Per un nuovo umanesimo digitale

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
apr 26 2010

3 giorni di lavori. 1300 partecipanti. 25 relatori. 450 mila gli accessi al sito del convegno.

 

 Il Convegno Nazionale Testimoni Digitali: volti e linguaggi nell’era crossmediale, promosso dalla CEI e svoltosi a Roma dal 22 al 24 aprile 2010, è stato per me (come penso per i tutti i partecipanti e operatori della cultura e della comunicazione) l’esperienza di un convenirecoinvolti nello stesso respiro ecclesiale – per sintonizzarsi e ripartire insieme, con l’ambizione di servire e con l’impegno a restituire densità alle relazioni leggere della rete.

Ho colto nei relatori e nei presenti: consapevolezza di ciò che sta a cuore al cristiano, chiamato alla piena comunione con Dio e con i fratelli; impegno per condividerlo; entusiasmo e convinzione; passione per l’uomo del nostro tempo digitale e desiderio di essere per lui testimone, umile e semplice, di speranza.

Ho visto su tanti volti la fatica e la voglia di partecipare; di offrire e di accogliere testimonianze, idee, contributi; di intessere relazioni.

In sintesi: è stata per me l’esperienza di ciò che il Santo Padre, a conclusione del Convegno, ha augurato a tutti: l’occasione per nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto, rimanendo molto attenti a non precludersi alcuna strada pur di raggiungerlo.

Internet è un modo di vedere il mondo e di abitarlo e la diaconia della cultura digitale oggi non solo è utile, ma necessaria.

Essere e fare in rete

Compito del cristiano di fronte alla sfida del continente digitale – è stato più volte ribadito durante il Convegno – non è quello di occupare in esso degli spazi, di colonizzare.

È invece suo compito lasciare tracce riconoscibili, dare spessore, anima e vita alla rete; adoperarsi per un nuovo umanesimo in cui il valore e l’essenza della persona tornino ad essere di nuovo protagonisti, smantellando i falsi modelli.

Non basta più oggi parlare di comunicazione. Bisogna farla. E farla non perché inebriati dal potere seduttivo della tecnologia, ma nell’autenticità di ciò che siamo e imparando l’ascolto per riconoscere le domande vere del contesto. Siamo infatti interrogati da ciò che accade ovunque. E tutto ciò che accade nella Chiesa, prima ancora, ci/mi riguarda direttamente, perché ognuno di noi è il volto, la voce, il corpo della Chiesa.

Connessione perciò è dare voce, nell’agorà del digitale, a una fede vissuta. Il tutto nell’arte di un confronto sempre intessuto di rispetto. La Chiesa riuscirà così a far trapelare anche attraverso le nuove tecnologie il suo sguardo assolutamente originale sulla realtà: lo sguardo della fede.

Obiettivo per noi perciò non è il mezzo web, ma la comunicazione con questo ambiente e l’evangelizzazione attraverso la propria testimonianza.  

Sono queste oggi le nostre strade. È compito di tutti (e non solo degli addetti ai lavori!) diventare comunicatori allenati, equipaggiati in autorevolezza, competenti nel leggere, interpretare e usare i nuovi media. La voce del testimone infatti va addestrata perché riesca a comunicare in maniera fluida, integrata e spirituale.

Con la stessa passione

Vorrei chiudere questa prima puntata sui temi affrontati dal Convegno Testimoni Digitali e sulle sue risonanze, lasciando ancora la parola a Benedetto XVI:

I media possono diventare fattori di umanizzazione non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali.

Non ci resta allora che prendere il largo nel mare digitale, senza timori, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa.

                            Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

La vocazione è “bella notizia”

Giornate Mondiali, Vocazione | Posted by usmionline
apr 16 2010

25 aprile 2010: 47a Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni (GMPV)

«Abbiamo bisogno di uomini che attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini»  (Card. J. Ratzinger)

Il Papa, per la GMPV 2010, ha fatto pervenire a tutte le Chiese un Messaggio che si declina intorno al tema La testimonianza suscita vocazioni. Lo slogan, proposto dal Centro Nazionale Vocazioni della CEI, è Ho una bella Notizia! Io l´ho incontrato… I testi biblici di riferimento sono: Gv1,35-51; 1Gv 1,1-4.

L’appuntamento del 25 aprile è una sfida radicale alla pastorale -e prima ancora alla vita- delle nostre comunità cristiane, per un annuncio forte e chiaro della bellezza di un incontro con il Signore. È invito ad offrire a tutti la grazia della vocazione, che nasce dalle ginocchia e dal sacrificio (Bagnasco); a privilegiare nel rapporto con il Signore e con tutti la via dell’ascolto; ad essere persone felici di vivere la polifonia dell’amore senza mezze misure, nella radicalità e totalità del cuore.

Sulla via di questo appuntamento c’è il richiamo alla solidarietà della preghiera: fragilissima e spesso incompresa forma di prossimità e di condivisione; fulcro e cardine di tutta la pastorale vocazionale; rete di speranza, di affetto, di impegni; luogo per riconoscere la Presenza che, alle soglie del mistero, diventa Incontro e gioia. 

Narratori del vangelo della vocazione

Ci si percepisce, così, parte di un disegno d’Amore più grande da sempre custodito nel cuore di Dio e portatori della “buona notizia” di cui ogni persona (giovane o meno giovane) sente un profondo bisogno nella sua ricerca di senso. Intanto abbiamo bisogno di riscoprire la forza e la gioia del dono della “consolazione”. Di riannodare i fili spezzati che a volte ci ritroviamo fra le mani, per fare spazio in noi ad un cuore riconciliato, in pace con se stesso e meno frammentato.

Il mondo vuole sentire l’eco della gioia che le opere di Dio provocano in noi. E vuole vederci compiere quell’opera convincente (e che sa di miracolo in un contesto come quello attuale segnato da dissidi e divisioni!): l’unità che nasce da una comunione affettiva ed effettiva.

Il vero testimone e narratore della vocazione conosce il piacere della chiamata e non guarda all’esito della sua missione e del suo servizio, ma vive e propone in maniera semplice e appassionata la propria   testimonianza, che è:

Esemplarità di un’esistenza percepita come vocazione ed esperta nell’arte di quel dialogo che illumina e accompagna. E non come una forma di auto testimonianza.

  • Disponibilità a ‘gettare’ il patrimonio della propria vita per il Signore sapendo che chi si risparmia si perde. E non un ripiegamento egoista su se stessi.
  • Capacità di relazione profonda e rispettosa, che mette in campo la forza della sapienza del cuore. E non solo annuncio di parole.
  • Presenza, nei luoghi dove i ragazzi vivono e le famiglie sperimentano la fatica e la precarietà di un cammino educativo. E non solo un passare accanto senza vero coinvolgimento.
  • Crescita nell’esperienza della fiducia e della lettura positiva della vita. E non di giorni condizionati dalla sindrome del tramonto.
  • Capacità di portare tra i giovani l’annuncio che essi attendono da noi: resta soltanto ciò che abbiamo portato fuori di noi; il resto si corrompe.

