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Prossimi non si nasce

Senza categoria | Posted by usmionline
mag 29 2014




SCIMMIA-223x300Se si è pronti ad ascoltarsi e ad imparare gli uni dagli altri, i muri che dividono, possono essere superati.
Conoscere le dinamiche della cyber società/cultura con tutto ciò che può definire in maniera positiva lo scenario della comunicazione aiuta a reinvestire continuamente le proprie risorse. 

Socialità insocievole
Da sempre l’altro, tanto è desiderato quanto tenuto a debita distanza! Una sorta di sterilizzazione, che oggi però è potenziata per effetto e combinazione tra lo sviluppo della tecnica e l‘individualismo contemporaneo tanto radicalizzato. Un po’ tutto, nel mondo occidentale, sembra essersi ‘slegato’: le relazioni affettive, quelle politiche, persino il senso delle cose! Irrefrenabile comunque – sebbene spesso superficiale – rimane il bisogno di relazione, tanto che la Coca Cola da poco ha lanciato una nuova ‘etichetta’, in cui si possono scegliere le persone con le quali condividere la propria bottiglia di Coca! Di fatto è molto più facile per tutti pensare all’altro con categorie astratte piuttosto che come un prossimo radicato nella propria concreta biografia. La vittima dell’alluvione, quella del terremoto o di qualsiasi calamità naturale, e poi il barbone, il migrante… In fondo si tratta di esistenze tutte più o meno lontane, con le quali sono possibili solo occasionali incontri, per strada. Certamente nello stesso tempo queste sono anche esistenze inquietanti, perché costringono a porsi molti interrogativi, ma più su se stessi che su di loro. Intanto chi può tenta altre vie per soddisfare il bisogno di ‘prossimità’: sms solidali, adozione di bambini a distanza, ecc. … Solo una responsabilità astratta per non sporcarsi le mani? In verità esiste un’unica libertà che rende responsabili: quella che si confronta con la concretezza dell’esistere e si traduce in decisioni e scelte responsabili. Per parlare di prossimo occorre interrogarsi sulle proprie esperienze dirette e su come le si elabora. Questo anche per evitare gli equivoci del buonismo e dei buoni sentimenti evocabili a poco prezzo.

In un cambiamento epocale, la sfida della cultura…
Primi-Passi-Social-Network-620x465La sfida della cultura è l’unica possibile per incontri veri, quelli di cui ogni uomo ha fame, i soli capaci di produrre un benessere condiviso, il quale è la sola forma umana di benessere. Via è la formazione, che mai prescinde dal confronto. Non può esserci infatti cambiamento di cultura se non attraverso un processo di gruppo. Nella storia che stiamo vivendo le condizioni di vita dell’uomo, dal punto di vista sociale e culturale, sono state così profondamente trasformate che già la Gaudium et Spes parlava di  una nuova epoca della storia umana. Vi domina una cultura – che tende a diffondersi e pretende di imporsi dai centri di potere – la quale si fonda su massimizzazione del profitto, consumo illimitato e una crescita irrazionale, che, al di là di ogni illusione, certamente non possono divenire condizioni universali per tutta l’umanità. Per questo è urgente la sfida per una cultura energica che parta dal basso, le cui priorità siano la qualità della vita per tutti, lo sviluppo sostenibile contro quello irrazionale e l’equità contro il privilegio. Ancora per questo è urgente affrancarsi dall’abitudine di usare l’informazione come una clava, o come uno strumento che brucia il collante della fiducia che tiene insieme la società.

… e dei discepoli di Cristo
Da sempre la possibilità che l’uomo possa stabilire un rapporto personale con Dio ha prodotto cambiamenti epocali nella cultura e nella vita sociale, indicando agli uomini di tutte le latitudini la strada che porta verso il vero, il bello e il buono. Il Vangelo, quando è incarnato negli stili di vita, nelle idee e nella cultura, porta in sé una carica creativa capace di cambiare il mondo. Formarsi, proporre formazione, comprendere la componente etica dei processi che stanno trasformando il mondo intorno a noi… In tutto questo, la professione dei comunicatori e la tecnologia dei media ci permettono oggi di arrivare molto lontano e molto dentro il cuore umano, lì dove si prendono le decisioni importanti” (papa Francesco). I social media possono aiutare a crescere o a disorientare; a discernere nelle opzioni e decisioni da prendere o a confondere. Una grande e appassionante sfida insomma per chi vuole farsi discepolo di Cristo!

Cliccate e vi sarà aperto
ffdbdbgd68ieg889h7c67Il digitale ha generato nella storia del nostro tempo una nuova dimensione esistenziale, tutta da scoprire. Dalla comunicazione di massa si sta passando a quella più interattiva dei social media e della rete, dove più che trasmettere contenuti in forma impersonale, si condividono  esperienze. Certo sui social network ci si incrocia per un momento di fusione, e poi ciascuno va per la sua strada. Vi si possono condividere spiccioli di superficialità, ma anche quote dense di verità che aiutano a vincere narcisismo, intolleranza e falsità, i quali tanta cittadinanza hanno oggi fra noi. Torna così possente e affascinante la domanda sulla verità, via per ricominciare a costruire i valori che contano, fraternità universale in primis. La nascita sul web di nuove comunità/piazze di dialogo e di confronto fa ben sperare. La parabola del buon samaritano – dice papa Francesco – è anche parabola del comunicatore, perché chi comunica si fa prossimo. E se si vive in maniera autentica e leale anche le parole raccontano la verità. Allora dirsi è anche darsi e farsi prossimo, scoprire il bello e il buono che il mondo offre e vincere insieme lo scetticismo e il pessimismo che la crisi oggi dilata a dismisura.

Prossimità e lontananza da elaborare insieme
Anche nell’era digitale ognuno è posto di fronte alla necessità di essere persona autentica e riflessiva con nel cuore la consapevolezza che le nuove tecnologie consentono di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture. Se nello spazio virtuale è possibile coesistere da prossimi senza darsi troppo fastidio, nello spazio concreto i prossimi s’incontrano per con-vivere e per affrontare insieme, perciò, la fatica di costruire uniti gli spazi della prossimità. Perché prossimi autentici in tutti i sensi sono quelli che co-abitano e co-operano. L’esperienza però dice che tale prossimità è difficile, precaria. E se non si nutre di realismo e di fede il contesto interiore ed esteriore 123809018-91e4133e-7f65-4678-a6e8-0ad442594104del mondo in cui si co-abita, prima o poi si aprono crepe e le persone diventano lontane, nel segno – appunto – della ‘socievolezza insocievole’. Si cerca di far fronte alle emergenze che ne derivano, ma le risorse sono ‘finite’. Solo incontrare Dio nella sua Parola, nella tenerezza della Sua presenza e nella vita può cambiare d’incanto l’approccio a se stessi e agli altri. Fa capaci di impegnarsi per imparare a leggere gli avvenimenti, prendersi carico dei conflitti e capire come realizzare nel concreto della vita, propria e di tutti, il dono di libertà e di grazia che è il vangelo. Si ricomincia da capo insomma a produrre cultura e idee che cambiano il mondo. Davvero prossimi – e quindi testimoni – non si nasce, ma si diventa. E su questa terra.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Un ‘NOI di MARCA’ in… cammino

Senza categoria | Posted by usmionline
mag 16 2014


image_previewChe cosa si crede, che cosa si desidera nel nostro Paese? Il Censis assicura: non si pensa più a “sé”, ora vince il “noi”. Le scintille di speranza che vanno emergendo, fatte di responsabilità e attenzione alla relazione, riusciranno a essere un nuovo motore per il nostro futuro?

