Ferite della terra – ecologia del cuore

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giu 19 2013

Le azioni che nascono da un cuore ‘sanato’ danno dignità alla vita di chi le opera rendendola straordinaria.  Contribuiscono alla crescita di tutti. E giornata-della-terra-2013_470x305riescono a guarire un mondo frantumato. A superare la cultura. E a stupire.

Respirare con la terra e ‘pensare come le montagne’
La logica non è tutto. Per seguire un’idea – e per gestire responsabilmente il rapporto con il tempo, le cose e le persone – è necessario il cuore. (Richard Feynmann premio Nobel per la fisica)

 “Nei nostri rapporti con la natura c’è qualcosa che non va. La materia non è soltanto un materiale per il nostro fare … La terra porta in sé la propria dignità e a noi è chiesto di seguire le sue indicazioni”. Sono parole di Papa Benedetto XVI, che nei suoi scritti ripetutamente ha  esortato gli uomini del nostro tempo a ripristinare e guarire le relazioni frantumate con la creazione attraverso un confronto ampio con la realtà. Lo sfruttamento delle risorse naturali e il disastro ecologico globale impongono con urgenza a tutti di riflettere sul futuro del pianeta. Possibile che occorrano disastri, morti e feriti perché la distruzione ambientale riesca a bucare – e solo per qualche giorno – l’agenda mediatica e quella politica?

Dopo la domanda: quale pianeta lasceremo ai nostri figli?” ne viene spontanea un’altra: “Quali figli lasceremo al nostro pianeta?” (Pierre Rabhi). Stupisce il silenzio con il quale la politica e le istituzioni – piegate agli interessi e agli affari più spregiudicati – circondano vicende di gravi danni alla salute e all’ambiente, causati da un mix micidiale di arretratezza tecnologica, avidità e arroganza. Ritessere l’alleanza tra uomo e creato significa smuoversi dal penoso torpore in cui sembra versare il nostro mondo e affrontare con decisione i problemi aperti iniziando dai nodi particolarmente delicati.

Ambiente violato
percolatoLa Giornata Mondiale della Terra, voluta dalla Conferenza Episcopale Italiana in sintonia con le altre comunità ecclesiali europee, anche quest’anno ha messo in fila una serie di problematiche ambientali, legate alla salvaguardia del Pianeta: buco dell’ozono sempre più sottile, continuo e rapido ritrarsi dei ghiacciai, conseguente aumento della temperatura globale e innalzamento di mari e oceani. E poi: scarsità idrica, desertificazione crescente, riduzione della superficie produttiva, intensificarsi degli uragani, deforestazione di ecosistemi naturali, estinzione di parecchie specie viventi … Tale è la situazione globale del Pianeta  in cui ci troviamo immersi. L’accoppiata tra catastrofi ambientali sempre più gravi e fallimento dei vertici internazionali dedicati alla questione ambientale suscita interrogativi che nessuno può più ignorare. Intanto la rabbia si mescola allo sconforto e la preghiera dei credenti si trasforma in una vibrata invocazione di giustizia, mentre le fiaccolate si alternano ai funerali un po’ dappertutto e anche in Italia.

Troppe e gravi le nostre ferite …
inquinamento-ambientale-in-europa-un-registro-unico-sugli-inquinanti-delle-industrieAttentati e disastri ambientali quelli provocati sul nostro territorio, che non sembrano aver pari al mondo. Per tutti, solo qualche citazione:
- Un accordo criminale fra industria del Centro-Nord e camorra, dal 1989 pianifica e scientificamente attua un traffico di rifiuti chimici e industriali, mettendo in ginocchio – sulla scacchiera degli affari – la Campania un tempo felix. Un tessuto d’illegalità in cui i nomi di politici si confondono con quelli di camorristi, funzionari dello Stato infedeli e settori di apparati di sicurezza. Un attentato alla vita democratica. Il terreno, attraverso il percolato dei rifiuti, si imbeve di veleni e li ritrasmette nella vegetazione e nell’aria, inquinando mortalmente chi è costretto senza difese ad abitare nel territorio. Patologie cancerogene e malformazioni – specialmente nei bambini – saranno sempre più simili a epidemie. Gli esperti della Procura hanno calcolato che la contaminazione delle falde acquifere produrrà tali effetti nocivi sulla popolazione e sull’agricoltura, fino al 2080.
- Gli uomini della Finanza, dopo il riesame che ha confermato a Taranto il sequestro degli impianti Ilva, hanno definito la città ‘ambiente svenduto’, inquinamento-atmosfericorendendo l’idea di una città disperata, sotto ricatto permanente. Si può davvero conciliare la salute dei cittadini e degli operai con la cultura industriale dell’Ilva? E, pur riuscendo in qualche modo a migliorare lo scenario limitando le emissioni nocive della fabbrica, quali saranno le conseguenze relative alla catena alimentare?
- Tra i grandi malati da inquinamento ci sono le coste. Ai danni alla salute si aggiungono quelli all’ambiente e al turismo, prima industria nazionale con il 15% del Pil. Come dire: meno denaro e meno lavoro.
Gli interventi di bonifica finora avviati, al contrario, sono pochissimi. Le bonifiche (per esempio nell’area industriale che fu a Bagnoli) sono solo annunciate, progettate, pagate e, soprattutto, finte.

Sanare le ferite della terra
È l’invito dei vescovi per salvare il Pianeta, le cui ferite “sono il riflesso di quelle che l’uomo porta dentro di sé a causa del seme guasto dell’egoismo e dell’incoerenza”. Per questo ”guarire la terra è sanare anche il cuore dell’uomo”. Servono risposte personali, comunitarie, regionali e globali. Certo ad oggi mancano strumenti istituzionali efficaci di governance internazionale per la tutela ambientale (il G20 non lo è ancora!). Ma cresce la sensibilità ecologica per cambiare in meglio la propria vita. Questo anzi è il desiderio di molti. Purtroppo però lo è solo teoricamente. Praticamente invece è il programma di pochi. Nella concretezza della storia la ‘guarigione’ può nascere solo da cuori che amano; si convertono e si fanno vicini agli altri per essere insieme liberati nella verità; si mettono realmente in cammino per condividere la vita. Certo è una lotta. Ma “a che serve vivere se non si ha il coraggio di lottare?” (G. Fava).

Riscrivere il futuro oggi si può
Esistono persone e popoli che sanno e si ricordano di cosa stiamo parlando. È indispensabile essere e suscitare queste cittadinanze attive, capaci di organizzarsi a tutti i 9813414-smiley-palla-invio-del-messaggio-per-l-39-inquinamentolivelli, coinvolgendo anche i soggetti economici. Vi si può riuscire se si tiene ben presente che solo l’ipocrisia, la disonestà, la corruzione e l’inganno allon­tanano i cittadini dalle istituzioni e dalla po­litica e uccidono la fiducia nei confronti dell’amministrazione. Le ferite di cui soffre la nostra Terra, possono essere guarite solo a partire da coscienze animate dalla giustizia e da mani solidali (messaggio CEI). Da persone che comincino da se stesse senza delegare ad altri la capacità di trasformare la realtà; che operino facendo proprio il metodo suggerito dalla Dottrina sociale della Chiesa, sintetizzato in tre verbi: osservare-giudicare-agire e – per  le buone pratiche domestiche – ridurre, riciclare, riusare; che affrontino e vincano le proprie resistenze interiori per guardare finalmente il mondo in un’ottica nuova: con spirito di gratitudine e nella prospettiva del mistero pasquale. Un grido di speranza si leva così dal basso e chiede di essere raccolto. Un grido che dice bisogno di fiducia reciproca e di comunione. Un sollievo dopo tanta pena.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

 

Osare la differenza e… ripartire insieme

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giu 10 2013

Sapienza preziosa viene da vite comuni: camminare insieme avendo il senso della novità, il gusto della scoperta, la gioia di far esprimere l’altro… In sintesi: imparare a celebrare la magnifica diversità delle persone e correggere i vizi del proprio comunicare.  

