Archive for the ‘Giornate Mondiali’ Category

Infanzia muta, negata e violata

Giornate Mondiali | Posted by usmionline
mag 26 2010

 «Forse l’amore non basta per svegliare un bambino al mattino, per vestirlo, nutrirlo e metterlo a letto. Eppure chi può immaginare un’infanzia priva di amore?»

           (da Il bambino di Hope, di Andrew Bridge)

In tutto il mondo si calcolano 100 milioni -e secondo alcune stime anche 200 milioni- di bambini abusati, violati dalla guerra, arruolati come soldati nei tanti conflitti e privati di ogni elementare diritto. Niente scuola, niente giochi, niente infanzia.

Il nuovo rapporto dell’Onu, Children and Conflict in a Changing World, sui bambini e la guerra, fotografa una situazione agghiacciante dove sempre più piccoli innocenti, soprattutto nel terzo mondo ma non solo, ogni anno diventano vittime di arruolamenti forzati, detenzioni illegali e sfruttamento sessuale.

Le cronache recenti hanno ampiamente dato spazio agli abusi sessuali perpetrati su minori da parte di membri del clero della Chiesa cattolica, particolarmente in Irlanda e Germania, ma anche in Italia. Ci ha commosso la posizione di Benedetto XVI, che non ha gridato al complotto né si è difeso dietro le statistiche, ma ha parlato del “terrificante” fenomeno presentandolo come una persecuzione che viene dall’interno della Chiesa ed ha pianto, sofferto e offerto consolazione alle vittime. Ci ha mostrato, così, con forza il volto di una Chiesa che sa vedere le profondità delle miserie umane e non ha vergogna di chiamare le cose con il loro nome, anche se è ignobile e criminale.

Esistono questi bambini violati in un mondo che vuole definirsi civile e che proclama a piena voce la sua posizione a tutela dei diritti umani universalmente riconosciuti. Sempre spaventosamente silenziosa rimane invece la coscienza di chi non interviene a interrompere questa moderna strage degli innocenti e per ignoranza, paura o interesse, preferisce pensare che basti cercare di proteggere i propri bambini dalle insidie di internet, senza occuparsi di quelli che sono schiavi di un mercato criminale di impensabili proporzioni e ferocia. Bambini vittime due volte: della brutalità di chi viola la loro infanzia, e della cecità e indifferenza di chi non si accorge di loro.

La Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, che si festeggia il 12 giugno, è dedicata a loro, che rappresentano il futuro dell’umanità.

In questo nostro tempo tutto fluisce veloce e i punti stabili di riferimento sono sempre di meno. È necessario ritrovarli, più dentro che fuori di noi, per essere adulti maturi in grado di porsi davvero come termine di confronto per le giovani generazioni. L’adulto infatti è una risorsa che va liberata in funzione del bene comune. Dentro e fuori la Chiesa. L’emergenza educativa in questo senso è un problema che riguarda proprio tutti. Ma nel tema è insito un inestricabile nodo: educare è indispensabile/educare è irrealizzabile? O: educare si deve/ma si può? A dieci anni dall’entrata in vigore della Convenzione sul divieto del lavoro minorile, che fare? Quale discernimento? Quale proposta?

Certamente il territorio per i cristiani è lo spazio in cui essi, innestati nella comune vicenda dei popoli, sono chiamati a vivere la storia senza evasioni e ad esercitare la propria responsabilità per edificare la polis insieme agli altri uomini.

L’impegno è quindi a ritrovare, attraverso spazi di confronto e di esperienza, quella capacità di interpretare la storia, che fa riscoprire la gratuità e il servizio del prossimo come una via per incontrare Cristo e come strada per la felicità. Per tutti.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it

Domande che attendono risposta

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
mag 17 2010

Essere testimoni digitali! L’invito rivolto a tutti i partecipanti del convegno che si è svolto dal 22 al 24 aprile scorso intitolato: «Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale». Questo invito si presenta per me come una sfida dai contorni non ancora ben delineati: come essere testimone missionaria in questo nuovo umanesimo digitale? Quali spazi per la parola del Vangelo nei social network e in quale modo annunciarla? Sono una giovane Missionaria dell’Immacolata (PIME) che lavora nel campo delle comunicazioni sociali e che tra qualche mese partirà per il Brasile. Ho partecipato al convegno con l’intento di ricevere un aggiornamento nel campo della comunicazione e di ritrovare colleghi e amici. Ne sono uscita con tante domande e con il desiderio di  continuare la riflessione sul mio impegno in questo campo.

Ho appreso con gioia i risultati della ricerca svolta da Chiara Giaccardi e dai suoi colleghi dell’Università Cattolica di Milano che hanno presentato un volto dei giovani “nativi digitali” meno negativo rispetto a quelli solitamente delineati; un volto che, nonostante tante fragilità, fa ben sperare per il futuro nella capacità di gestire i media e di non lasciarsi travolgere dal vortice comunicativo. 

Ho ascoltato con interesse gli interventi dei vari relatori e testimoni che si sono susseguiti nei tre giorni  e in particolare la riflessione del gesuita Antonio Spadaro sul rapporto tra internet e teologia.

