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Parole nuove per la vita comune

Senza categoria | Posted by usmionline
apr 10 2012

Dal messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali raccogliamo la sfida a ripensarci come ‘comunità’ e ci lasciamo interrogare sul nostro modo di comunicare nella vita comune. Obiettivo: costruire relazioni umane più piene e testimoniarne il valore.

Il silenzio?…piazza” che apre all’ascolto    

Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione“, questo il titolo del Messaggio che Benedetto XVI ci ha affidato per la prossima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, che si celebrerà il 20 maggio 2012. In esso il Papa usa (e ripete più volte) la parola silenzio: per discernere ciò che è essenziale da ciò che è inutile; per trovare la via che consente -anche nella essenzialità di brevi messaggi- di abitare l’ambiente digitale, aiutando le persone a ritrovare se stesse e quella Verità che dà senso a tutte le cose. 

Da intendere non come una «fuga dalla parola», perché anzi per il Papa il silenzio è come una piazza che apre all’ascolto e all’incontro e permette l’espressione di un significato più profondo. Soprattutto è il luogo dove non solo si trovano le ri­sposte, ma -secondo l’espressione di Benedetto XVI- si impara a riconoscere le domande giuste.

Quando le parole fanno comunità…

Nella comunicazione contemporanea servono parole scavate nel silenzio, per dirla con Ungaretti. Parole inserite organicamente in un gran silenzio (Etty Hillesum): dette o scritte per accentuare il silenzio e non per coprirlo o disperderlo. Servono cioè parole che preparano un ascolto non improvvisato, che dispone a mettere tutto quello che si è e si sa fare a disposizione degli altri.

Il Messaggio del Papa, aperto e dal valore profetico, toc­ca la struttura fondamentale del comunicare e offre una nuova sfida a tutti per lasciarsi interrogare sul proprio modo di comunicare. La vita cristiana consiste nel riuscire a essere in comunione con tutte le creature, perché tutte le creature sono parola di Dio. Ma quante volte anche i cristiani ‘stanno insieme’ e parlano solo perché le convenzioni vietano il silenzio, o perché si è  bramosi di compiacere qualcuno con discorsi senza forma e parole senza peso!… ma da tali atteggiamenti possono scaturire solo illusioni di contatto!

…e i nodi tra le persone diventano vita

Per noi religiosi le riflessioni del Papa sono una feconda occasione per ripensarci come comunità e per dare vita a quella cultura vera della relazione e dell’empatia dove i nodi tra le persone diventano vita delle stesse persone…

La condivisione quotidiana certo ha un prezzo che non è facile da pagare perché, nel cammino sempre in salita verso la vera libertà interiore, essa mette in luce tutte le contraddizioni interiori della persona. Rimane il fatto che è essenziale scoprire la fraternità -e riscoprirla ogni giorno- per poter camminare verso un orizzonte comune. Questo significa non stancarsi di cercare la stilla di divino che c’è in ogni persona. Siamo insieme le foglie dissimili di un unico albero. A nessuno spetta distinguere le foglie meglio riuscite. Il comando del Signore è: Non giudicate!

Il sentiero verso se stessi e verso spazi comuni e condivisi

 “Ci sarà chiesto conto di ogni parola, di tutte quelle che bisognava dire e che la nostra avarizia ha frenato. Di tutte quelle che bisognava tacere e che la nostra prodigalità avrà seminato ai quattro venti della nostra fantasia e dei nostri nervi”, ammonisce Madeleine Delbrel. Tacendo si permette all’altra persona di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati -senza un opportuno confronto- soltanto alle nostre parole o alle nostre idee. Si apre così uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena.

Anche la nostra esperienza ci racconta che tutte le parole capaci di aprire uno spazio comune e condiviso, avviano e rafforzano una comunicazione che è esperienza di compartecipazione. Lungo questa via, anche in un tempo confuso come il nostro, l’intelligenza dello Spirito orienta a ciò che conta per non rimanere schiacciati da sforzi inutili.

La solitudine che è comunione

Il vero problema, in ogni vita insieme ad altre persone, è conoscere l’altro dall’interno, perché da quel momento non si può più essere indifferenti a lui o rinnegarlo… “Non potremo più rifuggire dalla sua sofferenza, dalla sua ragione, dalla sua storia. E forse diventeremo anche più indulgenti con i suoi errori” (D. Grossman).

Nella vita comune vengono inevitabilmente messe in gioco tante realtà personali: simpatia e antipatia, empatia e intelligenza, cuore, ferite interiori; tutte realtà che si misurano con quelle di chi ci vive accanto e s’intrecciano alla fede e all’amore, alla preghiera e alla volontà di ognuno di seguire il Signore. Il che implica evidentemente la conversione del proprio tempo, dello sguardo, del cuore… E se arriva il momento in cui, nella revisione del proprio vissuto, ci si accorge che molte energie si vanno  esaurendo, allora è indispensabile ritornare a quel silenzio che è ascolto degli altri e di sé, perché è questo che trasforma le persone. Il silenzio quindi come inizio di ogni gesto, di ogni storia vera, di ogni creazione. Il silenzio non come mezzo, o tecnica. Ma come modo di essere, come sapore che coinvolge tutti i propri gesti e apre al mistero.

Possa la Chiesa, nel passaggio epocale  che stiamo vivendo, anche attraverso la Parola vissuta nella vita fraterna,  dare al mondo segni concreti di credibilità e di speranza.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Sì crescita, ma a vantaggio di chi?

Senza categoria | Posted by usmionline
mar 30 2012

Misurare le scelte con il metro del bene comune e della vita della gente è compatibile con i momenti di crisi? O è semplicemente necessario per esprimere in modo credibile la vitalità dell’esperienza cristiana?

Con occhi disposti a lasciarsi toccare e convertire
Pur senza una compiuta teorizzazione, oggi è diffusa la convinzione che le questioni etiche siano un lusso difficilmente compatibile con i momenti di crisi, e non solo sul piano personale. Così prendono il sopravvento soluzioni… diciamo di ‘mercato’, che inevitabilmente portano a una società e ad una politica di corto respiro, come quelle che ben conosciamo.

“Il mondo è quel disastro che vedete non tanto per i guai combinati dai malfattori (o incompetenti furbetti), ma per l’inerzia dei giusti, che se ne accorgono e stanno lì a guardare”, scrisse Einstein. E le cose non sembrano essere poi molto cambiate. Sperimentiamo tutti quanto è facile e apparentemente comodo lasciarsi andare ai compromessi, a giudicare chi disturba, ad accumulare sicurezze per sé ignorando le vie dello Spirito… Ma scegliere se stessi significa aprire le porte al caos. Forse davvero tutti cerchiamo il bene, ma spesso lo facciamo in modo errato, perché davvero non sappiamo quello che facciamo (Lc 23, 34).

Per i cristiani (e in particolare per i consacrati) rimane, nel presente della propria storia, l’urgenza di mantenere un atteggiamento di costante conversione, che orienti a misurare le scelte con il metro del bene comune e della vita della gente. Guardare per comprendere. Guardare senza paura e anche senza la sicurezza di chi ritiene di avere già la soluzione per tutto. È un dono dello Spirito guardare la realtà con occhi disposti a lasciarsi toccare, interpellare, convertire; lo è operare, nel proprio piccolo, perché la dignità sia assicurata a tutti e le differenze siano vissute solo come collaborazione effettiva in vista del bene comune.

