L’inutilità della retorica

Posted by usmionline
giu 01 2011

Retorica e discorso politico

Tempo di elezioni, tempo di bugie. Politici e con loro anche molti intellettuali giocano con le parole come se non occorresse più pensare e far pensare, ma solo nascondere il male sociale. Ci chiediamo quale potere reale abbiano le parole pronunciate da chi:

- è impegnato a giustificare le incoerenze di un certo potere per mantenerlo saldo e renderlo anzi più ampio;

- è preoccupato unicamente di  ‘parlare’  per persuadere e far passare consensi;

- soprattutto sfrutta l’occasione per guadagnare per sé un po’ di reddito o di notorietà.

Certamente tali parole del potere sono segno di profondi limiti politici, culturali e umani. Si sente dire e ripetere da tante parti che i politici sanno solo parlare, che la politica serve unicamente a chi la fa, che è lontana dai fatti concreti, che è solo retorica, oratoria falsa e ingannevole per far passare messaggi non veritieri. Mentre la stampa troppo spesso appare fusa con la politica e incline al disfattismo.

Crisi del consenso

In tale quadro la politica contemporanea soffre in Italia di una crisi profonda del consenso e non riesce certo a trasmettere all’opinione pubblica alcuna passione.

Intorno al tema, V. Andreoli, noto psichiatra e scrittore, nel suo ultimo libro Il denaro in testa, tristemente riflette sul fatto che oggi “il luogo degli intellettuali è la televisione, un mezzo fatto apposta per produrre denaro. I potenti la governano e sono loro ad assoldare gli intellettuali per farli apparire in questo ambiente dove non si fa cultura, la si ammazza”. E conclude: “Senza cultura è come essere in un deserto a piangere la distruzione della società, attuata per consentire a pochi idioti di esprimere il loro delirio di onnipotenza”.

Ma allora la retorica si può ancora intendere, come in tempi ormai lontani, come un mezzo per spiegare meglio come stanno le cose? O non è invece, davvero, solo ricerca dell’effetto a sostegno dell’utile di pochi, mentre il potere rimane ancorato nelle mani di chi vuole prevaricare sugli altri?

«L’Italia si salva solo con un soprassalto di responsabilità»

«Dalla crisi oggettiva in cui si trova, il Paese non si salva con le esibizioni di corto respiro… ma solo con un soprassalto diffuso di responsabilità che privilegi il raccordo tra i soggetti diversi e il dialogo costruttivo». È il richiamo agli italiani del presidente della Cei A. Bagnasco.

Nel contesto attuale fanno ben sperare:

- il fatto che oggi non si possono più nascondere le cose che accadono, perché viviamo nel  tempo di internet e delle conoscenze “in tempo reale”;

- l’intuizione, che si fa strada nella mente e nel cuore della gente, di un modo di vita alternativo dentro la realtà politica;

- la voglia di sviluppare finalmente un personale e profondo senso critico per poter partecipare attivamente alla vita politica del proprio Paese.

E’ questo senso critico infatti che aiuta a far ragionare gli individui, sempre che essi vogliano difendersi dall’imposizione e senza che ciò si traduca nel divieto e nella proibizione della parola altrui.

Poca retorica e parole misurate

Così oggi molti cittadini non accettano più di dare solo il proprio consenso; cercano riscontri, vogliono sapere come stanno realmente le cose. Sono disposti a ripensare la propria partecipazione diretta alla cosa pubblica, ma chiedono una politica che si interessi e affronti realmente i temi più caldi e concreti, che davvero condizionano il quotidiano di tutti: dalla disoccupazione al precariato e alla scuola, dalla condizione della donna al diritto della casa, dai trasporti ai rifiuti, all’ambiente… Mentire spudoratamente a chi chiede sincerità e conosce la verità equivale alla cronaca di una fine annunciata.

Emergenza umanitaria senza progetto

In questi mesi, per esempio, una rivolta ancora priva di una direzione precisa sta scrivendo la Storia nel Mediterraneo, mentre continua anche a fare di questo nostro mare la fossa comune per tanti che cercavano speranza, ma non sono arrivati ad essere considerati ‘nostri’. Sono eventi internazionali che toccano il nostro Paese e il quotidiano di ogni cittadino. Chiamano alla responsabilità tutti e soprattutto chi in varia misura e con diverse modalità ambisce a gestire, a conservare o a conquistare il potere. Non si tratta di un’invasione, ma di una carenza strutturale nel nostro sistema di accoglienza per i rifugiati, a cui finalmente va posto rimedio.

”Ognuno è responsabile per ciò che fa … e per ciò che lascia fare” (Richard Von Weizsäcker)

Se l’impegno etico individuale è sempre necessario, ai nostri giorni però non basta più.

Sull’esempio dei cittadini di Lampedusa cresce in Italia il numero di chi chiede ai palazzi del potere di affrontare finalmente questi fenomeni con quella responsabilità che negli stessi palazzi sembra essere diventata virtù introvabile. Nel suo quotidiano intanto s’impegna con passione per:

- essere luogo di dialogo in un tempo di incertezza e di diffidenza;

- testimoniare la comunione e l’accoglienza pur vivendo nelle difficoltà derivanti dalle novità di vita del nostro oggi.

- esprimere e far valere la propria opinione in tutte le sedi possibili, coinvolgendo i giovani in questo stile di vita. Un’opinione non perentoria e assolutista; ma consapevole, argomentata e dialogata: prima espressione di una rinascita della democrazia.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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