Il convegno “Testimoni Digitali” mi ha fatto rivivere con gioia l’esperienza fatta a “Parabole Mediatiche” (7-9 Novembre 2002), dove la Chiesa che è in Italia per la prima volta ha chiamato a raccolta le varie entità presenti nel mondo della comunicazione e della cultura per confrontarsi con i nuovi mezzi di comunicazione.
Tale esperienza è stata ulteriormente e, secondo me, qualitativamente approfondita nel Convegno appena concluso che ha posto l’accento non tanto sui mezzi, quanto sugli “intagliatori di sicomori”, cioè sui soggetti che li usano, così che essi, con cuore credente, diventino testimoni digitali.
Ho rilevato con gratitudine come la Chiesa, nelle sue varie espressioni, dal 2002 in poi abbia consolidato e qualificato la sua presenza in rete, quella che Giovanni Paolo II, considerandola un’opportunità, aveva chiamato «areopago moderno».
La partecipazione delle religiose a questo Convegno, anche se ancora piuttosto limitata, ha superato certamente la sparuta presenza di “Parabole Mediatiche” e fa ben sperare che qualcosa di positivo possa essere progettato ed effettuato insieme. Durante il Convegno è risuonato in molti modi che la “posta “ in gioco del “continente digitale” dove la gioventù naviga a suo agio per intessere relazioni, è troppo importante per lasciare i giovani in balia di giochi di potere e dei colonizzatori della rete. I “nativi digitali” – ossia le generazioni cresciute connesse alle nuove tecnologie – ne hanno assunto il linguaggio veloce, essenziale e pervasivo; nuotano in una comunicazione orizzontale, decentrata e interattiva; si muovono in una geografia che conosce la trasversalità dei saperi ed espone a una pluralità di prospettive.
Infatti sono rimbalzate a più riprese le parole “fede, discernimento, decoder, educazione, confronto, testimonianza, missionarietà”:
1. in rapporto al soggetto che deve essere un testimone efficace, abilitato a un linguaggio capace di risvegliare i sensi, di riaccendere le domande sulla vita, di mostrare un Dio dal volto umano, di proporre la fede in modo non esterno alle battaglie e alle speranze degli uomini, perché questo è tempo di verità, di trasparenza e di credibilità;
2. in rapporto alla Rete che in un certo senso, rappresenta per noi gli “estremi confini della terra” che il Signore Gesù domanda di abitare in nome della nostra responsabilità per il Vangelo. La nostra è anzitutto testimonianza di Gesù, cioè capacità di rimandare, di rinviare alla trascendenza della sua opera e della sua missione… continuare a far sì che nessuno si senta privato della vicinanza di Dio e della sua consolazione che promette “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28.20)
Alla fine del Convegno Papa Benedetto XVI, confortato dalla presenza di tanti operatori della comunicazione e della cultura, convenuti nell’ Aula Paolo VI, ci ha invitato a “qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete… offrendo agli uomini che vivono questo tempo «digitale» i segni necessari per riconoscere il Signore…. La rete potrà così diventare una sorta di “portico dei gentili”, dove “fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto…Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale”.
Sr Maria Rossoni, fdcc