Fra rigore, crescita ed equità
“Rigore, crescita ed equità” è il trinomio lanciato come slogan e promessa dal governo tecnico Monti. Agli italiani è sembrato finalmente di poter riprendere a sperare…

-In Parlamento si parte dal rigore ed è la riforma delle pensioni, che lascia “più di centomila persone senza alcuna prospettiva, colpisce i padri senza fare nulla per i loro figli” (Bonanni). Con essa si cerca soprattutto di dare un “segnale di credibilità” ai partners europei e al mercato internazionale?

Di fatto, all’approvazione della manovra seguono aumento delle tasse e diminuzione del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni.

Nel frattempo non si fanno tassazioni patrimoniali né sulle grandi rendite finanziarie: il grande capitale rimane in mano a finanzieri e speculatori, che dominano l’intera economia. A salvare il Paese sono insomma ancora quelli che hanno di meno. Basta vedere come vanno i consumi per capire quanto soffrono le famiglie.

-Poi è la volta della crescita, attesa come frutto delle ‘liberalizzazioni’ e ancora si spera di essere sulla strada giusta. Ma si raggiungono compromessi su taxi, farmacie, notai, asta delle frequenze TV, responsabilità dei giudici, intercettazioni, concussione, corruzione… E si diffonde la percezione che l’enfasi sulle liberalizzazioni sia andata a scapito della tutela dei diritti sociali.

-Dell’equità – che oggi potremmo chiamare semplicemente ‘bene comune’ e che per essere autentica dovrebbe attraversare sia il rigore che la crescita – non abbiamo ancora realmente sentito parlare: né progettata, né realizzata. E mentre il prezzo della benzina e del gasolio va alle stelle, l’inflazione al top e a dismisura crescono le tariffe dei servizi… non c’é ombra di progetti per le energie alternative o di tagli all’acquisto dei cacciabombardieri F35.

Si riducono invece le spese per il sociale, la sanità e la scuola; il bilancio familiare diventa sempre più insufficiente; disoccupazione, licenziamenti più facili, diritti trasformati in…moneta riducono a brandelli sogni e progetti. Intanto la gente del Sud del mondo, con l’arrivo della primavera, riprende a riversarsi sulle spiagge di Lampedusa (…anche a morire prima di arrivarvi!) e ad essere respinta indietro… Le entrate contributive di chi riesce a rimanere in Italia sono elevate, molto basse invece risultano essere le loro uscite. Così gli immigrati diventano dei benefattori del nostro sistema pensionistico.

 Recuperare la relazione tra mezzi e fine
Si può davvero continuare ad ignorare il “buco” nel quale nel nostro Paese stanno precipitando le fasce più deboli della popolazione? Così sullo sfondo di questa situazione un interrogativo si va diffondendo nella coscienza dei cittadini – in particolare dei giovani che sembrano percepire meglio di tutti la radicalità degli attuali problemi – e li spinge a vigilare, controllare, sorvegliare su quello che accade… Efficienza sì, ma per quale scopo? E soprattutto: a vantaggio di chi? Ciò che appare urgente è recuperare la relazione tra mezzi e fine, perché l’efficienza certo non è il contrario dell’etica. Questo soprattutto quando può sembrare più facile scendere a patti con le proprie paure soffocando così i desideri infiniti, che sono i più fragili, ma certo anche i più veri… Questo ancora con l’obiettivo di esigere dai governi vere politiche pubbliche di protezione degli interessi della maggioranza della popolazione, in particolare delle fasce più povere e dei lavoratori.

Anche ai cristiani italiani di oggi è necessaria una lettura aggiornata della Parola di Dio, calata nella carne sofferente di questo nostro tempo e capace di rendere lo sguardo attento a chi è in disparte e non in prima fila. È il grande orizzonte di libertà che, dopo il momento della profonda intuizione, esige però tempi lunghi di costruzione interiore, prima di conoscere la forza esplosiva dell’arrendersi a Dio.

Equità: sinonimo di cristianesimo
Con quale consapevolezza – ci chiediamo – le nostre comunità religiose sono impegnate oggi, in mezzo all’attuale crisi, ad elaborare questa cultura e questo orizzonte di valori umani? Riusciremo ad esprimere in modo credibile la vitalità dell’esperienza cristiana?

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Malati da gioco o… disperati?

Senza categoria | Posted by usmionline
mar 19 2012

Il gioco d’azzardo: un’attività legale, una malattia, un affare… per chi? Nel 2011 bruciati 80 miliardi di euro, l’equivalente di due manovre Monti. Coinvolti, complice lo Stato, tutti i ceti sociali. Famiglie e giovani i più malati.

Un fenomeno in espansione  
I malati da gioco (ludopatici) in Italia -secondo i dati forniti dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità)- sono più di un milione. Altrettanti sono i giocatori a rischio. Sei milioni le persone coinvolte nei loro affanni. Lo Stato ricava cospicue somme di denaro in cambio delle varie concessioni al gioco d’azzardo. Nell’Unione Europea il nostro è il mercato con la più elevata crescita nel settore… Il pericolo di un disastro sociale non è dietro l’angolo: è già una realtà. Nelle città italiane c’è un’invasione di slot-machine: circa 400mila, in pratica una ogni 150 abitanti; poker on line, videolotterie e giochi da casinò accessibili a tutti. Si tratta in realtà di un fenomeno molto diffuso ed estremamente grave, ma ancora sottovalutato e con un grande sommerso. Un mondo in larga parte in mano alla criminalità organizzata. Quante sono, a livello nazionale, le slot-machine manipolate, non connesse in rete al monopolio di Stato?! Le mafie sono attratte dai nuovi giochi. Di fatto la raccolta da scommesse e puntate lecite sfiora gli 80 miliardi l’anno. Quella illecita è stimata tre volte tanto. Possiamo, comunque, ritenere credibile uno Stato che, in un grave momento di crisi, impone ai cittadini grandi sacrifici e nello stesso tempo introduce in ogni Finanziaria uno o più giochi nuovi? Non è questo un invito indiretto a giocare sulla ruota della fortuna ogni spiraglio di attesa e speranza in un mondo migliore?  

Un male oscuro che…
La crisi economica che stiamo vivendo è una spinta ulteriore per molti a tentare la sorte. Depressione, impulsività, stress, ricerca di sensazioni forti spingono nella stessa direzione: a rischiare. D’altra parte giocare è facile, basta andare nel bar sotto casa. Così sempre più persone continuano a rincorrere il miraggio di una ricchezza facile e immediata, che cambi un giorno la propria vita. Ma la patologia da ‘apparecchio da gioco’ è in agguato e si rivela fra le malattie più devastanti perché spinge il soggetto addirittura a personificare la macchinetta in un rapporto di amore/odio e, in breve, conduce alla rovina. Intossicata infatti dall’ansia del gioco e dall’eccitazione, la persona finisce per perdere non solo interi patrimoni personali e familiari, ma anche ogni contatto con la propria realtà. L’azzardo insomma, se provvisoriamente può migliorare i conti di qualcuno, mai però cambia davvero o migliora la vita.

…crea dipendenza
No, questo non è più gioco e divertimento. È febbre, attività succhia soldi, una vera e propria malattia che crea dipendenza. Un demone compulsivo che la scienza è arrivata a catalogare fra i disturbi mentali. Eppure passa nella mentalità comune come un innocuo comportamento quasi privo di conseguenze negative. E mentre nelle culture passate il giocatore d’azzardo nel lotto e nelle lotterie veniva considerato un avventuriero dissipatore, oggi un ragazzo o una ragazza che bruciano soldi nelle macchine istallate un po’ ovunque non vengono considerati neppure soggetti a rischio. 