La Chiesa è chiamata ad interrogarsi sull’ambiente culturale di internet che «determina uno stile di pensiero e crea nuovi territori e nuove forme di educazione, contribuendo a definire anche un modo nuovo di stimolare le intelligenze e di stringere le relazioni, addirittura un modo di abitare il mondo e di organizzarlo», dice Spadaro. Un nuovo ambiente culturale che contribuisce a far nascere un’antropologia nuova a cui siamo chiamati come Chiesa ad andare incontro per annunciare la Parola che salva. Un nuovo ambiente che pone delle domande anche alla struttura stessa della Chiesa e al suo pensiero teologico: essere radar o decoder, essere connessi o in comunione, essere fili di rete o tralci di vite, emittenza o testimonianza, codice proprietario o aperto? Sono alcune delle domande che si presentano come sfide a cui far fronte nell’era della comunicazione digitale.

La parola gratitudine esprime bene i miei sentimenti alla conclusione del convegno. Grazie agli interventi competenti dei relatori, alle esperienze vissute dei testimoni e a Dio che continua a condurre l’umanità per le Sue strade.

                            Emanuela Nardin, Missionarie dell’Immacolata

Insieme nel digitale

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
mag 13 2010

 

 Il verbo che caratterizza la chiesa fin dalle sue origini è: Testimoniare.

I cristiani sono coloro che sono chiamati a testimoniare, cioè a raccontare l’incontro con il Cristo che “mi ha amato così tanto da dare se stesso per me!”. È questa gioia, questo fascino, questo innamoramento che rende il testimone esperto di comunicazione. L’incontro personale, fatto di parole, di gesti, di sguardi, rimane per il cristiano il punto forte, il centro del suo annuncio kerigmatico e gioioso.

Il convegno “Testimoni Digitali” ha ribadito e sottolineato tutto questo, ma ha guardato anche la realtà. Perché essere cristiani vuol dire esserlo ora, qui e oggi, in questo contesto storico, culturale e sociale. Questo è stato l’impegno degli apostoli, di Pietro, di Paolo: andare tra le genti.

Anche oggi la Chiesa è e deve essere tra le genti segno di un amore totale e senza condizioni. Ma come arrivare, come raggiungere l’uomo di oggi? Percorrendo le stesse strade che l’uomo percorre, andandogli incontro sulla stessa lunghezza d’onda, per far emergere la luce e lo splendore, la meravigliosa impronta di Dio che lo attraversa.

Il convegno ha rilanciato tutto questo incoraggiando gli artigiani della pastorale alla ricerca appassionata, allo studio attento, a creare spazi di competenze in questo continente della comunicazione.

Credo che, se stiamo insieme, tutto questo può funzionare. Perché noi siamo quel corpo che, avendo come capo il Cristo, lavora e si dà da fare per l’avvento del suo regno. In questo corpo-chiesa, tutte le membra sono necessarie e utili a rendere efficiente ed efficace la sua missione di testimone.

Questo essere insieme, questo essere Chiesa, manca ancora alla nostra Chiesa.

Si parla di comunione, di comunità, ma, poi, in realtà tendiamo ad esaltare ciò che ‘ci’ appartiene e a dimenticare quello che molti altri compiono.

Voglio sottolineare che nel tanto che ci è stato donato, è mancato a livello generale, il riconoscimento di quello che nella chiesa fanno, nel settore della comunicazione, i religiosi e le religiose. Non dico questo per un desiderio di vanto o di vanagloria, ma perché è insieme che facciamo bella la chiesa.

Non era forse questo il fascino delle prime comunità cristiane? La simpatia che i gentili e i pagani avevano nei loro confronti, non era proprio nel vederli stare insieme, nel mostrarsi tra le genti come un cuor solo e un’anima sola?

Testimoni digitali con un cuor solo e un’anima sola. Il cuore, che nasce dal Cristo morto e risorto per noi. L’anima, cioè la passione per l’uomo di oggi, per la sua ricerca di verità e di giustizia, di pace e di fraternità. Ecco il cammino che insieme alla tecnica la chiesa deve imparare a percorrere con umiltà, avendo il coraggio, se necessario, di ricominciare sempre da capo con la speranza che lo Spirito che il Cristo morente ha donato non verrà meno.

                            suor Piera Cori – pastorella

A casa nella mia Chiesa

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
mag 10 2010

Eravamo in tanti al Convegno ecclesiale Testimoni digitali, provenienti da tutta Italia e tutti impegnati in vario modo nel mondo della comunicazione digitale o almeno “sensibili” alle varie opportunità che vengono offerte dalle nuove tecnologie. Abbiamo ascoltato sollecitazioni singolari, conosciuto esperienze interessanti, ci siamo confermati sui cammini intrapresi. Come Figlia di san Paolo, che opera nella Chiesa e nel mondo con un carisma ben specifico “annunciare il Vangelo con tutti gli strumenti della comunicazione sociale”, mi chiedo quale idea-forte conservo del Convegno, quale germoglio dovrò curare perché esso fiorisca e diventi fiore e frutto.  Infatti, dice Gesù: “… dai frutti li riconoscerete”. Sintetizzo l’esperienza vissuta in tre punti.