È bello e consolante sentirsi “chiamati”. La GMPV è una buona occasione: prima di tutto per innalzare al Signore un personale grazie per la specifica vocazione di ognuno; per un cammino di riflessione, di incontri con alcuni personaggi del Vangelo, attualizzati con un linguaggio fresco e creativo; per possibili “week-end di spiritualità” o per un breve corso di Esercizi spirituali vocazionali.

In secondo luogo la Chiesa intera, in questa giornata, prega per il dono di nuove vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale, prega per tutti i consacrati e ministri, prega in particolare per i giovani perché accolgano con fiducia l’appello del Signore: «Seguimi!»

 Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

» Intervista a sr. Paola Montisci, o.p. – Consacrarsi oggi

 

 

Affidate ad una promessa – IN CRISTO PER UMANIZZARE LA VITA

ASSEMBLEA NAZIONALE 2010 | Posted by usmionline
apr 09 2010

9 marzo 2010. L’internazionalità delle nostre Congregazioni oggi è presente anche nel canto: introduttivo, espressione della fede gioiosa di tutta l’assemblea.
La comunione e la decisa volontà di collaborazione è documentata inoltre dalla presenza del Presidente della CISM, don A. Lorenzelli, sdb, dal presidente del CNEC, P. Giorgio Del Col omi, dal presidente dell’AGIDAE. Tutti e tre questi enti celebrano quest’anno il loro 50° di fondazione. Questa molteplice e qualificata presenza costituisce un momento particolarmente utile e arricchente. Insieme – dice sr. Azia, nell’introdurre la giornata – possiamo oggi avere occhi di Pasqua e credere come Pietro e Giovanni che vanno al tempio e come i discepoli di Emmaus che, dopo aver ascoltato l’esegesi biblica proposta da Gesù e averlo riconosciuto nello spezzare del pane, se ne tornano a Gerusalemme convertiti alla fede in Gesù risorto.

La lectio divina su At 4,1-12 che è riassunta nel tema: La pietra scartata da costruttori è diventata testa d’angolo è stata guidata dalla prof.ssa Rosanna Virgili, docente presso l’Istituto Teologico Marchigiano.

Nota In attesa che il testo integrale venga pubblicato sul n.7-8/luglio-agosto di Consacrazione e Servizio è possibile leggere un “abstract” inviato dalla stessa relatrice. Leggi tutto

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Il secondo momento della mattinata è stato caratterizzato da alcune comunicazioni. Uno di questi momenti era stato significativamente definito così: Dai discorsi ai percorsi. M. Viviana, Presidente, infatti, ha presentato la sintesi di quanto era stato detto nei laboratori del giorno precedente. Esso dovrà indicare piste di ricerca, di studio, di proposte, programmi e realizzazioni per l’anno che ci separa dalla prossima Assemblea: 2010-2011.  Leggi tutto

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La presidente dell’USMI regionale, Nazarena Di Paolo, superiora generale delle suore Zelatrici del Sacro Cuore, fondate all’Aquila, ha informato sulle dolorose vicende vissute dalle suore durante dopo il fatidico sisma. Ha affermato che con il terremoto è stato colpito il ‘cervello’ dell’Aquila. Le suore si sono cercate, si sono ritrovate, si sono aiutate e sono state di sostegno per molti sacerdoti. Tutte le loro case sono state danneggiate; sono di categoria E, la peggiore. Esse però sinora non hanno avuto aiuti neppure dalla Caritas perché questo ente offre il proprio contributo soltanto per  opere sociale. Questo stesso istituto ha avuto distrutte la casa di formazione e la sede del Governo generalizio. Ora ci sono ancora suore che vivono in roulotte. Ha ringraziato le Superiore presenti per gli aiuti offerti in piena gratuità e ha invocato: Stateci vicino!

M. Viviana, a nome di tutto l’USMI, ma soprattutto della Presidenza, ha letto un comunicato nel quale parla della situazione delle religiose viventi e operanti nella zona terremotata, della sua visita a queste sorelle. Ha dato una relazione dettagliata di quanto le religiose hanno offerto attraverso l’USMI nazionale o l’USMI regionale e ha invitato a continuare in gesti di solidarietà. Leggi tutto

M. Viviana ha anche invitato le Superiore a soffermarsi sui pannelli esposti che ‘dicono’ in forma simpatica la vita dell’USMI, ossia quanto in essa le religiose che vi lavorano in piena gratuità pensano, organizzano, realizzano per offrire alle religiose tutte tempi e modalità di formazione spirituale, liturgica, catechetica, missionaria, di pastorale sociale, sanitaria., familiare, migrantes.

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Il responsabile della Fondazione Talenti, dottor Mario Quarta, ha informato sulla proposta di abilitazione di due Case, una nella zona di Velletri e una a Casalotto. In queste sedi intendono offrire collaborazione a quelle Congregazioni nelle quali sono presenti suore anziane e/o ammalate alle quali non possono prestare la necessaria assistenza. In queste sedi vi sarà la parte per suore autosufficienti dello stesso Istituto che potranno continuare a vivere la loro spiritualità e vita comunitaria e quella per le sorelle non più autosufficienti bisognose di assistenza continua.

Il prossimo numero di USMINFORMA riporterà notizie più dettagliate.

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P. Giovanni e p. Ignazio, responsabili della vita religiosa in Albania hanno informato sulla situazione di precarietà che vivono i religiosi, ma soprattutto le religiose presenti in Albania. Hanno affermato che la prima formazione deve essere formata sul posto. Tra le religiose sta venendo meno quello spirito missionario con cui erano arrivate i quelle terre. E’ necessario un flusso nuovo di calore evangelico. Effettivamente l’Albania è piena terra di missione ad gentes. La Chiesa albanese è giovane e sta crescendo. Non ha strutture. Il clero è scarso. Si necessita pertanto una maggiore collaborazione anche tra vescovi e religiosi/e. La collaborazione vera infatti, diventa ricchezza.

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Durante la celebrazione eucaristica D. Angelo Lorenzelli, sdb, ha commentato il vangelo proposto dalla liturgia: la terza apparizione di Gesù ai discepoli: quella sul mare di Tiberiade; là dove si trovavano prima che Gesù li chiamasse; lì si conclude una storia. Vanno a pescare, ma la notte della pesca si conclude a mani vuote. Nulla per sé; nulla da condividere. Gli apostoli che avevano abbandonato le reti per essere apostoli, ora sono tornati pescatori e non pescano nulla. Sulla parola di Gesù gettano le reti e queste tornano in alto colme di 153 grossi pesci. Davvero senza la luce del vangelo, senza la parola del Signore, è impossibile dare frutti e frutti duraturi. Con Gesù sì, si può fare: gli apostoli credono, ascoltano, buttano la rete e pescano… Cristo è risorto. E’ lui che ci dà la speranza! E’ lui che ci dà le certezze, anche se esige una molteplice e certa professione d’amore: Pietro, mi ami tu?

Del resto, la prima testimonianza vocazionale sta nel raccontare con il cuore il nostro incontro con il Risorto. Se non ci credono è perché non diamo testimonianza vera. La gente attende che siamo voci di speranza. Guardare con occhi di speranza la nostra realtà è scoprire che questa speranza esiste nelle nostre Congregazioni che qui sono rappresentate.