C’entra la ‘paura più grande’?
Certamente la malattia da gioco è un tentativo di evasione dalle pene quotidiane, un modo per esorcizzare le proprie paure, alla base delle quali si avverte la grande paura del tempo che passa! …Perché è vero (anche se non ci si pensa!) che tutto ciò a cui in qualche modo ci attacchiamo con gusto morboso e possessivo è sempre riassumibile nel grido: Non voglio morire! Anzi: Voglio darmi la certezza che resto in vita!!. No, il gioco d’azzardo non è felicità: in molti casi, anzi, è disperazione, che, se tocca più da vicino giovani, disoccupati, anziani soli e famiglie che non riescono ad arrivare a fine mese, coinvolge però tutti i ceti sociali, dall’operaio all’imprenditore. Un male oscuro che arriva a stravolgere i rapporti familiari, sociali e finanziari. Si rivela quindi come un problema non solo morale, ma economico, familiare e pedagogico. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (al n. 2413) in poche righe chiarisce il fenomeno in modo inequivocabile: “I giochi d’azzardo o le scommesse non sono in se stessi contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili allorché privano la persona di ciò che le è necessario per far fronte ai bisogni propri e altrui. La passione del gioco rischia di diventare una grave schiavitù”.

Fermare gli spot
Non bastavano i messaggi pubblicitari inseriti all’interno dei videogiochi! Una iniziativa del Monopolio di Stato (Aams), presentata come ‘educativa’, attraverso 70 mila opuscoli distribuiti nelle Scuole, è arrivata a ‘spiegare’ agli studenti come si fa a giocare ‘responsabilmente’. In realtà fra le righe passa solo il messaggio obliquo che ‘vincere è semplice’! Ne risulta una pubblicità che invoglia a giocare, mentre uccide il corretto modo di pensare e di agire. La pubblicità dell’azzardo è un attentato alla nostra società, ha denunciato il card. Angelo Bagnasco. E il ministro Andrea Riccardi si è impegnato a metterci mano con “l’obiettivo di arrivare al divieto di pubblicità, come nel caso delle sigarette o, almeno, a una ferrea regolamentazione degli spot”. Nel Sistema Gioco Italia in realtà servono linee guida efficaci e condivise, che possano davvero contrastare la ludopatia e favorire in tutti i cittadini l’educazione alla responsabilità.

Unica terapia possibile
Finché non arriva alla disperazione il giocatore compulsivo non è pronto per farsi curare. La sua impotenza di fronte al gioco d’azzardo può essere combattuta solo ed esclusivamente con la totale astinenza. Ma questa non basta e non è ovviamente l’unico obiettivo del trattamento. È necessario che giocatori e familiari superino la timidezza o la vergogna che trattiene dal chiedere aiuto. In tutto il mondo, – sul modello degli alcoolisti anonimi – ora è diffusa l’associazione ‘Giocatori anonimi’. L’accesso allo ‘sportello’ -anonimo e gratuito- può essere il punto di partenza per non restare soli con il problema. L’obiettivo è arrivare a cambiare la psiche malata del giocatore, accompagnarlo ad un rapporto più razionale con la realtà e a riappropriarsi della propria emotività. La famiglia e gli amici sono in ogni momento potenti fattori curativi.

Esistenze diaconali… le nostre?  
E noi cristiani, consacrati al seguito di Gesù il “servo” per eccellenza, di fronte a questi problemi, come siamo disposti a ‘metterci in gioco’ con la nostra specificità personale, generazionale, professionale, istituzionale?!…La fede -lo sappiamo- chiede ad ognuno una mentalità diaconale che, come dice Paolo, è pensare e interrogarsi giorno e notte su quali siano i veri bisogni dell’umanità e su ciò che bisognerebbe fare per essere più utili al prossimo; chiede di  aprirsi concretamente ad ogni genere di necessità di ogni persona, a partire dalle necessità più evidenti e più urgenti, fino a quelle più profonde e nascoste, forse meno dichiarate, eppure più gravi, come la ludopatia.

Ad ognuno non resta che potenziare ciò che in se stessi è già riflesso del cuore di Dio e coinvolgersi interamente nella storia quotidiana e concreta dell’umanità, a cominciare da quella più vicina.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

‘Disagio donna’ e dintorni

Senza categoria | Posted by usmionline
feb 28 2012

Notizie di abusi sulle donne e sull’uso del loro corpo secondo schemi di potere e di dominio ci giungono costanti… Ma oltre l’orrore, l’attesa inerte, quando non un ottuso stare a guardare minimizzando, che succede?!…

La vera questione?…quella maschile
 “Siamo tutti responsabili del disagio umano e sociale che lacera il nostro Paese”, denuncia Sr Eugenia Bonetti MC -responsabile dell’ufficio “Tratta donne e minori” dell’USMI. E lo ripete ovunque con e per tutte le religiose, che operano in Italia per combattere ed eliminare la tratta di donne e minori, specie per sfruttamento sessuale. È drammaticamente vero che non si è mai “ex” vittime. La rappresentazione che i media danno della situazione italiana, il più delle volte restituisce un’immagine femminile che non corrisponde alla realtà. Ma il quadro del problema -così come emerge dalla relazione di Rashida Manjoo, inviata speciale dell’ONU in Italia- non fa certo onore al nostro Paese.

L’Italia deve fare di più contro la violenza sulle donne e intervenire sulle cause strutturali della discriminazione e della disuguaglianza di genere. Invece è arrivata da noi una sentenza -pronunciata dalla Corte di Cassazione intorno allo stupro di gruppo- portatrice di un forte segno di regressione culturale. Discuterne pubblicamente è necessario: un’attesa inerte e un ottuso stare a guardare non sono certo comportamenti cristiani. È difficile per noi comprendere come la Corte abbia potuto equiparare lo stupro di gruppo allo stupro individuale, con l´argomento che il primo «presenta caratteristiche essenziali non difformi» dal secondo. Se il farlo in gruppo è un’aggravante quando si distruggono cose e si aggrediscono persone, o si partecipa a forme di protesta non autorizzate, perché, se si stupra una donna, invece diviene irrilevante?

Sulla ‘pari dignità’ resistenze maschili…
In Europa, ogni giorno, una donna su cinque subisce violenza. Nel mondo tale violenza maschile è addirittura la prima causa di morte per le donne: ogni giorno ne vengono uccise 7 dai propri partner o ex partner (cfr Redattore Sociale 17/01/2012). E il raptus e la follia omicida di cui parlano i media per ‘spiegare i fatti’ sono invece solo l’epilogo di un crescendo di violenza a senso unico, generalmente causato -si legge nel rapporto di Amnesty International- dall’incapacità di accettare le separazioni, da gelosie, da sentimenti di orgoglio ferito, da volontà di vendetta e punizione nei confronti di una donna che ha trasgredito a un modello comportamentale tradizionale. In ogni parte del mondo ci sono vittime di stupro e di violenza sessuale che si vedono negare l’accesso alla giustizia  e trasformare in imputate a causa della discriminazione di genere e di pregiudizi sul loro comportamento sessuale. È agghiacciante constatare che nel 21° secolo, con tutte le leggi che dovrebbero garantire l’uguaglianza e il rispetto della dignità delle donne, ci siano governi che di fatto non chiamano i responsabili a rispondere dei loro crimini. Widney Brown di Amnesty International ha dichiarato:”Ogni stupratore che rimane impunito rappresenta il segnale che le autorità sono indifferenti di fronte alla sofferenza delle vittime della violenza sessuale“.