Al Convegno mi sono sentita a casa. E più volte, dentro di me, ho espresso grande riconoscenza non solo alla Chiesa ufficiale ma soprattutto al popolo di Dio rappresentato da tanti sacerdoti, religiosi e laici lì convenuti. Finalmente, permettetemi di dirlo, si considerano la modernità, le nuove tecnologie, il mondo della comunicazione in genere, non come realtà da guardare con sospetto e da demonizzare ma come opportunità, “luoghi teologici”, ambienti da abitare con responsabilità e naturalezza perché ci appartengono. Non si tratta, infatti, di scegliere un metodo o un altro per annunciare il vangelo, ma significa essere presenti, portare l’annuncio là dove la gente vive, soffre, ama, lavora, si diverte, ecc. Certo non sono ancora territori abitati da tutti, come d’altronde non lo sono più le parrocchie, ma sono spazi che saranno popolati e visitati sempre più.  E’ stato bello, lo confesso, perché, almeno questa volta, non ho dovuto giustificare e motivare a nessuno il mio essere “religiosa, consacrata a Dio” che opera nel mondo della comunicazione. Esercitare la “diaconia della cultura”, ha detto il nostro papa Benedetto XVI.  Grazie, santità, che sigilla un nostro modo di essere e operare da sempre, per vocazione. Questo è la prima e bella sensazione che porto con me. Sentirmi a casa nella mia Chiesa.

Come starci?

Anche se alcuni interventi, a mio avviso, si sono attardati nel ribadire la necessità di utilizzare le nuove tecnologie per l’evangelizzazione, (ciò significa che il concetto non è stato ancora pienamente assunto) ho colto lo sforzo di spingere in avanti la riflessione soprattutto da parte dei rappresentanti della Chiesa ufficiale: mons. Mariano Crociata,  mons. Claudio Maria Celli, mons. Angelo Bagnasco, ecc.  Internet, ci hanno detto, non è un mezzo da assumere perché altri sono diventati man mano obsoleti. No, internet è una cultura, un ambiente, un continente digitale. Non diciamo più, allora, che dobbiamo esserci in questi territori, è assodato perché, in forza dell’incarnazione, nessun luogo ci è precluso. Chiediamoci invece: Come esserci? Come starci? Domanda a mio avviso fondamentale cui non sarà mai data una risposta risolutiva.

Testimoni

Da Testimoni, suggeriva il tema del Convegno. Cioè da persone che hanno incontrato Gesù nella loro vita, sono state trasformate e ora desiderano condividere e comunicare anche ad altri questa esperienza forte, perché una cosa bella non si tiene per sé. Ma abbiamo questa esperienza forte da condividere? O pensiamo sia sufficiente annunciare una filosofia di vita, anche se evangelica, una morale cui attenersi, una serie di comandamenti cui obbedire? Forse per questo papa Benedetto XVI insiste continuamente sulla necessità di coltivare l’amicizia con Gesù, sulla preghiera intesa come colloquio personale e quotidiano con lui…  

Condividere e comunicare anche ad altri. Il desiderio di non tenere solo per noi ciò che abbiamo “visto e udito”ci porta a cercare gli altri, ad andare loro incontro, a condividere i loro spazi. Ma senza pesantezze, moralismi, affaticamenti. Se si vive una bella realtà, si comunica in maniera spontanea, senza artifici e costrizioni, con l’unico desiderio che anche altri possano sperimentarla ed essere felici come noi. Solo questo, a mio avviso, può motivare una vita che si “prende cura” e va continuamente “alla ricerca” degli altri. “Quante volte vi ponete l’interrogativo: come cammina, dove cammina, verso quale meta cammina questa umanità che si rinnova continuamente sulla faccia della terra? Sarà salva, sarà perduta per sempre” ci diceva quasi cento anni fa il nostro fondatore, Giacomo Alberione.

Coltivare la passione per l’uomo

…Lo ribadisce il papa. Un uomo molto diverso da quello di 50, 20, 10 o anche solo 5 anni fa. Un uomo che sta formando la propria coscienza (la parte più sacra del suo essere) e costruisce la sua persona immerso nel continente digitale, sollecitato da mille input e spesso disorientato. Questo è l’uomo da amare, l’uomo a cui annunciare le meraviglie della vita nuova che abita in noi. Ma non è un uomo lontano, da studiare e analizzare a tavolino. Quest’uomo lo conosciamo bene perché siamo noi, perché anche noi respiriamo e viviamo in questa realtà digitale e siamo tutti compagni di un viaggio che stiamo facendo insieme.

Passione per Dio e per questa umanità, il germoglio che coltiverò perché diventi fiore e frutto.

Sr Nadia Bonaldo

 

L’esperienza on-line di Nadia Bonaldo

«Il Vangelo nella cultura della comunicazione». Lo slogan, che campeggia sulla home page del sito www.paoline.it, è tutto un programma. Anzi, è proprio “il” programma delle Figlie di San Paolo, la congregazione femminile fondata dal beato Giacomo Alberione nel 1915 e impegnata a tutto campo nell’evangelizzazione con i mezzi della comunicazione sociale. Il sito, uno dei primi messi on-line da religiose, risale al 1995 ed è stato rinnovato non più tardi del 2008. Suor Nadia Bonaldo (vedi foto) ne è la responsabile, coadiuvata da una consorella e da circa 20 collaboratori esterni. «Don Alberione», spiega la religiosa, «ci invitava ad annunciare il Vangelo con ogni più moderno mezzo che la tecnica mette a disposizione. Oggi, questo mezzo non può che essere internet».

Le suore Paoline gestiscono numerose librerie, oltre che una casa editrice (con il noto marchio Paoline). Le religiose animano poi varie attività di promozione e formazione, tra cui il Festival della comunicazione, la cui organizzazione è cogestita con i loro confratelli Paolini.