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Nel pomeriggio l’Assemblea è stata galvanizzata dalla suadente parola di fr. Enzo Bianchi, Priore della Comunità di Bose. Il tema a lui affidato suonava così: La pedagogia di Gesù nell’educare alla vita di fede. Fr Enzo ha saputo coniugare in modo singolare i termini educare, fede e la linea fondante di tutta l’Assemblea: In cristo per umanizzare la vita. Ha ringraziato per l’invito rivoltogli che gli permette di essere presente in termini di fraternità e per il tema particolarmente umano, cammino per una autentica vita cristiana. Formulazione audace:effettivamente, quaerere Deum m est quaerere hominem.

Il nostro è un tempo di ostilità per la fede, che, sembra, non interessa più di tanto all’uomo d’oggi sia egli anziano o giovane. La fede di oggi è a corto respiro, incapace di cambiare la vita. anche la trasmissione della fede è difficile, anche perché c’è rottura con il passato.

Cristiani non si nasce e la Chiesa richiama alla educazione alla fede; a trasmettere la fede in nuove concezioni antropologiche proporre, in sintesi la vita tracciata da Gesù. Egli è stato e resta un pedagogo, un iniziatore alla vita di fede. Gesù è pedagogo e ha tracciato per noi la via, che è via di umanizzazione. La fede, infatti, è anche primariamente atto umano: io credo, io mi fido, io ho fiducia. E’ dire:amen. Non si può vivere senza avere fiducia in qualcuno. La nascita ci pone al mondo immaturi. Per questo abbiamo bisogno di qualcuno su cui puntare con la nostra fede.

La fede è fatica; non è spontanea. Gesù ha dato prova della necessità della fede con la sua coerenza tra vita e parola. Non lasciava spazio tra ciò che conosceva e ciò che diceva. Per questo è opportuno inserire la nostra fede in quella di Gesù. E’ fidarsi di lui, che accoglieva tutti così come essi erano, come uomini o donne nella loro umanità; egli era uomo che sapeva far emergere gli altri alla fede. Senza vita di fede rischiamo di rendere vano il nostro annuncio del Vangelo.

Gesù sa decentrarsi. Non fa riferimento a sé. Con l’intera sua vita racconta Dio, rende Dio una buona notizia. Dopo l’incarnazione il termine uomo non può più essere abbandonato. Solo credendo in Dio si può credere nell’uomo. La via della sequela è una via di umanizzazione. La vita religiosa è una vita che ha senso: e il cammino di umanizzazione è un cammino cristiano. Tutto deve essere vissuto in forma umanizzata: farsi santi con tutta la nostra umanità.

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Biancarosa Magliano
biblioteca@usminazionale.it

Affidate a una promessa – IN CRISTO PER UMANIZZARE LA VITA

ASSEMBLEA NAZIONALE 2010 | Posted by usmionline
apr 08 2010

8 marzo 2010. Siate santi, perché io, il Signore vostro Dio, sono santo” (Lev 19,1) e “Cristo ci ha liberati, perché restassimo liberi”, sono affermazioni bibliche presenti nella preghiera introduttiva di questa seconda giornata assembleare che sarebbe stata, in quanto a offerta di contenuti, non meno impegnativa della prima.

Dopo la preghiera, sr Azia Ciairano smrp, superiora generale, da esperta e vivace facilitatrice, ha presentato il primo relatore della giornata: don Massimo Grilli, docente di Filosofia e Teologia presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni, con Licenza in Sacra Scrittura e Dottorato in Scienze Bibliche, presso il Pontifico Istituto Biblico di Roma, ma anche valido e stimato ‘collaboratore’ nell’impegno formativo dell’USMI nazionale. Offre infatti il suo apprezzato apporto nei corsi per Maestre di Formazione e durante il convalidato Trimestre sabbatico.

Don Massimo, ha considerato le figure femminili bibliche di Agar e Sara (Gen 16,1-15) come due donne diverse dalle “altre”, donne emblematiche per una comprensione di situazioni ambigue che si possono vivere nelle relazioni umane. Secondo lui esse sono un’icona espressiva de “La promessa di Dio e le lacerazioni umane”. La loro, infatti, “è la storia di due donne che vivono in una situazione lacerata da divisioni classiche e sessiste, e sperimentano queste lacerazioni sulla propria pelle. E’ la storia di due donne vittime dell’ingiustizia, da cui una è più colpita dell’altra, ma è anche la storia di un Dio che vede, abbattendo i muri della separazione”.

Don Massimo ha poi ‘presentato’ questa storia presente in due racconti (Gen capp 16 e 21) in cinque situazioni:

1. Il Signore ha promesso un figlio. Sara, sterile, pensa di poter risolvere lei il problema e offre ad Abramo la sua schiava. Per Sara e per Abramo Agar è un oggetto. Di lei non si dice mai il nome: “la tua schiava”, dirà Sara di quella donna senza stato sociale e senza volto.

2. Rivincita di Agar: Quando Agar s’accorge di essere incinta sorge la competizione tra lei e Sara. La competizione tra donne è classica nell’immaginario maschile. Sara è gelosa, si lamenta col marito, perché si pensa disprezzata e Abramo incredibilmente se ne tira fuori. Agar è soltanto una schiava: la schiava è in tuo potere¸ falle quello che ti par bene!

3. Vendetta di Sara che ‘scaglia’ la propria gelosia sulla neo-genitrice. La opprime con tale forza e litigiosità che la obbliga a fuggire. Agar scappa. E quando nel deserto l’angelo di Dio le rivolge la parola acquisisce una diversa percezione di sé: anche lei avrà una numerosa discendenza… Le vie di Dio sono imperscrutabili.

4. Agar e Sara sono nuovamente insieme, non certamente per loro scelta e vivranno ancora una situazione di conflitto. Abramo si appella al Dio che vede, ma Agar deve partire.

5. Agar, sola nel deserto, sola con il bimbo assetato, affamato, assolato. E Dio interviene. Anche per lei e suo figlio ci sarà un popolo numeroso.

Ecco due donne che portano sulla loro pelle anche la lacerazione di un mondo forgiato al maschile.

Quali considerazioni trarre? Don Massimo ne ha proposto 4:

1. E’ necessario diventare ‘soggette’ della storia; liberarsi da un mondo ancora maschilista. Leggere la Bibbia e farne un esegesi al femminile. La donna è chiamata  a svelare il mistero. Viviamo, purtroppo  in un mondo senza misteri. Il visibile diventa criterio della verità. Le donne oggi, soprattutto le religiose, devono dimostrare che non tutto è in nostro potere.

2. Maternità e nuzialità sono componenti fondamentali dell’umano. La scelta celibataria e verginale porta con sé un desiderio di tenerezza non appagato. Questo può costituire e restare una ferita. Il corpo, il cuore, la mente hanno un vuoto che Dio non colma. La croce allora diventa il luogo del compimento; la croce libera dalla voracità del possesso.. Anche qui ciò che conta non è lo status. Conta l’amore.