Storia di un futuro in cui sentirsi a casa
volontariatoUna riflessione tutta rivolta al presente, quella del convegno che si è tenuto a Pieve di Soligo, ad un anno esatto dalla beatificazione di Giuseppe Toniolo, che è dono dell’amore di Dio all’Italia.

Obiettivo del convegno: ripartire insieme nella stagione della crisi, per muoversi “oltre la crisi che attanaglia e preoccupa le nostre comunità”, nella convinzione che oggi sia tempo “di ritrovare valori e fiducia, di riscoprire visione e progetto, di scommettere talenti, risorse e programmi per un nuovo modello economico e sociale che metta al centro il primato dell’uomo”.

La soluzione dei problemi è quasi sempre ‘sotto-casa’. Ma nei tempi della prova la malattia più grave delle persone è quella che annebbia gli occhi dell’anima e poi dell’intelletto. Il che rende più difficile vedere la via per uscire dalla crisi. È urgente allora reimparare a ‘vedere’ i veri capitali della vita, i veri beni. Solo se li si riconosce si può rigenerare la fiducia e la speranza assolutamente necessarie per il futuro di tutti. In questo senso “Testimonial” d’eccezione è il Beato Toniolo. La sua lezione – in un tempo della finanza debordante e di modelli economici asserviti alle logiche del profitto e dell’utile ad ogni costo – acquista ancora più forza e credibilità.

Fede e politica: utopia o impegno possibile?
“Non amo le furbizie dei politici e i loro calcoli elettorali; amo la verità che è come la luce; la giustizia, che è un aspetto essenziale dell’amore; mi piace di dire a tutti le cose come stanno: bene al bene e male al male; fare il bene perché è bene! Alle conseguenze del bene fatto, ci penserà Iddio!”. Si esprimeva così Giorgio La Pira, uomo libero che aveva scelto di amare e di servire e, perciò, non temeva di perdere il potere. E Benedetto XVI riassumeva “i tratti somatici” di chi vuole impegnarsi nella vera politica in cinque punti: – «Coerenti con la fede professata» e non servi dell’opinione pubblica prevalente per motivi elettorali. – «Rigore morale», perché non si può più minimizzare la gravità della «questione morale», anche tra i cattolici. – «Capacità di giudizio culturale», cioè di discernimento, frutto di studio, di meditazione, di capacità di distinguere un bene individuale dal bene comune. – «Competenza professionale», perché la politica è un’arte, una vocazione e non si improvvisa. – «Passione di servizio», non per l’onore e il prestigio personale o per la gratificazione del proprio gruppo.

Sì, non ci sono scorciatoie per chi in politica cerca davvero il bene comune. Le parole citate risuonano come appello prima di tutto alla classe dirigente italiana e a coloro che in qualunque modo maneggiano potere, perché trovino la forza per imprimere una svolta profonda nella direzione generale dell’economia. Svolta che le forze sociali e l’interesse generale del Paese da troppo tempo reclamano. L’appello nello stesso tempo raggiunge anche chiunque si trovi a vivere nello spazio ferito delle relazioni.

Dentro lo spazio ferito delle relazioni …
7438002534_5b1b090cc1Perché l’uomo contemporaneo continua a muoversi con molta difficoltà con gli altri?… corre, cerca rifugio, si nasconde, compete per il proprio tornaconto… E finisce per collocare la sua vita in una sola direzione, completamente orizzontale. Come può, in tale posizione, entrare nel mondo delle speranze dell’altro e delle sue paure?

Lo spazio lacerato, presente nei rapporti umani un po’ a tutti i livelli, in realtà esprime anche un intenso bisogno di relazioni profonde: un bisogno che nessuna agenzia assistenziale potrà mai coprire pienamente. L’essere umano è così fatto per un Oltre, che solo in tale direzione sperimenta di muoversi verso la pienezza. Il progetto d’amore che tutti portiamo scritto dentro da solo è un grido verso l’infinito.

Quando il cuore  si fa conchiglia di tutte le voci
Quando il cuore, ogni cuore, è innamorato della verità, allora la persona comincia a cercarla con passione nel suo quotidiano, come un Mistero più grande  a  cui perla_ostricaconsegnarsi. E giorno per giorno diventa consapevole che solo nel dialogo si può scoprire qualcosa sulla Verità della vita. Così si apre alle sorprese che il Mistero sempre riserva, anche quando si incarna in forme non conciliabili. Dio opera nella nostra vita anche se ci sembra che non stia accadendo nulla ed è l’autore vero della storia di ogni creatura che da Lui si lascia condurre. Con tale fiducia nel cuore, con la forza del Vangelo e le capacità di chi dal Vangelo si lascia formare, si può preparare un mondo totalmente nuovo. Si può costruire il bene comune attraverso l’impegno politico soprattutto quando vi si impegnano persone che sovrintendono al destino degli uomini e dei popoli. E lungo tale strada sarà possibile anche una nuova evangelizzazione. La fede ce lo assicura e ce ne dona la speranza e la forza.

 “Colui che ha fede non trema” (Is. 7,9;28,6)
Piu-diversi-degli-altri1_largeNon trema perché sa che l’amore del Padre ha cancellato per sempre ogni solitudine e allontanato il timore di guardare alla propria vita con occhi sfiduciati. “Poco importa che io sia ricco, povero, disprezzato o stimato dagli uomini: Dio mi conosce e mi chiama per nome” (J. H.  Newman).  È soprattutto la paura di ciò che gli altri diranno a trasformare ogni piccolo errore in fonte di sempre maggiore ansietà e insicurezza, le quali avvolgono la persona nel buio e in qualche modo la consumano. La fede invece rivela il buio come momento per ricominciare e obbliga a trovare un nuovo modo di stare al mondo. Comunità di persone con la stessa mentalità sono segni deboli del Regno, perché in verità siamo fatti per entrare in contatto con chi è ‘diverso’ da noi. Oltre la paura. Per questo non basta la tolleranza reciproca. Ci vuole anche il coraggio di manifestare il proprio dissenso all’interno della comunità. Condizione indispensabile, perciò, per camminare con coerenza verso la pienezza di sé, è coltivare la capacità di imparare a pensare in modo coerente. Poi è necessario entrare nel dialogo con tutta la forza e il rispetto della propria visione del mondo e di quella dei propri interlocutori. Infine occorre saper restare in un amorevole silenzio con l’altro quando il dialogo verbale diventa impossibile. È lungo tale percorso che si può sperimentare la fiducia e imparare a fidarsi.

Piccoli profeti fragili
Nascono così i ‘piccoli profeti’ di ogni giorno… Persone semplici, mosse da sete di autenticità e di vita, che considerano e vivono il proprio lavoro come luogo dove 388647_633906933291267_1189824432_nrecuperare e offrire relazioni che non siano solo strumentali, ma contengano gratuità. Piccoli profeti fragili, ma con un cuore tanto libero da non poter essere incatenato da niente  e da nessuno. Agiscono con lo stesso grido davanti all’ingiustizia e all’oppressione. Fanno sentire ognuno accolto, compreso e restituito alla dignità della sua umanità. Pur con le loro fragilità, regalano così a tutti la fiducia che è possibile contare su relazioni affidabili e trovare quel luogo dove ognuno è davvero unico, speciale e insostituibile.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

 

“Restate umani”

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mag 31 2013

Molestie, maltrattamenti, ricatti sessuali, un forte dilagare della violenza nell’attuale contesto socio-culturale… Da quale punto di vista guardare a tutto ciò per mettersi in grado di ritrovare e far ritrovare speranze e ideali ?

