Fede e vita: bisogno di senso assoluto
È esperienza di tutti ritrovarsi, ogni giorno, contingenti e fallibili. Cerchiamo ostinatamente il “tutto” e raccogliamo soltanto frammenti. Siamo mossi dal bisogno assoluto di felicità, ci illudiamo di costruire il paradiso in terra e molto spesso creiamo invece l’inferno: per noi e per gli altri. Allora ci diamo da fare per mascherare con il rumore il vuoto che rimane nel cuore. Ma i vuoti non si risolvono facendo cose ‘vuote’.
Il mondo in cui viviamo, intanto, viaggia all’insegna dei verbi apparire, produrre e capitalizzare; e offre con essi un panorama di riferimento a valori parziali assolutizzati, nel quale la fede si visualizza come evasione, come rifugio di comodo, o tutt’al più come emozione che concede un po’ di calore alle asprezze dell’esistenza. Ma l’uomo lucido e libero non può rinunciare a chiedersi -con rabbia e a volte anche con disperazione- il senso del faticare nei suoi giorni mortali, della sofferenza e di quella morte che, comunque, lo scavalca. In ogni uomo è inestinguibile il bisogno di un senso assoluto, ultimo e definitivo, che riguarda la propria vita, la storia intera di tutti gli uomini e l’intero universo. Ognuno rimane comunque libero di non credere.
Tutti viandanti dell’unico Dio
«Dio non è un soprammobile per arredare il mio salotto interiore», non mi vuole risparmiare la fatica di essere assalito dai dubbi. Chi vuole diventare credente in modo personale e sincero parte dal seguire l’amore, dal fidarsi e dall’accogliere le beatitudini, che oggi più che mai sono controcorrente e controcultura. In lui la fede allora diventa tutto. In verità il problema principale dell’uomo è quello di una fede totale: quella realtà che possiede la persona come fa un amore grande quando entra nella vita. Per sua natura infatti la fede, come l’amore, impegna, scuote da ogni quiete soporosa e oziosa, responsabilizza; soprattutto permette di ‘vedere’ come Dio vede la storia, la vita, la morte, il destino dell’uomo. Nella fede la persona non si riposa, ma si espone: come Abramo, che risponde «Eccomi» al Signore che lo chiama per metterlo alla prova (Gen 22,1); come Samuele, che dice «Eccomi» al Dio che lo chiama nella notte (Sam 3, 4). E, come Maria, seriamente si impegna ad amare come Cristo ha amato: fino a dare la vita.
Che cosa opera la fede
La fede è crescita dell’uomo. E’ imparare ad ascoltare il rumore della vita per focalizzare le cose più preziose che ci accadono. Quando non fa crescere, allora bisogna verificare se è autentica. Il Signore per esempio nel cammino di fede chiede alla persona un cambiamento di relazioni. Attraverso circostanze esterne e anche desolazioni interiori mette in questione il modo di concepire il rapporto con Lui e con gli altri. Così avviene che, qualunque percorso di fede io abbia già compiuto, non posso accontentarmi della mia relazione passata, per quanto buona o discreta essa possa essere stata. Ora deve progredire sapendo che l’intenzione del Signore non è di togliere qualcosa, ma di far passare a un livello di amore più puro e generoso e di inserire così in modo sempre più profondo e personale nel Suo mistero.
Su questa linea di coerenza al Dio fedele e al suo vangelo, il credente gusterà la gioia della fede: la più completa che si possa immaginare.
Dio nella carne dei martiri di oggi
Intimidazioni, soprusi e violenze contro i cristiani hanno concluso il 2010 e segnato pesantemente anche l’avvio di questo nuovo anno. È incredibile che in molti Paesi del mondo, ancora oggi, l’essere fedeli alle proprie convinzioni possa costare la vita. Ma così è nelle Filippine, in Nigeria, Pakistan, India, Cina, Egitto… Così è soprattutto in Iraq e in tutto il Medio Oriente, dove la presenza cristiana a causa della violenza di queste persecuzioni sta diminuendo vertiginosamente, tanto da preoccupare persino le autorità musulmane, che temono per quelle terre solo un futuro di sangue.
Nostalgia del vero incontro
Sul portale del duomo di Lubecca è espresso magistralmente il lamento del Signore che ci interroga tutti:
Mi chiamate la via e non mi seguite (fedeltà),
mi chiamate la luce e non mi vedete (fede),
mi chiamate il maestro e non mi ascoltate,
mi chiamate il Signore e non mi servite.
Un dì, se non vi riconoscerò, non vi meravigliate.
La fede autentica comincia nel tempio, dove chiediamo la grazia di capire la vita filiale che riceviamo, e finisce per le strade a raccontare Dio come si racconta una storia d’amore. Il mistero parte dal cuore di Dio, rispetta la libertà dell’uomo e gioisce di essere accolto. E se le Scritture sono il percorso privilegiato per incontrare il Verbo di Dio, è il dramma della libertà il terreno non sempre facile su cui si incontrano Dio e l’umanità. La fede non può perciò essere imposta con la forza, ma nemmeno confinata nella sfera privata. Ai potenti del mondo e a chi lavora con i mass media rimane il compito di aprire una nuova frontiera ai diritti umani. A tutti i cristiani l’impegno di contemplare il dono di Dio per accogliere nella vita e nella storia il disegno d’amore del Padre e non disperdere la grazia che è affidata alla nostra testimonianza. La fede, oggi più che in altri tempi, continua a viaggiare principalmente con l’ ‘accogliere’, il verbo principe della libertà e dell’amore.
Luciagnese Cedrone
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