CRONACA – 28 aprile 2011

Posted by usmionline
apr 28 2011

Assemblea II giorno. Giungevano come ieri le Superiore generali e provinciali. Sole, in gruppo, in macchina. E anche stamane l’aula magna si andava man mano riempiendo di volti sereni, espressione della diversità generazionale, e della diversità di appartenenza istituzionale. Ma ben evidente l’interesse per quanto avrebbero ascoltato.

Dopo un breve saluto di M. Viviana alle superiore di prima nomina, e una grazie a P. Sante Bisignano, sempre in volontà collaborativa verso la vita religiosa femminile, soprattutto per quanto attiene alla formazione iniziale, la parola è passata a sr Adele Brambilla, già superiora generale delle suore di Nostra Signora della Nigrizia, dette Comboniane. Tema del suo intervento: Comunità interculturali: mistica e profezia, fatiche e speranze. Le sue prime parole sono state un saluto multilingue, gesto di ‘preziosa umanità’ e riconoscimento verso chi serve il Signore e la Chiesa nella sua molteplicità di presenza in questo mondo globalizzato.

Il suo discorso si sarebbe soffermato sui capitoli 37-50 del libro della Genesi. In sintesi la storia di Giuseppe nella sua relazione con i fratelli, ma è stata soprattutto una narrazione pacata, meditata e vibrante di una esperienza vissuta con forte intensità durante il suo ‘ministero’ di Superiorato all’interno del suo istituto, eminentemente missionario.

1. Giuseppe va in cerca dei fratelli: E’ il cammino della comunità che deve fare il passaggio dalla multiculturalità all’interculturalità, saper passare dall’io al tu, all’Altro sino al noi comunitario. Le singole culture arricchiscono le altre. Quindi la multiculturalità è risorsa. E’ un interscambio di ricchezze, di positività. E’ un mutuo donarsi per meglio servire e spinge ad assumere la cultura del rispetto, dell’attenzione, a comprendere meglio lo stesso carisma congregazionale, proprio e altrui. Giungere a un buon livello di interculturalità è un cammino arduo, ma necessario. E noi lo sentiamo un peso o un dono? ha domandato con calore sr Adele.

2. Lo spogliarono della sua veste. La denudazione porta alla trasparenza: saper guardare la propria realtà nelle sue positività e negatività; avere il coraggio della decostruzione culturale, abbandonare ciò che non serve più, le concezioni ormai superate non conformi a verità per cui urge l’utilizzo del dialogo, la purificazione del linguaggio, l’abbattimento dei pregiudizi.

3. Lo gettarono in una cisterna. E’ momento, il nostro di crisi vera, di confusione, di buio, di stagnazione. Ma il contatto con culture diverse provoca l’uscita da recinti sacri, da sicurezze non più valide, per trovare vere risposte evangeliche. E’ il momento della kenosi, per poter ancora dire la parola profetica che il mondo oggi attende. Perché non siamo più affascinanti? Ha domandato ancora sr Adele. E’ necessario trovare nuovi spazi culturali. Formarsi un nuovo bagaglio culturale. Il mondo è cambiato. Da un movimento  da nord a sud la missione è diventata multi direzionale da est ad ovest, da nord a sud viceversa senso unico. Oggi ovunque è missione e il mondo ci interroga. Ci devono vedere sempre persone fisse in Dio. Solo così la vita religiosa sarà veramente mistica e profezia. Una vita comoda e sicura elimina la profezia..

4. Il Faraone fece vestire di abiti di lino fino. L’esperienza mistica e la profezia sono entrate nel nostro linguaggio? Siamo donne abitate da Dio, a casa con Dio, in ascolto di Dio, in ascolto della Chiesa? Il nostro epicentro è Cristo? Siamo capaci di dire la sua parola? L’Italia ha bisogno di una comunità mistica e profetica. Il carisma sfida tutte noi, perché abbiano vita e l’abbiano in abbondanza. Dobbiamo vivere la mistica della riconciliazione, della perla nascosta, del lievito, dell’annuncio: quello che abbiamo visto e udito questo vi annunciamo.

5. Dio mi ha mandato qui prima di voi per conservarvi in vita. Sr Adele si è poi richiamata al passo di Isaia (54,2) che dice: Allarga lo spazio della tua tenda. Il nostro spazio deve essere condiviso e in una società frammentata, fragile, precaria, le nostre comunità devono vivere un più intenso senso di appartenenza, anche con particolari e precise iniziative di formazione iniziale e permanente. Tutto questo processo di maturazione, di passaggio, perché sia efficace deve investire le comunità, le province, la congregazione intera. Per questo è necessario trovare le radici non negoziabili, spirituali, ministeriali, stili di vita, che fondano  e formano la cultura congregazionale. E’ necessario essere sostenute da una passione comune, da una comune liturgia, da un comune linguaggio.

Sr Adele, che ha molta esperienza anche all’interno della UISG (Unione Internazionale Superiore Generali ha poi fatto un accenno alla positività degli incontri tra UISG e USMI, ed ha auspicato che questi incontri siano sempre più frequenti per una collaborazione più efficace e incisiva.