Terrorismo fai-da-te
 20121124_violenza“È ora di estirpare il seme della violenza dalle nostre anime e dalla nostra vita sociale” (Agnese Moro). Fatti crudeli e apparentemente inspiegabili fanno crescere l’esigenza di comprendere quello che sta avvenendo in mezzo a noi… ‘Esce di casa con il piccone e uccide gente che sta passeggiando’. ‘Trascinato a terra, preso a colpi di machete e decapitato’. ‘Gli congelano il conto corrente. Va in banca e uccide quattro clienti’… Armi improvvisate. Vittime sconosciute, innocenti, e inconsapevoli che qualcuno ha deciso per la loro sorte. Sono solo le punte più evidenti di una condizione di disagio e di malessere diffusi. Si aggiungono alla violenza fisica – ostentata da sempre nel mondo del crimine – e a quella verbale e psicologica del cyber bullismo, dei minorenni indagati per istigazione al suicidio, del tifo ultrà, baby gang, prepotenze nel pubblico e nel privato: un quadro impressionante a cui si rischia di abituarsi. Ma se si continuerà ad accettare la violenza come un male inevitabile, o addirittura  – certo solo da qualcuno – come uno strumento necessario, essa non smetterà di essere all’ordine del giorno. Capirne le vere radici è di importanza fondamentale. Su quale terreno germogliano i suoi semi?

Violenza disperata…
chiuso_per_tristezza_1Quando si tende a mercificare i rapporti umani e perfino a volte i sentimenti; quando la fredda convenienza economica diventa la regola ispiratrice di tanti comportamenti umani, può facilmente succedere che chi non regge alla corsa tenti una rivalsa imboccando scorciatoie. Allora la via della delinquenza può sembrare più facile da percorrere a chi già si sente sconfitto. Il terrorista-fai da-te della porta accanto non ha bisogno di ideologie articolate, o di grandi Cause. Pesca in sé motivazioni per sentirsi l’eroe solitario, vendicatore di torti veri o immaginari. Nessun manuale e nessuna particolare preparazione. Solo rabbia, odio e fanatismo. Con tali sentimenti nel cuore, ognuno davvero sta solo sul cuore della Terra, pieno della propria angoscia e dei mezzi per tradurla in morte. Sembra impossibile estirpare questo seme della violenza ed è anche difficile curarlo, perché ‘se porgi l’altra guancia, sei un perdente’. Ma se rispondi occhio per occhio in realtà perderemo tutti.

Ad ogni notizia di gesti criminali efferati, raccapriccio e smarrimento istintivamente prendono il cuore di tutti. Ma una reazione altrettanto spontanea – e così grande da sorprendere – emerge e si fa solidarietà per le vittime. È il frutto prezioso della coscienza umana sempre vigile, la testimonianza che ogni persona, pur immersa in un ritmo frenetico di vita, può sempre ritrovare se stessa.

…ma non innata e non inevitabile
scimpanzeBisogna prendere atto che non c’è una informazione chiara e corretta sulle cause del dilagare della violenza. La ricerca scientifica ha ormai verificato e dimostrato che l’aggressività non è un istinto, e quindi non è affatto inevitabile. È la conferma che la violenza non è innata. Si produce infatti nella vita del bambino solo quando non vengono soddisfatti in pieno i suoi bisogni. Il piccolo normalmente ricorre alla rabbia solo quando tutti i mezzi da lui tentati per ‘comunicare’ non hanno avuto effetto e se l’ambiente circostante non riesce a farlo sentire pienamente accettato, compreso e valorizzato. Non trovando  risposta, in lui la rabbia si accumula, cresce, si cronicizza fino a diventare, poi, aggressività, tendenza alla distruttività e bullismo. Famiglia e violenza sono forse collegate più di quanto non si possa pensare.

Il cuore di chi vive senza speranza
I reati e le violenze più gravi sono dettati, nella società moderna, da mancanza di futuro, sia economico che affettivo e relazionale. E forse i sintomi più pesanti del malessere attuale sono proprio i problemi legati alla solitudine e all’immaturità affettiva. I nostri contemporanei, dominati da un senso di impotenza, sembrano rassegnati a vivere la vita in un orizzonte di solitudine. Su tale percorso, pur di procurarsi la cessazione di un dolore giudicato insopportabile, si può arrivare a gesti inconsulti fino a privare se stessi e altri della vita. Il problema di fondo è sempre l’assenza di legami affettivi e sociali capaci di attutire difficoltà e sofferenze e soprattutto di indicare speranza. Come evitare che personalità “infelici” cerchino un palliativo all’angoscia nella droga, nella sopraffazione, nella violenza, nell’impulso alla distruzione o nell’autodistruzione? Come mettere in atto un’opera di prevenzione capace di agire ampiamente e in modo concreto nella società? Un’opera in grado di far ritrovare a tanti speranze e ideali? Certamente la realtà – ci ricorda Papa Francesco – si capisce meglio a partire da queste ‘periferie umane’.

E se cercassimo di eliminare la violenza occupandoci di chi la perpetra?
Lavoratori-svantaggiatiSicuramente la vittima va aiutata e tutelata, ma se si vuole davvero eliminare la violenza non si può non prendere in considerazione chi ne è l’autore, occupandosi anche di lui. Ritenerlo un mostro e un criminale, in fondo è troppo facile. Soprattutto farebbe semplicemente diventare complici della insofferenza che l’ha condotto a quel punto. Ognuno ha la sua storia, le sue difficoltà, le sue incapacità. A volte, è lui stesso ad aver subito violenza. Allora è possibile aiutarlo a cambiare il suo comportamento. Forse egli si ritiene importante e padrone della vita, mentre è solo fragile e vulnerabile come la statua dai piedi di argilla. Forse è anche convinto di avere diritti, privilegi e arroganza, ma è un po’ come un bambino che non sa star solo; reagisce ricorrendo alla forza, forse perché anche lui non ha più strumenti e capacità di farsi amare e apprezzare.

Nel segreto della quotidianità nascosta
Importante è non perdere di vista l’essenziale: trovare mediazioni comuni per servire al meglio l’umanità delle nostre persone dentro la storia. Nulla di ciò che è veramente umano è straniero a qualcuno. Nemmeno quei limiti, che scatenano aggressività. Ognuno può scegliere se utilizzare l’energia che viene dalla propria rabbia per condannare il fenomeno, oppure per comprenderlo. Il primo mattone per costruire qualcosa di utile è, in ogni caso, il riconoscimento saggio, prima speranza-di-vita_0che umile, di non bastare a se stessi. Aver bisogno gli uni degli altri è offrirsi reciprocamente l’occasione di rivelare quanto stiamo diventando più umani. L’esperienza di tanti testimonia che è attraverso la comprensione che si possono aiutare gli uomini a interrompere i comportamenti violenti. Mai attraverso la sola condanna e la pur giusta repressione. Nell’ascolto vero – che si  prende cura dell’altro e affronta le sue condizioni di vita, sia materiali che spirituali – si può garantire al mondo moderno quella presenza gratuita e misericordiosa che è risposta al suo immenso bisogno di attenzione. Così, se anche solo per un attimo ognuno si fermasse per  ascoltare, sicuramente avremo anche il giusto tempo per poter riflettere. E, chissà, anche per cambiare! Ma siamo davvero capaci di ascoltare?

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Perdonaci Cielo!

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mag 20 2013

 

Leggere e interpretare la realtà con gli occhi di Dio e il cuore gonfio di passione per la vita mette in cammino verso Colui che ha fatto nuove tutte le cose. Ed è la pace nel cuore e nella storia.

