amare gli altri è una conquista decisamente coraggiosa. Si nasce individui infatti e solo dopo una lunga serie di passaggi e di ‘lutti’, che via via restituiscono la persona all’essenziale, si diventa – se davvero lo si vuole – sociali. Si scopre così che il segreto della vita è oltre se stessi e che … uno solo è come ‘i 99’ del Vangelo. Proprio come tutti! Si fa anche esperienza di quella libertà che permette alla parte più vera di sé di manifestarsi e di agire come realmente si sente e si pensa. Ed è la magia dell’incontro con quel vissuto che ogni persona nasconde e che è in grado di stupire, commuovere, far riflettere…! Si scopre insomma nell’altro ciò che non si trova in sé! Ed è questa esperienza che mantiene la persona in umiltà e la muove all’impegno di fare unità con tutti senza distinzione.

 “Barbonismo domestico”
 “L’uomo è quello che sono le sue relazioni” (Jack Dalrymple) e in realtà la persona esiste solo come centro di rapporti. Eppure ovunque intorno e in mezzo a noi si aggirano frammenti di umanità solitaria e un’atmosfera di assenza di umanità. Per fare un esempio, pensiamo anche solo a quel fenomeno che gli operatori sociali hanno definito “barbonismo domestico” e che nella sola città di Roma (senza distinzione fra periferie e centro), è in aumento continuo. Si tratta soprattutto di anziani, a volte con disagio mentale, ma non necessariamente poveri. Vivono in casa, ma è come fossero per strada. Hanno perso i contatti con parenti e amici. Sono soprattutto italiani quelli che si trovano a vivere questa condizione di marginalità. Senza legami, sperimentano l’abbandono nella propria abitazione. A far emergere il fenomeno, sono le segnalazioni dei vicini.

Perché la storia non si smarrisca
Non si comprende la realtà se non si è dentro le situazioni. Lo racconta l’esperienza quotidiana e sofferta di tanti. E lo ricorda Papa Francesco quando ripetutamente invita a uscire da se stessi per procedere senza esitazioni in un viaggio che dal centro delle proprie sicurezze porta dentro le periferie della vita. L’invito chiama in causa un impegno che investe e interroga la totalità della persona orientandola ad aprirsi all’altro, comunque e dovunque. E chiede un movimento che va fatto dentro se stessi per avvicinarsi alle persone. Ne risulta un richiamo a svegliare la capacità del cuore di guardarsi intorno e di amare gli altri per quello che sono. Su questa strada si trova il coraggio della fedeltà all’oggi degli uomini concreti perché divenga l’oggi di Dio. Perché è vero: “Siamo un mosaico di volti, ha detto qualcuno: i volti di coloro che incontriamo, dal vivo o nei loro scritti o nelle loro opere (…) E nei mille volti cerchiamo un Volto, con i frammenti di tanti volti” (Stella Morra).

… ripartire dal Mistero della Vita
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Ogni uomo “è troppo grande per bastare a se stesso” (Pascal) e per realizzarsi gli è necessario tenersi aperto al Mistero … Ma anche se l’uomo è fatto per questo, tante sono le sue resistenze ad aprirsi a ciò che è più grande di sé. Ripartire da Dio è la via per riuscirvi. E richiede un grande coraggio, che si traduce in gioia: quello di ritrovare la passione per le cose che si vedono, leggendole nella prospettiva del Mistero e delle cose che non si vedono. Questo in fondo è lasciarsi restituire alla verità e semplicità delle relazioni senza cullarsi nella presunzione di sapere già ciò che invece è perennemente avvolto nel Mistero. Insomma: santa inquietudine e ricerca!

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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