Profonda emozione per la sua statura morale e grande tenerezza per il suo aspetto fisico segnato dalla fragilità dell’età avanzata, sono i sentimenti che più volte ho provato nell’avvicinarmi a Papa Benedetto quando, in alcune occasioni, ho avuto la gioia di incontrami con lui. Ed ora, presente alla solenne celebrazione eucaristica in San Pietro il 2 febbraio scorso – festa della vita consacrata – non avrei certo potuto immaginare che sarebbe stata l’ultima volta che il mio sguardo si sarebbe incontrato con il suo mentre, tra le centinaia di suore che mi circondavano, qualcuna esclamava a gran voce: “Grazie, Santità!”.
Davvero GRAZIE, Papa Benedetto, per il messaggio che hai voluto consegnarci in questo ultimo 2 febbraio. Lo portiamo nel nostro cuore come un dono prezioso, quasi un’eredità spirituale che proviene dal tuo amore per noi.
Lo riascoltiamo per coglierne la profondità e fissarlo nella memoria.
“Vi invito in primo luogo ad alimentare una fede in grado di illuminare la vostra vocazione. Vi esorto per questo a fare memoria, come in un pellegrinaggio interiore, del «primo amore» con cui il Signore Gesù Cristo ha riscaldato il vostro cuore, non per nostalgia, ma per alimentare quella fiamma. E per questo occorre stare con Lui, nel silenzio dell’adorazione; e così risvegliare la volontà e la gioia di condividerne la vita, le scelte, l’obbedienza di fede, la beatitudine dei poveri, la radicalità dell’amore. A partire sempre nuovamente da questo incontro d’amore voi lasciate ogni cosa per stare con Lui e mettervi come Lui al servizio di Dio e dei fratelli (cfr. Vita consecrata, 1).
In secondo luogo vi invito a una fede che sappia riconoscere la sapienza della debolezza. Nelle gioie e nelle afflizioni del tempo presente, quando la durezza e il peso della croce si fanno sentire, non dubitate che la kenosi di Cristo è già vittoria pasquale. Proprio nel limite e nella debolezza umana siamo chiamati a vivere la conformazione a Cristo, in una tensione totalizzante che anticipa, nella misura possibile nel tempo, la perfezione escatologica (ibid.,16). Nelle società dell’efficienza e del successo, la vostra vita segnata dalla «minorità» e dalla debolezza dei piccoli, dall’empatia con coloro che non hanno voce, diventa un evangelico segno di contraddizione.
Infine, vi invito a rinnovare la fede che vi fa essere pellegrini verso il futuro. Per sua natura la vita consacrata è pellegrinaggio dello spirito, alla ricerca di un Volto che talora si manifesta e talora si vela: «Faciem tuam, Domine, requiram» (Sal 26,8). Questo sia l’anelito costante del vostro cuore, il criterio fondamentale che orienta il vostro cammino, sia nei piccoli passi quotidiani che nelle decisioni più importanti. Non unitevi ai profeti di sventura che proclamano la fine o il non senso della vita consacrata nella Chiesa dei nostri giorni; piuttosto rivestitevi di Gesù Cristo e indossate le armi della luce – come esorta san Paolo (cfr Rm 13,11-14) – restando svegli e vigilanti.
La vita consacrata nel pensiero del Papa
Ripercorrendo a grandi linee questi otto anni di pontificato, possiamo notare che la vita consacrata, nelle parole del Papa, viene ricondotta al suo nucleo originale che è la forma di vita assunta dal Cristo. L’approccio cristologico è costantemente richiamato.
Il primato di Dio
Nell’omelia del 2 febbraio 2006 Papa Benedetto afferma: “Come la vita di Gesù, nella sua obbedienza e dedizione al Padre, è parabola vivente del “Dio con noi”, così la concreta dedizione delle persone consacrate a Dio e ai fratelli diventa segno eloquente della presenza del Regno di Dio per il mondo di oggi. Il vostro modo di vivere e di operare è in grado di manifestare senza attenuazioni la piena appartenenza all’unico Signore; la vostra completa consegna nelle mani di Cristo e della Chiesa è un annuncio forte e chiaro della presenza di Dio in un linguaggio comprensibile ai nostri contemporanei. È questo il primo servizio che la vita consacrata rende alla Chiesa e al mondo. All’interno del Popolo di Dio essi sono come sentinelle che scorgono e annunciano la vita nuova già presente nella nostra storia”.