La Pacem in terris vera come cinquant’anni fa
papa-g23Un testo di straordinaria qualità, capace di parlare a chi ha una fede e anche a chi quella fede non ce l’ha, eppure cerca realmente una via d’uscita alla crisi che stiamo vivendo. Un invito mai abbastanza accolto a operare per la pace. Quasi un ‘testamento’ di Giovanni XXIII, che di sé poteva dire in verità: Ovunque ho messo piede, ho messo anche il mio cuore, perché tutto il mondo è la mia famiglia! Con tale enciclica Papa Roncalli promosse un’azione capillare per sostenere contro l’istinto bellicoso la possibilità della pace, o addirittura l’ineluttabilità della pace (Loris Capovilla). Di fatto dalla sua pubblicazione ad oggi il testo è punto di riferimento per chi considera la pace bene primario e con tutte le proprie forze si impegna perché come tale essa sia perseguita a favore dell’intera umanità insieme alla lotta contro la fame. beatiglioperatoridipaceÈ più che mai attuale rivisitare oggi questa enciclica, che si rivolge alla famiglia umana. Ancora una volta essa ci fa misurare la distanza tra ciò che potrebbe essere e ciò che è la realtà, confermandoci nella consapevolezza che la libertà in ogni tempo è la prova più difficile per ogni persona. Per chi è discepolo di Cristo o si vuole mettere in cammino per diventarlo, vera sfida rimane la propria umile disponibilità all’azione dello Spirito per diventare libero. Allora il primato di Dio si tradurrà in una sostanziale pace interiore e in comportamenti sereni, umani e pacificanti all’interno di ogni relazione, a partire da quella familiare.

La pace è un’arte che si impara, a partire dalla famiglia
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Addolorati e umiliati da tante situazioni quotidiane, spesso ci portiamo dentro inquietudini e rancori che non riusciamo a superare. I sentimenti negativi – incompatibili con la pace – finiscono per costruire e rafforzare relazioni conflittuali o, al più, di equilibrio passivo. In esse le opinioni si dividono e si contrappongono, i pensieri si smarriscono, i cuori rimangono turbati, le coscienze lacerate. Come purificarsi dai fermenti di ostilità e di partito preso, da antipatie e pregiudizi, dal desiderio di primeggiare?
”La pace è un’arte che si impara”, rassicurava Don Tonino Bello. E si impara cominciando a piantare – ovunque si riesca ad arrivare – i pilastri giovannei della casa della pace: ricerca della verità, soffio della libertà, fame e sete di giustizia, potere della convivialità delle differenze. Su tali pilastri – testimonia Tonino Bello – si possono con sicurezza riannodare le relazioni spezzate e le ferite di ogni storia personale, familiare e comunitaria.

Umanizzare il valore della pace
La pace “è possibile, perché le persone, nonostante i limiti che le attanagliano, sono esseri capaci di bene e di dialogo” (mons. M. Toso). La stessa vita quotidiana ci richiama di continuo al fatto che si può costruire solo sulla vicendevole fiducia. Non sono infatti le difficoltà ad affondare le famiglie e le comunità. Sono piuttosto l’arroganza, la sufficienza e la falsità che fanno smarrire il senso della realtà e colorano gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone con la presunta sicurezza di essere il ‘Bene’ che combatte contro il ‘Male’. Sicurezza sempre sospetta e certamente non rispettosa della verità. Tutti, proprio tutti infatti siamo uguali, tutti differenti e tutti in relazione… Ognuno perciò può fare qualcosa per umanizzare la pace: in questo non c’è nessuna prima fila. Ma forse a noi – nel nostro tempo un po’ sbandato e, nel fermento per un cambiamento radicale, anche alla ricerca di grandi valori – manca proprio la fresca fiducia nella possibilità di cambiare costruttivamente. Come risvegliarla?

… e convertirlo in vita quotidiana
La maggioranza delle persone nel nostro Paese ha buon senso, ma rischia di essere scavalcata, come le vicende di piazza ogni tanto dimostrano. Certamente un modo di agire politico ha partecipazioneseparato l’autorità dalla effettiva autorevolezza dei comportamenti e la rappresentanza democratica dalla reale rappresentatività dei bisogni e degli interessi dei cittadini. Ma è altrettanto vero che noi stessi, ognuno per la sua parte, può farsi responsabile della distruzione di quell’edificio invisibile che è la pace. In fondo spesso si trova più ‘comodo’ nascondersi dietro mille alibi e rimanere inerti nelle situazioni concrete, che dovrebbero invece essere corrette. Si sta a guardare, ci si lamenta. Magari si assumono atteggiamenti tattici tanto per superare un’emergenza. Si protesta, si esprime disillusione e rabbia, si punta anche (e giustamente!) il dito contro chi ne è responsabile, si chiede agli altri di ‘cambiare’. Ma nel proprio piccolo spazio non ci si dispone davvero con volontà umile, forte e sincera a sanare situazioni malate che ci toccano da vicino. E il tessuto sociale in cui ci si muove si corrompe, con ricadute pesanti sui rapporti quotidiani. Si consuma insomma quella cultura democratica che richiede grande attenzione anche ai toni e alle parole; e non inneggia certo ad alcun tipo di violenza, nemmeno metaforica.

Cuori ‘pacifici’: profezia controcorrente
La storia in realtà è proiezione esterna delle decisioni dei cuori suscitate dallo Spirito. Lo spazio inesplorato della fede abbraccia e penetra nel profondo le vicende umane e dà al credente la “forza di osare di più e la gioia di prendere il largo”. Ma essere operatori di pace secondo il Vangelo è esigente: un dono che non si compra a poco prezzo! È la fede che nutre in luce-anima-okprofondità i cuori, perché siano manifestazione evangelica. E quando la sapienza del sorriso penetra nell’agire quotidiano, a sua volta alimenta la vita di fede. Certo non ci si può illudere di superare le proprie inquietudini interiori, i rancori che ci si porta dentro senza lasciare spazio allo Spirito di gioia e di pace, perché è lo Spirito che fa accogliere quella pace che sorpassa ogni nostra veduta e diventa decisione ferma e seria di amare tutti i fratelli, senza eccezione o esclusione. Utopia? “Beati gli operatori di pace”, dice il Vangelo… Beati non perché qualcuno pensa di essere arrivato, ma perché ogni giorno parte di nuovo e si rimette in cammino. Allora la pace è davvero ineluttabile. Forse ci vorranno anni perché possa diventare realtà, ma il tempo non è nostro! L’importante è che “noi non coltiviamo un’utopia, ma una sicurezza, una speranza; la speranza evangelica che un bel giorno gli uomini aboliranno la violenza e insieme collaboreranno” (mons. L. Capovilla). Certo se uno ha il passo troppo lungo, gli altri stenteranno a stargli dietro. Così soffre lui e soffrono anche gli altri. Ma – diceva Paolo VI riferendosi al percorso di vita di Primo Mazzolari – questo è il destino dei profeti. Profeti del valore assoluto delle cose ultime.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Corruzione: anoressia della fede

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mag 09 2013

Mentre molte porte false e autoreferenziali invitano a mettersi in cammino, la sfida è attraversare la porta della fede per guarire il cuore corrotto.

Un male oscuro?
abstract, elongated, semi-obscured figure with arms raisedSignore! Dacci occhi deboli per le cose che non valgono, e occhi pieni di chiarezza per guardare tutta la tua verità (Kierkegaard).