3. Il comune argomentare tra uomini e donne è un argomentare per opposizioni; per divisione ed è diabolico. Dio ha uno sguardo simbolico che vede molto al di là delle nostre miopie

4. Agar e Sara dimostrano una competizione che non è storia di salvezza. La competizione va verso l’alto: la salvezza verso il basso. L’uomo è ammalato di onnipotenza. Vuol trovare nel rendimento il proprio successo.

Alla fine dobbiamo sempre ricordare che “la prima parola della Chiesa è Cristo. La crisi della Chiesa è crisi di Dio e risulta dall’abbandono dell’essenziale. La strada di Dio è la kenosis”. Dio non ci salva in forza della sua onnipotenza, ma della sua misericordia. Dio chiede a noi un contributo, ma non per il potere , ma per il servizio.

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Il secondo intervento della mattinata è stato offerto da don Guido Benzi, biblista e direttore  dell’Ufficio catechistico nazionale C.E.I. Dopo aver accennato a motivi di gratuità verso l’Assemblea, ha ricordato la figura di due religiose: una anziana, ancora a servizio di chiunque avesse bisogno di lei, e una giovane, morta di cancro non molto tempo fa. E ha affermato: “Ogni figlio dell’uomo nato in Italia merita queste suore catechiste, che annuncino il Vangelo nelle parrocchie. La Chiesa in Italia ha bisogno di suore catechiste”.

Si è poi addentrato nella trattazione del tema che gli era stato affidato: Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa. Hai fatto scorrere il testo della Lettera ai Galati, lettera non facile, anche perché affronta l’affascinante, e non di facile comprensione, tema della libertà. Innanzitutto ha affermato che il contesto di questa Lettera era il fatto che i Galati si erano lasciati ammaliare da ‘altro’ che non era il vangelo di Cristo. Paolo sostiene che non c’è altro vangelo se non quello predicato da lui. Il problema della relazione con l’ebraismo per i Galati è una questione culturale. Effettivamente il problema culturale incide nella evangelizzazione. Cristo e cultura sono interconnessi. Ma non esiste altra libertà vera se non quella offerta da Cristo. E’ vero, l’uomo nasce nella fragilità e fatica a riconciliarsi con la propria nascita, con la vita.

La promessa fatta ad Abramo è offerta a tutti, è sempre vicina, sempre davanti ad ognuno, e si realizza in un crescendo quotidiano se si è capaci di uscire da sé e se si pone il proprio radicamento in Dio. La fede non è un fatto intellettuale, è dimensione di figliolanza. Infatti siamo generati da un Vangelo di libertà, siamo rivestiti di Cristo, partecipi della sua vita. Cristo è la pienezza della storia; il cristiano, in forza di lui. è anche pienezza della storia.

Allora, ben radicati in Cristo, non servi della legge, ma dell’Amore, si diventa come lui compassionevoli, e ci si china con tenerezza su chi chiede cibo, abito, lavoro. Di fatto il cristiano non è un imitatore di Cristo ma un alter Christus. E Cristo camminava per le strade della Palestina, divinamente libero, facendo del bene

Nota Le relazioni nella loro stesura integrale verranno pubblicati sul numero 7-8/luglio-agosto 2010 di Consacrazione e servizio

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M. Azia nella conclusione della mattinata, prima della celebrazione eucaristica, ha coinvolto l’Assemblea nella organizzazione dei gruppi di lavoro che si sarebbero realizzati nel pomeriggio. In precedenza ognuna aveva già scelto in quale ambito offrire il proprio apporto e condividere idee, difficoltà, esperienze.

Gli ambiti sono quattro: Teologico, Formazione, Governo, Missione.

Domani, giornata conclusiva, le sintesi verranno comunicate in Assemblea. Da esse si trarranno le linee di percorso per le religiose presenti e operanti in Italia per l’anno 2010-2011.

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Biancarosa Magliano
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Affidate ad una promessa – IN CRISTO PER UMANIZZARE LA VITA

ASSEMBLEA NAZIONALE 2010 | Posted by usmionline
apr 07 2010

Mercoledì 7 marzo 2010. Con una vibrante invocazione allo Spirito in canto e con una preghiera comunitaria molto inerente alla vita nella sua ferialità, tratta dagli scritti di Romano Guardini, è iniziata questa prima giornata della annuale Assemblea dell’USMI. Il tema scelto e proposto

Affidate ad una promessa

IN CRISTO PER UMANIZZARE LA VITA

ha galvanizzato l’attenzione delle partecipanti per tutta la giornata. Nel suo saluto introduttivo la presidente M. Viviana Ballarin, ha ricordato la data in cui aveva scritto la lettera di convocazione: la festa dell’Epifania, perché in quel fare memoria della visita dei Magi al Figlio di Dio nato a Betlemme aveva intravisto una luce interpretativa per la vita religiosa femminile nella sua mai tramontata ricerca di identità. Infatti il tema proposto “esprime il desiderio che si va trasformando in convinzione: possiamo ritrovare noi stesse ed essere pienamente quelle che dobbiamo essere quanto più siamo radicate in Cristo… Essere memoria vivente del suo modo di essere e di agire di fronte al Padre e di fronte ai fratelli… assumendone i sentimenti e la forma di vita…. E non avuto dubbi né timori m. Viviana nella sua proposta. Ha detto e ha lasciato scritto in grassetto nel testo del suo messaggio accogliendo anche il martirio come dimensione necessaria della nostra missione”. (Vedi Testo)

La lectio sul testo biblico che narra la vicenda dello storpio che alla porta del tempio, vedendo arrivare Pietro e Giovanni “domandò loro l’elemosina” è stata guidata da p. Innocenzo Gargano, noto biblista. Alla richiesta – ha commentato il relatore – i due apostoli vanno oltre l’attesa. Intuiscono una richiesta più profonda, una richiesta di vita e di identità. Essi stessi sono segno di un oltre. Fanno quello che deva fare la Chiesa oggi e all’interno della Chiesa la vita religiosa: dare dei segni, essere segno. Il segno è l’anticipo di una promessa, non è mai concretezza. Il segno è un invito a camminare. E con la nostra missione possiamo offrire segni visibili della città futura. Nessuno deve agire per l’autorealizzazione, per l’autoaffermazione. Tutte, tutto è per la gloria del Padre: “Non possiedo né argento né oro – dice Pietro,ù – ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù alzati e cammina”. Lo storpio volge il suo sguardo verso i due apostoli ed è guarito… Entra nel tempio e loda Dio, evangelizza, annunzia… Matteo, scavato dallo sguardo di Gesù, lasciò tutto e lo segui. In Gesù è tutta la nostra speranza. In Gesù ci sono i segni credibili. Siamo segnati da lui. Crocifissi con lui.