…e compiacenti disattenzioni femminili
Il 96% dei casi di violenza sessuale non viene denunciato. E in Italia c’è anche chi con incredibile leggerezza è arrivato a chiedere la regolamentazione della prostituzione e la possibilità di riaprire le ‘case di tolleranza’, motivando la richiesta con il fatto che questo provvedimento potrebbe far entrare ingenti guadagni nelle casse dello Stato. Il che significa che si continua a considerare le donne come semplice merce da usare a piacimento e a pagamento. E peggio: se ne auspica anche un guadagno per lo Stato!

Perché non si opera davvero invece per debellare tutte quelle situazioni che possono indurre a ‘vendere’ il proprio corpo? Sappiamo tutti che povertà e indigenza possono spingere su questa via. Ci sono ragazze che si vendono per un posto di lavoro; o per fare carriera, quando non semplicemente per fare spettacolo o entrare nel mondo della moda e della pubblicità o della politica… Sono fatti che mettono ansia e angoscia perché la prima giovinezza è un impasto delicato di furbizia, ingenuità, voglia di spadroneggiare, vulnerabilità… Certo il silenzio o l’indifferenza su tale realtà rendono complici anche tanti cristiani! È invece una situazione di miseria culturale da riconoscere e nominare. Il solo modo per combatterla.

Il problema che rimane aperto: cambiare mentalità e cultura!
 Nel nostro Paese le donne vanno avanti da anni per strategie individuali, investendo su se stesse in formazione e cultura, e prendendo coscienza del proprio valore, nonostante tutte le difficoltà. La violenza si combatte cambiando la mentalità e la cultura di chi -sulla base della doppia morale sessuale inventata dall’uomo a suo favore- sposta il disonore da chi compie l’atto alla donna che lo subisce. È il  momento che fidanzati, padri, amici e colleghi anche da noi inizino una riflessione sui propri comportamenti. Nella battaglia per i diritti umani, per il rispetto e la dignità riconosciuti davvero ad ogni persona, sono essenziali anche il coinvolgimento e la solidarietà del mondo maschile. ‘Se non ora quando?’ vale anche per loro!

E nella Chiesa feriale che succede?…
Ma se nella nostra società -come ampiamente risaputo- la donna è ancora considerata non come risorsa di mente e di cuore quale è, ma per i vari servizi che può offrire (compreso quello sessuale!!), nella Chiesa a che punto siamo?

Nonostante le aperture personali di tanti e le scelte profetiche di Giovanni Paolo II (grazie alle quali, fra l’altro, due donne -per la prima volta dal 2004- entrano nella Commissione teologica internazionale!), la Chiesa, nel suo insieme, da noi ancora appare declinata al maschile. Siamo insomma ugualmente lontani dal considerare la donna per quello che essa è veramente.

Necessita a noi tutti la coscienza trasparente di chi percepisce con urgenza ciò che è davvero urgente e necessario, e, nel servizio al prossimo, cerca concretamente la misura della propria fede.

Donne e religiose
Senza potere reale, ai margini dei centri decisionali e a volte anche con poca considerazione da parte della gerarchia, eppure nel cuore della Chiesa se si vive generosamente con fede al centro dei problemi servendo la vita. Lo testimoniano, anche in Italia, le tante religiose, che, discrete e combattive, continuano a ritenere possibile un mondo più umano. Per realizzarlo lavorano non sul palco di un teatro, ma ‘per strada’, nella vita di tutti i giorni. E con la loro vita gridano ciò che non concorda con le pagine evangeliche dal cui ascolto sono impegnate a lasciarsi fare; e denunciano ciò che è molto di questo mondo, ma poco del Regno proclamato da Cristo. Così, nella Chiesa feriale, sono spina dorsale delle comunità cristiane. Insieme e a nome della comunità umana chiedono con forza politiche nuove e considerazione vera per la donna. Soprattutto chiedono il massimo impegno perché a rappresentarci siano le persone migliori. Lo dobbiamo almeno a noi stessi e alle nuove generazioni.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Un sogno da osare

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feb 15 2012

L’Italia è la nazione con la maggior concentrazione al mondo di veicoli a motore rispetto al numero degli abitanti: 3 automobili ogni 4 abitanti! In risposta all’urgenza crescente dei lamenti della terra, si tentano i più diversi interventi… La fede che cosa chiede al nostro agire quotidiano di credenti e consacrati? Siamo disposti a rinunciare… a che cosa?

La sfida più impegnativa
La crisi ecologica è oggi la prova planetaria più impegnativa per tutti. Davvero il Pianeta è minacciato da più parti. Conoscere il pericolo e affrontare la sfida di vivere in modo più sostenibile sulla Terra è dovere di tutti. Ma siamo davvero disposti e in quale misura -noi singoli cittadini e le Amministrazioni che ci rappresentano- a rinunciare alle abitudini comode e agli interessi di categoria che ci caratterizzano?

Quando la fede vive nel mondo reale
Più che mai oggi il credente è seriamente chiamato a interrogarsi sulla consistenza della propria fede e a rivederne i ‘segni’ nella storia. Perché è solo nel mondo reale che possiamo risvegliarci al bello e al sogno che Dio ha su di noi e che forse non osiamo più. Quale consistenza può avere infatti una fede che non si nutre di storia, di fatti, di volti, di dubbi, di lotte…, che – in sintesi – non integra la vita, partendo da essa e ad essa facendo tornare? Serve forse a qualcosa, a qualcuno se non genera nel quotidiano della propria storia un affidamento totale e completo allo sguardo di Dio, incrociato ogni giorno nell’incontro con Lui?

Per cominciare dal nostro piccolo…
È indubbio che lo sviluppo e la modernizzazione dei sistemi di trasporto hanno contribuito a rendere gli spostamenti urbani, il turismo, il commercio e le comunicazioni sempre più efficienti e competitivi. Hanno però anche incrementato i problemi ambientali (traffico, incidenti stradali, inquinamento, cambiamenti climatici…).

In risposta all’urgenza crescente dei lamenti della Terra La Commissione Europea mobilità urbana sostenibile da anni è impegnata nella promozione di trasporti ‘intelligenti’ e nell’incoraggiare spostamenti più ‘verdi’ e più ecologici, meglio organizzati e più semplici. Il che poi significa: possibilmente a piedi, o in bicicletta. In quest’ottica chiede agli amministratori di intervenire sull’organizzazione delle reti urbane di trasporto così da permettere ai cittadini di soddisfare le proprie esigenze primarie di accesso al lavoro, all’istruzione, al tempo libero e all’informazione in armonia con la salute dell’uomo e dell’ambiente.

Interventi innovativi sono già una realtà in Europa e in diverse città e comuni italiani: incentivazione dell’uso della bicicletta, pedonalizzazione dei centri storici, tassazione della circolazione di autoveicoli nelle mura dei centri cittadini…Ma, anche se il percorso è tracciato, la strada rimane lunga. È necessario infatti ripensare le infrastrutture stradali delle nostre città per decongestionare il traffico e garantire sicurezza. Servono piste ciclabili, più aree pedonali, punti di “nolo pubblico”, gratuiti o a pagamento, trasporti pubblici efficienti e non inquinanti…

Viaggi in centro con intenzioni ecologiche
Milano per dire basta a smog e polveri sottili, ultimamente ha introdotto un ticket anti-traffico di cinque euro per le macchine in entrata nell’area ‘C’ del centro. “E’ discriminante e folle pagare per rincasare”, hanno protestato dapprima residenti e commercianti. In risposta hanno avuto il messaggio: “E’ un sacrificio per il bene collettivo, una sperimentazione… Partiamo e poi in corsa si vedrà per le necessarie correzioni”. Il debutto, comunque, è stato sostanzialmente indolore e i milanesi per ora sembrano essersi convinti che almeno in una certa misura si può fare a meno dell’auto. Il dato significativo è la riduzione di un terzo delle auto in ingresso in città.