Nell’Omelia S. E. Mons William Ioseph Tobin, cssr, partendo dal tema proprio dell’assemblea Persone nuove in Cristo Segretario generale CIVCSVA ha esaltato il valore del perdono

 Come dono del Risorto e dello Spirito Sono essi che rendono possibile la comunità, perché rendono possibile il perdono. L’annuncio di gesù 2pace” include anche questo concetto Se le nostre comunità e i nostri istitui non sono esperte di perdono non saranno nemmeno testimoni.

Sr Grazia Papola, nella sua relazione: Costruire la fraternità: la storia di Giuseppe e dei suoi fratelli, ha ammesso che è una ‘storia di famiglia’, dove tutti sono necessari. Giacobbe da solo non costruisce la familiarità. Tutti si è responsabili dei conflitti come della riconciliazione. Nella famiglia, come nella comunità sono necessarie le due dimensioni: quella verticale e quella orizzontale. Nell’insieme tutti si è responsabili e tutti si è vittime, tutti si soffre.  C’è visibilizzazione  dell’amore, delle preferenze. Un progetto di fraternità nel solo ambito umano è sempre fallito è destinato al fallimento. Nell’ambito spirituale può essere ricostruito. Quando tra i fratelli in Egitto riprende la parola, ritorna anche il sentire fraterno. La fraternità è possibile nella prova, ma è sempre un dono, una vocazione una risposta da dare.

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28 Aprile: pomeriggio dedicato anche alle risposte di Sr Adele Brambilla alle richieste presentate dalle Madri dopo la relazione fatta in mattinata. Esse hanno riguardato il problema del’interculturalità e dell’intercongregzionalità.

Alle domande pressanti di attenzione alla formazione iniziale per questo argomento, Sr Adele risponde che esso è soprattutto questione di formazione permanente, in modo da formare tutte le persone della Congregazione. Porta infatti l’esempio di un percorso fatto nel Sudan con nuclei di comunità composte da sorelle di Congregazione e cultura diverse. Tutto viene messo in comune, si stabilisce una carta di comunità in cui tutte si ritrovano. C’è la presenza di una coordinatrice, di un’economa, a tutte è offerta una preparazione intercongregazionale, logistica…Tutte sono chiamate a lasciare qualche cosa, ma ne consegue:

-          una nuova mentalizzazione che si ripercuote in tutta la Congregzione; la vita comunitaria prende uno stile di visione comune sul progetto insieme costruito;

-          nessuna distinzione fra religiosa sudanese, europea, comboniana, salesiana…Occorre per questo coraggio e saper credere: è il futuro, da sole non possiamo più rispondere alle esigenze della missione;

-          si arriva a un mentalità comune, comprendendo il non-negoziabile riguardante la spiritualità carismatica, la ministerialità; i voti sono espressi in vista della missione, attendendo pazientemente la maturità di ciascun livello, sia di quello di comunità locale, quanto di Provincia e di Congregazione. Si giunge così a  non più dire: “Vado in missione”, ma a essere convinte che si parte per la missione dell’Istituto, là dove questo sceglie di porre la sua presenza;

-          la formazione continua domanda dialogo, trasparenza, processi di cammino fatti tutti con lo stesso passo di tutte.

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Dopo un opportuno tempo di relax si passa alla sintesi dei lavori di gruppo svolti ieri pomeriggio. E’ rielaborata da P. Prezzi e da M. Giuseppina Alberghina, la quale invita P. Prezzi a prendere la parola, ritenuto più adatto a dare uno sguardo obiettivo, essendo persona esterna ai nostri lavori, grande conoscitore e amante della vita religiosa. M. Giuseppina nota la passione con cui sono stati eseguiti i laboratori, segno della sapienza di chi guida le sorelle delle varie Congregazioni. Alcune suggestioni sono veramente originali, rilevano l’elaborazione della nuova cultura già in atto.

P. Prezzi pone delle domande di fondo: – Che cosa state facendo? Perché ci sono tensioni dentro gli stessi temi? P. Marko Rupnik ha fatto uno scavo negli argomenti classici della vita religiosa; Sr Adele Brambilla ci ha offerto una mescolanza di culture che deve diventare una forma di amalgama su un comune carisma, di diversi carismi, di particolari servizi. Domani si vedrà la vita religiosa dentro un contesto di società di fratelli e sorelle. Non sono temi contraddittori, ma profondamente coerenti. Quanto più andiamo in profondità, tanto più ci apriamo  a progetti nuovi, interpretiamo il bisogno di fraternità, di solidarietà della nostra gente.

P. Prezzi si domanda ancora:- Che c’entra la cultura, il moderno?

Con il mondo c’è il dialogo, ma anche una profonda distanza. P. Rupnik ha posto una interlocuzione più adulta con il moderno, un’interpretazione più vera degli stessi Spinoza e Ricoeur.

La vita comune, come valore, è una scoperta recentissima, dapprima era soprattutto giuridica. Il termine vita fraterna è stato elaborato dal Concilio. Lo stesso Tillard non pone forti argomentazioni sulla vita fraterna, pur avendo parlato tanto di vita religiosa. Il tempo non era ancora maturo, dovremo arrivare agli anni 70–80.

Sr Biancarosa Magliano, fsp
biblioteca@usminazionale.it

sr Giampaola Periotto, oscm
formazione@usminazionale.it

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