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Introduzione

Senza categoria | Posted by usmionline
nov 05 2014

 

latino

“I consigli evangelici della castità consacrata a Dio, della povertà e dell’obbedienza, essendo fondati sulle parole e sugli esempi del Signore e raccomandati dagli apostoli, dai Padri e dai Dottori e Pastori della Chiesa, sono un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore e con la sua grazia sempre conserva”. Così l’incipit del capitolo VI della Lumen gentium, costituzione dogmatica sulla Chiesa. Dalla data di questa affermazione conciliare (21 novembre 1964), sono passati esattamente 50 anni. Man mano tutti i pontefici hanno avuto per essa espressioni invitanti alla fedeltà sostanziale, pur nel rinnovamento resosi necessario con il mutare dei tempi.

Consacrati e consacrate, da sempre pellegrini tra e con le genti, vivendo ‘le gioie e le fatiche del cammino’, ancor oggi vogliono lasciarsi portare dallo Spirito, per ‘vivere la Profezia della vita conforme al Vangelo’, nei ‘crocevia del mondo’.

L’USMI con questo suo “blog” offrirà spunti di riflessione e di meditazione su ‘la vita consacrata oggi e domani’…

 

Pronti per la partenza?…

prontiPartire e non rimanere a mezza strada, sapendo che accogliere Dio – che abita in noi come luce in un guscio d’argilla – impegna a non essere misura a se stessi e a diventare come Lui. E cambia la vita, perché invincibile è la forza di diventare ‘figli’ e fratelli.

Direzione del percorso
“Non si amerà mai Dio evadendo da quella storia dove l’Eterno si compromette ogni giorno” (C.M. Martini)… Verità che chiede di essere interiorizzata e vissuta soprattutto in un tempo come il nostro in cui si abbattono i confini per il trasferimento di capitali e di industrie e tanto facilmente invece li si chiude alle persone. Essere non voluti e non cercati in realtà è la vera e più diffusa povertà nell’oggi del mondo occidentale… Un bisogno inappagato di riconoscimento diventa così una marea quotidiana nella quale per nessuno è facile stare a galla. Il fatto è che “ogni individuo si aspetta che gli si faccia del bene, e non del male. Ed è questo ciò che costituisce la sacralità dell’essere umano”. Lo scriveva già Simone Weil, indicando in una nuova fondazione della relazione umana la possibilità di ricostruire l’Europa del dopo-nazismo. D’altra parte la storia delle Congregazioni religiose – e più in generale, quella cristiana – è, lungo i secoli, storia del perdersi e ritrovarsi nella fraternità e nella reciprocità. Per questo, nell’anno della vita consacrata, una grande sfida per i religiosi potrebbe essere proprio esercitarsi a fondo nel percorso che ha per obiettivo di riscoprirsi ‘persone in relazione’ in viaggio nella stessa barca con tutti; e veleggiare con Dio al timone, in totale disponibilità alla sua luce, con la forza e la gioia che vengono da Lui… Tutto questo realmente fa della vita un paesaggio dove Dio si vede. Purché però a muovere nelle scelte quotidiane non sia la verità che si crede di possedere, ma solo la fraternità che si tenta di vivere.

Unire le mani sopra l’abisso…
Affondare è facile quando si è feriti in profondità dagli altri o da se stessi. Se la parola di qualcuno magari buttata lì senza riflettere, o anche una semplice trascuratezza, o forse una crudeltà premeditata sono penetrate nel fondo dell’anima e fanno male, allora è difficile dire con sincerità: ”ti perdono” e muoversi nel concreto secondo la fraternità insegnata da Gesù. Perché il dolore opprime e immerge nella sensazione di vivere in un mondo ‘rovesciato’ nel quale le cattiverie facilmente contagiano anche i sentimenti di tanti. Il rischio è che con il passare del tempo quei sentimenti si trasformino in permalosità cronica, se non addirittura in bisogno di vendetta, negato e rimosso. Naturale che, stando così le cose, fino a quando le ferite non saranno rimarginate, non si potrà disporre della vastità di cuore necessaria per perdonare.

… in fedeltà alla storia e all’Eterno
Il meglio in realtà non è dentro l’uomo, ma “in quella forza che guariva tutti” (Lc 6,19), di cui ci si può avvalere se però non si è troppo sicuri della propria forza, né si è troppo concentrati sulla propria luce… Condizione per guarire insomma è scoprire che la vita non è per se stessi. Perché il cuore dell’uomo, di ogni uomo – sempre alla ricerca di una certezza che non si consumi nel tempo – tende e anela all’Invisibile: a Dio, misura della vita che non passa e ragione ultima per vivere, amare e morire. Pregare e stare sulla soglia dell’infinito perciò dà la vera forza per vincere la tentazione di chiudersi nell’isolamento del privato, o in un silenzio ostile. E il perseverare nella notte dell’adorazione e dell’attesa fa trovare le vere ragioni per vivere insieme. Senza troppa fatica ci si saprà allora fare da lato per lasciare la ‘scena’ agli altri e regalare dieci minuti del proprio tempo, quel tempo che si dice di non avere mai…

Relazioni fraterne come servizio profetico
1“O figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella” (Ez 33,7)… Dio ha creato ogni vita per qualcosa ed Egli dona sempre ciò che chiede. Per i consacrati essere posti nella verità del vangelo non è privilegio, ma semplice impegno di testimonianza. Luce e forza della vita, infatti – in una fraternità consacrata come in ogni comunità cristiana – è Gesù Cristo. Con Lui in ogni istante è possibile una reale condivisione di ciò che si ha e si è. Con Lui si potrà crescere insieme e comunicare con parole in cui si misura la sincerità di ognuno. E le ferite, alla luce della Sua Pasqua – a saperle leggere – diventano parte della bellezza umana e di una più profonda comunione. Attraversando evangelicamente le difficoltà e i conflitti presenti nei percorsi di ogni comunità di credenti, i consacrati possono rivelare a questo nostro tempo la forza profetica e umanizzate del Vangelo e saranno testimoni luminosi di una fedeltà alla storia e all’Eterno.

… per una civiltà della misericordia e della tenerezza
L’anno della vita consacrata è un tempo speciale per ritrovare in sé la passione per le cose che si vedono, leggendole nella prospettiva del Mistero e delle cose che non si vedono…
2Un’occasione privilegiata per riscoprire la responsabilità di collocarsi in un mondo privo di misericordia, spietato e chiuso nel ghetto delle proprie paure. “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito” (Sal 34,19). Vicino a tutti, credenti o no. E “venite a me – dice Gesù – voi tutti che siete affaticati e oppressi …” (Mt 11,28). Ancora tutti. Ma soltanto chi avverte la miseria della propria vita è in grado di lasciarsi raggiungere dalla forza liberatrice delle sue parole. Il che poi in fondo significa che se non si diviene come bambini non si capirà mai Dio. Così l’ansia e i sentimenti di inferiorità continuano ad accompagnare la vita dei più, mentre dietro a ogni ‘piccolo’ (le persone che Gesù definisce ‘piccoli’!) ad ogni latitudine e in ogni ambiente c’è sempre qualcuno che afferma la propria grandezza riducendo gli altri a fargli da pedana. E chi intorno procede ignorando tale realtà a sua volta è condannato ad ‘ammalarsi’. Ma Gesù dice: sono venuto come medico per i malati e fra i malati (cfr Mc 2,17)… C’è spazio perciò veramente per tutti per imparare da Lui a vivere e testimoniare una bontà e un’umanità più grande delle nostre. Quanto buona potrebbe rendere la propria vita anche il solo guardare con stupore e ammirazione la bellezza che fiorisce nel cuore e nella vita degli altri concreti che ci vivono accanto! In fondo allora, anche per i consacrati nell’anno dedicato a loro, si tratta ‘solo’ di avanzare nel recupero della libertà di gioire gli uni degli altri.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Vita e tempo

Senza categoria | Posted by usmionline
ott 02 2014

 


485771_10150632175762617_1580687081_nDa dove proviene e dove fugge il tempo? E che vuol dire ‘per sempre’?… assumere
serenamente e radicalmente  la propria condizione di creatura e riorientare il timone della propria ‘barca’?… aprire gli occhi del cuore a contemplare amore e bellezza?… andare oltre le proprie paure osando i passi necessari a vivere e far vivere nella gioia?…”Insegnaci, Signore, a contare i nostri giorni” (Sal 90,12)!

Grande e quotidiano mistero
Per chi segue il calcio e si appassiona alla Nazionale in campo, il Mondiale (…declinato al singolare suona ancora più solenne!) ogni quattro anni sembra essere la principale unità di misura del tempo che passa. Un caso? O più semplicemente l’ennesima proiezione emotiva della caducità dell’uomo e di una nostalgia mai elaborata? Un grande, eppur quotidiano, mistero quello del tempo! Tutti ne partecipano e pochi forse si fermano a rifletterci. Più facile in fondo è limitarsi a prenderlo giorno per giorno come viene senza meravigliarsene. Certo rimane il fatto che il tempo è vita. E mentre tutto volteggia, si agita e scivola nell’abisso della morte, la vita dimora nel cuore facendo intuire e sognare l’esistenza di un tempo puro e non databile; un tempo sempre più assente invece da un mondo violento come quello attuale, che produce tante macerie senza lasciare ad esse neppure il tempo di diventare rovine.

