Uno storico risponde…

Posted by usmionline
giu 03 2015

intervista2015: Anno dedicato alla Vita Consacrata

Carlo Mafera intervista lo storico prof. Pier Luigi Guiducci

Mafera: è da considerare un fatto straordinario quest’Anno?

È piuttosto da vivere come una contemplazione della grazia divina sui vissuti quotidiani. Ogni giorno si ripete in vari modi il “fiat” al Signore. Tra queste adesioni, c’è la disponibilità di
colui che ha seguito Gesù con cuore indiviso.

Mafera: “con cuore indiviso”… è quindi un’adesione superiore a quella di un laico…

È un sì che non si pone al di sopra di qualcosa, ma che vuole partecipare alla vita della Chiesa in fraternità e nel servizio ai fratelli.

Mafera: però c’è un cuore indiviso. I laici hanno un cuore indiviso?

Il laico ha un cuore che proclama con la vita il primato di Dio. In tal senso il suo magnificat confluisce nell’unica lode che accomuna persone consacrate e fedeli che non hanno professato dei voti.

Mafera: perché insistere oggi sui consacrati? C’è qualche novità al riguardo?

La persona consacrata affronta attualmente delle realtà difficili. Nei Paesi occidentali molti atteggiamenti di indifferenza possono non facilitare l’entusiasmo dei consacrati. Anche fenomeni quali il soggettivismo, il sincretismo e un neo-positivismo possono essere voci che non sostengono  il messaggio evangelico. Insistere sulla vita consacrata diventa, allora, recuperare alcuni valori-base.

Mafera: quali sono questi valori?

La persona si consacra a “Qualcuno”. Non cancella il proprio mondo, non si allontana dagli ambienti di ogni giorno, non proclama un elenco di “no”,  ma entra nel Cuore di Dio, nella Sua logica, nelle scelte essenziali. Il consacrato vive da “risorto” in Cristo in una  comunità che dovrebbe essere segno della Città eterna, della Gerusalemme celeste.

Mafera: l’ubbidienza è un valore?

Se considero la Chiesa un esercito, allora rientro nella logica della subordinazione gerarchica. Se contemplo la Chiesa come Corpo Mistico, allora la sintonìa diventa un valore perché consente  di superare l’antagonismo, la maldicenza e la passività inerte.

Mafera: quindi, alla base di tutto, c’è una scelta. Quella  di Dio…

Nel consacrato c’è un orientamento ove il primato di Dio non è solo proclamato, ma vissuto. Ma l’impegno non si ferma qui. Se io affermo qualcosa, devo poi  orientare tutte le mie scelte nell’opzione-chiave. Nel consacrato questo avviene contemporaneamente in più modi. Con la fraternità. Con l’operosità. Con una totalità di offerta

Mafera: la fraternità non è sempre facile

La fraternità nasce da una vita di fede. Per essere rafforzata non ha bisogno necessariamente di gesti esterni ma di un più accentuato avvicinamento al Cuore di Dio.

Mafera: anche l’operosità ha le sue salite

Il consacrato è posto in un mondo in cambiamento. Secondo la lezione dell’Incarnazione  deve restare a fianco di ogni figlio di Dio. Però deve anche ricordare a tutti che siamo in cammino verso la Casa di Dio. Questo è l’aspetto più delicato.

Mafera: l’operosità richiama anche ad alcune grosse strutture dei consacrati. Tali ricchezze sono in sintonìa con il voto di povertà?

Il Vangelo condanna l’uso improprio del denaro.  Se le ricchezze sono un idolo, questa divinità deve essere gettata dal piedistallo. Se, al contrario, l’investimento economico mira a realizzare servizi utili per la comunità (es. comunità alloggio) e centri a sostegno degli stessi consacrati (ad es. quelli anziani)  l’impiego del denaro è fruttifero.

Mafera: eppure non sono mancati gli scandali collegati a “mammona”…

Le scelte economiche devono rimanere opzioni etiche. Quando l’investimento è slegato da un servizio ecclesiale effettivo, si crea una disfunzione ove subentra la logica del potere. In tale contesto, diventa molto importante il ruolo di supervisore dei vescovi e dei superiori di comunità.

Mafera: prof. Guiducci, la totalità di offerta di un consacrato, è forse, oggi, un orientamento poco compreso…

Forse qualcuno  non ha compreso che il termine “totalità” significa “sequela” senza condizioni. Forse, si pensa a una perdita di libertà, di autonomia, di creatività, di originalità. Ma ciò non è esatto. Nella fraternità dei consacrati ogni dote umana deve essere valorizzata. Ciò avviene con un passaggio: dall’io al noi. Ma questa dinamica la si trova anche nelle famiglie.