Dalla cultura dello ‘scarto’: i caduti fuori
La tentazione più sottile che possa impadronirsi di una società è quella di pensare che vivere rettamente sia inutile, rileva Bruno Forte. In realtà, nel mondo globalizzato, si riscontra ormai da qualche anno il dominio tirannico di una logica economica che esclude e a volte uccide e che ha dato inizio alla cultura dello scarto, in cui gli esclusi (…i senza lavoro, senza prospettive, senza vie d’uscita!) non sono ‘sfruttati’, ma rifiuti, ‘avanzi’ (Evangelii gaudium, 53). Da tale logica deriva quella diffusa sensazione di disgusto, che per tanti diventa tentazione di disimpegno, di qualunquismo e anche di rivolta.

… e una sfida per tutti
In mezzo a tutto questo e a dispetto di ciò che spesso appare nei media, c’è però chi, per ritrovare il senso e la passione del vivere, ha il coraggio di alzare lo sguardo all’orizzonte più ampio ed esigente del bene comune, lo cerca concretamente nei propri giorni e lo vive come il principio fondamentale del proprio agire quotidiano. Scopre così un altro modo di essere uomini e rilancia a tutti la sfida: meno cose e più cuore, perché c’è dell’altro nella vita e vale di più. Lungo le strade – un po’ ignorate oggi e un po’ dimenticate – della tenerezza, della misericordia e dell’abbraccio si può fare esperienza di una povertà che arricchisce.

Nel nostro Paese questo popolo concreto esiste, è in cammino, non fa rumore ed è in crescita! Faticosamente e coraggiosamente coglie intorno a sé i segni del disagio e non li addormenta con la rassegnazione o la pigrizia. Invece si fa ultimo in senso evangelico, per meglio risalire alle cause perverse che generano la sofferenza nell’uomo e combatterle. Guarda con gli occhi degli ‘scartati’ la direzione per un cambiamento che restauri la giustizia. Il coraggio, che è in tanti, di scegliere – e di scegliere con coscienza e onestamente – tiene in piedi l’Italia e garantisce nonostante tutto la necessaria coesione sociale.

Costruttori di una cultura dell’incontro
fondiSono singoli disposti a pagare di persona il prezzo di ogni promozione umana; sono giovani e non, che alimentano le loro piccole speranze in quella inesauribile riserva di speranza che è il Vangelo. Soprattutto sono gruppi familiari che si aiutano e si sostengono nella gestione concreta della vita quotidiana. “Reti” di famiglie, che si aprono all’avventura di rompere il guscio dei propri ‘nidi’. E lo fanno come la cosa più naturale, scoprendo la propria ‘terra’ alle radici, e insieme il reale contesto umano che la abita, le potenzialità insite in esso. Scegliendo l’essenziale, fanno del territorio che abitano il luogo dove impegnarsi a costruire relazioni di reciprocità, di condivisione e crescita comune. In fondo questa è la ‘misericordia’ in chiave familiare, che porta a vivere la santa inquietudine dell’amore e rende anche ‘audaci e pericolosi’, come chiede Papa Francesco.

Così oggi, mentre le relazioni fondamentali sembrano indebolirsi fino a sfinirsi e diventare impossibili, si mette a punto una innovativa cultura dell’incontro e un nuovo modo di essere famiglia. Una “vocazione” che, in famiglia, è anche formazione. In tale cornice anche la differenza tra generazioni non è più scontro fra opposti, ma positivo scambio di doni. A guardare loro non sembra proprio che l’istituzione familiare sia in crisi. In realtà esiste una diffusa disponibilità fra le persone a uscire dalla idolatria di se stessi e da quella della ricchezza, per prendersi cura degli altri. Ma questo sentimento reale e autentico, che fa crescere la cultura dell’attenzione e dell’incontro con gli altri, spesso resta inespresso e non si traduce in scelte concrete di solidarietà solo per pigrizia, pregiudizi, paure ingiustificate.

La rivoluzione del grembiule e i consacrati …
cropped-feet2 “Vita povera e per i poveri”: questa la sfida proposta dal Papa alle persone che nella logica del Vangelo hanno incontrato Gesù, a Lui hanno consacrato la propria vita e dietro a Lui cercano ogni giorno di farsi ultimi, in un cammino che, partendo dai poveri, va verso tutti per essere “casa” per ognuno. Senza escludere nessuno. Con gli occhi puntati sul Maestro e Signore, con la forza del silenzio e delle soste prolungate davanti al Tabernacolo, riescono ad indossare quel grembiule che salva il mondo perché introduce alla condivisione e alla comunione. Ma quanti oggi riusciranno ad ascoltare la voce di questo silenzio? Quali politici raccoglieranno il messaggio a vantaggio di tutti senza lasciare libero campo al potente di turno e ai propri interessi a scapito di quelli dei più?

Entrare nel sogno di Dio
strada-balsamoDio cerca nell’uomo qualcosa che gli assomigli. Per non costruire sul nulla perciò è indispensabile per tutti edificare la ‘casa’ delle proprie relazioni (il ‘Noi marcato Dio’ appunto!) sull’Amore che non muore, quello che certamente non si vanta dei propri meriti pensando con essi di giustificarsi, né si immerge indaffarato nelle tante cose da fare dimenticandosi dell’essenziale. Un NOI che è il regno dei cieli di cui parla Gesù, o, in altri termini, il mondo come il Padre lo sogna, dove nessun uomo è solo e dove ognuno – ostinato e creativo nell’amore – cerca e serve il ‘mondo’ per trovare Lui nell’umiltà della fede. Non è facile entrare nel Regno (cfr Mt 19, 23…) perché non è facile essere casa, dove si condividono verità e gioia (…segni sicuri dello stile di vita richiesto dal Regno!); dove il ‘bene comune’ assume il suo vero significato, che è servire la crescita di tutta la persona in ogni persona, mettendo al centro la dignità di ognuno, qualunque sia la sua storia, il colore della sua pelle, la sua cultura, il suo carattere.

Eppure uno sguardo capace di spingersi lontano e in alto, e il lasciarsi incontrare, trasformare e risvegliare da Gesù nell’inquietudine della propria ricerca sono la porta più sicura verso il mistero nascosto della vita e il sogno di Dio sull’uomo. Nell’esperienza della vita fraterna si consolida la gioia. Ed è per tutti nuova speranza.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Sulla via di Casa…

Senza categoria | Posted by usmionline
apr 30 2014


fedefaidate-300x275Uscire da sé ed entrare nell’orizzonte nuovo del Mistero. Tentare di amare, e ancora, e sempre di nuovo, perché chi ama davvero non si arrende. Scoprire le lacrime del Cielo sulle notti buie di ogni creatura. E credere nel sole anche quando non splende… 

Voci pensose
Sentiamo la chiamata a vivere, ma non sappiamo che cosa essa significhi. E in quel cammino verso ‘casa’, che è la vita nel tempo, ognuno porta con sé “in dote” il patrimonio di dolore/amore costruito lungo la strada; porta il suo stupore di fronte al mistero del creato e della vita: mistero e stupore da cui vengono la paura o il coraggio di camminare; porta il desiderio di pace e di amore, che vive nel cuore comunque e pone la domanda di senso dell’esistenza e della storia umana. E insieme porta tante altre domande che cercano insistentemente risposte concrete: esiste o non esiste la gratuità dell’azione umana?… la libertà che si gioca per se stessa e non per un calcolo sottile? L’uomo sa davvero amare gratuitamente?…   

“Non lo riconosco più”
Lo sentiamo dire a volte da qualche genitore che, sconsolato, vede il figlio allontanarsi dalla capacità educativa della famiglia e dai suoi valori. In realtà i genitori sono molto importanti per la crescita, ma non determinanti. La scelta dei ‘valori’ infatti è ampiamente influenzata dalla cultura dominante, dai mass media, dagli amici, dalle frequentazioni che si fanno… Così, su vie diverse, la voglia di protagonismo può diventare più forte di qualsiasi considerazione di bene e di male; il bisogno di sentirsi superiori agli altri può portare all’abitudine di accentuare la critica malevola e rimarcare gli errori di chi sta intorno; la ricerca del ‘successo a tutti i costi’ progressivamente può annullare la capacità di amare fino a rendere la persona capace di passare senza scrupoli sopra tutto e tutti pur di ‘riuscire’. In tal modo la parte migliore di sé un po’ per volta muore, insieme alla felicità, che è fragile perché troppe cose sfuggono al controllo dell’uomo. Ma tentare di amare, e farlo ogni giorno di nuovo, è segno di vita riuscita.