Papa Francesco non ha dubbi. Corruzione è il salvar sempre le apparenze (i sepolcri imbiancati contro i quali si scagliava Gesù). Un male che conosciamo – e soffriamo da vicino – che lacera, scava e corrode. Un cammino su cui si scivola, quasi senza accorgersene, in un’abitudine di vita, sempre negata e dissimulata. Non si diviene corrotti di colpo… Si comincia con il passare per le scorciatoie dell’opportunismo anche a prezzo della dignità propria e altrui. Si reagisce poi alle critiche sminuendo chi le fa e attaccando con l’insulto chi la pensa diversamente. Presi dalla seduzione delle cose e dal fascino di possedere di più, si finisce per investire sul prodotto sbagliato – il denaro – e si dimentica l’amore. Su tale percorso, la propria capacità di amare un po’ per volta si deteriora e la persona finisce per dividere il mondo intorno a sé in complici e nemici. È come se i ‘buoni’ risultati conseguiti ubriacassero di un borioso ottimismo. “Così fan tutti”, si conclude frettolosamente quasi a giustificarsi.

In realtà se una catena di male, come un fiume fangoso, percorre la storia in ogni tempo, oggi la corruzione è diventata un cancro morale che avviluppa la politica, l’economia, la società. E anche la Chiesa. Tende ad espandersi dappertutto come se fosse parte accettabile della vita quotidiana, impone complicità e costi altissimi. L’Italia, nelle classifiche internazionali sulla corruzione, continua a scivolare verso il basso e vi diventa sempre più difficile estirparne il male anche a causa di leggi che hanno favorito la sostanziale impunità di importanti tipologie di reati. Alla base del problema non si può nemmeno negare l’esistenza di una italianità refrattaria al rispetto delle regole e dedita all’arrangiarsi per un tornaconto individuale, di clan, o di corrente, qualunque costo questo comporti per la collettività.

Complesso di ‘inquestionabilità’?
cuore1Nel motto di San Gregorio Magno, Corruptio optimi, pessima, Papa Bergoglio indica una  grande  verità: la corruzione del migliore – del  meglio – è la cosa peggiore. E l’applica ai “religiosi corrotti”. Poi chiarisce: “Non voglio riferirmi qui ai casi ovvi di corruzione, ma piuttosto a stati di corruzione quotidiana, che chiamerei veniale, ma che lentamente fanno arenare la vita religiosa”. Egli fa quindi una disamina molto lucida di questi “stati di corruzione quotidiana”. Si tratta di una specie di paralisi che si produce quando un’anima si adatta a vivere tranquillamente in pace. All’inizio, c’è “il timore che Dio ci imbarchi in viaggi che non possiamo controllare”. La paura perciò rimpicciolisce “gli orizzonti a misura della propria desolazione o quietismo”. Si arriva quindi alla mediocrità e alla tiepidezza: due forme di corruzione spirituale, segni di una fede anoressica e di facciata. E ci si immette su un piano inclinato che conduce allo scoraggiamento dell’anima, in una “lenta, ma definitiva, sclerosi del cuore”.

La persona tenderà allora a interpretare la “vita consacrata come realizzazione immanente della sua personalità”; oppure inseguirà la “soddisfazione professionale”; quando non si compiacerà della stima altrui, o si dedicherà principalmente a una intensa vita sociale … Il cuore rimane putrefatto a causa dell’adesione eccessiva a un ‘tesoro’ che lo ha conquistato.

logoannovocazionaleingpegpiccoloQuale forza profetica potrà sciogliere tale cuore corrotto? È talmente arroccato nella soddisfazione della sua autosufficienza da non permettere di farsi mettere in discussione. «Accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,21). Egli non ha rimorso interiore perché non si accorge del suo stato di corruzione. Sono gli altri che se ne accorgono, e se gli vogliono bene glielo faranno notare. Da ciò segue che la corruzione, più che perdonata, deve essere guarita. La vita consacrata assegna espressamente il primo e l’ultimo posto a Dio. Senza un’apertura sincera  e reale alla misericordia e alla grazia di Dio, la vita del religioso rischia di diventare una contraddizione in termini, una scatola vuota.

Ardua e possibile la via del risanamento
La via del risanamento parte dall’impegno personale e comunitario volto al riconoscimento nel proprio profondo del male oscuro, per affrontarlo e vincerlo con la luce e la forza della Parola. Papa Francesco costringe a interrogarsi senza concedere scappatoie. “Perché un cuore si corrompe?” è il perno delle sue riflessioni. “Non è un buon atteggiamento quello di truccare la vita, di fare il maquillage alla vita: no, no. La vita è come è, è la realtà. È come Dio vuole che sia o come Dio permette che sia, ma è come è, e dobbiamo prenderla come è. E lo Spirito del Signore ci darà la soluzione ai problemi”.

Come un vento nuovo, le sue parole entrano nelle nostre case di credenti e non credenti. Un graffio sulle coscienze e un balsamo alle ferite che ognuno si porta nel cuore. Una carezza, comunque, in ogni occasione. E una guida luminosa nel momento non facile, eppure stimolante e affascinante, che stiamo vivendo. Rendono il senso di un cammino. Non sconforto e pessimismo, quindi, per quello che ci circonda e che è anche dentro di noi, ma una lettura lucida sì. Nessuno può fuggire dal presente e la vera profezia di questo tempo, è abitarlo insieme, mettendosi realmente in gioco.

… per una sapienza quotidiana del vivere
Certo essere confrontati con la propria verità è sempre doloroso e non piace ai più! Si preferirebbe restare in un mondo fittizio, dove si possono ignorare gli aspetti negativi della propria personalità, chiudere gli occhi e fingere che non esistano. Lì è facile diventare specialisti nell’autoconvincersi di essere bravissimi, sopravvalutarsi o anche sottovalutarsi.

d85b55eacd81c064880d1d0672bc8b43-300x213Ma il cammino verso Dio in realtà può cominciare unicamente nella propria cella interiore, là dove si scende nella vera esistenza, ci si confronta con la propria reale natura e si portano allo scoperto tutte le personali manovre di evasione. Si può allora smettere di combattere da soli contro il male e confidare piuttosto nella misericordia del Padre; favorire lo sviluppo del bene, che pure è in noi, per essere graditi a Lui e non più orientati a se stessi.

C’è notte e notte. Quella del corrotto è la peggiore perché è ”notte definitiva, quando il cuore si chiude”. Diversa è la “notte del peccatore” perché è provvisoria! E se un sottile filo di speranza nell’amore indistruttibile di Dio si fa largo nel cuore, Dio lo riconduce alla Verità delle cose.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Persi nella nebbia

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apr 29 2013

nebbia_in_campaniaAlla nostra società non mancano solo adulti nella fede. Mancano adulti tout court. Che cosa produce un sentimento di vita che rifiuta, nei modi più impensati, l’invecchiamento e i segni che l’accompagnano? O che costringe al silenzio l’esperienza della morte?

Giovani ‘sconnessi’…
In una sorta di nebbia che sembra dominare su tutto, ciò che fino a qualche anno fa significava maturità si sta disgregando. I contorni si confondono e si neutralizzano. I giovani “passeggiano per le strade con l’orecchio otturato dalla cuffia delle loro musiche” (card. Ravasi), che li segnala ‘sconnessi’ dall’insopportabile complessità sociale, politica e religiosa creata dagli adulti. In un certo senso i ragazzi calano una visiera per autoescludersi dalla corruzione e dall’incoerenza che li ha ridotti al precariato, alla disoccupazione e alla marginalità.

Nello stesso tempo una strana febbre ha colpito il mondo degli adulti che li rende incapaci di riconoscere lo specifico umano dell’essere al mondo. Immersi nella cultura dell’adesso e affidati all’esperienza del momento, essi sembrano amare più la giovinezza che i giovani, finendo spesso per spendere la vita aggrappandosi al … nulla!

