Molestie, maltrattamenti, ricatti sessuali, un forte dilagare della violenza nell’attuale contesto socio-culturale… Da quale punto di vista guardare a tutto ciò per mettersi in grado di ritrovare e far ritrovare speranze e ideali ?
Terrorismo fai-da-te
“È ora di estirpare il seme della violenza dalle nostre anime e dalla nostra vita sociale” (Agnese Moro). Fatti crudeli e apparentemente inspiegabili fanno crescere l’esigenza di comprendere quello che sta avvenendo in mezzo a noi… ‘Esce di casa con il piccone e uccide gente che sta passeggiando’. ‘Trascinato a terra, preso a colpi di machete e decapitato’. ‘Gli congelano il conto corrente. Va in banca e uccide quattro clienti’… Armi improvvisate. Vittime sconosciute, innocenti, e inconsapevoli che qualcuno ha deciso per la loro sorte. Sono solo le punte più evidenti di una condizione di disagio e di malessere diffusi. Si aggiungono alla violenza fisica – ostentata da sempre nel mondo del crimine – e a quella verbale e psicologica del cyber bullismo, dei minorenni indagati per istigazione al suicidio, del tifo ultrà, baby gang, prepotenze nel pubblico e nel privato: un quadro impressionante a cui si rischia di abituarsi. Ma se si continuerà ad accettare la violenza come un male inevitabile, o addirittura – certo solo da qualcuno – come uno strumento necessario, essa non smetterà di essere all’ordine del giorno. Capirne le vere radici è di importanza fondamentale. Su quale terreno germogliano i suoi semi?
Violenza disperata…
Quando si tende a mercificare i rapporti umani e perfino a volte i sentimenti; quando la fredda convenienza economica diventa la regola ispiratrice di tanti comportamenti umani, può facilmente succedere che chi non regge alla corsa tenti una rivalsa imboccando scorciatoie. Allora la via della delinquenza può sembrare più facile da percorrere a chi già si sente sconfitto. Il terrorista-fai da-te della porta accanto non ha bisogno di ideologie articolate, o di grandi Cause. Pesca in sé motivazioni per sentirsi l’eroe solitario, vendicatore di torti veri o immaginari. Nessun manuale e nessuna particolare preparazione. Solo rabbia, odio e fanatismo. Con tali sentimenti nel cuore, ognuno davvero sta solo sul cuore della Terra, pieno della propria angoscia e dei mezzi per tradurla in morte. Sembra impossibile estirpare questo seme della violenza ed è anche difficile curarlo, perché ‘se porgi l’altra guancia, sei un perdente’. Ma se rispondi occhio per occhio in realtà perderemo tutti.
Ad ogni notizia di gesti criminali efferati, raccapriccio e smarrimento istintivamente prendono il cuore di tutti. Ma una reazione altrettanto spontanea – e così grande da sorprendere – emerge e si fa solidarietà per le vittime. È il frutto prezioso della coscienza umana sempre vigile, la testimonianza che ogni persona, pur immersa in un ritmo frenetico di vita, può sempre ritrovare se stessa.
…ma non innata e non inevitabile
Bisogna prendere atto che non c’è una informazione chiara e corretta sulle cause del dilagare della violenza. La ricerca scientifica ha ormai verificato e dimostrato che l’aggressività non è un istinto, e quindi non è affatto inevitabile. È la conferma che la violenza non è innata. Si produce infatti nella vita del bambino solo quando non vengono soddisfatti in pieno i suoi bisogni. Il piccolo normalmente ricorre alla rabbia solo quando tutti i mezzi da lui tentati per ‘comunicare’ non hanno avuto effetto e se l’ambiente circostante non riesce a farlo sentire pienamente accettato, compreso e valorizzato. Non trovando risposta, in lui la rabbia si accumula, cresce, si cronicizza fino a diventare, poi, aggressività, tendenza alla distruttività e bullismo. Famiglia e violenza sono forse collegate più di quanto non si possa pensare.
Il cuore di chi vive senza speranza
I reati e le violenze più gravi sono dettati, nella società moderna, da mancanza di futuro, sia economico che affettivo e relazionale. E forse i sintomi più pesanti del malessere attuale sono proprio i problemi legati alla solitudine e all’immaturità affettiva. I nostri contemporanei, dominati da un senso di impotenza, sembrano rassegnati a vivere la vita in un orizzonte di solitudine. Su tale percorso, pur di procurarsi la cessazione di un dolore giudicato insopportabile, si può arrivare a gesti inconsulti fino a privare se stessi e altri della vita. Il problema di fondo è sempre l’assenza di legami affettivi e sociali capaci di attutire difficoltà e sofferenze e soprattutto di indicare speranza. Come evitare che personalità “infelici” cerchino un palliativo all’angoscia nella droga, nella sopraffazione, nella violenza, nell’impulso alla distruzione o nell’autodistruzione? Come mettere in atto un’opera di prevenzione capace di agire ampiamente e in modo concreto nella società? Un’opera in grado di far ritrovare a tanti speranze e ideali? Certamente la realtà – ci ricorda Papa Francesco – si capisce meglio a partire da queste ‘periferie umane’.
E se cercassimo di eliminare la violenza occupandoci di chi la perpetra?
Sicuramente la vittima va aiutata e tutelata, ma se si vuole davvero eliminare la violenza non si può non prendere in considerazione chi ne è l’autore, occupandosi anche di lui. Ritenerlo un mostro e un criminale, in fondo è troppo facile. Soprattutto farebbe semplicemente diventare complici della insofferenza che l’ha condotto a quel punto. Ognuno ha la sua storia, le sue difficoltà, le sue incapacità. A volte, è lui stesso ad aver subito violenza. Allora è possibile aiutarlo a cambiare il suo comportamento. Forse egli si ritiene importante e padrone della vita, mentre è solo fragile e vulnerabile come la statua dai piedi di argilla. Forse è anche convinto di avere diritti, privilegi e arroganza, ma è un po’ come un bambino che non sa star solo; reagisce ricorrendo alla forza, forse perché anche lui non ha più strumenti e capacità di farsi amare e apprezzare.
Nel segreto della quotidianità nascosta
Importante è non perdere di vista l’essenziale: trovare mediazioni comuni per servire al meglio l’umanità delle nostre persone dentro la storia. Nulla di ciò che è veramente umano è straniero a qualcuno. Nemmeno quei limiti, che scatenano aggressività. Ognuno può scegliere se utilizzare l’energia che viene dalla propria rabbia per condannare il fenomeno, oppure per comprenderlo. Il primo mattone per costruire qualcosa di utile è, in ogni caso, il riconoscimento saggio, prima che umile, di non bastare a se stessi. Aver bisogno gli uni degli altri è offrirsi reciprocamente l’occasione di rivelare quanto stiamo diventando più umani. L’esperienza di tanti testimonia che è attraverso la comprensione che si possono aiutare gli uomini a interrompere i comportamenti violenti. Mai attraverso la sola condanna e la pur giusta repressione. Nell’ascolto vero – che si prende cura dell’altro e affronta le sue condizioni di vita, sia materiali che spirituali – si può garantire al mondo moderno quella presenza gratuita e misericordiosa che è risposta al suo immenso bisogno di attenzione. Così, se anche solo per un attimo ognuno si fermasse per ascoltare, sicuramente avremo anche il giusto tempo per poter riflettere. E, chissà, anche per cambiare! Ma siamo davvero capaci di ascoltare?
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it