In un mondo senza orizzonte, ‘educare’ ridiventa parola significativa grazie a chi sente di aver bisogno dell’altro; s’impegna per dar forza alla fragilità e tempo di qualità all’esperienza dell’interiorità; usa con competenza e convinzione la tecnologia eterna della parola.
…l’educazione possibile
Un mondo incostante e veloce dove tutto si trasforma continuamente, compresi i sentimenti così spesso sottomessi all’usa e getta come scarpe vecchie e oggetti in disuso… E parallelamente un mondo virtuale diverso e piacevole, che attraverso i comandi ‘stop’, ‘cancella’, ‘elimina’, ‘torna alla pagina iniziale’… riserva sempre una possibilità di difesa quando qualcosa delude. Soprattutto promette un miglioramento di quel mondo ‘reale’, che invece è “sempre sospeso e bloccato tra la straziante irrealtà dei suoi desideri e l’inadeguatezza dei mezzi atti a soddisfarlo”(Z. Bauman). E punta dritto a un futuro che lascia immaginare diverso e piacevole. Intanto per la maggior parte dei nostri contemporanei il denaro rimane il capo indiscusso e il tempo quello dell’attimo fuggente e della non cultura.
In tale mondo mutevole così sospeso tra gioco e realtà è ancora possibile educare se stessi e perciò educare i giovani? Certo si incontrano sempre più genitori in crisi e insegnanti rinunciatari; di fronte a tanti ragazzi immaturi e violenti e soprattutto di fronte a un ritorno prepotente dell’eroina fra loro, molti discutono; smarriti si
confrontano alla ricerca di … ricette salva figli. Così c’è chi accusa la scuola di avere abbandonato il suo ruolo educativo e chi rimprovera la famiglia di arrendersi alla conflittualità – al suo interno e nel rapporto con i docenti – rinunciando alla disciplina tra le mura domestiche. C’è anche chi (… e sono forse i più!), non riuscendo a farsi ascoltare dai propri ragazzi e ravvisando sui loro volti solo noia… che tempi!– si giustificano – non si può più ragionare con loro… Sono distratti, pigri… pensano solo a divertirsi… Sempre davanti al computer… Con internet è cambiato il loro cervello e anche il loro cuore! Non è colpa nostra…
La grande sfida…
Una grande sfida per chi, giovane, giovanissimo o adulto che sia ha una certa abitudine a chattare in internet, riguarda l’esperienza dell’interiorità. Perché l’interazione virtuale, che la rete permette e da cui si riceve l’illusione di non essere mai soli, spesso è sinonimo di superficialità, mentre ‘interiorità’ in genere è sinonimo di profondità. È realmente possibile approfondire e perciò interiorizzare solo le esperienze con le quali ci si impegna a intrecciare un legame vivo e non solo recettivo e passivo; nelle quali cioè si possano riconoscere l’impronta e gli effetti della propria azione. Certamente per riuscirvi è necessario ritagliarsi ampi spazi di silenzio e di riflessione che permettano all’interiorità di collegarsi con le domande radicali della vita… Solo allora nella persona può nascere e svilupparsi quella spiritualità che cambia le visioni abituali e le logiche automatiche, pone la domanda di senso e finalmente apre la propria autosufficienza interiore alla trascendenza.
Per non giocare col nulla…
In realtà in ogni epoca le ‘cose’ che contano (…e che cosa conta più di quei legami che nella realtà portano agli altri?) hanno sempre bisogno di tempo e di esperienza diretta per non rimanere incompiute e poi morire. Alla nostra società in corsa però e ai suoi modelli educativi, internet può dare emozioni, ma certamente non stabilisce legami affettivi (V. Andreoli). E non è una coincidenza che gli adolescenti, alla ricerca di emozioni sempre più forti, online e offline, non sappiano gestire i sentimenti né vivere la loro affettività. Non è strano che il dialogo fra le generazioni, già di per sé difficile in ogni epoca, si sia inceppato ulteriormente, perché nella ‘vita reale’ ogni passo fa la differenza, una differenza che lascia il segno, e in essa non è possibile iniziare un nuovo ‘gioco’ dallo stesso punto di partenza. Questo significa che nella nostra società dell’attimo fuggente la cultura e i valori sono davvero avviati a morire? E che continueremo ad offrire educazione solo per quel potere che si misura con il denaro?
Le tecnologie della rete e quelle della parola…
Il cervello si specializza in breve tempo grazie ad azioni ripetute, ma questo – afferma il direttore di Civiltà Cattolica A. Spadaro – si dà ad ogni età e non solo nei giovanissimi. Non c’è una generazione diversa dalle precedenti, né una mutazione genetica. E la scienza lo conferma. Tecnologia autentica ed eterna per educare è e rimane quella della ‘parola’ vissuta, che crea e ricrea rapporti autentici. Le tecnologie possono aiutare, ma non determinano la motivazione che, se manca ai ragazzi, è per ben altri motivi. D’altra parte il fallimento educativo è un malessere profondo che riguarda tutti e può essere perciò risolto solo con uno sforzo comune. Certo non può diventare ‘il’ problema degli insegnanti, fra l’altro realisticamente definiti, nella nostra società cosiddetta dello spreco, i ‘nuovi poveri’.
…per passare dal potere alla fragilità
Si è voluto dimenticare di essere fragili e, inseguendo forza, successo e denaro, si è cercato di nascondere le fragilità di cui è fatta la condizione umana. Ma l’uomo è un insieme di conoscenza e di mistero. Senza il senso del limite e privo di saggezza, facilmente egli perde il coraggio di vivere e la voglia di scoprire il mondo, rimanendo invece chiuso nella vana preoccupazione di coprirlo di denaro. Occorre una “nuova civiltà che risponda all’uomo fragile che ha bisogno dell’altro” (V. Andreoli). Trovarsi di fronte a
dei limiti – morte inclusa – e percepirli drammaticamente nella propria carne, in fondo è condizione caratteristica dell’uomo di oggi. Vivere consapevolmente tale fragilità nella concretezza del quotidiano, cercarla e trovarla dentro di sé toglie spazio alla ricerca del potere; fa capaci invece di non arrendersi nel lottare contro il male, anche quando la lotta sembra senza esito; capaci insomma di scegliere sempre l’umano contro il disumano nella certezza che il filo rosso della storia è saldo nelle mani di Dio. La via ci è indicata proprio dall’Uomo che è l’espressione della più grande e stupenda fragilità vissuta per Amore: Gesù Cristo, che invita ognuno a compiere le cose che Lui compie e a vivere come Lui vive, cominciando dal rivalutare tutto ciò che è risultato di tempo e lavoro condiviso, invece del già pronto, che di solito ha vita breve. Per dirlo con padre Turoldo – teologo, uomo e poeta di straordinaria sensibilità - il problema dell’educazione in una crisi di civiltà come la nostra può essere risolto solo in un tenace, umile, quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli uomini e delle loro lacrime. Scegliendo sempre l’umano contro il disumano. Forti nella tenerezza e con le periferie nel cuore, come suggerisce Papa Francesco.
Luciagnese Cedrone
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