Forse in altri tempi anche noi avevamo argento e oro… Ora non più; ora come i due apostoli dobbiamo soprattutto nel nome di Gesù superare gli sbarramenti che possono intromettersi tra noi e gli altri e indicare Gesù. I servizi rispondono soltanto a una parte delle richieste altrui. Non possiamo né dobbiamo appiattire la Chiesa o appiattire la vita religiosa. Dobbiamo prendere i poveri di oggi nella loro mano destra e aiutarli ad alzarsi. Nel nostro fondo deve esserci quel poco lievito che fa fermentare la massa, quel granello di senape che, nascosto nella terra feconda, può diventare albero. Ma il nostro punto fermo è sempre solo il nome di Gesù. Lasciarsi prendere totalmente da Lui. E’ lui la Parola che tutto rinnova

E p. Innocenzo ha concluso la sua lectio decisamente chiara e provocatoria con una domanda che non lascia dormire sonni tranquilli: Crediamo davvero nella forza del nome di Gesù? E una affermazione che riguarda la vita personale e la missione L’umanizzazione è sempre aperta alla evangelizzazione.

P. Francesco Rossi De Gasperis, da 35 anni docente presso il Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, ha commentato con sorprendente chiarezza, profondità, precisione, lungimiranza, calore, il testo biblico: Eb 1,1-2. Testo esplicitato nella enunciazione del tema che gli era stato affidato: Per una “evangelizzazione nuova”: raccontare sempre di nuovo l’Alleanza.

Egli ha iniziato affermando la totale perfetta continuità tra umanità e cristianesimo, tra Antico e Nuovo Testamento. La nuova evangelizzazione, secondo p. Francesco, rimette al centro la nuova alleanza, ed evangelizzare non è tanto insegnare una dottrina, quanto raccontare una storia; anzi, urge fare sintesi tra dottrina e storia. Evangelizzare, infatti, è narrare la storia della salvezza che parte dalla creazione, si innesta nella caduta in Adamo, si snoda negli eventi umani (Abramo e tutto l’Antico Testamento); ha il suo primo compimento nella redenzione operata dal Figlio, nella luce e nella forza dello Spirito e avrà il suo ultimo compimento nella Parusia di Gesù Cristo.

Ha insistito fortemente sulla identità vera della nostra vocazione: essere umani, senza troppe inutili distinzioni: cristiani, cattolici, religiosi. Dobbiamo vivere in pienezza la nostra realtà umana compresa la sua parte fondamentale e insostituibile: il corpo come scrive anche Paolo nella Lettera ai Romani cap. 12, versetto 12. Il Signore non  sa che farsene delle nostre cose. Gesù ha offerto se stesso, nel fare nella sua storia la volontà del Padre. Lo stesso discorso della Montagna indica il primato dell’esistenza su tutto quanto si fa. L’importanza è essere. La preghiera deve essere fatta in solitudine, per l’elemosina non sappi ala tua destra ciò che fa la tua sinistra; per il digiuno: profumati… Ti deve bastare quello che di te vede Dio… Prima l’essere, poi il fare,il dire, i sacramenti, il carisma. La nostra vocazione non sta in quello che facciamo, ma nella risposta a quello che Dio vuole da noi. In Paradiso vale la carità. E oggi qui è affidarsi e fidarsi di Gesù; è dirgli: Gesù, io amo te.

Per giungere a ciò ha molta importanza la familiarità con la Bibbia. Essere impregnati di Bibbia innanzitutto; poi si potranno anche fare corsi specializzati. Essere uomini e donne della Parola. Il nostro riposo è lì.

Gli stessi due discepoli di Emmaus che fuggono da Gerusalemme, vi ritorneranno dopo aver ascoltato da Gesù, quanto la Bibbia dice di lui. Attraverso la lettura delle Scritture si accendono i loro cuori e lo spezzare del pane è il segno: è la presenza reale. I segni sono veri quando aiutano a capire cosa c’è al di là.del segno…  i due discepoli tornano a Gerusalemme capaci partecipare e di condividere ciò che hanno vissuto. Ritornano nuovi, tornano rifatti.

Questo e altro nei vari interventi di P. Francesco Rossi de Gasperis Tutto verrà integralmente pubblicato su n 7-8/2010 di Consacrazione se Servizio.

Hanno arricchito la giornata il saluto di Mons. Natalino Zagotto, Vicario episcopale per la vita consacrata della diocesi di Roma e l’intervento di don Cataldo Zuccaro rettore della Pontificia Università Urbaniana che richiamandosi al racconto di Diogene che in pieno giorno con la lanterna accesa per le strade della sua città andava dicendo: “cerco l’uomo” e di quel folle di Nietzsche che in pieno mattino con la lanterna accesa si aggira nel mercato gridando “Cerco Dio” E aggiunge: da quando abbiamo ucciso Dio non è sempre notte, sempre più notte?” ha affermato che la nostra società è diventata liquida e l’uomo sempre più debole. Effettivamente la domanda su Dio si incrocia con la domanda sull’uomo. La crisi antropologica del nostro tempo nasconde in verità una crisi teologica, anzi cristologica. Urge pertanto mantenere le lampade accese segno dell’attesa dello sposo, che ci aprirà le porte, quando ognuno dovrebbe aver raggiunto la propria pienezza in umanità.

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Biancarosa Magliano
biblioteca@usminazionale.it

LA NOSTRA PASQUA

Vita Consacrata | Posted by usmionline
mar 30 2010

«Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto» (Gv. 20,18)

L’incontro straordinario con il Signore risorto accanto al luogo in cui doveva essere trovato morto, sconvolge la vita  di Maria di Magdala. È molto logico il suo amore per il Maestro, ed è ancora più normale il diritto di cercarlo dal momento in cui, amara scoperta, la tomba si presenta vuota ai suoi occhi. Quel corpo appartiene al suo maestro e quindi in qualche modo appartiene anche a lei che avverte il diritto/dovere di continuare a vederlo e a cospargerlo di oli profumati, unico modo e segno che le rimaneva per continuare a dirgli il suo amore riconoscente.

Maria!

E invece il Maestro è lì, in piedi, vivo, che la chiama ancora una volta per nome, che le dona, risorto, la possibilità di lasciarsi incontrare da Lui nella pienezza della verità. Maria però non è ancora pronta per riconoscerlo perché continua ad essere troppo concentrata nei propri ragionamenti e nei propri sentimenti possessivi.

Finalmente quella voce, quel suo nome pronunciato così soavemente da “colui che credeva fosse l’ortolano” le scavano nel cuore una sorgente zampillante di acqua viva e di vita nuova che non si essiccherà mai più.

Maria diviene, in quel momento, la donna dell’annuncio pasquale: il Signore è vivo, io l’ho visto, io l’ho ascoltato, io l’ho incontrato!

Diviene la donna della speranza.

Incontrare il Signore! Ecco la nostra Pasqua!

Il Signore risorto ha sempre l’iniziativa dell’incontro e, quando ci si lascia incontrare facendo cadere ogni difesa, l’incontro diviene l’evento che cambia la vita.

Penso a Zaccheo, alla donna peccatrice nella casa di Simone, all’emorroissa, a Simone in riva al lago, a Maria di Nazareth, a… ciascuno di noi.

Non siamo forse risorti quel giorno in cui abbiamo udito pronunciare il nostro nome e, con il cuore che ci ardeva nel petto ascoltando la sua parola, abbiamo iniziato il nostro santo viaggio; il nostro continuo passaggio dalla morte alla vita nell’avventura quotidiana della carità? «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i nostri fratelli» (1Gv 3,14).