Terra e deserto
20140321_65495_99-382488-000001hNon c’è sentiero. Come per Abramo – il credente per eccellenza, che partì senza sapere dove andava – è solo camminando che ognuno apre il proprio cammino. Poi, se davvero lo vuole, ne può scoprire la ragione e il significato che si nascondono – e nello stesso tempo si comunicano – sotto i segni della storia. È, infatti, nel farsi della storia personale e appassionandosi al gusto per la verità e per quanto di buono esiste nel mondo, che si apre la strada alla vera crescita di sé. È Papa Francesco ad affermarlo. Ci si muove verso scelte libere e responsabili guardando sempre oltre il proprio limite. L’orizzonte certamente è vasto e lontano! Ma già durante l’adolescenza, nella faticosa ricerca di motivazioni personali per vivere e, pur fra errori inevitabili e opposizioni al mondo circostante, si comincia a decidere che tipo di persona si vuole diventare. Il viaggio continua poi spedito nella misura in cui ci si lascia guidare più dalle convinzioni che dalle paure. Via via si scopre ciò che fa vibrare dentro e appassiona: senso della giustizia, vicinanza a chi ha più bisogno, rispetto degli altri?… O successo, notorietà, protagonismo?… Certo è che valori e contro-valori, liberamente scelti, sempre danno la voglia di spendersi e di vivere intensamente. Nello stesso tempo però modificano il carattere e modellano le inclinazioni naturali della persona, rafforzandone alcune e rendendone meno significative altre; danno forma insomma allo stile con cui ognuno vive l’attività professionale, i rapporti e la vita

E oltre le apparenze…
slide-1-980x360Per ritrovare il senso del Mistero, che è bussola nella storia di ognuno, oggi è necessaria una impegnativa opera culturale. Nella nostra società frenetica e ipercomplessa, infatti, “fare, fare,  fare…” è l’imperativo; la valutazione di se stessi e del proprio valore finisce così per dipendere da ciò che si fa o non si fa. E mentre le relazioni crescono in numero ma perdono di senso, viviamo un tempo di ansia, di stress, di paura e… di forti condizionamenti dalla realtà intorno. La ‘novità’ è che nemmeno i condizionamenti
annullano la libertà, anche se ne rendono difficile l’esercizio. L’uomo è realmente ‘più’ di tutto quello che è, che pensa e … che fa! È ‘più’ anche di ciò che lo condiziona. E se nuovi occhi e un pensare diverso sono possibili sempre nel viaggio personale nel tempo, in alcune particolari tappe della vita essi sono da prendere molto sul serio; per esempio, dopo i quarant’anni, nella cosiddetta età di mezzo, quando il tempo a disposizione comincia a non apparire più illimitato, fare un bilancio della propria breve apparizione sulla scena del mondo è una necessità. A richiamarla basta il velo di qualche lacrima, un evento che fa soffrire e, mentre il cielo si fa nero, i contorni delle cose che si oscurano … È la constatazione di non essere indispensabili nella vita. Nel disincanto non sembra rimanere altro che la rassegnazione, ma diventare consapevoli della propria piccolezza toglie da sé anche la presunzione di essere migliori di altri, induce a una maggiore modestia. La sofferenza così può diventare un’utile possibilità di crescita di quel potenziale ancora sconosciuto che è in sé. Certo “gli occhi che portano lontano vanno conquistati, non sono un prodigio di nascita”, ricorda E. Ronchi. E il Vangelo è là per coloro che vogliono imparare a vedere oltre le apparenze, al di là della superficie dei fatti e delle cose, al di là dei propri limiti.

… la strada maestra

20140321_65495_99-382488-000017hSe all’inizio è una domanda a muovere nel cammino verso Casa, poi, nella traversata del reale, la ricerca si fa sempre più esistenziale e avvicina alla scoperta di se stessi e della vera fede, mentre si impara a guardare la vita come la guarda Dio, che scruta il cuore, si commuove e guarisce. Resta però sempre aperto il rimprovero di Bonhoeffer sulla incapacità di invocare Dio se non come tappabuchi, solo se ammalati, se bisognosi. Eppure a partire da una lacrima e da una piccola sete e camminando insieme verso un’acqua che si fa sorgente, il futuro nuovo verrà ogni giorno. Si farà strada con l’ascolto e il pianto, con un grido di giustizia e con parole e gesti, che seminano occhi nuovi sulla terra, perché avranno imparato a  scrutare con bontà oltre le apparenze.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Papi santi e vita consacrata

Senza categoria | Posted by usmionline
apr 22 2014


     Il nome li accomuna e, ora, la dichiarazione solenne del titolo più alto cui una creatura possa aspirare: la santità. Due-papi-santi-in-un-solo-giorno-cresce-l-attesa_articleimageCosa hanno detto o scritto essi
sulla vita consacrata? Il pontificato di Giovanni XXIII è stato breve (1958-1963); le sue ‘intuizioni’, frutto dello Spirito, perdurano nel tempo; quello di Giovanni Paolo II è stato lungo (1978-2005); i suoi interventi sulla vita consacrata sono stati molti e particolarmente significativi.

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Dell’alma città di Roma… voi formate il giardino profumato, le perle preziose e nascoste, la provvida riserva di energie soprannaturali”.

Lo disse, – il 29 gennaio 1960 – in termini poetici, ma non avulsi della realtà, Giovanni XXIII alle religiose presenti e operanti nella diocesi di Roma, a pochi giorni dalla chiusura del primo sinodo diocesano. In questa stessa luce Egli vedeva tutta la realtà operativa: “Verginità… che si volge ai malati, agli anziani, ai poveri, agli orfani, alle vedove, alle adolescenti, ai bambini… che passa come angelo luminoso e benefico nelle corsie degli ospedali e dei ricoveri; si china piena di bontà e di pazienza sugli alunni nelle scuole, e su la solitudine dei sofferenti”. E qui enumera le sette opere di misericordia spirituale.

Ma un fiore di tanta bellezza deve essere ‘accompagnato’ nella sua crescita e fioritura. Per questo egli propose allora quattro linee da seguire per una presenza visibile, efficace.

1. Distacco dalle creature:Beato colui che dà il licenziamento a tutte le creature… un saluto pronto e gioioso alle cose del mondo, per consacrarsi a Dio nella perfetta verginità del cuore”.

2. La fortezza di carattere:Fortezza innanzitutto interiore, messa a servizio della conoscenza della propria natura, per volgerne le ricchezze e le doti al servizio totale di Dio e delle anime…”.