UpkPfA5XLjhJ6Dg2En7l+sHtApi7H3jipkvmfDij22I=--Ma le tracce di vita seminate dai tempi ‘perduti’ sono tante e preziose, quasi a scongiurare la minaccia che incombe sull’uomo moderno di perdere il senso della continuità. L’ultima importante traccia recuperata alla sua riflessione è un dente da latte appartenente ad un bambino di circa 5-6 anni vissuto 600mila anni fa e ritrovato nel sito paleolitico ‘La pineta’ di Isernia – una comunità che dagli studiosi è considerata una delle più antiche, se non «la più antica» d’Europa. ‘Piccolo dente da latte’ e piccola voce di una storia perenne di sentimenti e di vita. “Dà un senso di tenerezza a tutta la scoperta”, dice Carlo Peretto, direttore scientifico della campagna di scavo; parla della malattia e della morte che tocca le persone più care, quelle che sul crinale dei propri affetti, in ogni tempo, ognuno vorrebbe accanto a sé ‘per sempre’.

Tra istante ed eternità …
Il tempo esiste nell’uomo e ne condiziona la vita dal momento che egli è l’unico essere in grado di crearsi una programmazione mentale su come vuole vedere le cose. Oggi siamo un po’ tutti figli di una società in cui prevale l’attimo fuggente da consumare e stipare di tante cose, senza una vera cura dell’indispensabile. L’ossessione ‘patrimoniale’ però svela anche una verità inquietante: sono gli oggetti che abbiamo pensato per una durevole e universale trasmissione a conservare noi, a ‘pensarci’, mentre l’accaparrare per se stessi riempie di tristezza. Ma allora il tempo è nemico che corrode tutto e tutto consegna al nulla, o dono di vita affidato alla responsabilità dell’uomo, compagno che attende, come l’uomo, salvezza? A che serve sapere che c’è un tempo per ogni cosa, come assicura Qoelet, se l’uomo non riesce a coglierlo? E tutto l’agire faticoso, spesso vorticoso, dell’uomo a che serve se non se ne vede il senso? Soprattutto: se la vita è donata ad ognuno, perché la si deve poi restituire?

Per la visione biblica, il tempo non distrugge ogni cosa; prende invece per mano l’uomo come un amico e lo accompagna verso l’origine stessa della vita, verso Dio – pronto ad abbracciarlo. La storia scaturisce proprio dall’incontro tra Dio e l’uomo, tra un tempo dato e un tempo ricevuto; si concretizza nelle relazioni che costituiscono la sostanza della vita; e riceve luce e pienezza di senso dalla certa speranza di un ‘incontro definitivo’ con Dio e in Dio.

… una nuova fraternità e gioia di vivere
1009959_1420058588232046_284171548_nScriveva E. Levinas: “La dialettica del tempo è la dialettica stessa della relazione con gli altri”,  quella che si costruisce aspettando con pazienza i tempi di ciascuno e cogliendo sempre più la verità e la bellezza dei momenti che ci sono dati. In realtà è il rapporto con il “Tu” vissuto in gratuità che qualifica il tempo e lo fa diventare prezioso donandogli una dimensione di eternità. E il grande matematico, mistico e religioso russo, Florenskij scrive: “La realtà di morte ricorda all’uomo il suo esistere nel tempo, così come la coscienza della temporalità della vita ricorda l’esistenza della morte. Ma dal profondo dell’anima si innalza la necessità ineluttabile di appoggiarsi alla …Verità-Giustizia che secondo un antico poeta è il sole per il mondo”. La pienezza di tutto è in Gesù Cristo. Solo Lui rimane, solo in Lui è immutabilità, vita e riposo; e la sapienza per vivere nella gioia piena si può ricevere solo da Lui e per Lui. La difficoltà – sempre presente nel cammino dell’uomo verso Dio – viene principalmente dalla paura di fermarsi lasciando che da ogni pausa e dalla relativa riflessione sorgano domande scomode e questioni irrisolte e insabbiate…

D’altra parte il desiderio della ‘ricerca’ e la nozione stessa di eternità, se non Dio, chi li ha messi nel cuore dell’uomo? Esiste un progetto, un disegno superiore, che all’uomo è dato conoscere solo a sprazzi. Tentare faticosamente di discernere i segni di quel progetto nelle situazioni e nella vita di ogni giorno, decifrare la realtà ricercando il senso di ciò che avviene “sotto il sole” riconoscendovi il dono buono di Dio, è il compito affidatogli. Un compito  certamente faticoso, ma anche connesso con la gioia di vivere. Perché, se tensioni esterne e battaglie interiori fanno parte della vita, ciò che in realtà fa la differenza è  credere che dentro la fatica normale della vita vi sia una relazione privilegiata con il Signore dal quale viene quella pace di fondo che nessuno e niente può togliere. Ognuno in realtà può rinunciare – più o meno consapevolmente – alla libertà di cercare, mettendosi al servizio delle cose. Ma in tutti rimane indelebile l’impronta di Colui che ha creato l’uomo libero perché potesse tornare a Lui. Ed è la ricerca che rende liberi.

tempoIl Tempo diventa allora luogo d’incontro fra Dio e l’uomo, luogo di libertà dove l’amore risponde all’Amore. In sintesi: è il bisogno del “per sempre” che dice chi è l’uomo e per che cosa è fatto: un essere che non si accontenta di risposte banali, vuole il tutto e cerca la pienezza. Il progetto d’amore, che porta scritto dentro, da solo è un grido verso l’infinito. Scoprirlo nella preghiera aiuta a fare verità in sé e a recuperare elementi – forse per troppo tempo disattesi – della  storia e del proprio essere. Soprattutto fa finalmente gustare la bellezza dei momenti che a ognuno è dato di vivere, perché tutto il bene, il bello e ciò che rallegra il cuore dell’uomo, è dono di Dio e Dio vuole che egli ne goda!

Il nostro tempo va passando, Signore.
Dacci il tuo tempo perché possiamo vivere.
Dacci la capacità di servire la vita e non la morte.
Dacci il tuo futuro, a noi e ai nostri figli. Amen.
(da una preghiera di Jurgen Moltmann)

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

 

L’ascesi del ‘pensarci su’

Senza categoria | Posted by usmionline
set 22 2014

psicologia_dubbio_autostimaAgire nello stile di Dio coltivando uno sguardo nuovo su ogni cosa e persona. “Vedere” il
Bello uscendo dai propri blocchi e dalla sottile condanna a ripetersi. Condividere in cerchi fraterni sempre più allargati gli infiniti semi di Vita raccolti e, con la luce che ne è frutto, vincere insieme il buio della notte… È davvero possibile?!!

Dall’incensamento dell’io…
Sembra proprio che nella nuova società italiana si sia persa la capacità di mettersi in discussione e anche di manifestare rincrescimento per i propri sbagli, se non addirittura di provare senso di colpa. Certamente sempre meno gente esprime dubbi nel parlare; più facile invece è che si proclamino ‘opinioni’ regolarmente categoriche su ogni argomento!  Beppe Severgnini riassume la situazione in questi termini: “Pochi oggi pensano, credono e ritengono: tutti sanno e comunicano”. Colpa della TV, che con l’insistenza di un martello pneumatico, inculca una falsa idea di sicurezza e un eccesso di ‘certezze’? O del fatto che oggi ogni bocca pare venga educata prima di tutto – se non soloa mangiare e ad esigere? Certo è che se gli occhi ti dicono quello che uno è, la bocca rivela quello che è diventato (John Galsworthy). Il linguaggio ridotto all’essenziale di fatto esprime oggi tutta la povertà di comportamento e di pensiero delle persone… Ma per acquisirne consapevolezza, il cammino di ognuno esige il coraggio di fare verità dentro di sé e poi ricominciare di lì. E se il primo passo in tale direzione è disporsi a mettere se stessi in discussione, proseguire poi nel percorso a volte esige il bisturi e un bisturi senza anestesia! Intervento ‘chirurgico’ necessario in ogni tempo; preliminare comunque alla sperimentazione di qualsiasi ‘farmaco’ scelto per guarire le sempre più numerose relazioni spezzate, lacerate o tradite; le dolorose esperienze quotidiane di rapporti competitivi, conflittuali, litigiosi, o peggio ancora indifferenti!… E più di tutto per non correre il rischio di restare analfabeti del cuore.

… verso la logica del ‘cerchio fraterno’
L’identità personale in realtà si realizza nella relazione e “nessuno saprà mai chi è, senza ognuno degli altri”: ne è certo l’arcivescovo anglicano di Canterbury R. Williams. Il domenicano T. Radcliff precisa che sulla strada del Regno noi non conosciamo chi siamo senza il povero, l’anonimo e il silenzioso. E papa Francesco nel suo colloquio franco e libero con i Superiori Generali chiede ai religiosi di essere forza profetica e umanizzante del Vangelo attraverso la vita fraterna, recuperando la tenerezza e imparando ad accarezzare il conflitto…Svegliate il mondo - ha detto – Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere”. Cammino che certo richiede ad ognuno il tempo di tutta la vita e una sempre rinnovata disponibilità interiore a cercare insieme a quelli che non si è scelti e dai quali non si è stati scelti la comprensione intelligente delle cose e della volontà di Dio. E aderirvi con la fiducia che è più importante ciò che matura nel cerchio fraterno di ciò che sussiste dentro ciascuno.

