Quel bisogno di essere ‘connessi’…

Posted by usmionline
apr 20 2015


jappoSoli, isolati e -disconnessi- si muore. Perché vivere è
essere-insieme: vibrare con ognuno, percepirne privazione, disperazione, gioia e – lontani dalla razionalità del calcolo e della convenienza – esserne commossi fino alle viscere. Ma l’arte di ‘connettersi’ rimane costantemente e inguaribilmente da imparare e reimparare…    

Un’epoca senza compassione?  
Smania di visibilità e di apprezzamenti, domande nel cuore senza risposta… Nella terra arida della vita di tanti si vive più o meno consapevolmente una quotidiana guerra emotiva gli uni contro gli altri. Feriti, risentiti – e prigionieri dell’ansia, della rabbia e del biasimo che ne derivano – si conosce la più intensa delle sofferenze. Si vivono insomma giorni di lacrime, chiusi come si è nel proprio giudizio e incapaci di vedere e/o di reggere i propri punti di difficoltà. Risulta troppo difficile fare posto a quell’emozione che fa uscire letteralmente da se stessi. E al cuore viene a mancare la capacità di riconoscersi in quegli altri che appaiono diversi e difficili. La possibilità di comprenderne il dolore e di condividerlo tende a svanire, insieme al senso di umanità. Inevitabilmente, in tale situazione, la connessione umana - che si esprime nello spiraglio di uno sguardo, nella luce di un sorriso, nella presenza che interroga e chiede di rispondere, come ha ben detto Levinas – si blocca.

In realtà lo stesso termine ‘compassione’ oggi è caduto in disuso. D’altra parte non è propriamente semplice cercare il sapore del bene in situazioni dove spesso l’unica cosa salata sono le lacrime. Una cosa però è certa: questa terra con i suoi poveri e le sue spine, con il suo sangue e la sua fame è il cielo di Dio (E. Ronchi); e i semi che nel suo grembo marciscono in realtà danno vita a frutti nuovi. La fede ce lo dice e i discepoli del Signore – chiamati come sono in quest’ora storica ad essere seme di Dio in terra – non possono dimenticarlo. Sapranno essi seguire Cristo, icona della vera compassione? E sull’esempio del Maestro sapranno vivere una vicinanza totale alla sofferenza degli uomini e delle donne che incontrano sul loro cammino, diventare luogo dell’azione di Dio, arricchire l’eredità dei secoli?… O vivranno rassegnati nell’impotenza?

Lungo una strada oggi poco battuta… 
È tanto comune preferire non interrogarsi veramente e non interrogare la storia. Accettare i fatti senza andare a fondo dei problemi e quindi senza una vera speranza. Semplicemente cercare di tirare avanti, per … sopravvivere e con tanta fatica. E intanto magari limitarsi a ‘guardare’ la realtà e le persone facendo solo chiacchiere e pettegolezzi che ‘uccidono’ (papa Francesco).

… qualcuno sa ‘vedere’ e ‘connettersi’
untitledSolo l’occhio contemplativo di chi si fa discepolo di Cristo – assicura Massimo Grilli - sa vedere  tra le possibili macerie della storia il fiore che sboccia e, sul tronco secco della propria
vita o della propria comunità, il germoglio di cui parla Isaia.
Certo è che tutto trova senso se si vive nell’amore, anche il negativo della vita, anche riconoscere i propri giorni pieni di promesse non mantenute. Perché non siamo Dio. Il Vangelo ci dice che solo Dio è compassionevole, non noi (H. Nouwen). E la fede vera non si nutre dei propri meriti, ma rimette la crescita nelle mani di Dio. In ogni caso mettere in discussione se stessi e le proprie certezze apre realmente al cammino di Dio e permette anche, se è necessario, di ricominciare da zero.

Lungo la via dei discepoli…
La compassione non è un valore qualunque; è al centro del Vangelo, nel quale ogni ansia umana trova risposta. Può dare forma ai rapporti anche nel nostro mondo, che funziona in modo terribilmente utilitaristico. L’autentico compito dei cristiani, in ogni tempo, è spendersi per il grande sogno di Cristo: la universalizzazione della tenerezza nel mondo. Questo e non altro, Gesù ha affidato a quel pugno di fratelli-amici che ha chiamato a seguirlo per portare al mondo la ‘buona notizia’ del Vangelo… Ripensarsi a partire dagli interrogativi che stavano a cuore a Lui, Figlio di Dio, quando camminava fra le nostre case e seguiva con tenerezza e amore il cammino di ogni uomo.

1422059950_10947255_1558042994452929_8018057496822169169_nCon la compassione ci sono sempre inizi, che non hanno mai fine. Ma forse tutto sta nel fare un primo passo per uscire dalla sensazione che non ci sia più tempo per fermarsi, guardare l’altro, accoglierlo, ascoltarlo… E fermare così quel tempo che rinchiude progressivamente l’essere umano nella solitudine. La saggezza poi sa che cosa contribuisce alla sofferenza e ciò che le mette fine; sa individuare anche nelle situazioni più disperate il vero, il buono e il bello, che magari è piccolo e fragile, ma accende la luce e alimenta la speranza. Salva perciò la compassione dall’essere solo un’emozione e non si ferma sul piano della… buona intenzione! Perché la fede intensa – confidava Martini a Scalfari – è una passione, è gioia, è amore per gli altri e anche per se stessi, per la propria individualità al servizio del Signore.il sentimento oggi forse più inattuale può tornare protagonista

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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