3. La preghiera incessante che “assicura il perfetto equilibrio dell’intelletto, della volontà e della sensibilità e forma la donna forte descritta dalla Scrittura”.

4. Vita celestiale: “Esser degno di stare con gli angelici cori… Questo è il vostro abito interiore il cui ornamento è espresso dal riserbo del tratto, dalla misura delle parole, dal raccoglimento abituale, dalla fedeltà nel compimento dei doveri quotidiani”.

Prima del saluto e della benedizione conclusiva Egli augurava: “Sia la Croce il suggello della vostra verginità; la sorgente della vostra forza; l’ispirazione delle vostre preghiere, e il segreto della vostra pace, nel pregustamento delle gioie del Cielo…”.

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In occasione della canonizzazione di S. Carlo da Sezze, francescano, e santa Gioachina Vedruna, fondatrice (12 aprile 1959), Egli, in una frase nella quale è giusto riconoscere un pensare preconciliare, diceva: “L’esempio congiunto dei due Santi Ci offre anche la felice occasione di inculcare nel vostro cuore la stima della vita consacrata a Dio nei voti religiosi…; affermiamo dunque la superiorità della vocazione sacerdotale e religiosa su gli altri stati di vita, anche il più sacrificato e fedele al Signore”

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Di Giovanni Paolo II potrebbe essere sufficiente ricordare il Sinodo sulla Vita Consacrata (2-29 ottobre 1994) e la rispettiva Esortazione apostolica Vita Consecrata, perché un Sinodo non si improvvisa. E’ frutto di una precisa conoscenza della realtà, di una prolungata riflessione e condivisione con persone competenti, di una maturata decisione.

Vogliamo comunque ricordare alcuni altri passaggi…

Nella Christifideles laici (1988) afferma: “Lo stato religioso testimonia l’indole escatologica della Chiesa… la tensione verso il regno di Dio anticipato e pregustato dai voti di castità, povertà, obbedienza” (n. 55). Significativo quanto scritto nei numeri 20-21 della Mulieris dignitatem” (1988): “occorre considerare la verginità anche come una via per la donna… sulla quale essa realizza la sua personalità…; nella verginità liberamente scelta conferma se stessa come donna…”.

Nell‘indire la giornata per la vita consacrata (6 gennaio 1997) Egli scriveva: “La celebrazione della Giornata della Vita consacrata, che avrà luogo per la prima volta il 2 febbraio prossimo, vuole aiutare l’intera Chiesa a valorizzare sempre più la testimonianza delle persone che hanno scelto di seguire Cristo da vicino mediante la pratica dei consigli evangelici e, in pari tempo, vuole essere per le persone consacrate occasione propizia per rinnovare i propositi e ravvivare i sentimenti che devono ispirare la loro donazione al Signore”. E chiariva:La missione della vita consacrata non riguarda solo coloro che hanno ricevuto questo carisma, ma tutta la comunità cristiana”

Concretamente l’opzione per la vita consacrata non è una semplice scelta personale; è una risposta che sottintende una chiamata; è un dono dello Spirito a favore di tutta l’umanità. Nel concludere, dopo averne descritti i motivi, egli scriveva: “auspico di cuore che essa porti frutti abbondanti per la santità e la missione della Chiesa. Aiuti, in particolare, a far crescere nella comunità cristiana la stima per le vocazioni di speciale consacrazione, a rendere in essa sempre più intensa la preghiera per ottenerle dal Signore, facendo maturare nei giovani e nelle famiglie una generosa disponibilità a riceverne il dono. Ne trarrà giovamento la vita ecclesiale nel suo insieme e vi attingerà forza la nuova evangelizzazione”.

Per Roma, nella reimpostazione del Vicariato (1 gennaio 1998), egli vi riafferma l’ufficio per la vita consacrata e quello al servizio per le vocazioni.

Potrebbe essere suggestivo rileggere i vari discorsi-messaggi che Egli pronunciava in occasione di beatificazioni o canonizzazioni di Fondatori o Fondatrici. Egli possedeva una singolare sapienza nell’interpretare i singoli carismi, proposti in determinate e diverse epoche storiche.

Un pensiero che li riassume tutti. E’ parte dell’omelia pronunciata l’ultima volta che presiedette la celebrazione eucaristica nella giornata dedicata alla vita consacrata (2 febbraio 2004): “Carissimi Religiosi e Religiose! Quale occasione propizia vi offre questa giornata a voi dedicata per ribadire la vostra fedeltà a Dio con l’entusiasmo e la generosità di quando pronunciaste per la prima volta i vostri voti! Ripetete ogni giorno il vostro “sì” al Dio dell’Amore con gioia e convinzione. Nell’intimità del monastero di clausura o accanto ai poveri ed emarginati, fra i giovani o all’interno delle strutture ecclesiali, nelle varie attività apostoliche o in terra di missione, Iddio vi vuole fedeli al suo amore e tutti dediti al bene dei fratelli.

Nel messaggio per la giornata della vita consacrata del 2005 – l’ultimo – scriveva: “In questi quarant’anni -  dal Concilio – … gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno percorso un cammino fecondo di rinnovamento, segnato dal desiderio di fedeltà al dono ricevuto dallo Spirito…e dall’ansia di adattare il modo di vivere, di pregare e di agire “alle odierne condizioni fisiche e psichiche dei religiosi,…alle necessità dell’apostolato, alle esigenze della cultura, alle circostanze sociali ed economiche” (PC 3).

E aggiungeva: Come non rendere grazie al Signore per questo opportuno “aggiornamento”?… Sono certo che, grazie ad esso, si moltiplicheranno i frutti di santità e di operosità missionaria, a condizione che le persone consacrate conservino un inalterato fervore ascetico e lo trasfondano nelle opere apostoliche. Il segreto di questo ardore spirituale è l’Eucaristia”. 

sr Biancarosa Magliano fsp
biblioteca@usminazionale.it
biancarosam@tiscali.it

La nostra Pasqua

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apr 14 2014

Cristo è risorto! E’ veramente risorto! Con questo grido pasquale della Chiesa in Oriente e in Occidente proclamiamo di fronte al mondo la nostra fede in Dio che risuscita da untitledmorte e dona la vita!

Aiutate da Maria di Magdala, la prima evangelista della risurrezione, da Simon Pietro, da Tommaso, dai due discepoli di Emmaus, dagli Undici e da tutti coloro che hanno visto Gesù, risorto dai morti, incluso Saulo di Tarso, preghiamo per essere ammessi a “conoscere la potenza della sua risurrezione” (Fil 3,10) e diventargli conformi in tutto. Era “necessario” infatti, che il Messia di Dio, Gesù, passasse attraverso la passione e la morte (Lc 24,7.26.44) come era “necessario” che Egli “sorgesse dai morti” (Gv 20,9). Dio è il Vivente e sia per il Figlio suo nella carne umana, sia per noi, chiamati a diventare “figli nel Figlio”, per la potenza dello Spirito Santo, ormai la morte è solo un misterioso passaggio alla VITA cioè al seno del Padre (Gv 1,18).

Buona Pasqua, dunque! Buon passaggio dalla morte alla vita, nella sequela del Signore Gesù, risorto dai morti. La coscienza del nostro destino finale ridimensiona tutto il nostro modo di comprendere la vita e la storia del mondo in cui viviamo. Infatti tutta la creazione, insieme a noi, attende con impazienza la trasformazione piena della realtà. Questo avviene attivando in noi e nell’ambiente in cui viviamo, il dinamismo battesimale della fede, della speranza e della carità.

Ovunque ci sia una persona che si dona gratuitamente, sull’esempio di Cristo Gesù, là risplende la vita nuova della risurrezione.