Il Signore risorto, nelle sembianze dell’ortolano, del povero, di chi cerca amore e verità, di chi è oppresso dall’ingiustizia, di chi è sfruttato e abusato, di tutti coloro che gridano, ci chiama per nome in ogni giorno ed è il nostro mattino di Pasqua. E così diveniamo prolungamento di quel primo annuncio. In me, in te in tutti noi, Maria di Magdala può continuare a correre per le strade del mondo oggi; testimoni di un incontro che ferendoci il cuore genera in noi la compassione e la gioia di gridare a tutti che Cristo è davvero risorto, è vivo, cammina in mezzo a noi ed è la speranza vera per chi lo cerca. Sì, perché lo abbiamo visto e udito.

Buona Pasqua di Resurrezione!

      M. Viviana Ballarin, op

Presidente USMI nazionale

Verso la Giornata delle comunicazioni sociali: 16 maggio 2010

Giornate Mondiali | Posted by usmionline
mar 17 2010

«I media oggi globalizzano la paura, ma potrebbero anche globalizzare la speranza. Perché non li usiamo per unire i cuori e dividere i beni?» (Chiara Lubich)

E’ davvero la realtà che suggerisce le notizie a chi opera nel mondo della comunicazione in Italia? Sono, questi operatori, in rapporto reale, con il territorio, con la gente? Raccontano ancora i fatti, aiutano a conoscere per pensare e deliberare? Oppure si trovano instradati in percorsi obbligati ad offrire notizie pruriginose e interessate; a parlare di una realtà già preconfezionata, apparentemente fatta solo di spettacolari notizie e denunce e storie, ciascuna delle quali con la pretesa di un’attenzione esclusiva? Ma allora il giornalista è un servitore del padrone del momento? E il suo lavoro ha ancora una sua dignità?

Il Seminario per giovani giornalisti organizzato da Redattore Sociale e che si tiene tutti gli anni nel mese di novembre a Capodarco nelle Marche, quest’anno ha scelto come titolo provocatorio Disorientati: lo smarrimento dell’informazione, che provoca nei giornalisti la forzatura della realtà. Il giornalismo in Italia in realtà sta cambiando. E non solo nel rapporto con il pubblico, nelle pratiche, nell’introduzione di nuove tecnologie. Stanno diminuendo anche il suo status, la sua forza, la capacità – attribuitagli con un po’ di retorica, ma essenziale – di difendere i deboli sorvegliando i forti.

Ci chiediamo come vivere un’adeguata cultura della comunicazione a partire dal messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni.

Non possiamo infatti permettere che a vincere sia il pessimismo. Gli operatori della comunicazione svolgono ancora un ruolo intellettuale determinante per la diffusione dell’informazione, da sempre “bene comune”. Per chi opera nei media si tratta di acquisire, per così dire, il “fiuto” dell’amore, per coglierlo ovunque ce n’è traccia (G. Boselli)

Il Messaggio per la 44.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali guarda ai sacerdoti e alle potenzialità pastorali dei media. Il tema scelto ha per titolo Il sacerdote e il ministero pastorale nel mondo digitale. I nuovi media a servizio della Parola.

In esso i sacerdoti sono incoraggiati ad affrontare «le sfide che nascono dalla nuova cultura digitale». Se conosciuti e valorizzati adeguatamente i mezzi di comunicazione sociale «possono offrire ai sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali una ricchezza di dati e di contenuti che prima erano di difficile accesso, e facilitano forme di collaborazione e di crescita di comunione impensabili nel passato». Grazie ai nuovi media -spiega una nota ufficiale del Consiglio Pontificio- «chi predica e fa conoscere il Verbo della vita può raggiungere con parole, suoni e immagini -vera e specifica grammatica espressiva della cultura digitale- persino singole e intere comunità in ogni continente, per creare nuovi spazi di conoscenza e di dialogo giungendo a proporre e realizzare itinerari di comunione».

La comunicazione è un’arte che si impara. A Capodarco è stato detto che occorre rilanciare la professione con creatività e, soprattutto, con dignità. Con un unico obiettivo: essere giornalisti nonostante. Perché rispondere alla crisi della professione è possibile. Sono indispensabili però autonomia, perseveranza, studio e la volontà di investire su se stessi e sulla propria crescita umana. In nome di una riscoperta autentica della realtà e dei fenomeni sociali, troppo spesso mal-trattati, e di un rinnovato senso della responsabilità sociale del fare comunicazione. Una professione nella tempesta (così è stata definita), ma che resta bella e possibile.

L’incertezza invece su come sarà il prodotto informazione nel futuro immediato rimane grande. Chi raccoglierà le notizie? Quanto e come saranno pagate? Come saranno diffuse? In base a quali interessi verranno selezionate? Di quali aspetti tener conto?

Certo bisogna tornare sul territorio, perché è la realtà che deve suggerire le notizie; ritornare verso la gente per raccontare il reale con dignità, ricordando che le notizie deboli (spesso definite sociali) permettono di leggere meglio le notizie forti, e di capire fenomeni più complessi. Soprattutto è necessario usare al meglio il primo e più valido mezzo di trasmissione: noi stessi, altrimenti i mezzi (vecchi e nuovi) non servono a niente. Non solo comunicare, quindi, ma “darsi” nella comunicazione.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it

Stolti o solidali. Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno. Documento dell’Episcopato italiano invita la società nazionale.

Società | Posted by usmionline
mar 11 2010

Bisogna scegliere: vivere da stupidi, indifferenti alla sofferenza e ai problemi degli altri, lasciando che i ricchi vivano a spese dei poveri e i potenti opprimano i deboli. Oppure imparare a pensare insieme e gli uni per gli altri. Il ricco stolto della parabola del Vangelo (Lc 12,16-20) non godrà dei suoi beni, morirà nel sonno quella notte stessa: la stoltezza distrugge i più deboli e non dà sicurezza ai potenti.

A vent’anni dalla pubblicazione di Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e mezzogiorno,  mentre la forbice Nord-Sud in Italia si allarga e l’emergenza si fa più grave, i nostri vescovi offrono a tutti gli italiani indipendentemente dalle appartenenze religiose, un’importante pagina di discernimento comunitario: Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno. È, questo, un documento politico-sociale-economico e religioso. Analitico sulle cause e sull’evoluzione reale delle vicende meridionali. Preciso e appassionato. Indica una via da seguire e trasmettere fede e speranza.

Federalismo e ruolo dello Stato

Il federalismo costituirebbe «una sconfitta per tutti, se accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia. Potrebbe invece rappresentare un passo verso la democrazia sostanziale se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all’interno di un gioco di squadra».