«Nel sito», prosegue suor Nadia, «utilizziamo rubriche di attualità e di cinema, notizie sulle pubblicazioni e interviste con i nostri autori, comunicazioni su eventi culturali organizzati dalle nostre librerie o da altre istituzioni».

I numeri sono degni di tutto rispetto: 5 mila visite settimanali, per una media di tre minuti di permanenza per pagina. Le pagine più visitate sono quelle dove si può scaricare un file Mp3 con la liturgia del giorno. Quasi a dire che la liturgia della vita, cioè la quotidianità, e la liturgia della Chiesa si sposano bene anche in rete.                                                                       S.St.

(da Famiglia Cristiana, n. 19 – 19 maggio 2010, pag. 73)

Progettare e operare insieme

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
apr 30 2010

Il convegno “Testimoni Digitali” mi ha fatto rivivere con  gioia l’esperienza fatta a “Parabole Mediatiche” (7-9 Novembre 2002), dove la Chiesa che è in Italia per la prima volta ha chiamato a raccolta le varie entità presenti nel mondo della comunicazione e della cultura  per confrontarsi con i nuovi mezzi di comunicazione.

Tale esperienza è stata ulteriormente e, secondo me, qualitativamente approfondita nel Convegno appena concluso che ha posto l’accento non tanto sui mezzi, quanto sugli “intagliatori di sicomori”, cioè sui soggetti che li usano, così che essi, con cuore credente, diventino testimoni digitali.

 Ho rilevato con gratitudine come la Chiesa, nelle sue varie espressioni, dal 2002 in poi abbia consolidato e qualificato la sua presenza in rete, quella che Giovanni Paolo II,   considerandola  un’opportunità, aveva chiamato «areopago moderno».

La partecipazione delle religiose a questo Convegno, anche se ancora piuttosto limitata, ha superato certamente la sparuta presenza  di “Parabole Mediatiche” e fa ben sperare che qualcosa di positivo possa essere  progettato ed effettuato insieme. Durante il Convegno è risuonato in molti modi che la “posta “ in gioco del “continente digitale” dove la gioventù naviga a suo agio per intessere relazioni,  è troppo importante per lasciare i giovani in balia di giochi di potere e dei colonizzatori della rete.  I “nativi digitali” – ossia le generazioni cresciute connesse alle nuove tecnologie – ne hanno assunto il linguaggio veloce, essenziale e pervasivo; nuotano in una comunicazione orizzontale, decentrata e interattiva; si muovono in una geografia che conosce la trasversalità dei saperi ed espone a una pluralità di prospettive.

Infatti sono rimbalzate a più riprese le parole “fede, discernimento, decoder, educazione, confronto, testimonianza, missionarietà”:  

1.     in rapporto al soggetto che deve essere un testimone efficace, abilitato a un linguaggio capace di risvegliare i sensi, di riaccendere le domande sulla vita, di mostrare un Dio dal volto umano, di proporre la fede in modo non esterno alle battaglie e alle speranze degli uomini, perché questo è tempo di verità, di trasparenza e di credibilità;

2.  in rapporto alla Rete che in un certo senso, rappresenta per noi gli “estremi confini della terra” che il Signore Gesù domanda di abitare in nome della nostra responsabilità per il Vangelo. La nostra è anzitutto testimonianza di Gesù, cioè capacità di rimandare, di rinviare alla trascendenza della sua opera e della sua missione… continuare a far sì che nessuno si senta privato della vicinanza di Dio e della sua consolazione che promette “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28.20)

Alla fine del Convegno Papa Benedetto XVI, confortato dalla presenza di tanti operatori della comunicazione e della cultura, convenuti nell’ Aula Paolo VI, ci ha invitato a “qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete… offrendo agli uomini che vivono questo tempo «digitale» i segni necessari per riconoscere il Signore…. La rete potrà così diventare una sorta di “portico dei gentili”, dove “fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto…Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale”.

Sr Maria Rossoni, fdcc

Per un nuovo umanesimo digitale

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
apr 26 2010

3 giorni di lavori. 1300 partecipanti. 25 relatori. 450 mila gli accessi al sito del convegno.

 

 Il Convegno Nazionale Testimoni Digitali: volti e linguaggi nell’era crossmediale, promosso dalla CEI e svoltosi a Roma dal 22 al 24 aprile 2010, è stato per me (come penso per i tutti i partecipanti e operatori della cultura e della comunicazione) l’esperienza di un convenirecoinvolti nello stesso respiro ecclesiale – per sintonizzarsi e ripartire insieme, con l’ambizione di servire e con l’impegno a restituire densità alle relazioni leggere della rete.

Ho colto nei relatori e nei presenti: consapevolezza di ciò che sta a cuore al cristiano, chiamato alla piena comunione con Dio e con i fratelli; impegno per condividerlo; entusiasmo e convinzione; passione per l’uomo del nostro tempo digitale e desiderio di essere per lui testimone, umile e semplice, di speranza.

Ho visto su tanti volti la fatica e la voglia di partecipare; di offrire e di accogliere testimonianze, idee, contributi; di intessere relazioni.

In sintesi: è stata per me l’esperienza di ciò che il Santo Padre, a conclusione del Convegno, ha augurato a tutti: l’occasione per nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto, rimanendo molto attenti a non precludersi alcuna strada pur di raggiungerlo.