Auguri di una lieta e santa Pasqua, anche nelle situazioni più drammatiche, perché il passaggio pasquale di Gesù, dalla carne mortale al corpo glorioso, è pegno sicuro della nostra speranza e primizia dell’umanità nuova. E’ questa l’opera del Signore! Una meraviglia ai nostri occhi! La speranza umana di vivere per sempre è sicuramente fondata e ad essa possiamo afferrarci saldamente (Ebr 6,17-20). Sì, perché Cristo è risorto! E’ veramente risorto! Alleluia! Questa è la fede della Chiesa che noi professiamo e di cui ci gloriamo!

Sr M. Regina Cesarato, pddm

Presidente USMI nazionale

Profeti di una nuova storia

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apr 04 2014

Un’epoca straordinaria quella che stiamo vivendo, dove nuovamente l’uomo s’interroga su che cosa vuole fare di sé e del suo futuro. Terreno fertile per la Parola che sempre ferisce e affascina; chiama e invia; nutre, rivela e dà senso alla vita; si fa risposta all’urgenza di restituire l’uomo a se stesso. 

La realtà ci parla ancora?

 aquila-in-volo“Guardatevi da due pericoli: dalla disperazione senza scampo e dalla speranza senza fondamento”. Così sant’Agostino, trovandosi di fronte alle ‘crisi’ del suo tempo, si rivolgeva al popolo disperato. Le sue parole risuonano ancora come un invito a vivere intensamente il proprio tempo e a farsene carico come ci si fa carico dei giorni che a ognuno è dato di vivere. Questo soprattutto oggi, mentre cresce il numero dei figli del terzo millennio con nel cuore un bisogno assoluto di ritrovare la casa. È come se non si riuscisse più ad avere un dialogo forte con la realtà. Così nella ricerca spasmodica di una sintesi di vita c’è un vagare nelle esperienze e nella insoddisfazione. E, sulla fragile barca del cuore, facilmente si vive alla periferia di se stessi.

La gente chiede più verità. E non solo dalla politica. Ognuno sente e sa che la verità è un’esperienza e che, solo se si vive in maniera autentica e leale, le parole la raccontano. Forte è il bisogno di una Verità su cui nessun interesse personale o di ‘scuderia’ prevalga, nessuna ricerca di applausi. Agli uomini del nostro tempo occorre insomma una risposta di positività, di amore per il futuro e di autenticità. Non ci si aspetta certo qualcuno che salga in cattedra e giudichi il mondo… In certi momenti ci si avverte estranei a se stessi e la vita appare priva di senso… è davvero possibile trasformare in positivo la propria vita? E come scoprire quel buono e quel bello che pure il nostro mondo offre nella ricerca di un bene necessario… Dove trovare il Bene capace di vincere lo scetticismo e il pessimismo che la crisi di oggi sta dilatando a dismisura?


Periferie interiori del mondo adulto

Sinodo-dei-GiovaniI motivi per cui tanti oggi sembrano aver perduto il senso del vivere, possono essere infiniti… Come anche quelli per cui la fede nell’esistenza quotidiana dei cristiani appare sempre più minacciata se non inquinata dalla presenza di tanti idoli. La verità realistica di tali situazioni in genere corrisponde a: perché vivi e soprattutto per chi vivi? Certo
non si può rimanere  sempre pargoli nella conoscenza delle cose di Dio, senza prendere coscienza del dono ricevuto con la vita e accoglierlo di nuovo ogni giorno per avanzare verso la verità dell’uomo … La maturità nella fede non può più, insomma, prescindere da un quotidiano cammino nella storia che sia nello stesso tempo ricerca di senso e crescita nella consapevolezza spirituale e culturale. C. Maria Martini, riferendosi alla Profezia di Gioele, aiuta a spalancare le finestre per vedere le realtà che si muovono e costruire insieme il domani. I giovani – egli dice – saranno profeti, e cioè critici, altrimenti verrebbero meno al loro dovere. Dalla generazione di mezzo, gli adulti, ci si attende che sappiano gestire progetti sulla linea dell’intravisto come nuovo. E dagli anziani che trasmettano i sogni e non le delusioni della loro generazione; che siano capaci perciò di infondere coraggio, aperti alle sorprese dello Spirito Santo.

La realtà in cui siamo immersi, dunque, parla ancora. Il problema è saperla ascoltare, senza mai darla per scontata, nella convinzione che ogni giorno tutto va ri-compreso, capito e approfondito.

Cambiamento possibile…

390056_2453635980087_1646300869_nSopra le storie dell’uomo il cielo non è mai chiuso. E se qualcosa impaurisce, questo non è Dio. Solo chi nei suoi giorni non si ferma, non ha pause, chi va a letto ed… è già
domani,
questi è perduto. O per lo meno rischia di perdersi mentre i giorni e la vita gli scorrono addosso. Ma tutti gli uomini sono gente che cerca. Lo è anche il cristiano che in Gesù ha trovato il tutto della sua vita, perché il Vangelo resta segno di contraddizione. “Voi vi scandalizzerete per causa mia”- è scritto. Tutti, non qualcuno soltanto. Ma lo sguardo di Gesù cerca casa nell’uomo. Gli dice: tu puoi e non tu devi. Non vuole la sua creatura obbediente per forza e, se le si nasconde, lo fa per non condizionarla e garantirle libertà di decisione. Ma non libera nessuno dalla fatica di credere.

L’elezione di Papa Francesco in un certo senso è la risposta più imprevedibile ai problemi di oggi. Un fatto decisivo per cambiare le cose. Con lui la Chiesa si fa sempre più vicina alle persone lì dove si trovano. Con il suo parlare chiaro e penetrante e con i suoi gesti genuini e imprevisti, testimonia quell’essere umili che significa avvicinarsi bene agli altri. Se l’abitudine a volte spegne l’incanto e non si sa più guardare con stupore le cose di tutti i giorni, Cristo rimane dentro il cuore dell’uomo come un sogno di pienezza di vita, come l’energia implacabile che non smette di bussare alla porta della vita con il volto delle persone con le quali si vive e con il richiamo forte e insistente a muoversi insieme verso le periferie esistenziali della storia del nostro tempo. Si tratta insomma di cercare non un altro mondo o un altro ‘mare’, ma un’altra profondità in tutte le cose.

… verso la più bella periferia del mondo!

tumblr_mdmrcdyZSj1rk0p1eo1_500Poveri di amore, assetati di verità e giustizia, mendicanti di Dio… I ragazzi e le ragazze di ogni periodo storico sono la più bella periferia del mondo. Quasi un invito vivente a lasciare che la  speranza torni ad agire dentro l’uomo e nella storia. Ad essi si rivolge Papa Francesco: “Ragazzi e ragazze, per favore: non mettetevi nella ‘coda’ della storia. Siate protagonisti. Giocate in attacco! Calciate in avanti, costruite un mondo migliore”. E ancora: “Volevo dirvi: coraggio, andate avanti, fate rumore. Dove sono i giovani deve esserci rumore … Per favore,  andate controcorrente”. La speranza nel futuro in realtà è nel segno del noi, del fare insieme e dei giovani. “Prima eravamo la Chiesa della compassione, poi la Chiesa che richiedeva coraggio. E adesso la Chiesa che deve diffondere la gioia, la fraternità, la maternità e paternità spirituale. Perché? perché il materialismo si oppone a questi valori; perché il consumismo e il libero mercato portano con sé contestazioni, invidie ecc. Sicché il compimento della Chiesa sarà l’unità” (J. Zverina). Chi opererà in questa direzione con e per i giovani (affascinante periferia, che trascina verso il Centro!) diventerà il profeta della nuova storia. Un compito grandioso, che merita di vivere e di… andare – insieme appunto e mandati da Lui – alle periferie dell’umano. E, nella fatica lieta di conformarsi a Cristo, essere piccoli indicatori della Sua presenza di Amore.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

 

Quando la notte è senza stelle

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mar 24 2014

Depressione: un piccolo io chiuso nella notte del suo buco. Ma una bussola interiore parla dal profondo, apre la strada alla luce … E la gioia di images (3)guardarsi dentro rivela il volto nascosto delle situazioni che a volte spengono l’uomo.