Conversione relazionale cercasi
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Una solitudine profonda emerge oggi come patologia sempre più diffusa e chiede, anche senza parlare, aiuto e cura. Ma come aiutare chi è prigioniero della sensazione vittimistica del “non ho via di scampo”, che, sì, può alleggerire la mente dal pensiero della necessità di impegnarsi, ma certo non porta da nessuna parte… Come rispondere al bisogno (che abita proprio tutti) di far parte, di essere ascoltati, di far sentire la propria voce e le proprie ragioni almeno nelle decisioni che riguardano la propria persona? Certamente la sfida è complessa. Lo è soprattutto in una società come la nostra che ha fatto un mito della ‘libertà’ individuale e del poter regnare almeno… nel proprio ‘orticello’; quando, persino nella vita religiosa, la vita fraterna sempre più spesso è sentita – e forse a volte anche inconsapevolmente vissuta – come male da rimuovere.  Ma fraternità – e fraternità consacrata in primis – è crescere insieme; scoprire non la bellezza del competere con gli altri e del primeggiare su loro, ma la bellezza dell’imparare a fare ‘cerchio’ fraterno rimettendo ogni volta in ordine le priorità e ‘tagliando’ ciò che non serve. Per arrivare a scoprire che si può camminare insieme fraternamente senza eliminare le difficoltà, ma attraversandole in Cristo. Per questo in partenza c’è bisogno delle ginocchia e dell’invocazione allo Spirito che fa entrare nella logica del Vangelo e apre alla pace ben oltre i dissapori e le inevitabili sofferenze del vivere insieme.

Dal noi all’io…   
cittaNon dall’io al noi, ma dal noi all’io, quindi, per imparare a nutrirsi reciprocamente nonostante i conflitti e le delusioni. L’istinto facilmente porta all’individualismo mentale, che si concretizza e si esprime nell’isolamento, nella critica acida, persino in un’amarezza che sembra non passare mai. Questo se però gli si permette di agire. Certo non è facile accogliere dai fratelli con i quali si vive semplicemente l’affetto che sanno dare  e il modo in cui sanno darlo; e non è facile nemmeno imparare a chiedere ciò di cui si ha bisogno senza diventare pretenziosi, lavorando invece su se stessi per neutralizzare atteggiamenti ed emozioni distruttive. Ma chissà!…forse le sofferenze personali sono consegnate ad ogni persona non perché le fugga, ma per poter leggere in sé i conflitti interni del proprio cuore illuminati da quelli esterni; o forse per imparare a servire la comunione cominciando ad apprezzare il mondo interiore dell’altro anche quando è in conflitto con il proprio. Certamente è possibile conoscere il mistero delle persone quando ci si accosta ad esse come piccoli, con stupore e con mani che non prendono, ma solo accarezzano. Ci vogliono però ragioni grandi nel proprio cuore perché il lamento non prevalga più sullo stupore e si cerchi di essere se stessi con il frasi-umiltà-se-pensi-di-essere-arrivatocoraggio di andare oltre se stessi. E poi è necessario incontrarsi con assiduità per confrontarsi, dialogare e
gestire cristianamente le ferite interpersonali. Per condividere insomma quel che si ha e si è mettendo la relazione al centro della propria vita fino a sentirsi responsabili e nello stesso tempo bisognosi uno dell’altro. Con l’umile ascesi del ‘pensarci su’ il confronto si arricchisce delle parole umane più vere che nascono sempre al singolare. Si impara così a comunicare e a condividere e si scopre in prima persona che ristoro dell’esistenza è solo un amore umile e un cuore in pace.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Fatti inquieti per cercare

Senza categoria | Posted by usmionline
set 11 2014

DOMENICA XXXI C_clip_image011Anche nella vita più dispersa e inquieta è possibile “tuttavia” muoversi verso la propria interiorità e accogliervi il quotidiano concreto con le persone e gli eventi. E in questa interiorità trovare la ricchezza della vita e la gioia e il gusto e il senso, anche nelle situazioni più tragiche.

A partire dalle sorgenti…
“Venti, sessanta, cent’anni… questa è la vita. Ma cosa serve se poi sbagliamo direzione?” (Beato Pino Puglisi). Certo non si nasce per caso e non si muore votati al nulla. Però nel concreto di ogni storia umana c’è la vita che si riceve in modo naturale e c’è quella che si può ricevere solo guadagnandola con fatica muovendosi alla ricerca delle ‘radici’ della vita stessa, verso quel pezzetto di eternità che ci si porta dentro. In mezzo oscilla la ‘propria’ vita, quella che al momento si vive o non si vive. “La mia fiducia dov’è?”, domanda Papa Francesco. Quanto spesso pensieri, parole, azioni straripano di ‘io, me, per me, con me’… Soltanto IO?Ma se si confida in se stessi, si perde tutto”, ricorda sempre il Papa. E ci si ritrova un po’ come il tamerisco nella steppa, condannato dalla siccità a rimanere senza frutti e a morire … Eppure a nessun uomo potrà mai mancare il cielo per arrivare alla meta. Nel cammino infatti ognuno riceve abbastanza per essere se stesso e per svolgere i compiti che gli competono nelle diverse situazioni in cui si viene a trovare. La sfida è restare in ascolto di ciò che sale da dentro, perché la sola vera certezza che tocca la nostra vita e le nostre azioni - scrive Benedetto XVI – può venire solo dalle sorgenti che zampillano nel profondo di noi stessi. Solo lì si è pienamente se stessi.  Scoprire tali sorgenti in fondo significa sollevarsi al di sopra del proprio ‘io’ e dare il via alla ‘navigazione del cuore’. Allora dalla chiusura in se stessi si è condotti alla dimensione nuova dell’Amore che abbraccia l’universo, là dove è la ragione permanente della gioia. La Vita che è in Dio non raggiunge l’uomo al centro delle sue “sicurezze”, ma solo nel suo bisogno di essere guarito.

… capire l’arte del dolore
3.Innocenza
Quando un’esperienza affettiva colpisce in profondità, la persona si ritrova a chiedersi che
cosa sia stata la sua vita fino a quel momento. Si perde il lavoro, fallisce un progetto, qualcuno tradisce la nostra fiducia, muore una persona amica …  Ci viene incontro così il mistero umano nelle sue due facce: desiderio di vita e minaccia di morte. Qualunque ne sia la ragione, ogni situazione di crisi è profondamente destabilizzante; provoca ad interrogarsi sia su quello che si sta vivendo che su ciò che si è vissuto fino a quel momento. Se poi se ne cerca il significato per una più profonda comprensione di ciò che si è nel presente o che si è stati, allora ci si trova alle soglie della vita interiore, dove si può cogliere il senso dell’esistere, anche di quello più tormentato. Certo è un po’ istintivo per tutti nelle realtà negative della vita protestare la propria innocenza. E piangere, accusare, lamentarsi… Il che sì, è una miseria, per sé e per gli altri. Rimane però il fatto che smascherare le proprie complicità non è facile e perderne la memoria rende più difficile, se non impossibile, imparare qualcosa di bello sulla vita. Spesso infatti non sono gli altri i primi colpevoli della propria infelicità. Per umiliare e ferire qualcuno – dice Etty Hillesum – “bisogna essere in due”: chi fa soffrire e chi accetta che quella sofferenza mantenga la sua carica di negazione dell’amore.

Divenire se stessi cambiando…
Ci sono elementi essenziali per riconoscere l’autenticità del proprio cammino spirituale e la sincerità della propria ricerca. Banco di prova è rendersi conto della dispersione interiore da cui ognuno ha bisogno di essere guarito. Solo tale consapevolezza cambia la qualità dello sguardo che si ha su se stessi e mette in crisi l’immagine che di sé si aveva prima. È questo il doloroso e necessario inizio del cambiamento. L’«io» ideale, che ci si era forgiati e che si voleva  perseguire come una doverosa realizzazione di se stessi, si frantuma. E questa ‘morte’ – assicura San Paolo (cfr Romani 6,4) – introduce alla vera vita secondo lo Spirito. In Lui sono la luce e l’energia che fanno capace l’uomo di donare ospitalità, in sé, a quell’altro che è diverso, antipatico, arrogante, nemico, indifferente … Procedere il più delle volte a tentoni lungo un percorso accidentato e difficile, per imparare a soffrirlo e accettarlo, sapendo però che c’è sempre un ‘tuttavia’ – così lo chiama Hetty Hillesum – che può cambiare radicalmente la propria percezione degli avvenimenti e l’essenza delle cose che si vivono.