…e adulti ‘scomparsi’
Secondo il sociologo della modernità liquida Zygmunt Bauman, la generazione nata tra il 1946 e il 1980 ha progressivamente riscritto il sentimento della vita compiendo una vera e propria rivoluzione tra le età nell’immaginario collettivo. È nato così – e si è subito diffuso – un modello di società a “responsabilità zero”. Entrati con la vita in questo modello, gli adulti si sono persi nella stessa nebbia dei più giovani, senza più distinzione generazionale. Non è eccessivo parlare – come fa Marcel Gauchet, famoso storico francese – “di una liquidazione dell’età adulta”. Certo è difficile per tutti crescere in un mondo che non ammette i segni della vecchiaia, che sembra apprezzare solo la giovinezza e ciò che farmaceuticamente e chirurgicamente le rassomiglia; che spende capitali per ricerche e scelte ‘anti-age’, interventi estetici, tinte per capelli, creme…; chiama ‘divertimento’ stili di vita “bunga bunga”; si fa guidare da manie dietetiche e vede crescere il numero dei forzati della palestra… Questa cosa certo non vale per tutti, ma l’andamento generale va proprio in tale direzione. “Gli adulti stanno male – spiega U. Galimberti – perché, anche se non se ne rendono conto, non vogliono diventare adulti”.

Pensare in tempi oscuri”
HackerGod-228x300Ci siamo abituati a rinnegare la fragilità, che perciò è stata censurata dal tempo e nel tempo. Il fenomeno ha avuto il massimo successo negli ultimi quarant’anni. Ma il tempo concesso ad ognuno per compiere il cerchio della propria esistenza è consapevolezza della fragilità che conduce alla fine. Consapevolezza che versa un meraviglioso significato dentro ogni momento che precede la fine, rendendo così grandiosi gli aspetti più banali dell’esistenza. La grande cultura ci ha sempre detto che l’uomo diventa autentico solo se accetta la morte. Zygmunt Bauman nel nostro tempo lo ribadisce: ciò che dà senso ai nostri giorni è proprio la consapevolezza della mortalità. Ma la morte oggi è stata zittita, negata, tanto che non siamo più in grado di pensarla e, tanto meno, di ascoltarla o di dirla. Così, non avendo più parola – come afferma Luciano Manicardi –  la morte ha cessato di insegnare e di indicare simboli e chiavi per interpretare la realtà. E dentro la nebbia che ne consegue, facilmente ci ritroviamo tutti nervosi, scontrosi, infelici e tristi!

Adulti ‘compiuti’
Capita sempre più spesso di assistere, soprattutto in politica, a una lotta tra vecchi e giovani e, comunque, sembra essere venuta a mancare nel nostro tempo quella salutare dialettica che porta a darsi regole condivise. Nelle famiglie occidentali si cerca di risparmiare ai piccoli ogni fatica e dolore, quando poi non ci si conforma ai criteri e ai comportamenti dei figli, per ottenere la loro approvazione. Ma pare che non ci sia nulla di più traumatico del non aver mai avuto dei traumi; e nulla di più pesante del legame con un genitore che pretende che tu gli voglia bene per il bene che lui ti vuole. Ad un adulto certo non si chiede di rappresentare l’ideale di una vita compiuta, né di incarnare nessun modello di perfezione, ma solo di assumersi responsabilmente il peso della propria parola e dei propri atti, di riconciliarsi con la verità della vita In_viaggio_Con_I_nonnie della vocazione umana. In fondo è questo che può salvare dalla solitudine e dall’abbandono e questo bisognerebbe poter ricostruire individualmente e collettivamente.

L’equilibrio tra egoismi non ha mai portato a una collettività forte, coesa e sicura di sé, poiché lo specifico umano dell’essere al mondo è altro. È volersi bene per quello che si è e riuscire a fare propri i sentimenti che l’altro vicino a noi vive; è lasciarsi toccare e segnare dal grido di chi ci è compagno di viaggio nel tempo; è amare la vita, nonostante la morte. Ma come è possibile accostarsi a questo limite, senza una promessa di Vita, senza una Luce che dia chiarore al fondo senza fondo che è il morire?

Spiragli di luce nella nebbia  
Affaticati dalla vita come singoli e come comunità per gli uomini del nostro tempo è urgente rimettere in cammino la propria fede cominciando a distogliere l’attenzione da se stessi. Il cristiano sa per esperienza che custodire con amore il vangelo del Signore Gesù è l’inizio dell’incontro con Lui. Parola conservata nel cuore come un seme. Seme non pianta. Seme da coltivare con la propria libertà perché germogli e orienti a vivere la verità di ciò che si è di fronte a Lui e a se stessi. Un’esperienza di grazia e di vita che traccia una adi6ggstoria. Un modello autorevole per le generazioni più giovani, i quali altro compito non hanno se non quello di diventare adulti.

Certo i giovani oggi sono diversi. Ma la loro ‘diversità’ contiene già semi sorprendenti di fecondità e autenticità che parlano a chi vuole vedere e ascoltare: tanti di loro fanno la scelta del volontariato, nutrono in sé (e la esprimono in gruppo!) la passione per la musica, lo sport, l’amicizia… Tutti modi per dirci che l’uomo non vive di solo pane. Possiedono una loro originale spiritualità, sincerità, libertà nascoste sotto la coltre di un’apparente indifferenza… Certo hanno bisogno di adulti che sanno crescere con loro in prospettiva di scomparire. Il mistero che è la vita di tutti è venato anche da ferite, da ombre, da lotte. Ma che cosa possiamo in verità comunicare agli altri e poi lasciare in preziosa eredità? Forse solo le nostre ferite, le sconfitte, i desideri. In una parola: ciò che ci manca e che ci tiene in movimento verso la Luce.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Impasti di ombra e di Luce

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apr 19 2013

 

Quando l’incontro con il male di vivere – e con le emozioni, i sentimenti e le idee che lo accompagnano – diventa esercizio di salute mentale ed esperienza di senso e di Gioia…

La persona folle, ‘diversa’ e disturbante…
a11La follia è una condizione umana. In noi essa esiste ed è presente come lo è la ragione…Il malato non è solamente un malato, ma un uomo con tutte le sue necessità. Lo affermava  Franco Basaglia, principale elaboratore della legge 180 del 1978, che chiuse in Italia i manicomi, tanto imparentati con degrado, violenza, abbandono, isolamento e spersonalizzazione. Una legge bellissima la sua, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità uno dei pochi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale, eppure a tutt’oggi, inattuata e molto ignorata. L’utopia di Basaglia era che su tutto il territorio nazionale fossero creati servizi di salute mentale organizzati come residenze comunitarie, con la partecipazione di educatori, medici, accompagnatori. L’obiettivo: rendere “umane” le relazioni tra le persone, recuperare il rapporto dei malati con il mondo, alleggerire la fatica delle famiglie, dimostrare a tutti che l’indifferenza e la paura della ‘diversità’ – anche mentale – si può vincere.

…e l’insano della persona sana
Tutti conosciamo per esperienza che le crisi e il disagio mentale non sono insoliti per nessuno, troppe-diagnosi-e-abuso-di-farmaci-siamo-tutti-malati-di-mente_1726anzi. Prima o poi ognuno si ritrova in qualche ‘crepaccio’ a gridare: “Salvami da quest’ora”. Una vita debole e turbata, che forse non vogliamo vedere e riconoscere, si esprime in ansia e depressione. Sempre più numerose sono le persone annodate in grovigli di rapporti sbagliati, perse in un nodo di solitudine e di pena.