Malessere collettivo degli anni duemila e … il lato oscuro delle feste

Un rapporto dell’Ocse afferma che nel 2020 la seconda causa di decessi e d’invalidità – dopo le malattie cardiovascolari – sarà la depressione: il cosiddetto ‘male oscuro’ più diffuso dei nostri tempi, che altera in misura più o meno consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno (G. Bandiera). Studi recenti sottolineano che, a prescindere da slogan e buone intenzioni, persino le feste rappresentano sempre più un momento di forte tensione per tanti. La gioia a tutti i costi, infatti, i parenti, i regali da fare, gli auguri virtuali – che in fondo indeboliscono la scelta di incontrare dal vivo le persone che sono care per davvero! – peggiorano lo stato depressivo. Prendere coscienza del problema invece sembra essere la via sicura e più efficace per combattere la disperata sensazione di inadeguatezza, che rischia di compromettere i propri rapporti familiari, sociali e lavorativi. Ma tale consapevolezza rimane per tutti un traguardo non facile da raggiungere. Apparentemente più ‘semplice’ (e perciò più comune) è piuttosto attribuire a cause esterne problemi e disgrazie personali. Soprattutto poi se ci si trova a sperimentare sulla propria pelle quello stato di confusione e conflitto interiore che caratterizza la malattia depressiva. Eppure solo il sentirsi (ed essere!) pronti all’assunzione delle proprie responsabilità consentirebbe a chiunque di sperimentare quel senso di liberazione e di pace interiore, che è fra le esperienze più belle della vita.

Epidemia di disturbi mentali

imagesSecondo Umberto Galimberti, appassionato narratore dei malesseri giovanili del nostro tempo, la depressione oggi ha mutato forma e in primo piano non mostra più i sintomi classici della tristezza e del dolore morale, ma ansia, insonnia, inibizione alla libera espressione; sintomi tutti che, in sintesi, dicono la fatica di costruire la propria identità e di essere se stessi. E se tutto oggi sembra consentito e senza più regole da infrangere, pure un senso di insufficienza e di non appartenenza affligge un numero sempre maggiore di persone.

Ma che cosa scatena la depressione? E soprattutto: è possibile prevenirla? Il Rapporto Osservasalute del 2013 conferma il trend in crescita dell’utilizzo di antidepressivi “per sedare angosce e disagi”. A farne maggior uso donne e giovani. L’uomo invece è la principale vittima della sofferenza mentale che spinge a togliersi la vita. E se ci si era abituati a classificare la depressione mentale come un disturbo da ricchi, oggi, per disoccupazione o comunque per motivi economici, si registra un aumento dei suicidi del 20-30%.

Già Ugo Foscolo riteneva che la noia può provenire da debolissima coscienza dell’esistenza nostra, per cui non ci sentiamo capaci di agire.La nostra esperienza quotidiana banalmente ci dice che con facilità la noia genera la fame e allora… si finisce per sgranocchiare. Lo spuntino, altrettanto facilmente porta all’insonnia e la testa… va in letargo. Ma in verità la noia prende la vita di qualcuno quando, invece di viverla, si resta a guardarla. Tante volte ci si lascia vivere, trasportare da quanto succede, come un tronco in braccio alla corrente di un fiume: segue le acque, si ferma, sbatacchia sulle rocce… Sembra vivo, ma è morto. Un po’ quello che succede quando all’esterno si appare vivi, dal momento che si fanno mille cose e si corre dietro a tante luci. Ma in realtà si vive come in un grande gruppo che cammina nella nebbia, dove non sono realmente le persone a scegliere. È il ‘fiume’ che le porta. Eppure in ogni cuore c’è e rimane un profondo desiderio di autenticità e, soprattutto, la vita è troppo importante perché ognuno non si decida a prendere in mano la propria, lasciandola invece cozzare qua e là.

Depressione in azione

images (4)La malattia depressiva, che ha inizio con una specie di accartocciamento su se stessi, affonda le radici nel bisogno che ogni persona ha di ricevere conferme e si alimenta di insicurezza. Segnale inequivocabile del suo arrivo è la voglia di accaparrare prestigio per se stessi e, con questo, la perdita di una prospettiva significativa, che facilmente porta ad anteporre il proprio interesse personale all’ideale comune. La persona allora tende a raccontarsi una brutta favola, nella quale preferisce vedere se stessa come vittima designata di ogni situazione. Il solo conforto che sa cercare, appena può, è quello di isolarsi per restare sola con se stessa. Senza più sorrisi da fingere o lezioni da imparare. Eppure non importa dove si corre, se ci si nasconde e per quanto tempo; prima o poi, i conti con se stessi occorre farli. Certo si può continuare a scaricare sugli altri le proprie responsabilità. La verità però è che non vi è nessuno, né sopra la persona né intorno, che abbia davvero il potere di determinare le sue scelte. Da secoli lo insegnano i saggi e lo suggerisce l’esperienza.

Sì a se stessi e alla Vita

DEPRESSIONE-NATURA-AIUTA-COMBATTERLANessun essere umano è una nullità. E nessuna fase di sofferenza nella vita è priva di messaggi. Ma per scoprirli è necessario entrare – non solo con gli psicofarmaci! – nella propria depressione, senza sfuggirla. Solo così si può risvegliare la forza naturale che è sopita dentro di sé. Si tratta di riconoscere con umiltà il proprio limite di fronte a ciò che è illimitato e decidere che cosa davvero si vuole; quindi agire di conseguenza. A tutti si richiede l’infinita pazienza di ricominciare ad essere se stessi. Una pazienza attiva, sempre attenta a capire se si può o si deve fare qualcosa di più per trovare una traccia, intravedere la via. E finalmente scegliere di poter amare, con la certezza nel cuore che Dio si chinerà su di noi e ci darà luce, almeno quanto basta al primo passo. Il Vangelo vieta i pensieri piccoli. E quando l’animo si rabbuia e vien voglia di chiudersi in casa, fermi nel proprio angolino, è il momento invece di camminare, correre, lasciandosi stupire dalla vita, che segue il suo ritmo e le sue stagioni. Il problema vero è essere profeti – dice papa Francesco – e non giocare ad esserlo.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Nella società dell’attimo fuggente…

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mar 13 2014

downloadIn un mondo senza orizzonte, ‘educare’ ridiventa parola significativa grazie a chi sente di aver bisogno dell’altro; s’impegna per dar forza alla fragilità e tempo di qualità all’esperienza dell’interiorità; usa con competenza e convinzione la tecnologia eterna della parola.