Ma davvero il dolore può ampliare gli orizzonti di conoscenza di chi lo sperimenta, far comprendere cose che in altro modo non si capiscono? …in fondo sappiamo bene che soffriamo, ma non sappiamo in alcun modo perché soffriamo. In tale situazione troppo spesso manca alla persona la capacità di resistere di fronte alle difficoltà della vita. A volte poi tale mancanza porta i più giovani a cercare rifugio nella droga e un po’ tutti a ripiegarsi su di sé. È necessario trovare il senso del dolore per non bloccarsi nel cammino. Trovarlo per sé e per aiutare i più piccoli a crescere, altrimenti soffrire sarà stato inutile. Chi ne ha fatto l’esperienza sa che si può essere felici ‘dentro’ senza per questo voltare le spalle alla sofferenza. Perché si può soffrire in modo degno o indegno dell’uomo. La vita è dura, ma è anche BELLA!

… e vivere a ‘matite colorate’!
Una forza più grande di ogni uomo attraversa la vita e la fa più forte di ogni sua ferita. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque timore (Mt 10, 30-31)dice il Signore. Con Lui sulla barca della propria vita è possibile attraversare prove e contraddizioni come vere piccole risurrezioni, fare ogni volta un’esperienza pasquale insomma. E sentirsi chiamati a scrivere con la vita, per la libertà di tutti, le ‘piccole cose’ 670px-Cope-if-You-Want-to-Become-Anorexic-Step-1vissute con il Risorto. Il divino e l’umano trovano così compimento l’uno nell’altro. Con Lui si può osare attraversare la soglia che porta al cospetto degli altri ed espone al rischio di camminare insieme nelle situazioni concrete; forse anche di inciampare insieme, ma risollevandosi poi fino a saper sorridere di se stessi. Il problema vero è imparare a pregare e vivere come … matite colorate. Allora, ogni mattina, a tutto ciò che si alza con noi si riesce a dare quel colore di luce che fa esistere per gli altri, ma senza imporre loro la propria vita. Vivere e pregare insomma per riuscire a catturare un po’ di luce e di sole in ogni incontro e – perché no? – anche in qualche scontro. E marciare così, lietamente, verso la vera libertà di vivere. La forza interiore basta. Il resto è irrilevante.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Dalla valle della quotidianità

Senza categoria | Posted by usmionline
set 01 2014

3La terra può anche essere un immenso pianto, ma quanto viene costruito facendo passare per le proprie mani la tenerezza di Dio rimane per sempre; nessuna forza del male e dell’ingiustizia potrà distruggerlo. Alimentarsi con il Vangelo cambia anche una società difficile come la nostra… Ed è speranza che non delude.

Racconti di morte…
Nulla addosso, sulle spalle un fagotto di povere cose. Nel cuore angoscia e fame che premono come una tenaglia. Davanti a sé il nulla. Un segno d’odio – la ‘N’ araba di Nazareno – accompagnato da stragi e persecuzioni. Luoghi, cristiani da duemila anni, annientati. Minoranze etniche e religiose avviate allo sterminio insieme a uno dei pochi mosaici di civiltà rimasti nel Vicino Oriente… Tutto questo da quando Mosul a nord dell’Iraq è caduta per mano delle milizie dell’ISIS  (oggi IS = Stato Islamico), all’attacco per conquistare ricchezze e barili di petrolio, al prezzo di qualsiasi devastazione. E, mentre in poche settimane tali drammi continuano a moltiplicarsi, i profughi sono già diventati 1,4 milioni… C’è la questione dell’Ucraina, dove si continua a combattere e si aggrava la situazione della popolazione civile; c’è la questione della Siria, della Libia e poi delle migliaia di morti annegati nel Mediterraneo… Storie di un ‘altro’ mondo, estraneo forse ad una Europa cinta da… mura invalicabili? Di fatto il movimento islamico del Califfato continua ad attaccare da più parti, e l’Europa … sembra pensare ad altro! Siamo nella Terza guerra mondiale – dice il Papa - ma fatta a pezzi, a capitoli… E aggiunge: Preoccupa il livello di crudeltà che accettiamo.

… di grandi fatiche
Certo, quando non si ha più – o non si ha ancora – un lavoro per vivere, e sul domani solo incertezze; quando non si possiedono risorse sufficienti per pagare le bollette quotidiane o ci si ritrova letteralmente ai margini delle strade, allora cambia la vita delle persone. E in peggio. Senza considerare che c’è anche chi continua a vivere immerso in povertà ancora più profonde: di istruzione, di relazioni, di fiducia, di speranza… Ma nei Tg del mondo occidentale è anche la  disperata debolezza di ‘quei’ profughi, dei ‘nuovi ultimi’. E il cuore delle persone – povere o meno povere non importa, ma impegnate nelle scelte quotidiane a rendere ‘casa umana’ questa nostra terra – ‘vede’, prova orrore, pena, non si rassegna… Così avviene che anche i drammi, originati in spazi internazionali più o meno lontani, diventano – come sono realmente – ‘problemi di casa’; una realtà viva e sofferta, problemi di vita e di vita quotidiana; lontani forse solo per chi, più o meno consapevolmente, è impegnato solo ad accaparrare per sé e insegue quanti gli vivono accanto con l’obiettivo primo di usarli per farsi strada.

…e grandi domande
ansia1“Ogni comunità cristiana deve sapere che non solo i deboli hanno bisogno dei forti, ma che questi ultimi non possono essere veramente uomini senza i primi. L’esclusione dei deboli è la morte della comunione” (D. Bonhoeffer). E la senatrice Albertina Soliani scrive: “l’unità tra i deboli e i forti è la grande sfida del mondo globale in cui viviamo e l’unica via per la salvezza di tutti”. In realtà oggi la povertà si presenta come un fatto universale enorme e profondo, un fatto di massa e un fenomeno di civiltà. Negli ultimi due anni, secondo i dati Fao, l’area della fame è cresciuta addirittura del 25%… un segno dei tempi quindi; segno da discernere e sfida anche per l’annuncio della fede. Dopo la crisi finanziaria e via via che Paesi terzi e quarti ne emergono impetuosamente, gli ‘ultimi’ di prima diventano ‘penultimi’. E allora stare con gli  ‘ultimi’ vuol dire forse tradire i ‘penultimi’? Come coniugare mercato e cultura del dono, economia e gratuità dell’azione sociale? Certamente non c’è risposta fuori della pulizia dei pensieri e fuori dell’agire quotidiano di ciascuno. Istintivo invece è sentire l’arrivo fra noi degli immigrati e dei nuovi sventurati come un’invasione mirata ai propri danni. Facile è anche rimanere a guardare il loro affanno con una sorta di impigrita indifferenza o impotenza. In tutto questo ognuno forse è più smarrito che consapevole. Che cosa fare?… I pensieri, i sentimenti e spesso anche i comportamenti sono arruffati intorno a ciò che è necessario fare. Ma allora si può ancora parlare di bene comune? Qual è la soglia che rispetta la vita, la dignità della vita? Come impegnarsi per un’economia che non si vuole accontentare di assicurare la convivenza sociale, ma aspira alla vita in comune e a realizzare una società fraterna?

Chiamati alla fede…  

fdrpn_1I poveri? … saranno sempre con voi, fu detto. Senza di essi, quindi, è certo: non esiste la comunità. Tanto meno la comunità cristiana. Del più piccolo e del più dimenticato Dio ha una memoria molto viva e fresca (B. de Las Casas) e a tale memoria chiama chi accetta di farsi suo discepolo. Nella società umana in realtà il bene di ognuno può essere raggiunto solo con l’opera di tutti, credenti e non. E il bene di ciascuno non può essere assaporato se non lo è anche dagli altri. Ma allora come muoversi con Dio che prende sempre la parte del più povero, dell’oppresso, del più debole, in una realtà come la nostra che è marcata dalla povertà e dall’oppressione… si chiede G. Gutierrez.

… nella quotidianità storica
Dio si fida di ogni sua creatura e in ciò va oltre ogni speranza umana. Il suo amore per la persona oppressa, qualsiasi lingua parli e qualunque via stia percorrendo, non può essere zittito… La sua chiamata a vivere la stessa fedeltà alla giustizia e alla misericordia rimane universale e personale, come anche quella a riconciliarsi con la storia più quotidiana, profetica o insignificante, bella o meno bella che sia. Nel quotidiano cammino verso una intelligenza, sempre più profonda e ampia, del Mistero che conduce la storia, il cristiano trova nella Parola la regola per le sue relazioni e il criterio per imparare a discernere la via per costruire il vero bene comune. Insieme ne riceve la grazia e l’energia per camminare nel presente e vigilare attuando il definitivo che non è ancora e già germoglia nel cuore come speranza e passione. È il “regno dei cieli” che ci assomiglia e non è sopra o lontano da noi, perché si concretizza attraverso i gesti e i sentimenti umani. Nei giovani, per esempio, più che crisi di valori oggi è presente una forte sete di autenticità. A saperla leggere vi si può riconoscere uno degli innumerevoli segni di quel Mistero che in ogni tempo sceglie gli ultimi per confondere

Rappresenta Gesù Figlio di Dioi forti e agisce là dove sono paura e forza. Ai giovani dell’Asia papa Francesco ha suggerito lo sguardo e i criteri con cui vivere la propria chiamata a testimoniare il Vangelo nell’immenso Continente asiatico. Essi risponderanno ancora al suo invito e si sveglieranno, infine. E i giovani dell’Europa usciranno per incontrarli e muoversi insieme al servizio di tutti, nella libertà di un amore quotidianamente ritrovato e purificato. Un sogno forse? Ma la virtù più facile per i giovani di ogni tempo è fare le cose difficili! E la fede è per tutti il grande rischio della vita, la via sicura lungo la quale la globalizzazione e il terrorismo non diventeranno una notte in cui tutto è nero.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Andare oltre…

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ago 13 2014


Roadview im Sonnenuntergang - USA“Sappilo, Dio: farò del mio meglio. Non mi sottrarrò a questa vita. Continuerò ad agire e a tentare di sviluppare tutti i doni che ho, se li ho. Di tanto in tanto però, dammi un segno”: dal diario di Etty Hillesum, che ha combattuto la guerra invocando il dialogo  e seminando l’amore. 