Sempre a Milano un’altra idea di mobilità innovativa: il Car sharing (noleggio di auto) che dà la libertà di avere a disposizione una vasta gamma di veicoli, utilizzabili in qualsiasi momento anche solo per un’ora. Dell’auto scelta si paga solo il tempo in cui la si usa e i chilometri che si percorrono; quindi senza i costi fissi di manutenzione, rifornimento, tasse e assicurazione legati a un’auto di proprietà. Attualmente il car sharing è attivo in diverse città italiane compresa la capitale.

Progetto ‘Piedibus’
In diverse località dell’Europa e dell’Italia si vedono circolare da qualche tempo biciclette e auto totalmente elettriche, si possono noleggiare biciclette (bike-sharing), fare viaggi in condivisione di auto private (car pooling)… Ma il futuro elettrico è ancora lontano.

Invece i ‘bus a piedi’ si sono subito diffusi nel Nord Europa e da qualche anno sono in rapida evoluzione anche in Italia. Bambini e genitori sono coinvolti negli spostamenti casa-scuola senza l’utilizzo delle auto. Il servizio è gratuito e si regge sul volontariato. Nato con lo scopo principale di promuovere l’esercizio fisico nei bambini, subito si è rivelato utile anche alla socializzazione e all’autostima dei piccoli. Itinerario definito e protetto, orari precisi, fermate stabilite, meno auto nei pressi delle scuole, meno rumore e meno inquinamento. Nell’insieme: città più sicura, pulita e a misura di bambino. Uno stile di vita da rivalutare proprio quando la vita corre sempre più in fretta.

Camminare per ‘fare’ parole diverse
In realtà siamo cosi indaffarati da lasciarci forse sfuggire quell’esperienza semplice e fondamentale per ‘conoscere’ che è il camminare.

Camminare coinvolge tutto il corpo e la partecipazione dei sensi. È risaputo che tanti sono gli effetti benefici che il moto costante e regolare ha sulla salute… Una passeggiata al giorno riduce lo stress. Ha un’azione preventiva contro le possibili malattie cardiovascolari. Scarica le tensioni, diminuisce l’ansia e la depressione. Stimola a rivolgere attenzione al proprio corpo e alle sue esigenze. Soprattutto aiuta l’esperienza e le domande a interiorizzarsi, permettendo così alla persona di raggiungere un migliore equilibrio tra mente e corpo.

Anche il semplice camminare può diventare perciò una prima risposta al mondo che intorno a noi e dentro di noi ci chiede di maturare un coinvolgimento e una diversa vigilanza, capace di ispirare nuovi comportamenti e nutrire nuovi sogni; una testimonianza che permetta alla nostra fede di non dire solo parole di speranza, ma di ‘fare’ parole che si prendono direttamente cura della Terra e in qualche modo la trasformano e guariscono.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Se non noi, chi?

Senza categoria | Posted by usmionline
feb 02 2012

                  Nel nostro Paese si coglie una comprensibile e crescente
                  domanda di equità e di giustizia sociale
                  che sentiamo risuonare in noi in profondità e intensamente.
                  Non è rumore di fondo, o chiacchiericcio inutile.
                  È espressione sana di sacrosante esigenze di imparzialità redistributiva…

20 febbraio 2012: Giornata Mondiale della Giustizia Sociale
Istituita all’unanimità dai 192 Stati membri delle Nazioni Unite nel 2007, e celebrata per la prima volta nel 2009, la Giornata Mondiale della Giustizia Sociale rappresenta oggi più che mai un invito pressante a tutti i Paesi perché intraprendano azioni concrete che diano senso ai valori universali della dignità umana e della opportunità per tutti. Noi pure vogliamo prepararci a celebrarla (se non noi, chi?) con un piccolo sogno: che tutte le persone consacrate nel mondo sappiano, intanto, che questa Giornata esiste; che ognuno la celebri come può: con azioni, idee creative e concrete aperture di speranza; che tanti, tutti si uniscano almeno per pregare affinché il grande sogno per un mondo più giusto si trasformi in realtà.

Domanda di equità e giustizia sociale cresce in Italia
 “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Mich. 6,8) Dappertutto nel nostro Paese si coglie una comprensibile e crescente domanda di equità e di giustizia sociale. Non è rumore di fondo, o chiacchiericcio inutile. È invece espressione sana di sacrosante esigenze di imparzialità redistributiva, mentre la crisi economica e finanziaria continua a produrre costi umani molto elevati, ma rimane grande la disparità economica e sociale.

Situazione contraddittoria
-         Soltanto una persona su cinque gode in Italia di un’adeguata sicurezza sociale. E mentre i prezzi dei generi alimentari, dell’energia, della benzina… aumentano, un fardello sproporzionato è portato dai poveri, che certo non sono in grado di sostenere i rincari. Soddisfare le necessità primarie diviene una lotta quotidiana per chi già fa fatica ad arrivare a fine mese. Se poi in famiglia qualcuno si ammala, o un anziano ha bisogno di assistenza, o si perde il lavoro, allora il problema diventa sopravvivere e si sperimenta in ogni istante il volto duro della privazione, del sacrificio e della rinuncia.

-         Cosa dire, in questa situazione, di fronte a chi – nonostante tutto – incassa ancora retribuzioni o pensioni di centinaia di migliaia di euro e trattamenti di fine rapporto di sei o sette milioni? Di fronte a chi continua a vivere di privilegi, di spreco, di ostentazione, di urla, di escort?…

-          “Eccoci impegnati con una realtà che ha durezze talvolta invincibili. …Abbiamo veramente compreso che la «perfezione» individuale non disimpegna da quella collettiva?”, rifletteva già a suo tempo Giorgio La Pira. La nostra oggi, più di allora, è crisi di cuore: tocca il sentimento di appartenenza alla comunità. E muore la politica. Che politica è infatti quella che non nasce per difendere il bene comune o comunque non lo persegue con coerenza, con riforme anche radicali quando è necessario?

Se non ora, quando?
Riuscirà il governo, con la promessa equità della sua manovra, a riportare gli italiani a credere nella politica, a non aver paura di impegnarsi nel preparare quel futuro, necessariamente diverso, che nuovi segni dei tempi vengono prefigurando?
Certamente ogni discorso sull’equità perde di senso, quando la manovra non incide sull’evasione fiscale e sulla distribuzione tra il reddito e il patrimonio; quando deputati e senatori semplicemente si coalizzano solo per difendere decisioni portate avanti con pretese di autotutela corporativa (pensiamo anche solo al ‘diritto al vitalizio’, o al ‘no’ della Camera all’arresto di Cosentino!).

La crescita economica non può avvenire certo a prescindere dall’equo accesso al benessere sociale e alla giustizia di ciascuna persona. Siamo costretti a rilevare che in gioco ormai c’è la decenza etico-morale del rapporto tra eletti ed elettori. I cittadini onesti non capiscono.

