Quando si ama a “distanza di sicurezza”

Posted by usmionline
set 01 2010

Se si parla di Rom è inevitabile pensare a una realtà lontana, distante da noi, a un mondo da tenere a bada, sotto controllo, da integrare con le buone o con le cattive e dal quale strappare tutto ciò che ai nostri occhi appare come un problema.

Ma «a guardare sempre dalla stessa parte -dice un proverbio africano- il collo s’irrigidisce». Non può essere che questa rigidità abbia colpito in qualche modo anche chi rimane troppo fermo nel pensare ai Rom solo come a una minaccia?

Chi sono i Rom

Rappresentano la minoranza etnica più numerosa d’Europa. Si stima che siano fra i 12 e i 15 milioni. La maggior parte vive in Romania, ma il nome “Rom” non ha niente a che fare con questa regione: deriva da una parola indi che significa “uomo”.

Si ritiene che vengano dall’India, da dove sarebbero partiti fin dal primo millennio dopo Cristo, per raggiungere l’Europa nei secoli successivi. Con l’allargamento negli ultimi anni dell’Unione Europea, molti sono partiti per andare a ingrossare le comunità già esistenti in Francia, Spagna, Italia o altrove. Perché nei paesi d’origine la vita è davvero difficile. Esclusi dalle scuole e con un tasso di disoccupazione a volte vicino al 100 per cento, si è aggiunta oggi la crisi economica a far sì che diventino Rom anche i più poveri dei cittadini non Rom. Solo una piccola minoranza comunque vive nei cosiddetti ‘campi rom’.

In passato sono stati lanciati in Europa programmi per l’integrazione, ma non sono mai stati una priorità. Due anni fa è stato convocato il primo summit europeo sui Rom, con l’obiettivo di combattere a livello nazionale e comunitario le discriminazioni e di migliorare le condizioni di vita di questa minoranza. Obiettivo -come è sotto gli occhi di tutti- ben lontano dall’essere raggiunto.

Giro di vite di Sarkozy

Così continuano ad esserci, su diversi territori d’Europa, Rom che nemmeno in anni di convivenza hanno imparato le regole del vivere civile, come ci sono Rom che vivono e lavorano tranquillamente perché hanno voluto e saputo integrarsi. Solo che questi ultimi non fanno notizia.

I Rom sono tornati al centro dell’attualità quando Parigi, che dall’inizio dell’anno ha espulso più di 8000 cittadini di origine Rom, ha proposto agli occupanti dei campi smantellati un rimpatrio ‘volontario’, organizzato dall’Ufficio per l’immigrazione che versa un aiuto di 300 euro per adulto e 100 per bambino. Una deportazione legittimata in nome della sicurezza. In realtà capro espiatorio per veicolare contro un nemico comune il malcontento dell’opinione pubblica. Capita quando l’economia va male e i governi non riescono a dare risposte vere.

Di fronte alla decisione del governo francese di procedere allo smantellamento dei campi e al rimpatrio di intere comunità Rom, il segretario del Pontificio Consiglio ripete che le espulsioni non possono essere “collettive”: «Bisogna stare attenti alle differenti situazioni e non si può colpevolizzare un’intera popolazione per violazioni di legge commesse da alcuni».

Malgrado le critiche che questa politica dei rimpatri sta suscitando in tutta Europa, la Francia non si ferma.

Il ‘modello’ bolognese e fiorentino

Al di là delle dichiarazioni di principio dei governanti, i Rom continuano a essere vittime di discriminazioni nella maggior parte dei paesi europei dove vivono o dove transitano.

Ma tra i Rom bolognesi c’è voglia di stabilità. Non è più la stagione dei grandi accampamenti e degli sgomberi. Così si cerca di organizzare piccoli gruppi o famiglie con figli che vanno a scuola.

A Firenze una mozione del PDL propone di smantellare i campi rom, ritenendo le spese comunali per i campi nomadi sproporzionate a fronte del ridotto numero degli abitanti.

Tante Associazioni di Volontari che assistono i nomadi dei campi (abusivi e non) romani e milanesi, rilevano le conseguenze negative degli sgomberi: a pagare più di tutti sono i minori, che devono interrompere il percorso scolastico; e le famiglie non ammesse nei campi regolari rischiano di finire in condizioni abitative peggiori di quelle precedenti.

Da parte sua la Commissione Europea ha annunciato che sta elaborando un rapporto sulle azioni compiute in Francia, che sarà presentato nel corso della prossima settimana. Il problema sarà affrontato a livello europeo. Ma concretamente che cosa si riuscirà a fare?

Decisivo è l’amore

Costruire con tutti la vita così come Dio la vuole è possibile soltanto se si fa dell’amore un imperativo assoluto, se ci si dispone a imparare da Lui: che continua a guardare ognuno con tenerezza e sorriso; e che manifesta la Sua grazia con la stessa generosità e bellezza dentro la vita dei Rom, come all’interno delle nostre bellissime cattedrali.

Bisognerebbe vivere con i Rom, relazionarsi con loro alla pari, guardarli in faccia per poterli realmente conoscere. Così come fanno ogni giorno tanti volontari, laici e religiosi. Perché è difficile amare qualcuno a distanza di sicurezza, o preoccupati solo di risultati da sbandierare.

È necessario invece cominciare a educare e curare il proprio sguardo per riuscire a scoprire frammenti di umanità anche nel ‘margine’, interiorizzato come luogo di vita. In questo caso le distanze pian piano si riducono fino ad annullarsi e senza accorgersene.

La sicurezza infatti certamente è necessaria, ma è un obiettivo da perseguire nella quotidianità e prima di tutto attraverso la costruzione di comunità locali ricche di coesione e di solidarietà. 

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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