Perché la morte non uccida la speranza…
Una storia – quella attuale – largamente fatta di incubi: 100mila cristiani perseguitati e in fuga dall’Iraq e da altri Paesi del Medio Oriente; bambini morti di sete e di fame durante la fuga;  donne schiave di guerra nell’Isis; chiese demolite e croci distrutte in Cina … E si potrebbe continuare a lungo l’elenco… Una società – la nostra – frammentata, disillusa, a volte indifferente e una cultura “in cui ciascuno vuole essere portatore di una propria verità soggettiva” (Evangelii gaudium, n. 61-62). In tutto questo come orientare la propria libertà verso la realizzazione del progetto di Dio sul mondo per quella parte che ‘mi’ riguarda? Certo non si porta l’odio in nome di Dio! E non si fa la guerra in nome di Dio (Papa Francesco), perché Dio è amore in movimento e non lo si conosce se non amando e…muovendosi! È urgente interrogarsi sulla propria coscienza di credente e di comunità cristiana fondata e costituita dai gesti del Signore Gesù, dai quali deriva tutto ciò che i cristiani sono nel mondo e nella storia e anche tutto ciò che di buono può arrivare all’umanità attraverso di essi. In sintesi: è urgente imparare che cosa voglia dire, oggi, nella propria vita il comando del Maestro e Signore: “dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri” (Gv 13,15).

… e l’angoscia non soffochi il gusto della libertà
Certo non è difficile impegnarsi quando tutto va bene. Ma la paura e persino l’angoscia dei momenti più difficili e oscuri della vita di setedisoleper sé non dicono che si è sbagliato strada o che si è persone ‘strane’. Forse, anzi, è proprio in quei momenti che più facilmente si prende coscienza di sé e di ciò che si è chiamati ad essere. Le difficoltà, in genere, maturano uno sguardo umile. E questo facilita il passaggio a una ricerca di fede segnata dal desiderio autentico di lasciarsi toccare e perfino cambiare dalla realtà. In ogni caso, nessuno è – come a tutti piacerebbe credere – ciò che egli costruisce o decide. Più semplicemente, forse, ognuno è ciò a cui si abbandona, dal momento che ogni decisione nasce, prima che dalla forza di volontà, proprio dalla capacità di abbandonarsi alla forza dello Spirito, che nel cuore di ogni lotta umana è sempre vivo e operante. E se il ‘gusto dell’Assoluto’ orienta le scelte, allora nel cuore e nella vita dell’uomo rinasce tutta la ”passione per ciò che è possibile’” (S. Kierkegaard) ad ognuno. Il che si traduce in fecondità sociale, frutto molto raro in tempi apparentemente sempre più avviati verso individualismo libertario e laicizzazione radicale.

Dare spazio alla sete d’incontro…
Un rischio certo e permanente per tutti – assicura il papa – è chiudersi nei propri interessi e comodità senza lasciare spazio per gli altri, perché questo trasforma in persone risentite, scontente, senza vita. Ed è come un lento suicidio (Cfr Evangelii gaudium n.272). “O le nostre comunità si metteranno in dialogo o marciranno come una pianta che ha perso la sua vitalità e la sua energia”, conferma A. M. Pernia, Superiore Generale S.V.D. Ma come è possibile, nonostante tutti i nostri limiti e peccati, essere veramente vicini gli uni agli altri? La domanda è sempre del papa, che poi suggerisce: fra egoismo e protesta, scegliere il dialogo, testimoniando con la ricchezza del proprio essere e con una presenza all’altro il più possibile gratuita, che sono possibili altri modi di vivere le relazioni umane. Egli addita così all’impegno dei credenti un meraviglioso ed esigente cammino, il quale non può che cominciare e sempre ricominciare. E ogni volta per andare ‘oltre’, magari riconsiderando le cose e i gesti di sempre in una nuova luce, alla ricerca di un “disegno che ci precede e che attende il tocco di ognuno’” (Rm 8,28). Perché Parola e cuore dicono la stessa cosa. E il vangelo accolto nel cuore capovolge la vita e rilancia tutti i suoi desideri.

… invocare dialogo e seminare amore
Il dialogo è scritto nel nostro DNA di esseri umani. Ma in che misura la persona è capace di lasciarsene modellare la vita? quanto per esempio, con l’orecchio del cuore, si riesce a cogliere se la parola di rabbia dell’altro in realtà non mascheri uno stato di pena e sofferenza; o se il suo atteggiamento di timidezza non riveli la supplica di essere accolti e amati?… Il che poi significa imparare – rimanendo sulla strada della contemplazione – a ‘vedere’ gli altri così come li vede Dio; ad andare perciò ‘oltre se stessi’, al di là della paura che paralizza e corrode ogni vita comunitaria. La via insomma per trasformare la propria persona e anche gli altri.

Bergoglio, già in veste di cardinale, suggeriva: “Abbiamo bisogno di generare una cultura dell’incontro”. E oggi ancora assicura: “All’interno di ogni pur piccola comunità il dialogo è un segno vivente del regno di Dio!”. Un invito pressante, il suo, a credenti e non, ad uscire dalla propria coscienza isolata per aprire spazi d’incontro. “Noi a volte abbiamo una gran fretta di giudicare, classificare, mettere di qua i buoni, di là i cattivi… Dio invece sa aspettare. Egli guarda nel ‘campo’ della vita di ogni persona con pazienza e 10361493_719075458153612_5989552653590107261_nmisericordia: vede molto meglio di noi la sporcizia e il male, ma vede anche i germi del bene e attende con fiducia che maturino”. È la vita piena che richiede di dare spazio alla sete d’incontro che è nel cuore di ogni creatura. E se la persona si limita a relazioni autoreferenziali, utilitariste o peggio di esclusione e di dominio, non solo fa del male agli altri, ma lei stessa si ammala. Eppure anche fra credenti e perfino nelle comunità religiose si parla di dialogo, forse se ne parla anche tanto, ma si finisce per… aspettarlo dagli altri e praticarlo molto poco. È necessario proprio andare oltre, muoversi con coerenza verso la ‘conquista’ di quell’inutile che scaturisce dall’interrogarsi sul senso del proprio agire e certo non si arrende al calcolo del risultato; aprirsi con la vita al dono infinito di quella relazione autentica con Dio che trasforma il cuore, la mente, le logiche… Andare ‘oltre’, insomma, fino a esprimere la centralità del messaggio evangelico anche nel proprio ambiente e nell’attuale contesto storico.

 Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Terra nostra ‘casa’

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lug 28 2014

ecologia (1)Forse è incapace di riposo, di speranza, di giustizia, eppure ogni uomo possiede la capacità  naturale di conoscere la verità e di essere felice; sa che il vero sapere non è il potere, ma la sapienza che comprende in modo nuovo la natura… Saprà il genere umano diventare saggio e dare finalmente il via al futuro ecologico del pianeta Terra?

Umiltà cosmica…
Con i suoi occhi ognuno vede le ‘cose’ del mondo, ma forse per nessuno è altrettanto facile imparare a guardare; rimanere in silenzio e percepire la bellezza di un albero, l’essenza di un fiore; lasciarsi impressionare da quanto e da chi ci  sta di fronte; abbracciare il mondo intero e sentire che Dio attende ognuno in tutto ciò che è dato incontrare sul proprio cammino; e amarLo, con tutti i sensi, nelle creature del suo amore. La terra è la ‘casa’ degli uomini: c’è forse un riconoscimento maggiore e un amore più forte della fede nella presenza di Dio nella terra e nelle sue condizioni di vita? Ma oggi, al “cuore inquieto” degli uomini, sempre più corrisponde un mondo inquieto, e anche l’urgente bisogno di una nuova teologia ecologica. Pascal insegna che Dio si nasconde “in uno strano segreto”, ma “si rivela a coloro che lo cercano”, a chi ha l’animo disposto ad accoglierlo.