Certo di fronte alle difficoltà della vita non tutti reagiamo allo stesso modo e, se tutti siamo esposti alla sofferenza, solo alcuni sviluppano un disturbo psichico grave. I più purtroppo non sanno o non vogliono reagire ai propri malesseri: si limitano a trascinare i loro giorni senza gioia e si perdono in qualche forma di disagio minore. Scritti scientifici e servizi giornalistici raccontano che oggi la parola ‘depressione’, usata nell’accezione sommaria e abusata di malattia mentale, sembra essere diventata contenitore e nello stesso tempo spiegazione di ogni condizione. Si riducono a depressione, infatti tristezze e affanni, stanchezze e rancori, frustrazioni e delusioni… in un percorso che puntualmente si conclude con la prescrizione di ansiolitici e antidepressivi. Abituati come si è a valutare tutto, tutti e anche se stessi in base all’apparenza e all’efficienza, facilmente si finisce per oscillare tra l’esaltazione di sé e la cupa depressione che cresce nel senso di vuoto dell’anima. Un numero sempre crescente di persone si rivolge allo psicoterapeuta per poter affrontare l’insufficiente senso della propria vita.

Risvolti dolorosi di vite “al limite”
Cresce a dismisura anche il numero di coloro che compiono atti di violenza contro se stessi o psicofarmaltri, che ricorrono a sostanze illecite pur di provare gratificazioni facili e forti emozioni. C’è chi arriva a compiacersi di insulse bravate e prevaricazioni… “Cose da pazzi”, reagisce la gente di fronte all’esplosione di gesti estremi di devianza. E qualcuno, spingendosi ad evocare un’epidemia di “follia” collettiva nel nostro oggi, quasi per salvare se stesso rimpiange persino il tempo in cui esistevano i ‘manicomi’ dove rinchiudere e isolare chi è ‘fuori di testa’. Intanto l’assistenza a chi è afflitto da gravi disturbi mentali, oggi è passata di fatto dallo Stato direttamente ai familiari. La quantità dei servizi erogati infatti è presente sul territorio a macchia di leopardo e comunque la qualità dell’assistenza spesso ripropone con altro nome la stessa logica manicomiale. Un elemento risulta assente da tutto questo: la elaborazione reale e concreta della sofferenza propria e altrui. Ma nessun male può essere dissolto solo chiudendo il discorso con una sbrigativa etichetta di ‘matto’ e la cura è vera se si orienta sullo sviluppo e valorizzazione della persona.

Dove abita il Sole
In realtà la follia fa parte delle possibilità e della “normalità” delle vicende umane per chi è alle prese con la fatica di vivere. Siamo un impasto di normalità e di follia e dove c’è più ombra c’è papavero_e_luceanche più luce. Ma lo si può scoprire solo se si lavora sui propri problemi, pazzie, limiti… Su questa via si diventa anche capaci di affrontare i problemi di altri; di conoscere che nella sofferenza si nasconde il mistero di Dio che sembra allontanarsi e che in realtà continua la sua presenza in ogni situazione.

Si tratta di fermarsi per scegliere la strada da prendere agli incroci che si incontrano lungo il percorso. La sofferenza può condurre al di là del proprio io piccolo e limitato e allenare a chiarirsi le idee; a domandarsi se davvero vale la pena usare il tempo in un certo modo, mentre la vita diventa sempre più breve. Ma non è facile ammettere il proprio turbamento, liberarsi di sé, ascoltare la coscienza e – per il credente – scegliere fra il proprio io e Dio, lasciando in definitiva a Lui l’ultima parola e il dono della gioia. Perché allora e soltanto allora, mettendosi sotto lo Sguardo che conta infinitamente più di ogni cosa, dal proprio turbamento può nascere l’abbandono nelle braccia del Padre e l’apertura alla vita e al prossimo.

Non di soli farmaci
La ‘depressione’ va accolta in una indispensabile autocoscienza, se realmente se ne vuole uscire. In genere essa rappresenta, infatti, solo il segnale doloroso che qualcosa nella propria vita, nel rapporto con se stessi e con gli altri non sta andando come dovrebbe e per questo ci si sta … spegnendo. Gli psicofarmaci si limitano a nascondere i sintomi del problema. Necessari e utilissimi perciò in alcune situazioni – soprattutto se associati alla psicoterapia – nella maggior parte dei casi gli psicofarmaci, per i loro effetti collaterali, sono discutibili. Qualificati ricercatori indipendenti dalle industrie farmaceutiche hanno acquisito che essi non agiscono solo sulla psiche, ma condizionano l’attività cardiaca e respiratoria, alterano in modo significativo il ciclo sonno/veglia, l’appetito … Costringono insomma nel patologico sentimenti ed emozioni. Da soli certamente non bastano a dare rispetto e significato alla persona.

La relazione: farmaco giusto e necessario
In realtà la cura che le singole persone cercano spontaneamente per i propri malesseri è un rapporto d’amore gratuito: quello di cui si può fare esperienza in un gruppo/comunità che non espelle chi soffre, ma si impegna a capire e riconoscere senso e dignità a ogni storia. Comincia così per ognuno un’avventura nella quale è necessario di volta in volta scegliere che cosa fare e che cosa dire, persona per persona. Questo attiva e permette di condividere contesti positivi e autorigeneranti. “Piccole” cose poi si richiedono ogni giorno: il coraggio di contenere le proprie ragioni (star bene, pensare normalmente e futilmente, evadere dalle situazioni …); uscire dal timthumbpregiudizio e, onestamente, riconoscere in sé la stessa umanità dell’altro; accogliere con umiltà l’occasione per vedersi e riconoscersi nella sua fragilità, paure e vulnerabilità. Serve insomma essere persone impegnate a gestire ed elaborare la sofferenza propria insieme a quella di chi ci vive accanto. Non per niente il volontariato per certi aspetti è oggi l’unica realtà forte, nel momento in cui offre se stesso all’incontro con i bisogni e i problemi sociali. Questa è anche la vera politica. L’incontro con il “male di vivere” dentro e fuori di noi può allora diventare realmente un esercizio quotidiano di salute mentale, in tutti i sensi e per tutti.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Twitto o non twitto?

Società | Posted by usmionline
apr 09 2013

Internet rispecchia e  mostra ciò che sta dentro di noi. Abitare con autenticità e competenza il continente digitale è oggi necessità inderogabile.

Nomadi digitali …

twitto1La Rete delle reti, luogo senza centro, disegnato anarchicamente e continuamente ridisegnato,  è l’unica vera e inarrestabile novità del terzo Millennio, contrassegnato dalla più epocale crisi della relazione interpersonale. La ‘generazione y’ – i nati tra gli anni ’80 e il Duemila –  cresciuta a pane, internet e dispositivi mobili, trascorre la “vita sociale” più in compagnia delle nuove tecnologie che con altri esseri in carne e ossa. Secondo il Rapporto Cisco 2012, gli oggetti più desiderati e considerati indispensabili a ogni latitudine sono: computer, portatile e cellulare smart, ‘vissuti’ ormai come la propria estensione corporea. I teenagers iniziano la  giornata controllando sms, posta elettronica e social media. Se non possono connettersi si sentono persi e ansiosi. twitto2Ma non si tratta di una ‘urgenza’ solo generazionale. Sono centinaia di milioni le persone che condividono in Facebook, Twitter, You Tube – le reti più “social” – la propria vita, minuto per minuto, realizzando ciò che viene definito ‘intimità digitale’. È come se tutti scrivessero nello stesso tempo e sullo stesso foglio di carta a più mani, creando, scambiando, completando notizie e idee. Quasi un blog collettivo aggiornato in… presa diretta. E, anche se  due utenti su tre account non twittano nulla, tutti insieme alimentano continui ‘cinguettii’ di 140 caratteri l’uno. In tal modo – chiarisce Josh Rose – Internet non ci sottrae la nostra umanità: la rispecchia. Non s’insinua dentro di noi: ci mostra ciò che sta dentro di noi.