…l’educazione possibile
Un mondo incostante e veloce dove tutto si trasforma continuamente, compresi i sentimenti così spesso sottomessi all’usa e getta come scarpe vecchie e oggetti in disuso… E parallelamente un mondo virtuale diverso e piacevole, che attraverso i comandi ‘stop’, ‘cancella’, ‘elimina’, ‘torna alla pagina iniziale’… riserva sempre una possibilità di difesa quando qualcosa delude. Soprattutto promette un miglioramento di quel mondo ‘reale’, che invece è “sempre sospeso e bloccato tra la straziante irrealtà dei suoi desideri e l’inadeguatezza dei mezzi atti a soddisfarlo”(Z. Bauman). E punta dritto a un futuro che lascia immaginare diverso e piacevole. Intanto per la maggior parte dei nostri contemporanei il denaro rimane il capo indiscusso e il tempo quello dell’attimo fuggente e della non cultura.

paralIn tale mondo mutevole così sospeso tra gioco e realtà è ancora possibile educare se stessi e perciò educare i giovani? Certo si incontrano sempre più genitori in crisi e insegnanti rinunciatari; di fronte a tanti ragazzi immaturi e violenti e soprattutto di fronte a un ritorno prepotente dell’eroina fra loro, molti discutono; smarriti si
confrontano alla ricerca di … ricette salva figli. Così c’è chi accusa la scuola di avere abbandonato il suo ruolo educativo e chi rimprovera la famiglia di arrendersi alla conflittualità – al suo interno e nel rapporto con i docenti – rinunciando alla disciplina tra le mura domestiche. C’è anche chi (… e sono forse i più!), non riuscendo a farsi ascoltare dai propri ragazzi e ravvisando sui loro volti solo noia… che tempi!– si giustificano – non si può più ragionare con loro… Sono distratti, pigri… pensano solo a divertirsi… Sempre davanti al computer… Con internet è cambiato il loro cervello e anche il loro cuore! Non è colpa nostra

La grande sfida…
Una grande sfida per chi, giovane, giovanissimo o adulto che sia ha una certa abitudine a chattare in internet, riguarda l’esperienza dell’interiorità. Perché l’interazione virtuale, che la rete permette e da cui si riceve l’illusione di non essere mai soli, spesso è sinonimo di superficialità, mentre ‘interiorità’ in genere è sinonimo di profondità. È realmente possibile approfondire e perciò interiorizzare solo le esperienze con le quali ci si impegna a intrecciare un legame vivo e non solo recettivo e passivo; nelle quali cioè si possano riconoscere l’impronta e gli effetti della propria azione. Certamente per riuscirvi è necessario ritagliarsi ampi spazi di silenzio e di riflessione che permettano all’interiorità di collegarsi con le domande radicali della vita… Solo allora nella persona può nascere e svilupparsi quella spiritualità che cambia le visioni abituali e le logiche automatiche, pone la domanda di senso e finalmente apre la propria autosufficienza interiore alla trascendenza.

Per non giocare col nulla…
rosa-su-roccia1In realtà in ogni epoca le ‘cose’ che contano (…e che cosa conta più di quei legami che nella realtà portano agli altri?) hanno sempre bisogno di tempo e di esperienza diretta per non rimanere incompiute e poi morire. Alla nostra società in corsa però e ai suoi modelli educativi, internet può dare emozioni, ma certamente non stabilisce legami affettivi (V. Andreoli). E non è una coincidenza che gli adolescenti, alla ricerca di emozioni sempre più forti, online e offline, non sappiano gestire i sentimenti né vivere la loro affettività. Non è strano che il dialogo fra le generazioni, già di per sé difficile in ogni epoca, si sia inceppato ulteriormente, perché nella ‘vita reale’ ogni passo fa la differenza, una differenza che lascia il segno, e in essa non è possibile iniziare un nuovo ‘gioco’ dallo stesso punto di partenza. Questo significa che nella nostra società dell’attimo fuggente la cultura e i valori sono davvero avviati a morire? E che continueremo ad offrire educazione solo per quel potere che si misura con il denaro?    

Le tecnologie della rete  e quelle della parola…
Il cervello si specializza in breve tempo grazie ad azioni ripetute, ma questo – afferma il direttore di Civiltà Cattolica A. Spadaro – si dà ad ogni età e non solo nei giovanissimi. Non c’è una generazione diversa dalle precedenti, né una mutazione genetica. E la scienza lo conferma. Tecnologia autentica ed eterna per educare è e rimane quella della ‘parola’ vissuta, che crea e ricrea rapporti autentici. Le tecnologie possono aiutare, ma non determinano la motivazione che, se manca ai ragazzi, è per ben altri motivi. D’altra parte il fallimento educativo è un malessere profondo che riguarda tutti e può essere perciò risolto solo con uno sforzo comune. Certo non può diventare ‘il’ problema degli insegnanti, fra l’altro realisticamente definiti, nella nostra società cosiddetta dello spreco, i ‘nuovi poveri’.

…per passare dal potere alla fragilità
Si è voluto dimenticare di essere fragili e, inseguendo forza, successo e denaro, si è cercato di nascondere le fragilità di cui è fatta la condizione umana. Ma l’uomo è un insieme di conoscenza e di mistero. Senza il senso del limite e privo di saggezza, facilmente egli perde il coraggio di vivere e la voglia di scoprire il mondo, rimanendo invece chiuso nella vana preoccupazione di coprirlo di denaro. Occorre una “nuova civiltà che risponda all’uomo fragile che ha bisogno dell’altro” (V. Andreoli). Trovarsi di fronte a
dei limiti – morte inclusa – e percepirli drammaticamente nella propria carne, in fondo è condizione caratteristica dell’uomo di oggi. Vivere consapevolmente tale fragilità nella concretezza del quotidiano, cercarla e trovarla dentro di sé toglie spazio alla ricerca del potere; fa capaci invece di non arrendersi nel lottare contro il male, anche amare-il-prossimo-300x214quando la lotta sembra senza esito; capaci insomma di scegliere sempre l’umano contro il disumano nella certezza che il filo rosso della storia è saldo nelle mani di Dio. La via ci è indicata proprio dall’Uomo che è l’espressione della più grande e stupenda fragilità vissuta per Amore: Gesù Cristo, che invita ognuno a compiere le cose che Lui compie e a vivere come Lui vive, cominciando dal rivalutare tutto ciò che è risultato di tempo e lavoro condiviso, invece del già pronto, che di solito ha vita breve. Per dirlo con padre Turoldo – teologo, uomo e poeta di straordinaria sensibilità - il problema dell’educazione in una crisi di civiltà come la nostra può essere risolto solo in un tenace, umile, quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli uomini e delle loro lacrime. Scegliendo sempre l’umano contro il disumano. Forti nella tenerezza e con le periferie nel cuore, come suggerisce Papa Francesco.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

La nostra Quaresima

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mar 03 2014

Cristo Gesù si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr 2Cor 8,9): sarà questo versetto della seconda lettera ai Corinzi a illuminare il nostro cammino di Chiesa verso la santa Pasqua 2014.

IMG_1311Il messaggio di papa Francesco per la Quaresima 2014 si modula infatti sull’esempio di Cristo che percorre la strada dello spogliamento totale per la nostra salvezza. La generosità nei confronti dei  poveri di Gerusalemme, alla quale esorta l’Apostolo Paolo, fa parte della vita cristiana, nel cammino di configurazione a Cristo stesso. Egli ci ha amati e ha dato se stesso per noi. Il messaggio del Papa lo ricorda: “È un grande mistero l’incarnazione di Dio! Ma la ragione di tutto questo è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La carità, l’amore è condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha fatto questo con noi. Gesù, infatti, «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (GS, 22)”.

Seguendo Gesù, entriamo nello spazio sacramentale dei quaranta giorni e percorriamo, per intero, la salita verso la santa Pasqua. In questo percorso viviamo come Gesù che porta a compimento la sua missione di salvezza, in fedeltà al progetto del Padre e mosso dallo Spirito Santo. Infatti, continua il messaggio: “ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle. La miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale”.