Ci auguriamo che la politica sia in grado di mantenere le promesse fatte. Che il governo riesca nel proposito di combattere la corruzione, cominciando ad eliminare i privilegi che consentono a troppi di vivere ‘di politica’. Che riesca a ‘moralizzare’ stabilendo regole trasparenti con le quali restituire il potere di decisione ai cittadini, eliminando le aberrazioni che proliferano un po’ ovunque. Che il piano SalvaItalia, tradotto in decisioni concrete, si incentri davvero sulla dignità umana di tutti e consenta un lavoro decoroso per una vita decorosa per tutti. Tutta una generazione di giovani aspetta di essere riconosciuta nei suoi nuovi e specifici problemi per poter coltivare prospettive davvero concrete e una reale integrazione. Un mondo del lavoro chiede riforme che assicurino condizioni degne della persona umana…

Popoli ‘crocifissi’: segno dei tempi
La crisi che stiamo vivendo è solo la più recente manifestazione di profondi squilibri globali. Vi sono popoli depredati come quello del Congo; popolo ignorati come quello di Haiti; popoli perseguitati per il loro credo religioso come quello della Nigeria. Vi sono popoli inondati (Thailandia, Filippine, America, Cina…); popoli provati da tensioni, violenze, guerre (Siria, Afghanistan, Iran…); popoli affamati, mentre compagnie straniere producono ciò che però esporteranno nei loro Paesi d’origine… Sono i popoli crocifissi del nostro oggi: i vinti della storia, del mercato, delle guerre e delle società attuali. Sono ancora, come sempre, il segno dei tempi per chi li vuole leggere. Intraprendere azioni nuove -che scaturiscano finalmente da uno spirito di solidarietà e con l’unico obiettivo di riequilibrare l’economia mondiale e nazionale- è quanto mai necessario e urgente.

Se non qui, dove?
Alla luce di questi segni, ci conceda Dio di aprire gli occhi su orizzonti più vasti di quelli a cui siamo abituati, imparando nello stesso tempo a vedere persone del nostro quotidiano di cui forse non ci accorgiamo neppure; lasciandoci contagiare dai “buoni” – che pure ci sono in ogni tempo e anche nel nostro – nell’agire e più profondamente ancora nell’essere.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

La grazia di un tempo di crisi

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gen 19 2012

 Un’angoscia da crisi economica attraversa l’Italia da un capo all’altro segnando la sorte di tante, troppe persone. ‘Suicidi da denaro’ per la perdita di posti di lavoro in continuo aumento. Suicidi di imprenditori strozzati dai debiti: solo nello scorso anno 25 casi. Disoccupazione giovanile oltre il 30%; quella femminile che supera il 40%. Per tutti pochi punti di riferimento comuni e pochissime certezze cui ancorarsi. L’Italia è sempre più il Paese delle disuguaglianze: la “forbice” tra chi sta nell’indigenza e chi vive come se nulla fosse si va ulteriormente allargando. In tutto questo il denaro continua ad alterare la morale comune.

Malattie da denaro

È sotto gli occhi di tutti che molti nel nostro Paese hanno rubato e sprecato a dismisura perché chi poteva fermarli si è lasciato corrompere. E la corruzione purtroppo è diventata un comportamento tanto diffuso da apparire ordinario, persino senza sensi di colpa e senza paura di condanna. La corruzione in realtà è mossa dalla possibilità di avere denaro senza fatica; non servono nemmeno gesti criminali eclatanti (che per altro non mancano!); basta semplicemente scegliere di favorire qualche persona; persino le grandi carriere oggi sono mosse più dal denaro che dal bisogno di affermazione.

E se una volta il popolo era la ‘coscienza’ più vigile per la giustizia e l’uguaglianza, (vox populi, vox Dei- si diceva!), oggi anche molti poveri si sono lasciati corrompere da chi lavora sui loro sogni, più facili certo da soddisfare dei bisogni veri. Quella che stiamo vivendo è crisi economica e anche di valori diffusi. Muoversi nel quotidiano guardando al futuro con speranza è diventato decisamente difficile.

Occasione di rinascita?

Certo il problema di origine economica non può che trovare soluzione economica. Ma l’economia non è un fatto puramente contabile. È un evento umano, nelle sue riuscite come nei suoi fallimenti. E la crisi è un’occasione, visto che essa mai lascia le cose così come le ha trovate dopo il suo insorgere. Anzi, proprio le circostanze in cui è più difficile scorgere sintomi di speranza possono diventare momenti di svolta, i più favorevoli alla ricerca della verità e del senso. È necessario però trovare il coraggio di rinascere. Perché se il denaro serve a vivere, il senso dell’esistenza va al di là di questo utile strumento, è altrove. Lo sanno tutti. E lo dimenticano quasi tutti. Perché?

In realtà solo una fede solida permette in qualsiasi tempo di non cedere alla disperazione. Affidarsi realmente alla fede infatti mette in condizione di conoscere che la misura di tutto è l’amore; dà quindi l’energia necessaria per spingere il proprio sguardo al di là dell’immediato, e di impegnarsi con costanza e intelligenza. La rinascita quindi può avvenire soltanto sul piano dei rapporti. A partire dal rapporto con Dio.

Dimensione umana cercasi nell’uso del denaro

Quante persone nella nostra società vivono per spendere, accumulare  e mostrare quello che possiedono come simbolo del proprio valore, alla ricerca di un “sempre più” che non è mai abbastanza? Solo il barbone guarda il mondo e siede al margine di una strada, come uno spettatore seduto in prima fila a teatro. Si nutre, e quando ha fame va nei cassonetti. Non si cura e non spende in barbiere né profumi. In fondo è il solo che vive come se il denaro non ci fosse. Per la maggioranza degli altri invece non esiste nulla che non sia riconducibile al denaro, come se questo fosse misura di tutte le cose.

Così se si parla, la domanda è: quanto costa? E se un oggetto non ha un prezzo non vale nulla. È nulla. Il significato che ognuno dà al denaro colora la vita; e se si vuole capire una persona e i principi che la guidano nelle sue scelte, elemento centrale è sempre partire dall’osservare il rapporto che ha con il denaro.

Il denaro infatti è capace di dettare il ritmo all’esistenza; di condizionarne qualità di vita e sentimenti; persino di mutare il clima familiare e di essere limite alle relazioni.

A volte è un pretesto per mascherare dissidi di altro tipo, che riguardano comportamenti e relazioni personali. Il dramma del denaro continua addirittura anche dopo la morte: per le pratiche di successione; in Italia si è giunti al 75 per cento di cause legali, con odio e lotte tra parenti che superano ogni immaginazione.

Il denaro in realtà con tutta la sua potenza genera il nulla e la felicità da denaro è solo un sentimento che si consuma, destinato ad essere momentaneo…Occorre ridare ai soldi una dimensione umana, se davvero vogliamo che questo individuo moderno, senza radici né legami, saturo di sé in una desolata solitudine, sia realmente liberato.

E il ruolo dei religiosi?…

 “Nessun momento è fuori dal disegno di Dio, o privo di un senso provvidenziale” (C.M. Martini). Cercare e scrutare attentamente questo cammino provvidenziale è proprio il compito storico dei religiosi, anche oggi. Essi nel nostro mondo sono un ‘piccolo gregge’ e per ora sempre più piccolo. Una condizione ideale, perché essa – svincolata da rapporti di forza e di potere – agisce nella società al servizio di tutti come lievito. Ai religiosi, forse oggi più che mai, si richiede la consapevolezza di questa chiamata a mettere la propria verità umana, verificata continuamente nella fede, a disposizione della crescita di tutti nella giustizia e nella solidarietà.

