“Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita, una vita che distrugge la paura della morte e dona la gioia delle promesse eterne. Nessuno è escluso da questa felicità: la causa della gioia è comune a tutti perché il nostro Salvatore, vincitore del peccato e della morte, non avendo trovato nessuno libero dalla colpa, è venuto per la liberazione di tutti. Esulti il santo, perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore, perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano, perché è chiamato alla vita”.
Con queste parole, della liturgia dell’Ufficio delle Letture di Natale, S. Leone Magno ci invita alla gioia per la nascita del nostro Salvatore, portatrice di salvezza, definitiva e universale. Salvezza che, in Cristo, ha già raggiunto l’umanità intera e che la festa del Natale celebra, rinnovandone in noi la consapevolezza e mantenendone viva la memoria.
Queste stesse parole sembrano trovare una particolare sintonia con quelle di Papa Francesco, tematizzate nell’Esortazione Apostolica e in molteplici udienze e omelie. “Dio, ricco di misericordia” (Ef 2,5) “torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia.” (EG,3).
E’ il Signore, la sua venuta apportatrice di redenzione, la ragione della nostra esultanza. La gioia e il gaudio sono dono e frutto della sua presenza, del suo venire, del suo chinarsi sull’umanità che “giace nelle tenebre e nell’ombra di morte” (Lc 1,78), del suo farsi così vicino da essere il “Dio con noi”.
“Vieni Signore Gesù”, invoca la liturgia durante tutto il tempo dell’Avvento.
E il Natale canta: “Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo Signore”. E’ venuto e abita la nostra storia, segnata dal peccato e dalla morte e la trasfigura in realtà di vita, vivificata dallo Spirito. E’ entrato nella storia, facendosi “il più piccolo” (Mt 11,11) per innalzarci alla dignità di figli. “Nell’atto supremo dell’incarnazione -cioè la croce-, l’amore si rivela come il nome proprio di Dio, nella sua totale “espropriazione” (O. Clément, Riflessioni sul Natale, p.44, Lipa). E’ il Figlio che “pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini…” (Fil 2,6-7).
Nella notte delle fatiche, dei disorientamenti, delle incertezze delle nostre comunità, delle Congregazioni, della Chiesa, dell’umanità sofferente e disorientata è entrato un germe di vita così potente da sconfiggere la morte e ridare la speranza: in Cristo la Vita è entrata nella storia ed è accessibile a tutti. “A Natale, è come se Dio e l’uomo avessero scambiato la loro vita. Un germe divino, la potenza dell’ultima metamorfosi, sono entrate nel mondo. La divinoumanità realizzata in Cristo, proposta agli uomini, finalizza tutto: potenza dell’amore sacrificale, crocifisso, vittorioso per l’offerta illimitata della croce” (O.Clément). “Quando entra senza ritorno in una tragica storia d’amore… che cosa fa Dio? Si fa un piccolo bambino al cuore stesso delle tenebre, perché la sua forza impercettibile e tuttavia invincibile divenga la nostra, perché noi facciamo crescere in lui, con lui, questo germe del regno in cui, dice l’Apocalisse, Dio stesso ‘asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate’” (O. Clément).
Celebrare il Natale è quindi celebrare il compiersi dell’amore di Dio nel Figlio che dà pienezza alle promesse di Dio. Pastore buono cerca l’uomo perché diventi il suo interlocutore privilegiato, dentro un’alleanza sponsale: “sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia…” (Is 62,4).
Celebrare il Natale è anche lasciare che lo Spirito ridoni al nostro cuore la capacità di cercare il Signore e di accoglierlo come l’unico nostro Salvatore.
All’annuncio degli angeli i pastori andarono e adorarono il Bambino; al segno della stella i Magi si misero in cammino e cercarono il luogo dove si trovava il bambino.
Anche noi, le nostre comunità, le nostre Famiglie religiose possiamo rimetterci continuamente in cammino e nello Spirito essere e divenire donne vigilanti, in ascolto della sua Parola, attente ai suoi segni di bontà, donne “visionarie”, capaci di vedere non solo il farsi della sua opera di salvezza nel mondo, ma anche il compimento definitivo di questa opera. Vedere nella piazza d’oro dell’Apocalisse il trono di Dio e dell’Agnello e i suoi servi.
Anche a noi religiose gli angeli annunciano, anche sul nostro orizzonte c’è una stella: la Parola che scende dal cielo e che feconda la terra (Is 55), la Provvidenza che, nella mediazione di tanti fratelli e sorelle di fede, illumina la nostra strada perché la vita religiosa diviene sempre più segno di eternità.
Sr Maria Pierina Scarmignan ofmi
Consigliera USMI nazionale
mariapierina@orsolineverona.it