Riconciliarsi: appello dal nostro tempo

Posted by usmionline
set 28 2012

Due eventi attuali, un unico richiamo: cambiare i pensieri per evitare “l’angolo della vittima” e accogliere nella propria vita la chiamata alla riconciliazione.

Qualità della vita significa qualità delle relazioni, che ne costituiscono la sostanza. Nelle relazioni solide, profonde e durature che riusciamo a creare e a vivere con gli altri, ognuno può dire con convinzione a se stesso e a chi gli vive accanto: io valgo e tu vali, mi stimo e ti stimo; insieme possiamo costruire! Spesso invece nella nostra vita insieme ci ritroviamo a vivere, più o meno consapevolmente, raggomitolati ‘nell’angolo’ della vittima’, come comparse in balia delle azioni di altri; passivi e in attesa del loro comportamento; nella delusione, inchiodati a vivere di riflesso. Facciamo così esperienza di quei contrasti così frequenti nella vita comune nei quali si vuole solo vincere e non capire o risolvere un problema. Forse anche condizionati dalla cultura moderna che non fa davvero molto per valorizzare il perdono; il più delle volte anzi legittima il rancore e la vendetta. Ma continuando su questa via certamente il male non diminuirà nel mondo. Alcuni lo hanno capito e lo testimoniano con i fatti.

Eventi che richiamano ad abitare la propria vita interiore
Due eventi per tutti:

1-    Il 17 agosto 2012 l’appello congiunto cattolico-ortodosso – il primo del genere firmato da due Chiese – ai popoli della Russia e della Polonia “affinché preghino per ottenere il perdono dei torti, delle ingiustizie e di tutti i mali inflitti reciprocamente nel corso dei secoli”. La preparazione dell’evento era in corso da tre anni. Presenti, in un clima di forte emozione, le più rappresentative autorità delle due Chiese, insieme a numerosi membri del governo polacco, a intellettuali e uomini di cultura. Il “documento non cambierà gli uomini una volta per sempre, ma sarà un documento fondamentale al quale si farà riferimento nei secoli futuri”. Chissà, forse diventerà per tanti l’occasione per decidere se manifestare concretamente sostegno alle tante popolazioni che oggi stanno vivendo in situazioni di conflitto e di emergenza umanitaria!

2-    La comunità ecumenica di Taizè, nata in Francia per creare segni di riconciliazione nei Paesi che avevano sofferto la guerra mondiale, festeggia il cinquantesimo di fondazione. Frère Roger, ricordando quegli inizi, chiarì gli obiettivi della Comunità con queste parole: “Penso che dalla mia gioventù non mi abbia mai abbandonato l’intuizione che una vita di comunità poteva essere un segno che Dio è amore, e amore soltanto. A poco a poco cresceva in me la convinzione che era essenziale creare una comunità con uomini decisi a donare tutta la loro vita, e che cercassero sempre di capirsi e riconciliarsi: una comunità dove la bontà del cuore e la semplicità sarebbero al centro di tutto.” Chi da allora visita la comunità e la Chiesa di Taizè, ricorda la propria chiamata alla riconciliazione e la cerca per realizzarla aprendo il proprio cuore e il proprio spirito a tutti, a cominciare dai più vicini.

E nel nostro piccolo?
In ogni situazione riconciliarsi significa – in partenza – riuscire a prendere contatto con se stessi, con il proprio corpo così come è diventato nel tempo, con la storia della propria vita e con i propri lati oscuri e ombre, senza far finta che ferite e offese ricevute non siano state. …Solo a questo punto ci si ritrova in grado di entrare in relazione con gli altri e con Dio, se davvero lo si vuole.

Si avvia così quel processo circolare, reciproco e interattivo che è sfida continua a dire sì a ciò che vorrei far finta di non vedere e che richiede umiltà sempre in prova. Ma è la verità che ci farà liberi, come Gesù ci ha promesso (Gv 8,32).

Il processo del perdono richiede tempo…
Mi sono sentito abbandonato, sminuito, non preso seriamente in considerazione… Se qualcuno ci ha ferito e fatto soffrire, probabilmente esprimeremo con parole simili i sentimenti che ci ritroviamo dentro. Potremo anche decidere di ignorare tali emozioni, ma questo non le fa diminuire. È necessario invece lasciare al dolore il tempo necessario ad una sana metabolizzazione, senza scusare troppo presto la persona che ce lo ha provocato.

Anche la collera ha un ruolo positivo nel processo del perdono: fa prendere una sana distanza rispetto all’altro. Il che non significa autorizzare se stessi a gridare, o mettersi a ripagare con la stessa moneta, ma acquisire la consapevolezza che non ho bisogno dell’altro perché la mia vita si svolga positivamente. Tale consapevolezza permette anche di guardare con maggiore oggettività a ciò che è accaduto e di comprendere meglio il motivo per cui il comportamento dell’altro mi ha fatto soffrire tanto. Chissà, forse ha toccato in me un’antica piaga, un posto dove non mi sono ancora riconciliato con me stesso… A questo punto sono in grado di rinunciare a girare attorno alle mie ferite e a rimuginare sul passato.

Non si tratta – come si può facilmente capire – solo di una tecnica. È invece un’arte che non lascia immutata la persona, perché una cosa è certa: se là dove mi hanno ferito crollano le mie maschere, posso finalmente mettermi in contatto col mio vero . Ciò che mi fa soffrire infatti mi fa anche sentire vivo e mantiene sveglia nel cuore la nostalgia di Dio e del Suo Amore pieno e gratuito. Il discepolo insomma è invitato a mettersi in gioco e a dare quel poco che ha. Il resto lo farà Dio, che ci dona energie nuove insieme alla fiducia di poter imprimere in questo mondo la traccia inconfondibile e personale della propria vita.

Riconciliarsi con Dio
La riconciliazione, di cui oggi abbiamo grande bisogno – per dirlo ancora in sintesi – è un agire di Dio che apre la persona alla fede e la scardina dalle sue abitudini. È troppo bella l’esperienza di presentare a Dio tutto quello che c’è dentro di sé affidandosi al Suo mistero inafferrabile; sentirsi, anche se solo per qualche istante, una sola cosa con Lui, con tutto ciò che esiste e con quello che egli ha ci ha riservato.

Dio si serve di mezzi umanamente inattesi per invitarci a questo, ma tocca a ognuno riconoscere e rispondere alla Sua azione, accettando la fatica di liberarci dalle false immagini che di Lui e di noi stessi ci resistono nel cuore per poi ‘risorgere’ in tante occasioni.

Sì, solo la fiducia nella piccolezza è capace di spostare la montagna dell’orgoglio e della paura. Ed è la piccolezza che rende veramente capaci di riconciliazione e di condivisione.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

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