Certo il problema meridionale perdura e anzi si aggrava a causa della «travagliata fase economica», che ha trasformato il Mezzogiorno in un «collettore di voti per disegni politico-economici estranei al suo sviluppo». Gran parte del Sud è tuttora condizionato dalla vecchia logica clientelare, legata alle sovvenzioni pubbliche, al lavoro nero, ad attività un po’ lecite e un po’ illecite, su cui prosperano la cultura della illegalità e le mafie, vero cancro per la vita sociale. Problemi drammatici -denunciano i Vescovi italiani- aggravati dalla crisi economica e dall’egoismo individuale e corporativo cresciuto in tutto il Paese. È necessario coniugare sussidiarietà e solidarietà, per evitare sia il particolarismo sociale che l’assistenzialismo; e recuperare la legalità, insieme ai grandi valori morali dell’esistenza.

Un appello accorato, quindi, quello dei vescovi all’intera comunità nazionale nel contesto dell’Europa e nella nuova economia globalizzata; e nello stesso tempo un monito per i meridionali a fare con decisione la propria parte.  

Volto del nuovo Sud

Non è del male l’ultima parola. Scrivono i vescovi: «Sono molteplici le potenzialità delle regioni meridionali che hanno contribuito allo sviluppo del Nord e che rappresentano uno dei bacini più promettenti per la crescita del proprio Paese». Esistono energie, valori e soprattutto uomini e donne nuovi che si espongono in prima persona e lavorano con rinnovata forza morale al riscatto della propria terra. La rivolta popolare di Locri oggi – come ieri quella di Palermo dopo l’assassinio di Falcone e Borsellino – rivela un cambiamento di cultura e di mentalità nel Sud.

Persone oneste e coraggiose, che vivono in una condizione umana e professionale difficile, sanno reagire alla pseudocultura della rassegnazione e all’omertà, di cui la mafia si serve per soggiogare la popolazione. Un volto nuovo particolarmente significativo perché presente in un contesto sociale in cui essere onesti è un’anomalia e la libera concorrenza e il libero esercizio d’impresa divengono comportamenti eroici.

«Il Mezzogiorno può divenire un laboratorio in cui esercitare un modo di pensare diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione spesso hanno prodotto». E questo per un nuovo volto dell’Italia. A questo fine sono indispensabili il coraggio della speranza e una nuova proposta educativa, nella fiducia che «i cambiamenti sono possibili» proprio a partire da tutte quelle persone che rifiutano di considerare favori, da chiedere o da ricambiare, quelli che in realtà sono diritti da esigere e doveri da adempiere.

Il documento, dunque, esprime un grido di dolore, sferza e incoraggia, indica, offre possibili soluzioni, rivela un cambiamento di cultura e di mentalità soprattutto nei giovani e nelle donne. Invoca un sano federalismo e un Paese solidale, unito da Nord a Sud, cosciente e responsabile. La Chiesa locale nel Sud ha mostrato che, quando si è vicini ai poveri e agli ultimi e si condividono i problemi della gente, non nascono dubbi sul modo corretto di intendere i rapporti tra Chiesa e laicità dello Stato.

Luciagnese Cedrone

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46a SETTIMANA SOCIALE dei CATTOLICI

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
mar 04 2010

Si svolgerà dal 14 al 17 ottobre 2010, a Reggio Calabria, la 46a Settimana Sociale dei cattolici italiani, sul tema Cattolici nell’Italia di oggi. Un evento ecclesiale atteso, un punto di incontro e di riflessione per il mondo cattolico, che – in questo inizio di un nuovo decennio carico di tensioni e contraddizioni sul piano sociale, politico, economico e culturale – è ancora chiamato a prepararvisi.

Scriveva Paolo VI nella lettera apostolica Octogesima adveniens:

«Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell’insegnamento sociale della Chiesa [...], individuare – in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà – le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi».

Storia di un impegno che continua

Le parole di Paolo VI riassumono ed esprimono lo spirito che muove le “Settimane Sociali dei cattolici italiani” fin dalle loro origini, nel 1907. Esse entrano nella storia della Chiesa italiana in un momento particolare e sotto la guida di personalità come Giuseppe Toniolo, il cardinale Pietro Maffi e Pio X, che, salito da pochi anni al soglio pontificio, le incoraggia con la sua attenzione. La scelta «sociale» è in particolare il risultato della profezia di Toniolo, che sa intercettare l’evoluzione del movimento cattolico dell’Italia post-risorgimentale.

Le prime Settimane Sociali si occuparono di temi molto concreti – dai contratti di lavoro alla condizione delle popolazioni rurali – perché il movimento cattolico stava portando su questi terreni il proprio impegno. Toniolo intuì che questo era il modo di preparare un futuro impegno pubblico della Chiesa a fianco delle sue fasce meno garantite. Allora i cattolici si ispiravano praticamente solo alla Rerum novarum. Noi oggi abbiamo a disposizione cento anni di magistero sociale, fino alla Caritas in Veritatedi Benedetto XVI. A noi è richiesto, oggi come allora, un contributo di pieno inserimento nella vita sociale, di competenza scientifica e sintonia con il magistero ecclesiale; di entrare profondamente nelle strutture culturali, politiche ed economiche della nostra società per poter costruire una società più giusta e attenta al primato dell’uomo.

Il biglietto di invito per la prossima settimana sociale

Il biglietto d’invito alla 46asettimana sociale di Reggio Calabria, redatto nell’aprile 2009 dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane, è rivolto a tutto il mondo cattolico e non solo; agli uomini e alle donne che vivono la fede cristiana e, per mezzo loro, a ogni uomo e ogni donna che, nei limiti delle proprie forze, sono solleciti nella responsabilità per il paese e, attraverso questo, per la più vasta comunità umana. Il riconoscimento della dignità e della libertà di ciascuna persona – vi si legge ancora – è oggi così minacciato da provocare tutte le nostre responsabilità.

Tre sono le parole-chiave del ‘biglietto’: speranza, responsabilità e agenda.

Speranza(e non ottimismo): la capacità, cioè, di discernimento e di scelte per vedere le cose nuove che, pur nella crisi, animano la società.

Responsabilità, a partire dalla consapevolezza espressa da Benedetto XVI a Cagliari: serve una nuova generazione di cattolici capaci di assumersi responsabilità pubbliche.

Agenda,che non è un programma politico, economico, culturale, ma un sommesso e umile invito ad uno sforzo di discernimento per dare un ordine ai problemi gravissimi del Paese.

Agenda della speranza per il futuro del paese

Alla ‘speranza’ si unisce  il termine ‘agenda’ – spiega S.E. Mons. Arrigo Miglio, Presidente dello stesso Comitato scientifico e organizzatore - perché vorremmo definire i contenuti di una agenda di problemi prioritari con cui le istituzioni e i gruppi sociali siano chiamati a misurare le proprie responsabilità. La funzione di questa agenda dovrebbe essere quella di indicare un numero significativamente ridotto di punti di attacco alla crisi attuale del Paese. Un invito quindi all’intero laicato cattolico a farsi promotore – attraverso il discernimento e il confronto – di una ordinata concentrazione dell’intera comunità nazionale su una lista corta di problemi cruciali da inquadrare in una prospettiva che individui già uno spazio dentro il quale condurre la ricerca delle soluzioni.

Si entra così anche nella crescente attenzione che la Chiesa italiana riserva alle dinamiche educative.
Perché è difficile immaginare che in una agenda di problemi cruciali per il Paese non trovi spazio qualche elemento dei processi e delle istituzioni educative.