Mafera: se è tutto chiaro, perché esistono molti problemi tra i consacrati?

Per un lungo periodo storico il consacrato è stato ritenuto un “diverso”. In pratica, la sua consacrazione lo rendeva capace di santità perfetta. Poi si è visto che la consacrazione non cancella l’umanità del soggetto, non abolisce i limiti, gli aspetti caratteriali meno piacevoli, non preserva da quelle famose tentazioni di Gesù nel deserto…

Mafera: quindi lei conferma anche il sussistere di contro-testimonianze tra i consacrati…

La contro-testimonianza è un allontanamento dalle caratteristiche della vita consacrata ma non è qualcosa  che deve provocare atteggiamenti “farisaici” nel popolo di Dio. L’esperienza del peccato è una realtà talmente invadente che ogni giorno, durante la celebrazione della messa, il sacerdote chiede perdono a Dio per sé e per i peccati dei membri della Chiesa. A questo punto il nodo-chiave è uno: come prevenire la contro-testimonianza? Con una vita religiosa più intensa. Con il superamento delle “isole” nella Chiesa. Con un accompagnamento (non necessariamente “direzione”) spirituale. Fino ad arrivare a delle scelte di chiarezza che possono essere anche dolorose.

Mafera: oltre alle contro-testimonianze, esiste anche un calo vocazionale. C’è una minore fede?

I gradi della fede in ogni persona li conosce Dio. Noi possiamo osservare le manifestazioni della fede. I frutti della fede. La fecondità della fede. In tal senso, un’analisi statistica inerente le vocazioni non dice molto. I numeri non chiariscono in merito ai vissuti. Alle formazioni ricevute. Alla missionarietà permanente nelle Chiese locali. Addirittura, in alcuni casi, una diminuzione di vocazioni può anche significare una più alta consapevolezza di scelta. Occorre quindi essere cauti. Piuttosto, ciò che serve è rafforzare una pastorale coniugale, famigliare. Occorre trasformare le nostre parrocchie da aggregazioni ecclesiali stabilite con atti formali, a comunità vive, senza confini, ove ogni gruppo, ogni associazione, ogni abitazione, ogni cuore, è una porta aperta sulla strada.

Mafera: nel frattempo, però, aumentano in Italia i consacrati che provengono da altri Paesi, anche da nazioni ove esistono Chiese giovani…

Questa dinamica a qualcuno pare strana ma è solo una storia che ritorna. L’Italia è stato un Paese evangelizzato da persone che provenivano dal Medio-Oriente. In seguito è avvenuto un rafforzamento delle comunità cristiane, della loro organizzazione. Ma non bisogna dimenticare la stessa Lettera di san Paolo ai Romani, la catechesi di Pietro, le missioni nella Tuscia (la terra degli Etruschi), l’evangelizzazione tra i Longobardi…

Mafera: c’è quindi un cambiamento non negativo?

C’è un mutamento segnato anche da forti trasmigrazioni e da nuovi accordi internazionali ove la Chiesa è chiamata ad essere nuovamente segno di “comunione” e di “contraddizione”.

Mafera: scusi, ma non le sembra una contraddizione?

Se la “comunione” è una sommatoria di buonismo, di aspetti gratificanti e di azioni segnate da un principio di “auto-salvezza”, allora siamo in presenza di un carrozzone che perderà pezzi lungo la strada. Se al contrario, la “comunione” è un movimento aggregante intorno a un “pensiero forte”, allora sarà possibile accettare l’esperienza del limite e guardare anche al trascendente. A Dio.

Mafera: prof. Guiducci, il voto di castità che significato può avere in una società ove in più casi si esaltano le convivenze momentanee?

Anche negli anni terreni di Cristo, le popolazioni del tempo attribuivano un’enorme importanza alle intese affettivo-sessuali e alla fecondità generazionale. Malgrado ciò, la figura di Gesù si presenta come quella di un Uomo casto. Sul piano storico, la Sua castità gli consente un continuo movimento. Egli attraversa diverse regioni. Entra nelle case. Prepara discepoli. Muta delle prassi. Delle consuetudini. Annuncia il Regno di Dio. Affronta l’Ora della Redenzione… Tutta questa dinamica riconduce a un punto-chiave: Gesù esprime in modo totale la volontà del Padre. Non coinvolge nel Suo impegno né una singola donna, né un intero nucleo familiare. Egli è “di tutti”. Opera “per tutti”. È il Salvatore dell’intera umanità. La Sua Famiglia è la Chiesa.

Mafera: a questo punto, che cosa augurare ai consacrati del nostro tempo?

La fedeltà al carisma. L’attuazione di gesti poveri. Il sapersi inginocchiare davanti all’Assoluto e al povero di ogni tempo.

Comments are closed.