Il 22 maggio del medesimo anno parlando ai superiori e alle superiore generali, conferma: “Appartenere al Signore vuol dire essere bruciati dal suo amore incandescente, essere trasformati dallo splendore della sua bellezza; la nostra piccolezza è offerta a Lui come sacrificio di soave odore, affinché diventi testimonianza della grandezza della sua presenza per il nostro tempo che tanto ha bisogno di essere inebriato dalla ricchezza della sua grazia”.
Il 2 febbraio 2010, dopo aver ricordato il significato della celebrazione, aggiunge: “La vita consacrata, testimonia ed esprime in modo “forte” proprio il cercarsi reciproco di Dio e dell’uomo, l’amore che li attrae; la persona consacrata, per il fatto stesso di esserci, rappresenta come un “ponte” verso Dio per tutti coloro che la incontrano, un richiamo, un rinvio. E tutto questo in forza della mediazione di Gesù Cristo, il Consacrato del Padre. Il fondamento è Lui! Lui, che ha condiviso la nostra fragilità, perché noi potessimo partecipare della sua natura divina”.
Importanza della Parola di Dio
Grande importanza Papa Benedetto ha dato alla pratica della lectio divina poiché la vita consacrata nasce dall’ascolto della Parola. Nell’omelia del 2 febbraio 2008 afferma: “Lo Spirito Santo attira alcune persone a vivere il Vangelo in modo radicale e a tradurlo in uno stile di sequela più generosa. Ne nasce così un’opera, una famiglia religiosa che, con la sua stessa presenza, diventa a sua volta “esegesi” vivente della Parola di Dio. Cari fratelli e sorelle, nutrite la vostra giornata di preghiera, di meditazione e di ascolto della Parola di Dio. Voi, che avete familiarità con l’antica pratica della lectio divina, aiutate anche i fedeli a valorizzarla nella loro quotidiana esistenza. E sappiate tradurre in testimonianza quanto la Parola indica, lasciandovi plasmare da essa che, come seme accolto in terreno buono, porta frutti abbondanti. Sarete così sempre docili allo Spirito e crescerete nell’unione con Dio, coltiverete la comunione fraterna fra voi e sarete pronti a servire generosamente i fratelli, soprattutto quelli che si trovano nel bisogno. Che gli uomini possano vedere le vostre opere buone, frutto della Parola di Dio che vive in voi, e diano gloria al Padre vostro celeste (cfr Mt 5,16)!”
Sempre sullo stesso tema nella celebrazione del 2 febbraio 2011 esordisce: “Cari fratelli e sorelle, siate ascoltatori assidui della Parola, perché ogni sapienza di vita nasce dalla Parola del Signore! Siate scrutatori della Parola, attraverso la lectio divina, poiché la vita consacrata “nasce dall’ascolto della Parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita. Vivere nella sequela di Cristo casto, povero ed obbediente è in tal modo una «esegesi» vivente della Parola di Dio. Lo Spirito Santo, in forza del quale è stata scritta la Bibbia, è il medesimo che illumina di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni regola vuole essere espressione, dando origine ad itinerari di vita cristiana segnati dalla radicalità evangelica” (Verbum Domini, 83).
I consigli evangelici
Nell’omelia del 2 febbraio 2009 Papa Benedetto esplicita il significato dei voti religiosi prendendo come paradigma la testimonianza di san Paolo (eravamo nell’anno paolino): “… Dalla sua stessa voce possiamo conoscere uno stile di vita che esprime la sostanza della vita consacrata ispirata ai consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Nella vita di povertà egli vede la garanzia di un annuncio del Vangelo realizzato in totale gratuità (cfr 1 Cor 9,1-23), mentre esprime, allo stesso tempo, la concreta solidarietà verso i fratelli nel bisogno. Al riguardo tutti conosciamo la decisione di Paolo di mantenersi con il lavoro delle sue mani e il suo impegno per la colletta a favore dei poveri di Gerusalemme (cfr 1 Ts 2,9; 2 Cor 8-9). Paolo è anche un apostolo che, accogliendo la chiamata di Dio alla castità, ha donato il cuore al Signore in maniera indivisa, per poter servire con ancor più grande libertà e dedizione i suoi fratelli (cfr 1 Cor 7,7; 2 Cor 11,1-2); inoltre, in un mondo nel quale i valori della castità cristiana avevano scarsa cittadinanza (cfr 1 Cor 6,12-20), egli offre un sicuro riferimento di condotta. Quanto poi all’obbedienza, basti notare che il compimento della volontà di Dio e l’«assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le chiese» (2 Cor 11,28) ne hanno animato, plasmato e consumato l’esistenza, resa sacrificio gradito a Dio. Tutto questo lo porta a proclamare, come scrive ai Filippesi: «Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1,21).