Internet è un modo di vedere il mondo e di abitarlo e la diaconia della cultura digitale oggi non solo è utile, ma necessaria.

Essere e fare in rete

Compito del cristiano di fronte alla sfida del continente digitale – è stato più volte ribadito durante il Convegno – non è quello di occupare in esso degli spazi, di colonizzare.

È invece suo compito lasciare tracce riconoscibili, dare spessore, anima e vita alla rete; adoperarsi per un nuovo umanesimo in cui il valore e l’essenza della persona tornino ad essere di nuovo protagonisti, smantellando i falsi modelli.

Non basta più oggi parlare di comunicazione. Bisogna farla. E farla non perché inebriati dal potere seduttivo della tecnologia, ma nell’autenticità di ciò che siamo e imparando l’ascolto per riconoscere le domande vere del contesto. Siamo infatti interrogati da ciò che accade ovunque. E tutto ciò che accade nella Chiesa, prima ancora, ci/mi riguarda direttamente, perché ognuno di noi è il volto, la voce, il corpo della Chiesa.

Connessione perciò è dare voce, nell’agorà del digitale, a una fede vissuta. Il tutto nell’arte di un confronto sempre intessuto di rispetto. La Chiesa riuscirà così a far trapelare anche attraverso le nuove tecnologie il suo sguardo assolutamente originale sulla realtà: lo sguardo della fede.

Obiettivo per noi perciò non è il mezzo web, ma la comunicazione con questo ambiente e l’evangelizzazione attraverso la propria testimonianza.  

Sono queste oggi le nostre strade. È compito di tutti (e non solo degli addetti ai lavori!) diventare comunicatori allenati, equipaggiati in autorevolezza, competenti nel leggere, interpretare e usare i nuovi media. La voce del testimone infatti va addestrata perché riesca a comunicare in maniera fluida, integrata e spirituale.

Con la stessa passione

Vorrei chiudere questa prima puntata sui temi affrontati dal Convegno Testimoni Digitali e sulle sue risonanze, lasciando ancora la parola a Benedetto XVI:

I media possono diventare fattori di umanizzazione non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali.

Non ci resta allora che prendere il largo nel mare digitale, senza timori, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa.

                            Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

La vocazione è “bella notizia”

Giornate Mondiali, Vocazione | Posted by usmionline
apr 16 2010

25 aprile 2010: 47a Giornata Mondiale di preghiera per le Vocazioni (GMPV)

«Abbiamo bisogno di uomini che attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo. Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini»  (Card. J. Ratzinger)

Il Papa, per la GMPV 2010, ha fatto pervenire a tutte le Chiese un Messaggio che si declina intorno al tema La testimonianza suscita vocazioni. Lo slogan, proposto dal Centro Nazionale Vocazioni della CEI, è Ho una bella Notizia! Io l´ho incontrato… I testi biblici di riferimento sono: Gv1,35-51; 1Gv 1,1-4.

L’appuntamento del 25 aprile è una sfida radicale alla pastorale -e prima ancora alla vita- delle nostre comunità cristiane, per un annuncio forte e chiaro della bellezza di un incontro con il Signore. È invito ad offrire a tutti la grazia della vocazione, che nasce dalle ginocchia e dal sacrificio (Bagnasco); a privilegiare nel rapporto con il Signore e con tutti la via dell’ascolto; ad essere persone felici di vivere la polifonia dell’amore senza mezze misure, nella radicalità e totalità del cuore.

Sulla via di questo appuntamento c’è il richiamo alla solidarietà della preghiera: fragilissima e spesso incompresa forma di prossimità e di condivisione; fulcro e cardine di tutta la pastorale vocazionale; rete di speranza, di affetto, di impegni; luogo per riconoscere la Presenza che, alle soglie del mistero, diventa Incontro e gioia. 

Narratori del vangelo della vocazione

Ci si percepisce, così, parte di un disegno d’Amore più grande da sempre custodito nel cuore di Dio e portatori della “buona notizia” di cui ogni persona (giovane o meno giovane) sente un profondo bisogno nella sua ricerca di senso. Intanto abbiamo bisogno di riscoprire la forza e la gioia del dono della “consolazione”. Di riannodare i fili spezzati che a volte ci ritroviamo fra le mani, per fare spazio in noi ad un cuore riconciliato, in pace con se stesso e meno frammentato.

Il mondo vuole sentire l’eco della gioia che le opere di Dio provocano in noi. E vuole vederci compiere quell’opera convincente (e che sa di miracolo in un contesto come quello attuale segnato da dissidi e divisioni!): l’unità che nasce da una comunione affettiva ed effettiva.

Il vero testimone e narratore della vocazione conosce il piacere della chiamata e non guarda all’esito della sua missione e del suo servizio, ma vive e propone in maniera semplice e appassionata la propria   testimonianza, che è:

Esemplarità di un’esistenza percepita come vocazione ed esperta nell’arte di quel dialogo che illumina e accompagna. E non come una forma di auto testimonianza.

  • Disponibilità a ‘gettare’ il patrimonio della propria vita per il Signore sapendo che chi si risparmia si perde. E non un ripiegamento egoista su se stessi.
  • Capacità di relazione profonda e rispettosa, che mette in campo la forza della sapienza del cuore. E non solo annuncio di parole.
  • Presenza, nei luoghi dove i ragazzi vivono e le famiglie sperimentano la fatica e la precarietà di un cammino educativo. E non solo un passare accanto senza vero coinvolgimento.
  • Crescita nell’esperienza della fiducia e della lettura positiva della vita. E non di giorni condizionati dalla sindrome del tramonto.
  • Capacità di portare tra i giovani l’annuncio che essi attendono da noi: resta soltanto ciò che abbiamo portato fuori di noi; il resto si corrompe.

