Alcune parole di un uomo che ha uno sguardo sempre ‘un poco oltre’, non teme di porre sul tappeto problemi scottanti e spinge chi accetta di lasciarsi interrogare a guardare lontano.
«La Chiesa è stanca, nell’Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote mentre l’apparato burocratico della Chiesa lievita … Noi ci troviamo come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo» (C. M. Martini).
Sono parole che solo chi – come il cardinal Martini ha dato ad esse spessore con la propria vita, amando e servendo con tutto se stesso – può consegnare con libertà a tutti come un testamento. Noi vorremmo almeno essere capaci di riflettervi un po’ insieme per raccogliere, con il suo lamento per una Chiesa «stanca»:
- l’invito a «liberare la brace dalla cenere» perché quest’ultima non abbia a seppellirci;
- il bisogno di essere «uomini che ardono in modo che lo Spirito possa diffondersi ovunque»;
- l’esortazione alla «fede, fiducia e coraggio»;
- le domande: «Come mai non ci si scuote? Abbiamo paura?» e «Io che cosa posso fare per la Chiesa?».
La stanchezza amica…
Difficoltà, tensioni, ambiguità attraversano la vita comunitaria di tutti, credenti e non. E nemmeno la preghiera di chi crede preserva dalle difficoltà e dalle contraddizioni. Solo orienta il cuore perché la persona possa attraversare e portare tutte le realtà della sua vita in una libertà interiore sempre più profonda. La fede guida a resistere a quel senso di impotenza che a volte ci assale e guida a relativizzare il proprio vissuto per essere capaci di orientarlo a ciò che non passa.
La sensazione di stanchezza allora – qualunque ne sia la causa – costituisce per ognuno l’occasione di riflettere in modo nuovo sulla propria vita e su ciò che in essa conta davvero; sprona a domandare a se stessi che cosa si desidera esprimere con la propria esistenza, sapendo che ciò che conta non è fornire prestazioni e sforzarsi, ma è ’essere’, ed ’essere’ per grazia di Dio. La verità del proprio cuore in realtà non si mette in scena e nemmeno dipende dagli applausi o dai fischi finali degli altri, ma deriva solo dallo sguardo intimo e ardente del ‘re’ che è in noi (cfr. Sal 44,12). La stanchezza, quindi, si rivela amica perché introduce alla propria verità, al mistero di Dio e dell’essere umano.
… e la sfida a cambiare
La coscienza, pur gradualmente acquisita, della fugacità della vita propria e di quella di quanti e di quanto circonda ognuno, permette di discernere ciò che è essenziale, e di maturare in una più vera libertà di scelta. È importante non identificarsi troppo con la scena che fa da sfondo alla propria esistenza e porre comunque su chi ci vive accanto nel quotidiano uno sguardo fiducioso che aiuti l’altro a rivelarsi.
La preghiera e persino la decisione di voler seguire Gesù come discepoli non automatizzano scelte e decisioni della persona; solo l’accompagnano, orientano e sostengono nel suo processo di crescita. E il fatto che il Signore Gesù trascorra un’intera notte nella preghiera prima di scegliere i suoi apostoli indica chiaramente al credente come sfuggire all’illusione di poter scegliere a partire solo da se stesso. È la relazione con il Padre in realtà che colloca nel giusto cammino della vita perché permette di cogliere la verità delle cose e, soprattutto, la verità delle persone. Radicare il proprio personale percorso in una relazione intima con il Padre dà infatti ai giorni che ci è dato di vivere il giusto orientamento e il ritmo giusto al passo. Un ritmo che è e rimane infinitamente rispettoso del mistero dell’altro, e nello stesso tempo non smette mai di essere fedele al mistero di se stessi.
Solo l’amore vince la stanchezza
Il cardinal Martini, sempre aperto all’ascolto per intuire la presenza di Dio ovunque e in chiunque, si è lasciato condurre ed è stato condotto dalla Parola a parlare al cuore della gente, superando così divisioni e steccati, nella libertà di uno sguardo non condizionato dalle strutture e dalle tradizioni. Egli non voleva che tutti pensassero come lui, ma semplicemente che pensassero. E per questo la nostra società, assetata di rapporti veri, lo ha capito.
Contro la stanchezza della Chiesa che siamo noi, egli consiglia a ognuno tre strumenti di guarigione molto forti.
Il primo è la conversione (di sguardo e di cuore), che richiede prima di tutto l’impegno a riconoscere i propri errori e poi a ricominciare ogni giorno il percorso per un cammino radicale di cambiamento.
Il secondo è la Parola di Dio che “è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti”. Chi percepisce nel suo cuore questa Parola e vi dimora con assiduità riuscirà a rispondere alle domande personali con giuste scelte. Dal momento che nessuna regola o legge può sostituirsi all’interiorità dell’uomo “se la vita interiore è nulla, per quanto si abbia zelo, buone intenzioni e tanto lavoro, i frutti sono nulli ” (Charles De Foucauld). Solo l’amore – ricorda con insistenza C. M. Martini – è più forte del sentimento di sfiducia e vince ogni delusione e stanchezza.
Il terzo è la forza che viene agli uomini dai sacramenti nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita.
Sono ‘strumenti di guarigione’ sempre necessari e particolarmente utili oggi, mentre la Chiesa si accinge a celebrare il Sinodo generale dei vescovi sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, quando tutti i cristiani sono chiamati a trovare risposte adeguate alle nuove sfide per la Chiesa.
Nel tempo della nuova evangelizzazione
Per non reagire con durezza o con aridità a certe realtà difficili; per non scaricare su altri le proprie responsabilità; per raggiungere in modo convincente il cuore della gente, è necessario insomma che il cuore di ognuno sia pieno di Cristo e che parli a partire da questa pienezza. La sfida a cambiare richiede perciò a tutti la conversione e senza non ci potrà essere alcuna nuova evangelizzazione. Poi si potrà evangelizzare anche per contagio, come si esprimeva Martini. Un contagio senza parole. Un po’ come un sorriso genera un altro sorriso.
Fratello nostro, Carlo Maria Martini, il nostro grazie a te che in modo esemplare hai perseguito la verità anche là dove l’ambiente non era favorevole, sempre pronto all’ascolto e al dialogo. Grazie per le tue parole chiare, semplici e vitali, che traducono per il nostro oggi il messaggio antico e sempre nuovo di Dio. Ti abbiamo amato, fratello nostro! Per il tuo sorriso e la tua parola, per il tuo chinarti sulle nostre fragilità e per il tuo sguardo capace di vedere lontano, per la tua fede nei giorni della gioia e in quelli del dolore, per la tua arte di ascoltare e di dare speranza a tutti. Ora che sei presso Dio, che opera in tutti e per tutti vuole che camminiamo verso l’amore, ci affidiamo alla tua intercessione: chiediGli per noi che insegni al nostro cuore dove e come cercarLo ogni giorno, dove e come trovarLo!
Luciagnese Cedrone
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