E nel 2012 Papa Benedetto aggiunge: “I consigli evangelici, accettati come autentica regola di vita, rafforzano la fede, la speranza e la carità, che uniscono a Dio. Questa profonda vicinanza al Signore, che deve essere l’elemento prioritario e caratterizzante della vostra esistenza, vi porterà ad una rinnovata adesione a Lui e avrà un positivo influsso sulla vostra particolare presenza e forma di apostolato all’interno del Popolo di Dio, mediante l’apporto dei vostri carismi, nella fedeltà al Magistero, al fine di essere testimoni della fede e della grazia, testimoni credibili per la Chiesa e per il mondo di oggi”.
La vita comunitaria
Riprendendo le affermazioni già scritte in altri documenti del magistero, fin dall’inizio del suo pontificato Papa Benedetto ricorda la particolare importanza della vita comunitaria: “Parte costitutiva della vostra missione è la vita comunitaria. Impegnandovi a realizzare comunità fraterne, voi mostrate che grazie al Vangelo anche i rapporti umani possono cambiare, che l’amore non è un’utopia, ma anzi il segreto per costruire un mondo più fraterno” (10 dicembre 2005).
La missione apostolica
Nel febbraio del 2007 il Papa invita a riflettere come la missione scaturisca dalla contemplazione: “Dedicandovi esclusivamente a Lui, voi testimoniate il fascino della verità di Cristo e la gioia che scaturisce dall’amore per Lui. Nella contemplazione e nell’attività, nella solitudine e nella fraternità, nel servizio ai poveri e agli ultimi, nell’accompagnamento personale e nei moderni areopaghi, siate pronti a proclamare e testimoniare che Dio è Amore, che dolce è amarlo”.
Nel 2009, portando la testimonianza di san Paolo ai religiosi e religiose raccolte nella basilica di San Pietro, Papa Benedetto afferma: “Altro aspetto fondamentale della vita consacrata di Paolo è la missione. Egli è tutto di Gesù per essere, come Gesù, di tutti; anzi, per essere Gesù per tutti: «Mi sono fatto tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22). A lui, così strettamente unito alla persona di Cristo, riconosciamo una profonda capacità di coniugare vita spirituale e azione missionaria; in lui le due dimensioni si richiamano reciprocamente. E così, possiamo dire che egli appartiene a quella schiera di “mistici costruttori”, la cui esistenza è insieme contemplativa ed attiva, aperta su Dio e sui fratelli per svolgere un efficace servizio al Vangelo.
Necessità della testimonianza
Papa Benedetto ha richiamato più volte la necessità della testimonianza autentica della vocazione religiosa. Il 18 febbraio 2008 ai membri della UISG e USG ricorda: “Gli uomini d’oggi avvertono un forte richiamo religioso e spirituale, ma sono pronti ad ascoltare e seguire solo chi testimonia con coerenza la propria adesione a Cristo. Ed è interessante notare che sono ricchi di vocazioni proprio quegli Istituti che hanno conservato o hanno scelto un tenore di vita, spesso molto austero, e comunque fedele al Vangelo vissuto “sine glossa”.
Il 2 febbraio 2010 continuando la riflessione sulla necessità della testimonianza dice: “Le persone consacrate sono chiamate in modo particolare ad essere testimoni della misericordia del Signore, nella quale l’uomo trova la propria salvezza. Esse tengono viva l’esperienza del perdono di Dio, perché hanno la consapevolezza di essere persone salvate, di essere grandi quando si riconoscono piccole, di sentirsi rinnovate ed avvolte dalla santità di Dio quando riconoscono il proprio peccato. Per questo, anche per l’uomo di oggi, la vita consacrata rimane una scuola privilegiata della “compunzione del cuore”, del riconoscimento umile della propria miseria, ma, parimenti, rimane una scuola della fiducia nella misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona. In realtà, più ci si avvicina a Dio, più si è vicini a Lui, più si è utili agli altri. Le persone consacrate sperimentano la grazia, la misericordia e il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio.