Presentata a Roma la “Lettera di Aggiornamento” per un cammino di discernimento

Nuovo aggiornamento nel percorso di avvicinamento all’appuntamento di ottobre prossimo. Il 5 febbraio 2010, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella sede nazionale dell’Azione Cattolica a Roma, è stata presentata la Lettera di Aggiornamento per un cammino di discernimento come un passaggio ulteriore verso la definizione dell’agenda che detterà i lavori della Settimana sociale. La lettera ribadisce la responsabilità di provare a declinare la nozione di “bene comune” in una “agenda di speranza” e di necessità per “tornare a crescere”.

Franco Miano, Presidente dell’Azione Cattolica Italiana, ha illustrato la mobilitazione dell’Associazione, che presiede, con incontri e convegni pubblici in sedici regioni italiane. La possibilità di ‘tornare a crescere’, nel nostro Paese, dipende dalla capacità di mettere o rimettere in gioco altre energie sociali, capaci di modificare gli equilibri in cui ci troviamo e generare più opportunità per tutti e per ciascuno.

Per rigenerare la polis bisogna rilanciare un condiviso senso del bene comune. Ripartire dai giovani, dall’educazione, dal lavoro e dalla famiglia. In particolare l’educazione è il primo veicolo per salvaguardare il patrimonio distintivo dei valori e dei saperi di una società, ma anche il suo patrimonio di conoscenze tecnologiche e di cultura d’impresa. Il triste primato che possediamo fra i paesi dell’OCSE nel numero dei giovani della generazione né-né (che non lavorano e non studiano) va al più presto superato. Ridare autorità agli insegnanti e ai genitori, valorizzare e integrare l’immigrazione evitando irenismo e razzismo. Riguardo alla vita politica e democratica del Paese, vi è un elevato grado di disinformazione e disinteresse soprattutto fra i giovani. È necessario uno sforzo per informarsi in modo critico così da elaborare efficacemente il proprio pensiero. Sono questi alcuni dei punti indicati dal Comitato scientifico e organizzatore della 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani.

Il punto da cui partire dunque è il bene comune come vita retta per tutti, come elemento unificatore di una società pluralista, come orizzonte etico che precede la politica.

Obiettivo finale: realizzare un contributo, in vista della Settimana Sociale di ottobre, che tenga conto del percorso compiuto. E aiutare il mondo cattolico a trovare moduli operativi per affrontare i problemi attuali e lavorare al futuro del paese

‘Riprendere a crescere’ è il motto che già da ora fa da filo conduttore.

A maggio sarà pubblicato il ‘Documento preparatorio’ per stimolare ancora e raccogliere la partecipazione delle realtà ecclesiali particolari.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it

Sentinella, quanto resta della notte? (Is 21, 11-12)

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
feb 25 2010

Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale

Ci sono poveri che vivono per strada e poveri che incontriamo ogni giorno senza nemmeno riconoscerli. Persone spesso invisibili che associazioni e volontari vedono, accolgono e aiutano. Tanta infelicità in giro: giovani depressi, adulti che non sono cresciuti, solitudine e materialismo. E persone che regalano tempo, energie e affetto a chi è nel bisogno.

Il diritto a «vivere dignitosamente» è riconosciuto come diritto fondamentale dall’Unione Europea. Eppure un cittadino europeo su sei vive in condizioni di povertà: si tratta di 84 milioni di persone, delle quali 19 milioni sono minorenni. Nel 2003 il rischio povertà interessava 56 milioni di persone: è quindi aumentato, invece di diminuire, anche se nelle cifre vanno considerati i cittadini dei paesi che sono entrati nell’Unione in questo arco di tempo. Essere a rischio povertà significa, convenzionalmente, avere un reddito che non raggiunge il 60% del reddito nazionale medio del proprio paese. L’attuale crisi economica e finanziaria internazionale avrà conseguenze di lungo periodo per la crescita e l’occupazione nell’UE e saranno le persone più vulnerabili nelle nostre società a risentirne probabilmente di più.

L’esclusione sociale poi tocca le persone che non possono prendere parte alla vita della società come gli altri, perché vittime di discriminazioni, o a causa della mancanza di educazione, o di competenze, o per la propria povertà.

La Commissione europea ha designato perciò il 2010 quale Anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale: uno strumento in più per approfondire la conoscenza di un fenomeno che mette a rischio di vulnerabilità sociale strati sempre più ampi di popolazione e per impegnare l’agenda politica europea e nazionale su questi temi anche oltre il 2010. Un’occasione propizia anche per noi religiose e religiosi per verificare e rafforzare la missione e il servizio a cui siamo chiamati, nella segreta coscienza di una Presenza che ci abita e ci anima.

Da più parti sono arrivati per tutti significativi gesti simbolici:  

       Il Papa ha visitato l’ostello di via Marsala della Caritas di Roma, volendo così idealmente incontrare tutti i poveri d’Europa.

       60 vescovi del continente hanno compiuto lo stesso gesto nelle loro diocesi.

       La COMECE (Commissione degli episcopati delle comunità europee) e la Caritas Europa hanno lanciato la campagna Zero Poverty, cioè l’obiettivo di una povertà azzerata da realizzare attraverso una campagna di sensibilizzazione a tutti i livelli: dalle istituzioni locali a quelle sovranazionali. Soprattutto si vuole sensibilizzare l’opinione pubblica europea.

       Il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nell’ambito delle iniziative nazionali per il 2010, ha presentato a Milano la campagna per il “dono contro la solitudine e la povertà”.

Quale appello, da questo evento, alle religiose e ai religiosi?

Nel proprio percorso storico, anche il religioso vive quotidianamente dentro di sé lo scontro tra credente e non credente; anch’egli come un povero ateo ogni giorno si sforza di cominciare a credere (B. Forte).

Perciò l’appello per lui, come per ogni cristiano è:

       ad ascoltare le domande che abitano ogni uomo e che illuminano e orientano quando si vivono le situazioni rimanendo al cospetto di Dio;

       ad un impegno profondo e continuamente rinnovato per leggere la storia nella fede, alla luce dell’eternità;

       ad esporre la propria vita alla Parola ed entrare nel mistero profondo della preghiera per poter vivere in obbedienza a Dio e alla Sua volontà;

       a lasciarsi fare dalla misericordia di Dio, come un bambino si lascia coccolare dalla propria mamma.

 

L’attenzione alla povertà e all’esclusione – ha ricordato il direttore di Caritas italiana, don Vittorio Nozza – fa parte del dna dei cristiani e delle chiese.

Ci auguriamo che l’anno europeo contro la povertà provochi in tanti, in tutti, la capacità di discernere i problemi della storia e della cultura e le sfide che ci stanno di fronte; la crescita, in ordine a questo obiettivo, dell’attenzione educativa; che l’economia, la politica, la tecnica siano, finalmente, vissute davvero nel servizio del bene comune, come forze di promozione umana. E, pungolati dalla Parola, ritroviamo la strada per tornare alla “carità” per cui siamo nati.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it