È bello e consolante sentirsi “chiamati”. La GMPV è una buona occasione: prima di tutto per innalzare al Signore un personale grazie per la specifica vocazione di ognuno; per un cammino di riflessione, di incontri con alcuni personaggi del Vangelo, attualizzati con un linguaggio fresco e creativo; per possibili “week-end di spiritualità” o per un breve corso di Esercizi spirituali vocazionali.

In secondo luogo la Chiesa intera, in questa giornata, prega per il dono di nuove vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale, prega per tutti i consacrati e ministri, prega in particolare per i giovani perché accolgano con fiducia l’appello del Signore: «Seguimi!»

 Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

» Intervista a sr. Paola Montisci, o.p. – Consacrarsi oggi

 

 

LA NOSTRA PASQUA

Vita Consacrata | Posted by usmionline
mar 30 2010

«Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto» (Gv. 20,18)

L’incontro straordinario con il Signore risorto accanto al luogo in cui doveva essere trovato morto, sconvolge la vita  di Maria di Magdala. È molto logico il suo amore per il Maestro, ed è ancora più normale il diritto di cercarlo dal momento in cui, amara scoperta, la tomba si presenta vuota ai suoi occhi. Quel corpo appartiene al suo maestro e quindi in qualche modo appartiene anche a lei che avverte il diritto/dovere di continuare a vederlo e a cospargerlo di oli profumati, unico modo e segno che le rimaneva per continuare a dirgli il suo amore riconoscente.

Maria!

E invece il Maestro è lì, in piedi, vivo, che la chiama ancora una volta per nome, che le dona, risorto, la possibilità di lasciarsi incontrare da Lui nella pienezza della verità. Maria però non è ancora pronta per riconoscerlo perché continua ad essere troppo concentrata nei propri ragionamenti e nei propri sentimenti possessivi.

Finalmente quella voce, quel suo nome pronunciato così soavemente da “colui che credeva fosse l’ortolano” le scavano nel cuore una sorgente zampillante di acqua viva e di vita nuova che non si essiccherà mai più.

Maria diviene, in quel momento, la donna dell’annuncio pasquale: il Signore è vivo, io l’ho visto, io l’ho ascoltato, io l’ho incontrato!

Diviene la donna della speranza.

Incontrare il Signore! Ecco la nostra Pasqua!

Il Signore risorto ha sempre l’iniziativa dell’incontro e, quando ci si lascia incontrare facendo cadere ogni difesa, l’incontro diviene l’evento che cambia la vita.

Penso a Zaccheo, alla donna peccatrice nella casa di Simone, all’emorroissa, a Simone in riva al lago, a Maria di Nazareth, a… ciascuno di noi.

Non siamo forse risorti quel giorno in cui abbiamo udito pronunciare il nostro nome e, con il cuore che ci ardeva nel petto ascoltando la sua parola, abbiamo iniziato il nostro santo viaggio; il nostro continuo passaggio dalla morte alla vita nell’avventura quotidiana della carità? «Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i nostri fratelli» (1Gv 3,14).

Il Signore risorto, nelle sembianze dell’ortolano, del povero, di chi cerca amore e verità, di chi è oppresso dall’ingiustizia, di chi è sfruttato e abusato, di tutti coloro che gridano, ci chiama per nome in ogni giorno ed è il nostro mattino di Pasqua. E così diveniamo prolungamento di quel primo annuncio. In me, in te in tutti noi, Maria di Magdala può continuare a correre per le strade del mondo oggi; testimoni di un incontro che ferendoci il cuore genera in noi la compassione e la gioia di gridare a tutti che Cristo è davvero risorto, è vivo, cammina in mezzo a noi ed è la speranza vera per chi lo cerca. Sì, perché lo abbiamo visto e udito.

Buona Pasqua di Resurrezione!

      M. Viviana Ballarin, op

Presidente USMI nazionale

Verso la Giornata delle comunicazioni sociali: 16 maggio 2010

Giornate Mondiali | Posted by usmionline
mar 17 2010

«I media oggi globalizzano la paura, ma potrebbero anche globalizzare la speranza. Perché non li usiamo per unire i cuori e dividere i beni?» (Chiara Lubich)

E’ davvero la realtà che suggerisce le notizie a chi opera nel mondo della comunicazione in Italia? Sono, questi operatori, in rapporto reale, con il territorio, con la gente? Raccontano ancora i fatti, aiutano a conoscere per pensare e deliberare? Oppure si trovano instradati in percorsi obbligati ad offrire notizie pruriginose e interessate; a parlare di una realtà già preconfezionata, apparentemente fatta solo di spettacolari notizie e denunce e storie, ciascuna delle quali con la pretesa di un’attenzione esclusiva? Ma allora il giornalista è un servitore del padrone del momento? E il suo lavoro ha ancora una sua dignità?