Segno di contraddizione
Il 2 febbraio 2007 il Papa, consapevole delle difficoltà che i consacrati incontrano nel mondo, asserisce: “Per natura sua la vita consacrata costituisce una risposta a Dio totale e definitiva, incondizionata e appassionata. E quando si rinuncia a tutto per seguire Cristo, quando gli si dà ciò che si ha di più caro affrontando ogni sacrificio, allora, come è avvenuto per il divin Maestro, anche la persona consacrata che ne segue le orme diventa necessariamente “segno di contraddizione”, perché il suo modo di pensare e di vivere è spesso in contrasto con la logica del mondo, come si presenta nei mezzi di comunicazione sociale, quasi sempre. Si sceglie Cristo, anzi ci si lascia “conquistare” da Lui senza riserve”.
Il Papa non passa sotto silenzio le gravi difficoltà che la vita religiosa odierna si trova a dover affrontare al suo interno, sia per lo scarso numero di giovani vocazioni, sia per l’invecchiamento. Intervenendo su questo tema afferma: “Non lasciatevi scoraggiare, ma affrontate queste dolorose situazioni di crisi con serenità e la consapevolezza che a ciascuno è richiesto non tanto il successo, quanto l’impegno della fedeltà. Ciò che si deve assolutamente evitare è il venir meno dell’adesione spirituale al Signore e alla propria vocazione e missione” (20 settembre 2008).
Il Papa dimostra sempre grande stima per le persone consacrate e il 2 febbraio 2010 asserisce: “La vita consacrata è importante proprio per il suo essere segno di gratuità e d’amore, e ciò tanto più in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile (cfr Vita consecrata, 105). La vita consacrata, invece, testimonia la sovrabbondanza d’amore che spinge a “perdere” la propria vita, come risposta alla sovrabbondanza di amore del Signore, che per primo ha “perduto” la sua vita per noi. In questo momento penso alle persone consacrate che sentono il peso della fatica quotidiana scarsa di gratificazioni umane, penso ai religiosi e alle religiose anziani, ammalati, a quanti si sentono in difficoltà nel loro apostolato… Nessuno di essi è inutile, perché il Signore li associa al “trono della grazia”. Sono invece un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo, assetato di Dio e della sua Parola”.
Necessità della pastorale vocazionale
Papa Benedetto all’apertura del convegno ecclesiale della diocesi di Roma su Famiglia e comunità cristiana (6 giugno 2005) invita: “Un ultimo messaggio che vorrei affidarvi riguarda la cura delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata: sappiamo tutti quanto la Chiesa ne abbia bisogno! Perché queste vocazioni nascano e giungano a maturazione, perché le persone chiamate si mantengano sempre degne della loro vocazione, è decisiva anzitutto la preghiera, che non deve mai mancare in ciascuna famiglia e comunità cristiana. Ma è anche fondamentale la testimonianza di vita dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, la gioia che essi esprimono per essere stati chiamati dal Signore. Ed è ugualmente essenziale l’esempio che i figli ricevono all’interno della propria famiglia e la convinzione delle famiglie stesse che, anche per loro, la vocazione dei propri figli è un grande dono del Signore. La scelta della verginità per amore di Dio e dei fratelli, che è richiesta per il sacerdozio e la vita consacrata, sta infatti insieme con la valorizzazione del matrimonio cristiano: l’uno e l’altra, in due maniere differenti e complementari, rendono in qualche modo visibile il mistero dell’alleanza tra Dio e il suo popolo”.
Caro Papa Benedetto, al termine di questa sintesi delle parole che in questi anni hai rivolto a noi, ci sia permesso esprimerti la nostra gratitudine per averci tenute nel tuo cuore e per la stima che ci hai dimostrato. Più volte infatti, nella celebrazione del 2 febbraio, hai affermato che quella era “una preziosa occasione per lodare il Signore del dono inestimabile della vita consacrata alla Chiesa e al mondo”.
Sii certo che sarai sempre presente nella nostra preghiera perché ora la tua vita “nascosta al mondo” è più preziosa che mai per la fecondità spirituale della Chiesa.
A te la nostra eterna gratitudine.
Madre Orsola Bertolotto
Superiora generale Murialdine di san Giuseppe
Consigliera USMI nazionale