Terra è cielo …
“Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra” (Sal 104, 29.30). Secondo le tradizioni bibliche Dio non ha infuso il suo spirito divino soltanto nell’uomo, ma in tutte le sue creature. E l’uomo c’è soltanto perché ci sono gli animali e le piante, l’aria e l’acqua, la luce e l’alternarsi del giorno e della notte, e il sole, la luna e le stelle… Se la terra con tutte le sue creature può vivere senza gli uomini – e lo ha fatto per milioni di anni – l’uomo invece non può vivere senza la terra. In fondo egli è solo l’ultima creatura di Dio e anche la più dipendente. Eppure dalla caducità e dalla morte non sarà salvato “da” questa terra, ma “con” questa terra. È proprio necessario perciò per l’uomo passare dall’arroganza del dominio sul mondo, all’umiltà cosmica!… Sì, ma come? Certo è che nessuno può “custodire” il creato se prima non custodisce se stesso nella pienezza spirituale di questo termine; se non apre cioè in sé quelle ‘finestre’ che lasciano entrare l’aria di Dio e circolare il vento dello Spirito, principio della nuova creazione nella quale non ci sarà più la morte, ma la diffusa presenza del Risorto.

… che chiama l’uomo alla custodia del creato

L’umanità è parte di un universo continuamente in evoluzione. Ma perché esiste qualcosa e non piuttosto il nulla?… Le moderne scienze non hanno risposta per le questioni che riguardano il fondamento e il senso delle cose, ma solo per ciò che ha a che fare con il come esse funzionano. L’arroganza del potere sulla natura e la libertà di fare di essa ciò che si vuole, in realtà non competono a nessuno, credente o non credente. All’uomo compete piuttosto «umiltà cosmica» appunto, e la considerazione attenta per tutto ciò che si fa alla natura. Ma malgrado tale maggiore attenzione – cresciuta soprattutto nel periodo del Romanticismo – l’umanità non è stata in grado di anticipare la crisi ecologica del Novecento. E anche i cristiani non hanno saputo reagire con particolare rapidità.

 “Non lasciamo che segni di morte e distruzione accompagnino il cammino di questo nostro mondo”, esorta con forza Papa Francesco. E richiama al fatto che la vocazione del custodire il creato non riguarda soltanto i cristiani, perché la sua dimensione – che è semplicemente umana – precede e, perciò, riguarda tutti. “Vorrei chiedere, per favore – continua il Papa – a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo custodi della creazione e del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro e dell’ambiente”. Ma, fra il sentire e il voler fare più o meno di tutti ci sono di mezzo milioni di interessi della politica, del potere, del quotidiano egoismo umano… Così è inequivocabile la responsabilità delle attività umane nei confronti dei cambiamenti climatici. Decisamente urgente è operare per un cambiamento culturale e per la formazione di una nuova coscienza ecologica. Anche perché, se un tempo i vertici internazionali contribuivano alla presa di coscienza delle problematiche ambientali, ora essi sembrano produrre solo l’effetto di un rumore di fondo da cui è difficile estrapolare le emergenze reali.

Virtù ecologiche …
Ecologia_by_Inu_JimSempre più forte è la sete di Dio in questa nostra terra ‘riarsa’, dove la ‘bella’ vita di alcuni è costruita sulla sofferenza di altri, il piacere di pochi sull’agonia delle  moltitudini. È facile in realtà dilapidare il dono della vita quando si pensa che tutto viene dal caso; altrettanto è difficile  percepire e decidere in quale modo agire per proteggere e promuovere il bello e il buono, dentro e intorno a sé. Ma è possibile colmare il divario – che per altro si fa sempre più ampio – tra l’incremento della conoscenza scientifica e l’inadeguatezza delle ‘risposte’ umane, a partire da quelle politiche. Basterebbe rendersi conto che i beni naturali sono una res omnium – vero patrimonio di tutto il genere umano e delle generazioni future. E si sentirebbe l’esigenza di rivedere in chiave ecologica le proprie virtù umane e l’uso delle risorse naturali; sarebbe più facile coltivare un rapporto rispettoso con ogni essere creato; e anche fare l’opzione forte per una giustizia che dia spazio alle istanze di tutti, soprattutto di coloro che non hanno voce e che sono più esposti alle conseguenze delle catastrofi ambientali. La prudenza allora orienterà ognuno a lasciarsi guidare, nelle scelte quotidiane, da un sapere ecologico adeguato alla responsabilità umana. E non mancherebbe il coraggio civile per un impegno corrispondente alle proprie convinzioni, riconoscibile nell’uso sobrio delle risorse.

… ed esercizi di cosmopolitismo locale per una economia ecologica
551652_352683708136473_1701612673_nSolo sogni? Dà fiducia il fatto che questioni legate all’ecologia abbiano assunto un’importanza crescente: l’umanità ha preso coscienza delle conseguenze dell’inquinamento causato dall’uso industriale delle risorse naturali del pianeta e ha ‘visto’ la potenza devastatrice delle armi nucleari. In qualche modo ha compreso che scommettere sull’ambiente è centrale per rilanciare un’economia ecologica che abbracci tutti i settori prodotti_elettrici_per-camperproduttivi e in particolare l’edilizia – così legata alla sicurezza antisismica, alla riqualificazione del patrimonio esistente e al risparmio energetico.

Tale economia nuova richiede di mettere in campo competenze “fresche”, innovative e non viziate. In esse la dimensione cosmopolita entra naturalmente in gioco permettendo di riconoscersi cittadini del mondo, legati agli altri da doveri che prescindono dalle differenze di nazionalità.  Insieme e in rete, saranno proprio queste competenze sane lo strumento per orientare politiche ambientali capaci di coinvolgere contemporaneamente tutti i livelli: locale, nazionale e globale. Per tutti l’impegno – coerente e fedele – è a spazzare la Terra, ‘casa’ di tutti, affinché essa non smetta di essere abitabile, non smetta di essere ‘nostra’.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

“Tutto questo c’è. E io dove sono?”

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lug 14 2014


3688685Il Sole che è dentro le notti degli uomini chiama ognuno a rialzarsi da qualunque caduta e uscire dalla grotta oscura della rassegnazione e della morte; ad andare liberi per sentieri nel Sole e farsi così presenza che testimonia e promuove la cultura evangelica dell’incontro.

La guerra infinita…
“La pace è l’uomo!” disse Paolo VI e mai come oggi l’equilibrio dell’uomo (e per lui quello del mondo!) è stato tanto precario da aumentare i rischi di distruzione della magra pace in cui sopravviviamo. Solo tre esempi.
-In Occidente cresce il numero delle relazioni affettive turbate, schiacciate dal peso della vita quotidiana, dalla delusione delle sconfitte, dall’incapacità – personale e/o sociale – a realizzare un progetto di vita individuale soddisfacente… Cresce anche il numero delle notizie di mamme e papà killer dentro la famiglia, che – secondo le statistiche – oggi uccide più dei criminali. E ancora: mercato sessuale, schiavitù, disoccupazione, fame …
-Da tre anni – per citare un caso drammaticamente attuale – la Siria è ostaggio di una guerra che non accenna a diminuire: oltre 140.000, ormai, i morti; la più grande popolazione al mondo forzatamente sfollata; una situazione inimmaginabile per bambini soldato; bambini sradicati dalla loro terra o intrappolati nel conflitto; stupri perpetrati come armi da guerra; analfabetismo di ritorno, condizioni barbariche per tutti…
-La guerra del Congo (ex Zaire) – la più cruenta dal secondo conflitto mondiale, espressione  di un’ubriacatura collettiva di odio assassino – dopo due decenni di instabilità e sfruttamento, conta più di sei milioni di morti. Un olocausto vero e proprio, eppure condannato a non lasciare traccia, semplicemente perché ignorato dal resto del mondo. Forse non tutto sta succedendo alle porte di casa, ma certo non significa che non stia succedendo. E io dove sono?[i]

… e ogni momento per dire basta
logo_e_tempo_di_cambiareGià Babeuf gridava: ”Vi è chi vive lamentando l’oppressione, io sono morto  denunciandola”. E più vicino a noi nel tempo, il vescovo Oscar Romero che si ribellò contro la miseria vissuta dal suo popolo perché, diceva, il popolo povero oggi è il corpo di Cristo che vive nella storia. Per questo fu ucciso. Ma per questo aprì la porta al futuro, che sempre è di chi lo fa.
Raimon Panikkar profeticamente rimproverava all’Occidente di vivere in una cultura di sfiducia e di guerra e invitava a ‘disarmare’ tale cultura sostenendo che essa adopera la ragione come arma per vincere anche se dice ‘per convincere’. Il disarmo culturale, in realtà, se non è vissuto semplicemente come frase ad effetto sostituendo ragionamenti orrendi con pensieri sdolcinati, è requisito indispensabile a garantire la pace. Ma allora è un percorso quotidiano, faticoso e drammatico, tutt’altro che uno stato passivo! In ogni istante è lotta che mette in discussione se stessi e la propria vita contro l’egoismo e il narcisismo che invece chiude al confronto, al dialogo, all’attenzione vicendevole.

