«Forse l’amore non basta per svegliare un bambino al mattino, per vestirlo, nutrirlo e metterlo a letto. Eppure chi può immaginare un’infanzia priva di amore?»
(da Il bambino di Hope, di Andrew Bridge)
In tutto il mondo si calcolano 100 milioni -e secondo alcune stime anche 200 milioni- di bambini abusati, violati dalla guerra, arruolati come soldati nei tanti conflitti e privati di ogni elementare diritto. Niente scuola, niente giochi, niente infanzia.
Il nuovo rapporto dell’Onu, Children and Conflict in a Changing World, sui bambini e la guerra, fotografa una situazione agghiacciante dove sempre più piccoli innocenti, soprattutto nel terzo mondo ma non solo, ogni anno diventano vittime di arruolamenti forzati, detenzioni illegali e sfruttamento sessuale.
Le cronache recenti hanno ampiamente dato spazio agli abusi sessuali perpetrati su minori da parte di membri del clero della Chiesa cattolica, particolarmente in Irlanda e Germania, ma anche in Italia. Ci ha commosso la posizione di Benedetto XVI, che non ha gridato al complotto né si è difeso dietro le statistiche, ma ha parlato del “terrificante” fenomeno presentandolo come una persecuzione che viene dall’interno della Chiesa ed ha pianto, sofferto e offerto consolazione alle vittime. Ci ha mostrato, così, con forza il volto di una Chiesa che sa vedere le profondità delle miserie umane e non ha vergogna di chiamare le cose con il loro nome, anche se è ignobile e criminale.
Esistono questi bambini violati in un mondo che vuole definirsi civile e che proclama a piena voce la sua posizione a tutela dei diritti umani universalmente riconosciuti. Sempre spaventosamente silenziosa rimane invece la coscienza di chi non interviene a interrompere questa moderna strage degli innocenti e per ignoranza, paura o interesse, preferisce pensare che basti cercare di proteggere i propri bambini dalle insidie di internet, senza occuparsi di quelli che sono schiavi di un mercato criminale di impensabili proporzioni e ferocia. Bambini vittime due volte: della brutalità di chi viola la loro infanzia, e della cecità e indifferenza di chi non si accorge di loro.
La Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile, che si festeggia il 12 giugno, è dedicata a loro, che rappresentano il futuro dell’umanità.
In questo nostro tempo tutto fluisce veloce e i punti stabili di riferimento sono sempre di meno. È necessario ritrovarli, più dentro che fuori di noi, per essere adulti maturi in grado di porsi davvero come termine di confronto per le giovani generazioni. L’adulto infatti è una risorsa che va liberata in funzione del bene comune. Dentro e fuori la Chiesa. L’emergenza educativa in questo senso è un problema che riguarda proprio tutti. Ma nel tema è insito un inestricabile nodo: educare è indispensabile/educare è irrealizzabile? O: educare si deve/ma si può? A dieci anni dall’entrata in vigore della Convenzione sul divieto del lavoro minorile, che fare? Quale discernimento? Quale proposta?
Certamente il territorio per i cristiani è lo spazio in cui essi, innestati nella comune vicenda dei popoli, sono chiamati a vivere la storia senza evasioni e ad esercitare la propria responsabilità per edificare la polis insieme agli altri uomini.
L’impegno è quindi a ritrovare, attraverso spazi di confronto e di esperienza, quella capacità di interpretare la storia, che fa riscoprire la gratuità e il servizio del prossimo come una via per incontrare Cristo e come strada per la felicità. Per tutti.
Luciagnese Cedrone