Il Seminario per giovani giornalisti organizzato da Redattore Sociale e che si tiene tutti gli anni nel mese di novembre a Capodarco nelle Marche, quest’anno ha scelto come titolo provocatorio Disorientati: lo smarrimento dell’informazione, che provoca nei giornalisti la forzatura della realtà. Il giornalismo in Italia in realtà sta cambiando. E non solo nel rapporto con il pubblico, nelle pratiche, nell’introduzione di nuove tecnologie. Stanno diminuendo anche il suo status, la sua forza, la capacità – attribuitagli con un po’ di retorica, ma essenziale – di difendere i deboli sorvegliando i forti.

Ci chiediamo come vivere un’adeguata cultura della comunicazione a partire dal messaggio del Papa per la Giornata mondiale delle comunicazioni.

Non possiamo infatti permettere che a vincere sia il pessimismo. Gli operatori della comunicazione svolgono ancora un ruolo intellettuale determinante per la diffusione dell’informazione, da sempre “bene comune”. Per chi opera nei media si tratta di acquisire, per così dire, il “fiuto” dell’amore, per coglierlo ovunque ce n’è traccia (G. Boselli)

Il Messaggio per la 44.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali guarda ai sacerdoti e alle potenzialità pastorali dei media. Il tema scelto ha per titolo Il sacerdote e il ministero pastorale nel mondo digitale. I nuovi media a servizio della Parola.

In esso i sacerdoti sono incoraggiati ad affrontare «le sfide che nascono dalla nuova cultura digitale». Se conosciuti e valorizzati adeguatamente i mezzi di comunicazione sociale «possono offrire ai sacerdoti e a tutti gli operatori pastorali una ricchezza di dati e di contenuti che prima erano di difficile accesso, e facilitano forme di collaborazione e di crescita di comunione impensabili nel passato». Grazie ai nuovi media -spiega una nota ufficiale del Consiglio Pontificio- «chi predica e fa conoscere il Verbo della vita può raggiungere con parole, suoni e immagini -vera e specifica grammatica espressiva della cultura digitale- persino singole e intere comunità in ogni continente, per creare nuovi spazi di conoscenza e di dialogo giungendo a proporre e realizzare itinerari di comunione».

La comunicazione è un’arte che si impara. A Capodarco è stato detto che occorre rilanciare la professione con creatività e, soprattutto, con dignità. Con un unico obiettivo: essere giornalisti nonostante. Perché rispondere alla crisi della professione è possibile. Sono indispensabili però autonomia, perseveranza, studio e la volontà di investire su se stessi e sulla propria crescita umana. In nome di una riscoperta autentica della realtà e dei fenomeni sociali, troppo spesso mal-trattati, e di un rinnovato senso della responsabilità sociale del fare comunicazione. Una professione nella tempesta (così è stata definita), ma che resta bella e possibile.

L’incertezza invece su come sarà il prodotto informazione nel futuro immediato rimane grande. Chi raccoglierà le notizie? Quanto e come saranno pagate? Come saranno diffuse? In base a quali interessi verranno selezionate? Di quali aspetti tener conto?

Certo bisogna tornare sul territorio, perché è la realtà che deve suggerire le notizie; ritornare verso la gente per raccontare il reale con dignità, ricordando che le notizie deboli (spesso definite sociali) permettono di leggere meglio le notizie forti, e di capire fenomeni più complessi. Soprattutto è necessario usare al meglio il primo e più valido mezzo di trasmissione: noi stessi, altrimenti i mezzi (vecchi e nuovi) non servono a niente. Non solo comunicare, quindi, ma “darsi” nella comunicazione.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it

46a SETTIMANA SOCIALE dei CATTOLICI

Comunicazioni Sociali | Posted by usmionline
mar 04 2010

Si svolgerà dal 14 al 17 ottobre 2010, a Reggio Calabria, la 46a Settimana Sociale dei cattolici italiani, sul tema Cattolici nell’Italia di oggi. Un evento ecclesiale atteso, un punto di incontro e di riflessione per il mondo cattolico, che – in questo inizio di un nuovo decennio carico di tensioni e contraddizioni sul piano sociale, politico, economico e culturale – è ancora chiamato a prepararvisi.

Scriveva Paolo VI nella lettera apostolica Octogesima adveniens:

«Spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del vangelo, attingere principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione nell’insegnamento sociale della Chiesa [...], individuare – in dialogo con gli altri fratelli cristiani e con tutti gli uomini di buona volontà – le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche che si palesano urgenti e necessarie in molti casi».

Storia di un impegno che continua

Le parole di Paolo VI riassumono ed esprimono lo spirito che muove le “Settimane Sociali dei cattolici italiani” fin dalle loro origini, nel 1907. Esse entrano nella storia della Chiesa italiana in un momento particolare e sotto la guida di personalità come Giuseppe Toniolo, il cardinale Pietro Maffi e Pio X, che, salito da pochi anni al soglio pontificio, le incoraggia con la sua attenzione. La scelta «sociale» è in particolare il risultato della profezia di Toniolo, che sa intercettare l’evoluzione del movimento cattolico dell’Italia post-risorgimentale.

Le prime Settimane Sociali si occuparono di temi molto concreti – dai contratti di lavoro alla condizione delle popolazioni rurali – perché il movimento cattolico stava portando su questi terreni il proprio impegno. Toniolo intuì che questo era il modo di preparare un futuro impegno pubblico della Chiesa a fianco delle sue fasce meno garantite. Allora i cattolici si ispiravano praticamente solo alla Rerum novarum. Noi oggi abbiamo a disposizione cento anni di magistero sociale, fino alla Caritas in Veritatedi Benedetto XVI. A noi è richiesto, oggi come allora, un contributo di pieno inserimento nella vita sociale, di competenza scientifica e sintonia con il magistero ecclesiale; di entrare profondamente nelle strutture culturali, politiche ed economiche della nostra società per poter costruire una società più giusta e attenta al primato dell’uomo.