… con voglia di vita vissuta e condivisa

Twitter, Facebook, Google e tutti i cosiddetti social network incarnano una utopia che è propria di ogni persona a prescindere dall’età. Per dirla con un’espressione di Antonio Spadaro, l’utopia di poter stare sempre vicini alle persone a cui teniamo in un modo o nell’altro, e di conoscerne altre che siano compatibili con noi; di poter nutrire interessi comuni, condividere pensieri, conoscenze, pezzi di vita… Può sorprendere che si cerchi nella realtà virtuale quello che spesso non è possibile trovare nella realtà-realtà. Ma vivere on-line rende straordinariamente facile ‘entrare’ in un rapporto e allo stesso modo agevola una possibile ‘uscita di sicurezza’ dal rapporto stesso quando lo si avverte liso e consumato. In ogni caso è sufficiente un clik.

Così – mentre i frequentatori abituali del web sono convinti che la propria credibilità cresca in proporzione al numero di “amici” vantati sul sito e, al contrario, i non frequentatori ritengono che i veri amici si contano solo sulle dita di una mano – rimane prepotente e vitale nel cuore di ognuno il bisogno di incontro con l’altro nell’autenticità.

Intanto il nostro tempo sembra aver bruciato gli spazi della riflessione e ridotto all’insignificanza quelli della comunicazione e inaridito il sentimento attraverso il quale sapere cos’è il bene e cos’è il male (U. Galimberti). Questo a partire dalla famiglia e dalla vita in comunità.

Nel deserto della comunicazione emotiva…

twitto3Il fatto è che, se il mondo emotivo vive dentro di noi come un ospite sconosciuto, è difficile pensare di riuscire a comunicare, o anche solo di poter governare la propria vita senza una adeguata conoscenza di sé. Così il vuoto di comunicazione manifesta i suoi primi segni nella svogliatezza della persona, nell’indolenza, nella ribellione … Nei casi più gravi la rassegnazione depressiva prende il posto delle parole che non abbiamo saputo scambiare con gli altri e nemmeno con noi stessi. L’umanità, che soprattutto oggi è alla ricerca spasmodica di un’identità, ha più che mai bisogno di uomini/donne capaci di relazione.

 … relazioni mancate

Nella loro realtà quotidiana gli adulti spesso, invece di arginare le inquietudini dei figli, tendono a rispecchiarle. Pensano di comunicare con loro e con il mondo intorno perché trasmettono dei messaggi. Ma se manca l’apertura interiore che consente alle parole dell’altro di risuonare dentro di noi rimettendoci in questione; se riteniamo che la sola cosa importante sia quella che ‘noi’ abbiamo in mente e che vogliamo dire e non ciò che l’altro sta cercando forse disperatamente di farci comprendere, allora trasmettere non è comunicare, né educare.

La carenza di ascolto spinge i giovani a riversare la propria identità su internet, dove qualcuno a volte fa l’esperienza di quel bullismo che oggi si colora anche di tecnologia. Mancanza di sicurezza, bisogno di essere accettati, confusione di identità…? Di fatto aumentano i gesti estremi di adolescenti, turbati da un linciaggio effettuato contro di loro via Facebook.

Il problema urgente dunque è imparare ad abitare – e ad abitare con autenticità – i tecnomondi oggi disponibili, senza rinunciare all’autenticità delle relazioni interpersonali, le sole capaci di generare  – con fecondità e senza scolorirlo – l’annuncio del Vangelo. Un gran lavoro da fare insomma nell’educarsi e nell’educare per essere all’altezza di questo nostro tempo.

Va’ dove ti porta il … web!?!

twitto4Se è vero che le tecnologie non portano automaticamente a un cambiamento per il meglio, il web rende le persone, che sono attente a ‘vedere e sentire’, più aperte alle opinioni degli altri, più sensibili e tolleranti.

Così per esempio in Islanda gli strumenti tecnologici, per la prima volta, sono stati messi al servizio del bene comune, per un governo più partecipativo e rappresentativo: una vera e propria rivoluzione nell’ambito di una moderna democrazia europea. La bozza della nuova Costituzione, stilata dall’Assemblea Costituente, è stata pubblicata nei social network Facebook e Twitter, per poi essere rielaborata secondo i consigli e le proposte dei cittadini e sottoposta nuovamente alla  valutazione di questi con scadenza settimanale. Non solo, ma ogni cittadino era libero di intervenire, proporre riforme e discussioni attraverso forum, videoconferenze, e assemblee che potevano essere seguite in tempo reale. Il risultato? La bozza costituzionale esprime realmente i desideri dei cittadini. Non a caso tra i diritti fondamentali inseriti in essa figura quello a un “ambiente salubre e ad una natura incontaminata”. È la dimostrazione che anche i tweet che portano buone comunicazioni positive, come semi del Vangelo nel nostro tempo, possono portare frutto e moltiplicarsi per trenta, sessanta e cento … Così come è per il credente: ascoltare la Parola al mattino e portarla nella mente e nel cuore sostiene il cammino di un giorno e anche di una vita.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

 

Mp3 interventi assemblea

ASSEMBLEA NAZIONALE 2013 | Posted by usmionline
apr 07 2013

Disponibili online le relazioni in formato mp3:

» Dott. Vito Mancuso

» M. Teresa

» Madre Ballarin

» M. Regina

» P. Rupnik – I parte

» P. Rupnik – II parte

» P. Prezzi

» Sr. Loparco

CRONACA DI UN GIORNO SPECIALE

ASSEMBLEA NAZIONALE 2013 | Posted by usmionline
apr 06 2013

 

Per le superiore maggiori e le consorelle che hanno potuto partecipare,sabato 6 aprile è stato veramente un giorno di festa che resterà nella memoria per sempre!

L’appuntamento è alle ore 9,00 presso l’obelisco di piazza San Pietro. Si entra nella basilica insieme passando per la porta centrale: uno spettacolo che alcuni turisti fissano con fotografie e filmati – vedere tante religiose insieme è abbastanza raro! – e ci si dirige presso l’altare della cattedra dove un’ora più tardi inizia la celebrazione eucaristica presieduta dal Cardinal Prefetto CIVCSVA Mons. João Braz de Aviz.

 Il presule, dando inizio all’omelia ringrazia la presidente uscente suor Viviana Ballarin e porge gli auguri alla neo-eletta madre Maria Regina Cesarato, prosegue poi affermando che le superiore maggiori sono chiamate ad esercitare l’autorità come servizio ed esorta soprattutto a vivere la spiritualità di comunione a tutti i livelli. Invita infine alla preghiera e al dono di noi stesse per essere sempre più autentiche spose di Cristo.

·La celebrazione, nella solennità della liturgia, nell’armonia dei canti, nello splendore della bellezza artistica della basilica, viene vissuta da tutte le presenti come il momento più alto del nostro incontro e ci fa pregustare la gioia del Paradiso! Grazie Signore, per questo immenso dono!

 Nel pomeriggio già ben prima dell’orario previsto, ci ritroviamo all’ingresso dell’Auditorium Conciliazione poi prendiamo posto per assistere allo spettacolo “USMI tra storia e profezia”. L’ouverture viene data da suor Fiorella Schermidoni con il coro delle Suore Pie Discepole del Divin Maestro e il canto “Sognare si può”, l’inno del giubileo. Prosegue poi con canti, danze, recitazioni, momenti di contemplazione meditativa e testimonianze che trascinano tutta l’assemblea in un crescendo di entusiasmo fino al canto conclusivo: “Resta qui con noi”. Tre ore di spettacolo che hanno fatto vibrare le corde più profonde del nostro cuore per lodare e benedire Dio nella gratitudine del dono di appartenergli.

Davvero “sognare si può” e “sognare si deve” come ha concluso la nostra Presidente, per un futuro di speranza!

Madre Orsola Bertolotto
Superiora generale Murialdine
Consigliera USMI nazionale