Tempo di dialogo è tutti i giorni
In fondo è facile porsi in prima linea nelle proteste contro gli interventi militari e per la revisione del programma sugli F35. È facile come riempirsi la bocca di pace mentre nel quotidiano l’ossessione della sicurezza – figlia della ragione armata – anche in Italia alimenta ormai movimenti che proclamano lotta agli immigrati. Alla radice, soprattutto in tempo di crisi, c’è la paura che gli ‘stranieri’ portino via il lavoro, portino via le case popolari, siano un costo per i servizi sociali… Ma la paura, qualunque origine abbia, non è mai a servizio della ricerca della verità; e qualsiasi richiesta universale di pace su tale via quotidiana diventa nominalista e astratta. Con espressioni forti e tutt’altro che formali, Papa Francesco indica il primo passo di un reale percorso di pace: va fatto con le parole che quotidianamente ognuno pensa e pronuncia! Passo che fa uscire allo scoperto in tutti i propri rapporti: con se stessi, nel lavoro, dentro la propria famiglia… L’amore – quello vero – assicura Papa Bergoglio “è più forte del momento nel quale si litiga. Non è necessario chiamare le Nazioni Unite per riconciliarsi”.

Piccole virtù quotidiane salvano la pace
Certamente la Verità che porta pace nei cuori e fra gli uomini è nel Vangelo. Vissuto, ne è la garanzia. Confusamente ognuno (credente o no) avverte che senza Verità l’amore non è amore e la vita non è vita. Chi poi nell’ascolto e nel confronto con gli altri è capace di cambiare opinione e di terminare una discussione ‘diverso’ da come vi era entrato, lo sa un po’ meglio. Perché quando ci si lascia guidare dalla Verità, si comincia a conoscere per esperienza che l’autodifesa – sempre e in tutti senza eccezioni – tende a prendere il sopravvento sull’autocritica; quindi non ci si illude più di pensare e di fare tutto sempre meglio degli altri; cosa che smette di fare problema quando non si cerca più la ‘vittoria’ sull’altro. A questo punto non resta difficile cominciare a trattare con pazienza e cortesia anche chi ci dà sui nervi, senza declassare i suoi atteggiamenti con facili giudizi e ironie gratuite…

Carestia di occhi nuovi e nostalgia di Cielo
1064063_10152138728923347_1348862728_oSono gli occhi nuovi che mancano nel nostro tempo: occhi capaci di guardare il Cielo e di lasciarsi formare dalla Sua Luce; desiderosi – consapevolmente o meno – di seguire la via di Cristo Gesù e di vivere il tempo ricevuto servendo con amore privilegiato coloro che non possono vantare niente: né crediti, né opere, né appigli per essere amati; coloro che patiscono per essere stati respinti, sfruttati o fraintesi. L’egoismo umano rende strabici, la ricerca del tornaconto fa miopi e troppo avvezzi a catturare più che a donare. In ogni caso, rimane però nella persona un bisogno di giustizia e di misericordia che va sempre oltre la propria misura e muove a tendere le mani verso Dio. Nella Preghiera Eucaristica aprire il cielochiediamo: Donaci occhi nuovi per vedere le necessità dei fratelli. E forse è proprio nel dolore dell’umanità (compresa la propria piccola umanità!) e nelle pieghe della storia del mondo che l’Amore viene a farci visita improvvisamente, forse per scuoterci da una vita che non sa davvero che cosa sia il bene. In questo ‘servire’ la vita a partire da quella che intorno appare spenta e inutile, è dato all’uomo smarrito nella solitudine della Storia di acquisire ‘occhi nuovi’, e anche di sperimentare la tenerezza e la misericordia del Padre nostro che è nei cieli… Farne esperienza come un preludio dei doni pasquali,  forse quale felicità promessa agli operatori di pace. Certamente come la premessa per una duratura cultura di pace. Quella che carica il cuore di speranza, fa spendere coraggiosamente la propria vita e cancella da sé la parola rassegnazione.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it



[i] (Cfr Video di denuncia, realizzato dal Sermig di Torino su dati tratti da rapporti e dossier delle Nazioni Unite sui fenomeni di povertà nel mondo)  [i]

“L’arte del passaggio”

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giu 27 2014

Spesso ci si accontenta delle proprie buone intenzioni per non sentire il dolore e la fatica del lasciarsi spezzare come il pane. Ma la felicità – personale e comunitaria – è nel lasciare sempre socchiusa la porta del proprio cuore…


A scuola dello Spirito per decifrare il vissuto… 

topic
L’arte del passaggio è il tema affrontato dall’Assemblea Nazionale USMI 2014. Interessante ora, ad assemblea conclusa, chiedersi fino a che punto quell’arte è esperienza di vita nel quotidiano del proprio vivere insieme … Ci si lascia davvero interpellare come persone e come comunità dall’arte di vivere e di morire? o meglio: di morire per vivere? È semplicemente vero che il più bel sogno è la realtà! E che l’arte del passaggio si può imparare solo facendo e attraversando ciò che la vita, la storia e i fatti pongono davanti ad ognuno. Si tratta insomma di riconoscere – e di accogliere con disponibilità – l’azione dello Spirito che è sempre nuovo e in atto, nella storia personale e anche dentro le attuali culture in epocale trasformazione.
Ognuno in fondo è la storia che vive, e ogni storia – perché non sia dimenticata – va narrata, in primis a se stessi. Il che in concreto significa: farsi cercatori in cammino; lasciare che il proprio cuore racconti quello che ha vissuto e imparare ad ascoltarlo in silenzio orante; muoversi verso la propria interiorità, dove si gioca la verità di se stessi; riuscire a vedersi e a vedere, disposti a ripartire in ogni momento dal centro del proprio essere e, in base alle indicazioni che se ne ricavano, correggere il proprio cammino.

… e “ricordare”!
Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere (Deut. 8,2): è la risposta biblica al dramma del male, quasi un quotidiano appuntamento con se stessi per dialogare con la propria storia e rimanere con la Sorgente! Un Amore infatti ‘assedia’ i confini della storia; un Amore in cerca della fame e della sete dell’uomo, fame d’altro anche per chi è sazio di solo pane. È il ‘chi tu sei’ guadagnato a fatica che questo Amore vuole incontrare, non le sue maschere. Vuole godere dei suoi sogni e di ciò che nutre nel cuore come bene prezioso. Ma nulla può quando la creatura preferisce appoggiarsi a cose inutili, perché è solo l’ascolto di sé che permette di comprendere il significato delle esperienze vissute, soprattutto di quelle siglate dalla sofferenza. Il problema è che tutto ciò che passa attraverso gli occhi – in entrata e anche in uscita – plasma ogni persona e in qualche modo la fa diventare ciò che guarda. Di qui l’importanza di diventare capaci di contemplare quel reale che è in sé e intorno a sé, per non cadere nella trappola dell’apparenza e finire così per seminare morte. Nella società liquida in cui viviamo è particolarmente forte il bisogno di persone di robusta solidità interiore, in grado di essere totalmente se stesse e di assumersene la responsabilità fino in fondo.

Il meglio dai “momenti difficili”…
ansia1Eppure è altrettanto facile nel cammino dell’uomo concreto – credente o non credente che sia – correre il rischio di dimenticare come vivere realmente da pellegrini nel tempo. D’altra parte “non esiste la nuda fede … In termini concreti, quando la fede dice all’uomo chi egli è e come deve incominciare ad essere uomo, allora essa crea cultura” (Ratzinger). Ad ognuno perciò servono mete ‘storiche’ e qualcuno che continui a porre domande, a mettere in discussione… Farsi domande è la dignità dell’uomo, dice il coraggio di guardare negli occhi ogni cosa, svela il senso e la bellezza dell’esistere, conduce a scoprirsi mendicanti del cielo. Se ti dedichi alle cose difficili – suggerisce P. Georg Sporschill – hai già incontrato Gesù … E se incontri qualcuno che ha bisogno di te, hai già trovato un compito nella tua vita che ti aprirà gli occhi… Perché la forza per andare avanti, anche in momenti molto difficili, te la danno quelli che te la tolgono. E Rita Levi Montalcini conferma: “Non bisogna temere i momenti difficili perché è da quelli che viene il meglio”. Perciò, per quanto una cosa possa essere difficile da fare, conta solo se sia giusto farla e se sia possibile. Il resto dipende da come si vive il rapporto con Dio e da come si impara a gestire il proprio mondo interiore e i drammi che lo attraversano.
Nei momenti difficili - è certo – il Signore risponde, ricorda Papa Francesco. E chi nei suoi giorni può dirsi ‘sopravvissuto’ a dure prove senza diventare lui stesso deserto o terra spenta e inospitale, certamente lo deve a un Altro e a come lo lascia agire nella propria vita.

… recuperando ‘attenzione’ per i compagni in umanità
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C’è qualcosa nell’uomo di oggi che gli rende quasi impossibile uno sguardo pulito e libero nei confronti dei propri compagni di viaggio. Egli si è smarrito a causa del proprio
peccato e delle  sue conseguenze. E semplicemente non lo sa perché non se ne rende più conto. Siamo tutti peccatori. Ma chiediamo al Signore di non essere ipocriti (Papa Francesco). Solo un atteggiamento accogliente e attento può far sentire ognuno non giudicato, offrirgli un luogo dove egli possa riconoscersi e disporsi perciò alla conversione. Finalmente potrà avviarsi sulla via che porta a resistere alle prove più dure della vita e giorno dopo giorno conduce alla pienezza della gioia.