Conformati a Cristo, che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà, vivremo la Quaresima di quest’anno come “un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole”.

Tenendo lo sguardo fisso su Gesù e in ascolto assiduo della sua Parola, impareremo dunque, di nuovo in quest’anno, la solidarietà e la gratuità cristiana.

L’esortazione apostolica Evangelii gaudium ce ne indica le modalità concrete per dire NO alla cultura dello scarto e dell’esclusione e per dire SI’ alla comunicazione dell’Evangelo che salva, e all’inclusione sociale dei poveri. Nel prenderci cura delle fragilità altrui, diamo un contributo positivo alla costruzione della pace e del bene comune. Allora sarà PASQUA: un passaggio dalla morte alla vita, dall’individualismo egoista, alla gioia del dono di sé in una vita e missione trasformate dalla carità.

Preghiamo a vicenda affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale. Buon cammino!

Sr M. Regina Cesarato, pddm,

Presidente USMI Nazionale

 

Oltre l’opaco della vita

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feb 17 2014

noia
La noia?… prezioso campanello d’allarme per quelle canne fragili – sempre sul punto di  rompersi – che sono gli uomini. E accorgersi che Dio non aspetta altro che venire alle sue creature che ama, aprire loro sentieri nel cuore e insieme il futuro.

Quando i sogni sono ridotti a emozioni
La noia è spaventosa. Non c’è che l’io! Costantemente, insistentemente presente a se stesso per sentirsi più appropriato e accettato, mentre gli altri intorno sono e rimangono lontani, sbiaditi, opachi… Una sensazione d’impotenza spinge ad essere sempre in azione e a riempire le giornate evitando accuratamente di stare da soli. E intanto – ignorando introspezione e conoscenza di sé – la vita procede al rallentatore. Ma c’è davvero qualcuno disposto ad ammettere e a prendere sul serio questo nuovo vizio capitale che affligge la nostra cultura? “Mi sento vecchio, usato, nauseato di tutto. Gli altri mi annoiano come me stesso (…). Mi sembra di attraversare una solitudine senza fine, per andare non so dove”, scriveva G. Flaubert. In fondo la malattia dello spirito che è la noia è sempre fuga dalla realtà, a meno che non la si viva come stimolo per nuove creazioni di senso. E siccome essa ama gli spazi ampi, con facilità si dilata. Così, se le si consente di entrare anche soltanto in un’area piccola della propria vita, facilmente si conquisterà tutti gli altri spazi e presto o tardi la persona, che pure è padrona di casa, finirà per annoiarsi di tutto, annegando in un mare di malinconia e di solitudine. Al suo stato d’ansia e d’irrequietezza si aggiungerà allora un basso livello di autostima, che le impedirà ogni vera libertà d’azione e di scelta.

“Per favore, non guardate la vita dal balcone!”
Guardare, invece, e rispondere alle sfide della vita. È l’impegno affidato da Papa Francesco agli universitari. Un invito pressante, evidentemente non rivolto solo ai giovani,
imagesdal momento che la fuga nella noia sembra proprio essere l’atmosfera del nostro tempo. Il cervello la produce quando la persona non si pone più le domande che sono bussola per poter abitare bene la vita. Ma quelle domande rimangono lì comunque e non si possono sopprimere. In assenza di risposte, anche l’ipotesi positiva con cui affrontare le proprie giornate viene a mancare. Cresce invece il disagio relazionale. Disagio che fra i ragazzi sempre più spesso si fa bullismo – online e offline – e, con l’illusione di spezzare il vuoto interiore, li conduce ad atti assurdi e vandalici, fino al baratro della crudeltà e della violenza. Il vuoto della noia e la demotivazione degenerano così in stupidità e frenesia insensata!

R. Sollecito, universitario a Perugia, in lunghe pagine di diario raccontava la noia degli esami falliti e della vita in collegio. E al padre, che al telefono gli urlava per gli esami non dati, rispondeva: “Papà, io non so neanche perché sono al mondo”. Il che dice l’humus in cui può accadere che una sera, per cercare emozioni dirompenti, si decida un nuovo “gioco”: un modo perverso di dire che ciò che si ha davanti non basta e c’è invece urgente bisogno di senso.

Ma c’è anche una notizia bellissima: la felicità è possibile e vicina. “E la chiave è questa: la nostra tristezza infinita si cura soltanto con un infinito amore” (Evangelii Gaudium), perché “delizia di Dio è stare con i figli dell’uomo” (Prov 8,31), con ogni creatura che sente di non bastare a se stessa e si affida a Lui. AprirGli le porte del proprio cuore è l’unica cosa che guarisce davvero la vita e fa capaci di guardare e riconoscere la luce delle persone e delle cose.

E quando si spande noia intorno a sé?
La presenza della noia può far paura perché fa sentire la vita lontana, ma sa anche dare preziose informazioni su ciò che si fa, su come si sta usando la propria energia, su come insomma si sta vivendo … Interessa davvero? Si sta esagerando? C’è qualcosa da modificare? Per concedere la parola alla noia non resta allora che sfidarla e cercarla consapevolmente dentro spazi di solitudine, di silenzio e di preghiera personale, cercati per intravedervi e poi seminare piccoli e grandi cambiamenti, essenziali alla qualità del proprio vivere.

imagesSe, per esempio, la causa della noia risiede nell’interazione con altre persone, allora la medicina potrebbe essere smettere di voler sempre aver ragione e accettare il fatto di aver torto qualche volta. Il desiderio costante di riservarsi la prima e l’ultima parola in ogni discussione non può che condurre nella palude dell’autoreferenzialità. La luce necessaria per vivere invece si nutre di incontri veri, i soli in grado di ridestare nella persona quell’umanità che ogni tanto può rimanere sopita. Il grande rischio perciò, nel cammino di ognuno, è dentro la trama degli pseudo-incontri, che in un certo senso dissolvono ogni piccola luce nella notte e spandono intorno noia e paura. Può essere questo un difetto costituzionale di alcune persone. Ma spesso alla sua radice c’è proprio l’inconsapevole desiderio di mettere se stessi al centro di tutto, come se i fatti della propria vita siano esperienza avvincente e significativa per tutti. Così succede che soprattutto gli anziani (…ma i giovani non sono da meno!!) facilmente cadano nell’abitudine e nel vizio di annoiare gli altri col racconto di storie personali, ripetute più e più e più volte!!

Parola d’ordine: ripartire!
Che cos’è una vita trascorsa solo per sé? Ogni uomo nella sua carne ha il respiro del cielo e una forza positiva che gli lavorano dentro; quando, perciò, egli è assalito dall’ansia,
il suo cuore semplicemente risiede nel luogo sbagliato. Si tratta per lui di ritrovare il ‘centro’ e di lasciare che dal suo fondo buono si liberino tutto l’amore e la gioia che la Vita vi ha deposto. La vita in realtà è solo questo. Trasferirsi nel ‘centro’, in particolare, è ciò che Gesù chiede ai suoi discepoli. Ascoltare Lui fa cadere in rovina il mondo di maschere e bugie dietro le quali è facile per tutti nascondersi con i propri piccoli e grandi idoli. Occorre quindi portarsi con la vita là dove la Sua Parola diventa Centro di tutto ciò che si pensa, si dice, si fa… E il resto va al suo posto. Perché Cristo è l’Unica Forza che sicuramente fa ripartire la persona che ha il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. Ognuno, infatti, acquista pienezza quando rompe le pareti e il suo cuore si riempie di volti e di nomi! (Evangelii gaudium, n. 274).

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it