Il biglietto di invito per la prossima settimana sociale

Il biglietto d’invito alla 46asettimana sociale di Reggio Calabria, redatto nell’aprile 2009 dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane, è rivolto a tutto il mondo cattolico e non solo; agli uomini e alle donne che vivono la fede cristiana e, per mezzo loro, a ogni uomo e ogni donna che, nei limiti delle proprie forze, sono solleciti nella responsabilità per il paese e, attraverso questo, per la più vasta comunità umana. Il riconoscimento della dignità e della libertà di ciascuna persona – vi si legge ancora – è oggi così minacciato da provocare tutte le nostre responsabilità.

Tre sono le parole-chiave del ‘biglietto’: speranza, responsabilità e agenda.

Speranza(e non ottimismo): la capacità, cioè, di discernimento e di scelte per vedere le cose nuove che, pur nella crisi, animano la società.

Responsabilità, a partire dalla consapevolezza espressa da Benedetto XVI a Cagliari: serve una nuova generazione di cattolici capaci di assumersi responsabilità pubbliche.

Agenda,che non è un programma politico, economico, culturale, ma un sommesso e umile invito ad uno sforzo di discernimento per dare un ordine ai problemi gravissimi del Paese.

Agenda della speranza per il futuro del paese

Alla ‘speranza’ si unisce  il termine ‘agenda’ – spiega S.E. Mons. Arrigo Miglio, Presidente dello stesso Comitato scientifico e organizzatore - perché vorremmo definire i contenuti di una agenda di problemi prioritari con cui le istituzioni e i gruppi sociali siano chiamati a misurare le proprie responsabilità. La funzione di questa agenda dovrebbe essere quella di indicare un numero significativamente ridotto di punti di attacco alla crisi attuale del Paese. Un invito quindi all’intero laicato cattolico a farsi promotore – attraverso il discernimento e il confronto – di una ordinata concentrazione dell’intera comunità nazionale su una lista corta di problemi cruciali da inquadrare in una prospettiva che individui già uno spazio dentro il quale condurre la ricerca delle soluzioni.

Si entra così anche nella crescente attenzione che la Chiesa italiana riserva alle dinamiche educative.
Perché è difficile immaginare che in una agenda di problemi cruciali per il Paese non trovi spazio qualche elemento dei processi e delle istituzioni educative.

Presentata a Roma la “Lettera di Aggiornamento” per un cammino di discernimento

Nuovo aggiornamento nel percorso di avvicinamento all’appuntamento di ottobre prossimo. Il 5 febbraio 2010, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta nella sede nazionale dell’Azione Cattolica a Roma, è stata presentata la Lettera di Aggiornamento per un cammino di discernimento come un passaggio ulteriore verso la definizione dell’agenda che detterà i lavori della Settimana sociale. La lettera ribadisce la responsabilità di provare a declinare la nozione di “bene comune” in una “agenda di speranza” e di necessità per “tornare a crescere”.

Franco Miano, Presidente dell’Azione Cattolica Italiana, ha illustrato la mobilitazione dell’Associazione, che presiede, con incontri e convegni pubblici in sedici regioni italiane. La possibilità di ‘tornare a crescere’, nel nostro Paese, dipende dalla capacità di mettere o rimettere in gioco altre energie sociali, capaci di modificare gli equilibri in cui ci troviamo e generare più opportunità per tutti e per ciascuno.

Per rigenerare la polis bisogna rilanciare un condiviso senso del bene comune. Ripartire dai giovani, dall’educazione, dal lavoro e dalla famiglia. In particolare l’educazione è il primo veicolo per salvaguardare il patrimonio distintivo dei valori e dei saperi di una società, ma anche il suo patrimonio di conoscenze tecnologiche e di cultura d’impresa. Il triste primato che possediamo fra i paesi dell’OCSE nel numero dei giovani della generazione né-né (che non lavorano e non studiano) va al più presto superato. Ridare autorità agli insegnanti e ai genitori, valorizzare e integrare l’immigrazione evitando irenismo e razzismo. Riguardo alla vita politica e democratica del Paese, vi è un elevato grado di disinformazione e disinteresse soprattutto fra i giovani. È necessario uno sforzo per informarsi in modo critico così da elaborare efficacemente il proprio pensiero. Sono questi alcuni dei punti indicati dal Comitato scientifico e organizzatore della 46ª Settimana sociale dei cattolici italiani.

Il punto da cui partire dunque è il bene comune come vita retta per tutti, come elemento unificatore di una società pluralista, come orizzonte etico che precede la politica.

Obiettivo finale: realizzare un contributo, in vista della Settimana Sociale di ottobre, che tenga conto del percorso compiuto. E aiutare il mondo cattolico a trovare moduli operativi per affrontare i problemi attuali e lavorare al futuro del paese

‘Riprendere a crescere’ è il motto che già da ora fa da filo conduttore.

A maggio sarà pubblicato il ‘Documento preparatorio’ per stimolare ancora e raccogliere la partecipazione delle realtà ecclesiali particolari.

Luciagnese Cedrone

usmionline@usminazionale.it