… vivere come minoranza

Una minoranza disposta a interrogarsi con sincerità su ciò che realmente pensa e sente in riferimento alla ricchezza in generale, alla ricchezza degli altri, a quella dei propri parenti… E in riferimento anche alla povertà, che sia propria o di altre persone.

Una minoranza che con l’intelligenza e la forza della fede si apre al confronto e può assumersi  il compito di ricostruire intorno a sé una trama di rapporti veramente umani, a partire dai poveri. Non sospetto, quindi, in qualsiasi rapporto, ma collaborazione; non isolamento, ma solidarietà. E non per semplice senso del dovere, ma per amore. Con la certezza nel cuore che in ogni incontro vero c’è sempre da imparare. Allora nella storia rimarrà un seme: lievito di umiltà, di misericordia e di mitezza.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

A 50 anni dall’annuncio di papa Roncalli

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gen 09 2012

Fare insieme

C’è un bisogno vero nell’uomo che troppo spesso, soprattutto nel tempo presente, per molti rimane inascoltato: vivere in una società in cui si è tenuti  in considerazione anche da chi non ci conosce. Non l’esperienza, quindi – così frequente purtroppo – dell’esclusione più o meno nascosta dietro l’apparenza delle buone maniere. Ma il poter cooperare, fare con, fare insieme.

A fare insieme, il 25 dicembre 1961, i vescovi di tutto il mondo furono chiamati da papa Giovanni XXIII per “contribuire più efficacemente alla soluzione dei problemi dell’età moderna”. Egli infatti quel giorno firmava la bolla “Humanae salutis” con cui indiceva il Concilio Vaticano II. E scriveva:“Ci sembra di scorgere in mezzo a tante tenebre, indizi non pochi che fanno bene sperare sulle sorti della Chiesa e della umanità”.

Di fronte ai mutamenti culturali, tecnologici, economici e sociali del suo tempo e mentre tanti nelle attuali condizioni della società umana non sono capaci di vedere altro che rovine e guai”, papa Roncalli sceglie di interrogarsi confrontandosi con i vescovi sul ruolo della Chiesa nella società e nella storia. Desidera riflettere insieme su come annunciare in modo nuovo il Vangelo di sempre. Soprattutto invita tutti a cooperare per affiancare davvero con la forza della fede e del dialogo il cammino dell’umanità nella prospettiva della costruzione del Regno di Dio. Chiede perciò di guardare con apertura al dialogo con tante altre realtà e mostra così una Chiesa capace di affrontare  il mondo moderno.

Mandato: leggere i segni dei tempi

 “La Chiesa è per il mondo. La Chiesa altra potenza terrena per sé non ambisce che quella che la abilita a servire e ad amare” (Paolo VI). Con il mandato di saper leggere i segni dei tempi e di prestare attenzione alle sfide presenti in essi, Papa Giovanni in realtà presagiva il cammino futuro: “rendere più umana la vita dei singoli” aiutandoli a scoprire la propria dignità.  

L’annuncio del Concilio in quel Natale del 1961 comunicava ai cristiani più ‘vivi’ una sensazione di entusiasmo e di gioia ed apriva una stagione importante per la vita della Chiesa cattolica pervasa da una forte carica di rinnovata fiducia nella possibilità di farsi capire e di arrivare quindi, veramente a tutti, non solo ai cattolici. Un Concilio infatti se è veramente tale parla sempre a tutti, anche ai non credenti.

La storia della Chiesa e la storia dell’umanità intera in realtà in quegli anni si avvicinarono e s’intrecciarono fra loro, come forse mai era apparso prima. E quel Concilio, puro fatto di Chiesa, fu anche espressione e segno di un’epoca, di una fase storica, una tappa insomma del cammino umano complessivo. Una grande ricchezza che mantiene intatta tutta la sua attualità e il suo valore.

Noi fra le sfide attuali

Eppure oggi sembra che le parole non abbiano più significati condivisi e non servano per alimentare il confronto e il dialogo, ma solo per alzare steccati. Sarà anche per questo che noi sembriamo aver perso quell’entusiasmo, quella fiducia, quella capacità di sognare che il Vaticano II aveva comunicato alla nostra Chiesa?

Di fatto Benedetto XVI ha annunciato una nuova iniziativa storica perché la passione per la pace e la giustizia contagi di nuovo il mondo intero e riviva.

Nel 50° anniversario del Concilio Vaticano II, egli ha chiamato, infatti, di nuovo tutti i cristiani alla corresponsabilità annunciando uno speciale anno della fede con la lettera apostolica “Porta fidei”. L’inizio è previsto per l’11 ottobre 2012 e la conclusione sarà il 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’universo.

Il motto: “Scoprire la fede: il Vaticano II un Concilio per oggi!”.

L’obiettivo: proporre agli uomini del nostro tempo “uno sguardo complessivo sul mondo e sul tempo, uno sguardo veramente libero, pacifico”. Uno sguardo che permetta di ritrovare, nell’ascolto e nel confronto veri l’antidoto all’insulto e all’indifferenza.

Nel Concilio scaturito dal grande cuore di papa Giovanni XXIII, “ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre” (Giovanni Paolo II). La sua lezione però dev’essere ancora pienamente accolta perché molti frutti di quello straordinario evento ecclesiale -oggi purtroppo ancora acerbi- possano giungere a maturazione.

Potrebbe essere utile a questo, per esempio, cominciare, noi, a sottrarci a qualcuno dei numerosi bisogni indotti che tanto malessere e violenza provocano? Decidere responsabilmente insieme di partire dai bisogni veri dell’uomo per poter ridare valore alla persona nella nostra società?

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Davvero poco amore – tanto web?

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dic 27 2011

La solitudine da cui si cerca di uscire  

 “Se ami sarai messo a morte, se non ami sei già morto”. Con questa sua suggestiva espressione Henry McCabe riassume la sfida che è tutto il Vangelo di Cristo e perciò anche il senso concreto di una profonda conversione a Lui. Eppure il dramma di questo momento storico è la solitudine, il deserto in mezzo alla gente. Soli mentre si è invasi da rumori, canali televisivi e distrazioni di tutti i tipi; mentre gli altri ti passano accanto e non ti vedono, come se tu fossi trasparente.

La depressione è l’immagine clinica di questa solitudine e oggi nel nostro Occidente è diventata un capitolo anche dell’adolescenza.

Che cosa significa concretamente ‘amare’ quando – di fronte ad un ambiente percepito come ostile o estraneo - si è presi dalla paura e dalla depressione? Quando si sperimenta in sé come una furia psicologica che spinge alla fuga dal proprio quotidiano? O ci si trova a reagire in modo istintivo e violento nei confronti dell’ambiente, quasi a volerlo distruggere? E tutto questo forse senza neanche conoscere i sentimenti veri che dall’intimo muovono la persona in tale direzione…

Le necessità che spingono online

Voglia di esser connessi. Richiesta di legami; bisogno di sentirsi parte di una comunità, anche se solo virtuale e sognata… La popolazione, che in Italia sta ore ed ore con gli occhi sgranati davanti al pc, è formata per l’80% di giovani fra i 12 e i 14 anni. È la ‘generazione bit’, che impara prima a chattare e poi a scrivere.