“Lavori in corso” nell’intelligenza del cuore!
È umano che nei contesti comunitari ci siano persone che…sembrano cercare sempre il lato sbagliato della vita; appaiono aggressive e anche ostili, hanno un gran bisogno di ammirazione. Forse cercano l’affermazione di sé, certo sembrano voler sempre aver ragione e dominare negli incontri. Offrono suggerimenti, ma non accettano il confronto.  Le loro idee? … le uniche ammesse! Fanno battute spiritose e … rimangono in attesa che gli altri ridano o si divertano. ‘Non hai capito’, ripetono spesso e fanno venir voglia di reagire allo stesso modo! In sintesi il loro si può definire un sabotaggio dissimulato e più o meno inconsapevole della fraternità, che può  essere letale se non viene riconosciuto e gestito. Quando nei contesti comunitari ci sono casi di questo genere, la prima
lavori_in_corsourgenza è che chi ha il compito dell’autorità – per primo – si accorga di ciò che si va generando nelle persone che sono intorno. Se insieme si diventa poi consapevoli del disagio, sarà possibile reagire in modo rapido, adeguato e con fermezza autorevole. Il cuore che incontra il cuore di Dio è capace infatti di far tacere il rumore del proprio egoismo, che abita proprio tutti! Il che consente di decifrare il vissuto e di iniziare a unificare in sé quanto si prega e quanto si vive. Le proprie mani allora impareranno a pregare, ma anche ad accarezzare. Perché in fondo l’uomo ha bisogno solo di amare senza alcuna pretesa di scambio per essere felice e questo dipende solo da lui. Rimane vero per tutti e sempre che chi si sente amato capisce di più, capisce prima, capisce più a fondo, riesce ad amare.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Sì, camminare

Senza categoria | Posted by usmionline
giu 11 2014


images (1)Fra gli eterni interrogativi della vita e la consapevolezza della propria fame di senso, l’uomo si riscopre nomade e si muove nei suoi giorni cercando la verità dell’amore e della sofferenza. Nel farsi accoglienza di ogni creatura, gli è dato di incontrare Dio che ha inventato la croce per vincere la lontananza e la morte.

Ansia di… Altro
Universali sono le domande che abitano la vita e il cuore di ogni uomo. Eppure spesso esse appaiono simili a libri scritti in una lingua estraneaPerché sono qui? Perché fra anni non sarò più qui? Perché il tempo non torna indietro e corre invece verso un punto non chiaro, non precisato e obbligatorio? Perché se ne spende tanta parte ad accumulare lacrime, ingiustizie, reciproci furti di silenzio e di bontà?…L’Amore ha fatto il primo passo e ci ha messi sulla strada della vita, sapremo noi ricominciare ogni giorno dal silenzio e dalla fedeltà dell’amore? Certamente ognuno può ignorare in sé tali domande, e tentare di immergersi in ‘altro’; tanti – soprattutto oggi – cercano di annegarne l’ansia nel rivaleggiare, contare successi, fallimenti, piaceri… Ma quando si soffre il male senza riuscire a darsene un valido ‘perché’ e se ne rimane afflitti, allora si finisce per colmare il vuoto con quel che si trova a portata di mano; ed è un po’ come trasformarsi in cose; semplicemente ci si ritrova a fare (e/o a subire!) il male/prepotenza che sottrae libertà agli altri solo per illusione di potere proprio. Qualcosa intanto continua a sfuggire all’uomo, mentre tutto si agita e scivola nell’abisso della morte. Un ‘fatto’ però tocca il nervo di ogni vita e ne costituisce perciò la lingua universale: ogni cosa, nell’esistenza umana, è centrata e ruota intorno a due ‘cose’: l’amore e il dolore; ma alla disperazione, all’ingiustizia dell’offesa, alla solitudine… non c’è risposta umana plausibile. Tutto il sapere – e sappiamo sempre di più sulle stelle che sono sopra di noi, sulla materia infinitamente piccola intorno a noi e dentro di noi… – non esaudisce la speranza di un possibile punto fermo cui agganciare l’inquietudine dei grandi perché.

In cammino o troppo fermi?
Camminare 1È a Dio che tende tutto il corso degli eventi. “Come la periferia verso il centro, in Lui  convergono tutti i raggi del tempo”, scriveva il monaco russo Teofane il Recluso. E il salmo 33 recita: “Nessun bene manca a chi cerca il Signore”; a chi cerca, a chi brama; non: “a chi possiede”… D’altra parte chi può affermare di possedere totalmente Dio e quindi di non essere più nel numero di coloro che cercano? “Ma proprio coloro che cercano Dio non sono privi di ogni bene” (P. A. Florenskij). Credere e mettersi in cammino: l’identità cristiana, così come l’ha disegnata Papa Francesco, è tutta qui. Si tratta allora di riappropriarsi, in tutti i sensi, di un’azione tanto naturale quanto dimenticata: camminare. Sapendo però che è forte per tutti e in ogni stagione della vita la tentazione di fermarsi. “Ne abbiamo tanti di cristiani fermi, erranti – dice sempre il Papa – Girano, girano, come se la vita fosse un turismo esistenziale. Forse credono nel Cielo, ma non lo cercano perché non prendono le promesse sul serio”. Con una speranza debole in realtà si cammina, si fatica, ma non si fa strada.

La fede che apre al grande cammino
In tutta l’inquietudine che domina la persona c’è il desiderio di qualcos’altro, di andare più lontano e forse per questo i viaggi non sono mai soltanto esteriori. Certamente uno sguardo nuovo introduce nella vita elementi sempre inediti. Di fatto, nella storia, tanti sono nella lista dei grandi viaggiatori della fede … Abramo ha “fiducia nel Signore e cammina anche nei momenti difficili”; Giona impara la verità su Dio solo recandosi all’estero; Gesù è in marcia permanente e non ha neppure “una pietra dove posare il capo” per il sonno; i discepoli sono “inviati in tutto il mondo”; Paolo (come forse anche tanti di noi!) inizia il suo ‘viaggio’ mentre è caduto a terra: incontro imperscrutabile con Cristo e autentica bussola, che, mentre lo orienta nel cammino, segna e rivoluziona tutta la sua vita.

Viaggi, strade, spazi di formazione …
Ri-mettersi quotidianamente in viaggio alla ricerca di un centro vivo nel quale riconoscere il proprio io e quello che si è chiamati ad CAMMINARE-Copia-300x161essere… È questo il vero problema di ogni uomo che cerca la verità della vita e della morte, dell’amore e della sofferenza. Il che, in partenza, significa semplicemente trovare tempi e modo propri per uscire dal ritmo incalzante della vita ‘normale’ e dal continuo proliferare di pensieri che generano ansia e malessere interiore; significa anche avere la consapevolezza che a camminare si fa un po’ di fatica, perché questo permette lungo la strada di non scoraggiarsi troppo facilmente; significa ancora nutrire in sé il desiderio intelligente e attento di lasciarsi istruire da qualsiasi frammento di verità e bellezza che è intorno, imparando anche a godere di tutto ciò che è bello senza limitarsi a vedere dappertutto solo il male. Mettersi in viaggio insomma è lasciarsi formare dalla vita per tutta la vita, sapendo che la responsabilità drammatica della propria scelta non può essere delegata.

Punto di arrivo di ogni tappa e dell’intero cammino dell’uomo è incontrare Dio che sale sulla croce ed entra nella morte perché in essa entra ogni suo figlio ed egli vuole portarlo in alto, con sé. È la croce del Figlio di Dio – l’evento più insensato della storia – che trasforma radicalmente l’assurdo in sensato e la morte in vita. In Gesù morto e risorto ogni uomo può incontrare il “cuore del mondo” e attorno al suo “centro vivo” far girare tutte le proprie forze interiori e riconciliarsi con la storia personale trovando il senso e il compimento ad ogni suo frammento. Anche se il senso è e rimane pur sempre avvolto nel Mistero.

 … e arrivare finalmente a Lui
Il mistero della Pasqua è dunque il modello, ma è anche il sapore, il tesoro prezioso di una vita offerta in dono. “Vi ho dato l’esempio, 20140321_65495_99-382488-000012hperché anche voi facciate come io ho fatto a voi” (Gv 13,15). Dà ad ognuno la certezza di essere amato e anche di poter e dover imparare ad amare nella verità. Chiede di non arrendersi all’evidenza della morte e di essere capaci invece di ascoltare ciò che il cuore ci fa desiderare e sperare senza mai mollare. Chiede in concreto di ri-centrare la propria vita su un amore capace di impastare il sogno con la realtà come fosse un pane. Pane da offrire e consumare insieme con l’animo in ginocchio davanti al mistero di ogni persona e con gesti che donano conforto, umanità, speranza; che scaldano il cuore e liberano la mente  dalle pesantezze del rammarico. Così soltanto – riflette Hetty Hillesum – si può sentire la propria vita e il proprio tempo rotolare armoniosamente nelle mani di Dio. Il risultato è una calma, un’energia e una pace interiore che dal profondo arriva in pienezza nella propria vita.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it