Mentre molte porte false e autoreferenziali invitano a mettersi in cammino, la sfida è attraversare la porta della fede per guarire il cuore corrotto.
Un male oscuro?
Signore! Dacci occhi deboli per le cose che non valgono, e occhi pieni di chiarezza per guardare tutta la tua verità (Kierkegaard).
Papa Francesco non ha dubbi. Corruzione è il salvar sempre le apparenze (i sepolcri imbiancati contro i quali si scagliava Gesù). Un male che conosciamo – e soffriamo da vicino – che lacera, scava e corrode. Un cammino su cui si scivola, quasi senza accorgersene, in un’abitudine di vita, sempre negata e dissimulata. Non si diviene corrotti di colpo… Si comincia con il passare per le scorciatoie dell’opportunismo anche a prezzo della dignità propria e altrui. Si reagisce poi alle critiche sminuendo chi le fa e attaccando con l’insulto chi la pensa diversamente. Presi dalla seduzione delle cose e dal fascino di possedere di più, si finisce per investire sul prodotto sbagliato – il denaro – e si dimentica l’amore. Su tale percorso, la propria capacità di amare un po’ per volta si deteriora e la persona finisce per dividere il mondo intorno a sé in complici e nemici. È come se i ‘buoni’ risultati conseguiti ubriacassero di un borioso ottimismo. “Così fan tutti”, si conclude frettolosamente quasi a giustificarsi.
In realtà se una catena di male, come un fiume fangoso, percorre la storia in ogni tempo, oggi la corruzione è diventata un cancro morale che avviluppa la politica, l’economia, la società. E anche la Chiesa. Tende ad espandersi dappertutto come se fosse parte accettabile della vita quotidiana, impone complicità e costi altissimi. L’Italia, nelle classifiche internazionali sulla corruzione, continua a scivolare verso il basso e vi diventa sempre più difficile estirparne il male anche a causa di leggi che hanno favorito la sostanziale impunità di importanti tipologie di reati. Alla base del problema non si può nemmeno negare l’esistenza di una italianità refrattaria al rispetto delle regole e dedita all’arrangiarsi per un tornaconto individuale, di clan, o di corrente, qualunque costo questo comporti per la collettività.
Complesso di ‘inquestionabilità’?
Nel motto di San Gregorio Magno, Corruptio optimi, pessima, Papa Bergoglio indica una grande verità: la corruzione del migliore – del meglio – è la cosa peggiore. E l’applica ai “religiosi corrotti”. Poi chiarisce: “Non voglio riferirmi qui ai casi ovvi di corruzione, ma piuttosto a stati di corruzione quotidiana, che chiamerei veniale, ma che lentamente fanno arenare la vita religiosa”. Egli fa quindi una disamina molto lucida di questi “stati di corruzione quotidiana”. Si tratta di una specie di paralisi che si produce quando un’anima si adatta a vivere tranquillamente in pace. All’inizio, c’è “il timore che Dio ci imbarchi in viaggi che non possiamo controllare”. La paura perciò rimpicciolisce “gli orizzonti a misura della propria desolazione o quietismo”. Si arriva quindi alla mediocrità e alla tiepidezza: due forme di corruzione spirituale, segni di una fede anoressica e di facciata. E ci si immette su un piano inclinato che conduce allo scoraggiamento dell’anima, in una “lenta, ma definitiva, sclerosi del cuore”.
La persona tenderà allora a interpretare la “vita consacrata come realizzazione immanente della sua personalità”; oppure inseguirà la “soddisfazione professionale”; quando non si compiacerà della stima altrui, o si dedicherà principalmente a una intensa vita sociale … Il cuore rimane putrefatto a causa dell’adesione eccessiva a un ‘tesoro’ che lo ha conquistato.
Quale forza profetica potrà sciogliere tale cuore corrotto? È talmente arroccato nella soddisfazione della sua autosufficienza da non permettere di farsi mettere in discussione. «Accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,21). Egli non ha rimorso interiore perché non si accorge del suo stato di corruzione. Sono gli altri che se ne accorgono, e se gli vogliono bene glielo faranno notare. Da ciò segue che la corruzione, più che perdonata, deve essere guarita. La vita consacrata assegna espressamente il primo e l’ultimo posto a Dio. Senza un’apertura sincera e reale alla misericordia e alla grazia di Dio, la vita del religioso rischia di diventare una contraddizione in termini, una scatola vuota.
Ardua e possibile la via del risanamento …
La via del risanamento parte dall’impegno personale e comunitario volto al riconoscimento nel proprio profondo del male oscuro, per affrontarlo e vincerlo con la luce e la forza della Parola. Papa Francesco costringe a interrogarsi senza concedere scappatoie. “Perché un cuore si corrompe?” è il perno delle sue riflessioni. “Non è un buon atteggiamento quello di truccare la vita, di fare il maquillage alla vita: no, no. La vita è come è, è la realtà. È come Dio vuole che sia o come Dio permette che sia, ma è come è, e dobbiamo prenderla come è. E lo Spirito del Signore ci darà la soluzione ai problemi”.
Come un vento nuovo, le sue parole entrano nelle nostre case di credenti e non credenti. Un graffio sulle coscienze e un balsamo alle ferite che ognuno si porta nel cuore. Una carezza, comunque, in ogni occasione. E una guida luminosa nel momento non facile, eppure stimolante e affascinante, che stiamo vivendo. Rendono il senso di un cammino. Non sconforto e pessimismo, quindi, per quello che ci circonda e che è anche dentro di noi, ma una lettura lucida sì. Nessuno può fuggire dal presente e la vera profezia di questo tempo, è abitarlo insieme, mettendosi realmente in gioco.
… per una sapienza quotidiana del vivere
Certo essere confrontati con la propria verità è sempre doloroso e non piace ai più! Si preferirebbe restare in un mondo fittizio, dove si possono ignorare gli aspetti negativi della propria personalità, chiudere gli occhi e fingere che non esistano. Lì è facile diventare specialisti nell’autoconvincersi di essere bravissimi, sopravvalutarsi o anche sottovalutarsi.
Ma il cammino verso Dio in realtà può cominciare unicamente nella propria cella interiore, là dove si scende nella vera esistenza, ci si confronta con la propria reale natura e si portano allo scoperto tutte le personali manovre di evasione. Si può allora smettere di combattere da soli contro il male e confidare piuttosto nella misericordia del Padre; favorire lo sviluppo del bene, che pure è in noi, per essere graditi a Lui e non più orientati a se stessi.
C’è notte e notte. Quella del corrotto è la peggiore perché è ”notte definitiva, quando il cuore si chiude”. Diversa è la “notte del peccatore” perché è provvisoria! E se un sottile filo di speranza nell’amore indistruttibile di Dio si fa largo nel cuore, Dio lo riconduce alla Verità delle cose.
Luciagnese Cedrone
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