Fra Parola e parole umane

Posted by usmionline
apr 07 2015

Ogni persona è incline a rimpicciolire le speranze e a ridurle di giorno in giorno di fronte alle delusioni. Ma quando si apre il cuore alla Parola nella verità, si arriva anche al cuore della libertà; tutto il resto si offusca e non conta più, insieme alle parole che fanno male. E la vita si trasforma in un’avventura di crescita e di bellezza. 

Per rimanere nell’amore…
insiemeIn un tempo di sradicamenti come il nostro, troppi sono i canali comunicativi bloccati o intasati. Questo in ogni ambiente, compresi i conventi. E una folla di solitudini grida il proprio bisogno di essere guarita. Alla radice di tale incomunicabilità umana – suggeriva C. M. Martini – c’è una visione grandiosa e affascinante dell’ideale comunicativo, ma anche sbagliata per eccesso. Si vuole cioè troppo e subito…ciò che nessun comunicatore umano può dare. Le comunità religiose in tale contesto hanno qualcosa da aggiungere, una direzione da indicare ad un mondo angosciato e distratto? Sono ancora in tal senso profezia di speranza?

“È proprio l’amore di Dio che dà senso ai piccoli impegni quotidiani e anche aiuta ad affrontare le grandi prove … È il vero tesoro dell’uomo!”, dice per esperienza papa Francesco. Per ognuno in realtà l’inizio della vocazione è accorgersi che Qualcuno gli sta sorridendo. Allora quando la persona si ritrova in cappella con tutto il proprio essere, la sua solitudine si colma di presenza e i problemi si immergono in un invisibile, incomprensibile mistero d’amore. Il tempo vissuto e quello che attende come un dono da riempire di vita sono lì. Il che consente di mettere in fila le priorità. Poi sotto lo sguardo di Dio – quello che davvero definisce ognuno – è più facile fare le ‘cose’, o cercare almeno di farlo. E la persona conosce la gioia di essere invasa da un amore che è oltre ogni misura.

Ma se in passato molte cose – silenzio, meditazione, adorazione … – erano ovvie e, così, facilmente diventavano una routine, oggi sono necessari momenti contemplativi più consapevoli, espliciti, personali per poter fare esperienza dell’unico Amore che conta e comunicarlo. Le persone consacrate oggi si pongono controcorrente solo con il loro “rimanere nell’amore” (Gv 15,9). Cosa questa quanto mai necessaria se si pensa alla fretta, alla frenesia, spesso alla superficialità dominanti un po’ dappertutto, nelle quali “si sono perse le risposte profonde della vita dell’uomo. E quel che è peggio, si sono dimenticate le domande” (Z. Bauman), che pervadono il destino dell’uomo.

… uscire allo scoperto!
“Comprendere le cose in modo nuovo apre nuovi modi di vivere” riflette T. Radcliffe. Gesù, inviando i discepoli ad annunciare la buona notizia del suo Amore, non discute con loro di piani satsag3714_zps56274beao di strategie. Sembra quasi che non gli interessi quello che ognuno fa. Solo chiede: “Mi ami tu?”. In altri termini: hai fiducia in me? E ancor prima: batte davvero il tuo cuore, o nel tran tran quotidiano si è fatto vuoto, desolato, ‘indurito’?… Perché in realtà “l’opposto della gioia non è il dolore, è la durezza di cuore” (T. Radcliffe), quella che rafforza l’egocentrismo e blocca; invade i pensieri e i sogni; fa credere di essere il centro del mondo e riempie di arroganza; facilmente fa troppo pieni di parole, congetture, supposizioni, astrazioni, giudizi che rischiano sempre di ‘ustionare’ il prossimo… E via elencando! Papa Francesco invita a guardarsi dentro nel guazzabuglio e chiedersi: “Hai un cuore che desidera qualcosa di grande o un cuore addormentato dalle cose?”. Certo per un cuore che non ha conservato l’inquietudine della ricerca diventa decisamente difficile percepire nel quotidiano il “seguimi” di Cristo e orientarsi alla sua luce; come pure capire il prossimo e il mondo. E probabilmente anche se stessi. Il cuore, infatti “da sempre, arriva dove la mente si ferma. Non perché sia migliore. Segue solo un’altra strada” (B. Severgnini). Ed è forse per questo che della propria storia – come scriveva Pavese – “non si ricordano i giorni; si ricordano gli attimi”, quelli nei quali sono in azione i ricettori dell’empatia.

Lo strumento dell’empatia
emozioni-1Il dono naturale di condividere gli stati d’animo è concesso a molti, ma non a tutti. Tra i fortunati, c’è chi lo coltiva e chi lo trascura. Eppure una bussola emotiva può mettere in grado di leggere le situazioni a partire dalle radici e l’intelligenza emotiva, come strumento umano per comunicare, funziona. Certo essa è un po’ come la fiducia: può essere tradita perché le emozioni  - che arrivano sempre prima dei ragionamenti e dei fatti – hanno due facce, una oscura e l’altra luminosa. L’esperienza dei grandi ‘populisti’ di ogni epoca ha molto da raccontare su questo… In genere, comunque, alle radici del fallimento comunicativo è l’atteggiamento di fondo del voler dominare e identificare con sé (scimmiottatura della vera comunicazione!!) come pure la fretta di comunicare; o il cercare di salvarsi con tutti senza però impegnarsi con nessuno; l’agire in modo che nessuno possa criticare il proprio comportamento e navigare tra le parti senza compromettersi… Ma così non si vive.

Comunicare: arduo, ma possibile
Sono le parole buone che guariscono e benedicono. Ed è chi ha sopportato un grande dolore che riesce a pronunciare le più forti parole di vita, quelle che aiutano a scoprire la verità di sé e della natura umana, e a raccogliere le persone per fare comunità vive. La sfida certo richiede profondità, attenzione alla vita, sensibilità spirituale… Ma quando si comunica mettendo in imagesgioco se stessi e accogliendo l’altro per quello che realmente è, certamente si diventa punto di riferimento per chi vive accanto. Il coinvolgimento personale infatti è la radice stessa dell’affidabilità.

Perplessi e confusi come tutti, i consacrati – lasciando che il Vangelo riporti il proprio cuore al silenzio – possono testimoniare che Gesù è maestro della comunicazione per chi si dispone a seguirlo nel cammino della speranza indicato da lui. Con Gesù comunicare rimane certamente arduo, ma possibile e gratificante. Così scegliere di incontrare chiunque non abbia nessuno aiuta a purificare le parole dal veleno implicito. E i propri fallimenti, accolti dalle mani di Dio, diventano parte del viaggio verso di lui. Soprattutto possono costruire comunione con tutti gli uomini che aspirano a qualcosa di più di quanto non sia puramente umano. Questo ‘di più’ si può solo chiedere come un dono. E intanto fare la propria piccola parte.

  Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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