Ma il segmento di popolazione che sui social network oggi cresce più di tutti è quello degli anziani. Si tratta di una crescita vertiginosa, soprattutto in questo ultimo anno. La conferma viene dai dati ufficiali nazionali, per i quali ogni clik non è solo pulsante premuto su una tastiera, ma piuttosto un vuoto d’interazione nel quotidiano, che la persona cerca di colmare davanti a uno schermo.

Lo sbarco dei padri nel pianeta dei figli…

Secondo il sociologo Zygmunt Bauman, il cittadino globale oggi è alla ricerca di spazi nuovi dove esorcizzare il destino della solitudine. Ed è proprio di questi giorni la notizia che Facebook - luogo d’incontro online – ha superato Google, che è luogo di ricerca online. Facebook sembra nato per essere una nuova agorà soprattutto per la terza età.

Gli over 60 oggi inviano e ricevono e-mail; consultano articoli dai giornali; controllano il conto in banca; visitano siti istituzionali di comuni, province e ministeri; ottengono informazioni su aerei e treni. Soprattutto hanno scoperto che grazie alla rete possono restare in contatto con figli e nipoti, ritrovare vecchi amici, stare in compagnia pur trovandosi soli in casa… E anche se le ‘amicizie’ online si rivelano semplicemente “contatti”, finestre passive che si aprono su altre vite, rappresentano però pur sempre una speranza.

Certo il sentimento della solitudine comporta disagio, avvertito come una malattia da cui è necessario fuggire. Nuove insicurezze, nuovi bisogni… Così per guarire qualcuno pensa al gatto terapeutico, o fa ricorso al cane terapeutico E intanto quello della solitudine rimane uno dei fenomeni meno studiati e meno conosciuti dalla maggior parte della gente, forse perché affrontarlo richiederebbe una profonda analisi di sé e invece sembra molto più semplice non fermarsi a riflettere e distrarsi.

…e nel solipsismo telematico

Spesso si riempie il proprio tempo di appuntamenti con amici e conoscenti, si lavora come matti, ci si carica di impegni e di distrazioni… “Non ho tempo”, si ripete continuamente… come se altri avessero il compito di decidere ogni cosa per noi! Quando però lo stordimento (da lavoro o altro) lascia soli e incapaci di mentire a se stessi, le paure si mettono in fila a una a una, avviando talvolta, nel campo della salute mentale, a quella moderna forma di dipendenza, che è il solipsismo telematico. Si tratta della propensione nel comportamento a scegliere il web come luogo di rifugio in cui appartarsi per trovare sollievo dai problemi quotidiani. L’isolamento e l’eccessiva ricerca della presenza (anche virtuale) degli altri, possono già essere spie di questo malessere che chiede di essere riconosciuto ed espresso per poter essere guarito.

Ambulatorio per dipendenza da internet

Così due anni fa, al Policlinico Gemelli di Roma, è nato un ambulatorio per curare tale dipendenza da internet. Vi si ricerca e dibatte sulle conseguenze patologiche accusate dal popolo della Rete: emicrania, irrequietezza, insonnia, tachicardia… Ad oggi vi sono in cura trecento casi. Ogni malato vi è accompagnato ad imparare un uso intelligente di internet. Il che significa essere aperti a prendere il buono dalla rete; nello stesso tempo non mortificare, ma riattivare in sé la quotidiana fatica di “capire” interamente se stessi in ciò che ci si aspetta dagli altri e dai propri rapporti con loro. Perché è questo in realtà che offre una prospettiva nuova da cui guardare ciò che ci circonda e noi stessi.

Per una educazione preventiva alla rete…

Nessuna demonizzazione della tecnologia, quindi, o chiusura davanti alla modernità. Invece una ricerca scientifica che mira ad un patto di autoregolazione per un consumo razionale del mondo in versione www.

Gli anticorpi più efficaci da bulimia mediatica e sovraccarico da internet rimangono gli affetti, il bene ricevuto e donato attraverso gesti quotidiani e concreti… Riconoscere perciò la radice della propria  solitudine e distinguerne nel proprio comportamento i ‘frutti velenosi’ può fare di tale esperienza un’occasione di costruzione e di rinascita, una fonte preziosa per ritrovare momenti di intimità e di autenticità… se si è in cerca di autenticità.

…decifrare la propria solitudine

Si può per esempio ritrovarsi feriti e perciò isolarsi – con apparente indifferenza – a leccarsi le piaghe. O può capitare di avvertire intorno a sé chiusura e condanna da parte di qualcuno e mascherarsi per questo da vittime incomprese. O forse si è semplicemente immersi in quella esperienza tanto quotidiana e comune che è l’egoismo. Di esso ci si nutre, e così mentre si cerca unicamente il possesso o l’incondizionata approvazione dell’altro, ci si può anche illudere di offrire amicizia.

La vita che ci è affidata ci chiede ogni giorno qualcosa per potersi esprimere pienamente. Ci chiede di non lasciarci distrarre da mille pretesti, da mille doveri da compiere, o da mille preoccupazioni e paure da esorcizzare. Perché in realtà solo se si è in grado davvero di essere soli – e soli con Dio – si è anche capaci di amare, di condividere e immergersi nell’essenza più intima di un’altra persona, senza volerla possedere e senza diventarne dipendenti.  

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

IL NOSTRO NATALE

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dic 19 2011

 

 “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: “regna il tuo Dio” ( Is. 52,7 – 10). 

La liturgia della “Messa del giorno” del 25 dicembre è attraversata da profondo stupore e da grande gioia.

 E’ nato un bambino!

Un figlio ci è stato donato!

Una voce!

Le sentinelle insieme esultano!

Prorompete in canti di gioia rovine di Gerusalemme!

Sì, perché un giorno santo è spuntato tra noi; oggi una splendida luce è discesa sulla terra!

La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Viene nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 

Un bambino, un dono, una voce, una luce nelle tenebre.

 Nella fragilità degli elementi, accade l’evento che cambia le sorti del mondo.

La sproporzione spaventa e stupisce, ma anche fa gioire, fa gridare di gioia, fa correre, fa cantare, trasforma in messaggeri della buona notizia, e… tutti i confini della terra vedono  la salvezza del nostro Dio.

Non possiamo celebrare il natale del Signore e non sentirci abitate dal desiderio bruciante,

dalla volontà e dal proposito di essere donne che diffondono la luce della Sua presenza salvifica in mezzo a noi.

Ma per questo è necessario permettere alle nostre fragilità di lasciarsi abitare da quel bambino, da quella voce, da quella luce…

E’ necessario entrare nell’Evento indifese, lasciando che il vero di noi stesse si impregni della VERITA’, che i nostri contorti sentieri entrino nella VIA, che  le nostre ideologie si lascino trasformare dalla VITA.

Da quel primo natale è preparata per noi la VIA la VERITA’, LA VITA.

Dobbiamo soltanto percorrerla, insieme ai nostri fratelli, con gratitudine immensa e con pace vera.

 Finalmente decentrate da noi stesse ed immerse in questa novità sconvolgente possiamo incontrare i fratelli donando loro  una possibilità sempre nuova; quella di contemplare e adorare quel Bambino che rinasce anche in loro, come Via, Verità e Vita.

Sia questo il Natale più bello per ogni donna che ha consacrato tutta la sua esistenza al Bambino che avrà sulle sue spalle il dominio, al Consigliere ammirabile, al Principe della Pace.

Buon Natale!

Sr Viviana Ballarin op

Presidente USMI Nazionale