GMG a Madrid: conto alla rovescia! (16-21 agosto 2011)

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lug 20 2011

Giovani GMG

Non solo destinatari, ma anche protagonisti della GMG… Che cosa cercano? Con quali desideri decidono di partire?

I giovani considerano la loro Giornata Mondiale un’esperienza che “cambia la vita” perché aiuta:

- ad “avere le idee chiare”

- ad “accettare le sofferenze”

- ad “essere felici e seri davanti alla vita”

- a “diventare persone migliori”…

È festa, perciò -quella di Madrid- festa della fede. E dei giovani per i giovani!

La GMG 2011 può anche essere definita la prima Giornata Mondiale della Gioventù davvero interattiva. Sulla tecnologia ha puntato infatti l’organizzazione centrale spagnola. E l’Italia non è da meno. Un milione di utenti, da 82 diversi paesi del mondo, segue così il cammino di preparazione nei social network e attraverso il canale Youtube.

Madrid li aspetta

Per il grande evento è record di iscrizioni. A Madrid sono attesi due milioni di giovani provenienti da ogni parte del mondo. E, tra le più recenti novità, ci sarà anche la partecipazione di un gruppo di giovani detenuti. Grazie, infatti, a un permesso concesso dalle autorità carcerarie di Madrid, anch’essi porteranno la croce e le icone del rito nella Via crucis che attraverserà le vie della capitale spagnola il 19 agosto.

Con una fede di cui rendere ragione

“Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede”, è il motto e il tema della GMG 2011. E l’impegno per tutti è a lasciare che il Signore passi attraverso le nostre porte chiuse. Le Giornate Mondiali della Gioventù, infatti, “sono una grazia non solo per voi giovani, ma per tutto il popolo di Dio” (Benedetto XVI).

Ma cosa significa essere credenti oggi, «radicati in Cristo» nell’attuale contesto culturale? Come è possibile per un giovane credere, e secondo quali stili di vita la fede oggi è praticabile? Come farsi pellegrini, in questo mondo, verso la pienezza della fede e della vita, verso un Incontro che sia per sempre?

Punti fermi nel cammino

Il male può ferire l’umanità. Ma solo ferirla, non sopraffarla. Non è il futuro: il bene è più forte. E i giovani GMG sembrano averlo capito. Per questo si muovono insieme lungo i sentieri che portano a Madrid. In quale direzione vanno oggi le cose e i giorni? E come invece Dio sogna la terra? Nel confronto, nella preghiera e nell’ascolto, i giovani cercheranno di capire e di vivere.

La riflessione personale e comune si fonda su alcuni punti fermi:

- La “Croce pellegrina”. Molti la chiamano la “Croce dei giovani”. Giovanni Paolo II nel 1984 la consegnò loro perché la portassero per tutto il mondo, in ogni luogo ed in ogni tempo, come segno dell’amore del Signore Gesù nei confronti dell’umanità.

- L’icona di Maria Salus Populi Romani. Dal 2003 essa accompagna le Giornate della Gioventù. È il segno della presenza materna di Maria vicino ai giovani, chiamati – come l’apostolo Giovanni – ad accoglierla nelle loro vite.

Chiesa giovane

Prima di arrivare a Madrid, i giovani faranno sosta in 68 diocesi spagnole “a conferma che tutta la Chiesa in Spagna è coinvolta direttamente nell’esperienza della GMG!”, “un’esperienza di Chiesa universale – unica nel suo genere – che abbraccia tutto il pianeta; di una Chiesa giovane, piena di entusiasmo e slancio missionario. È un’epifania della fede cristiana che ha dimensioni veramente planetarie” (card. Stanisław Ryłko).

…a Madrid per un Mondo Unito

Giovani: protagonisti appassionati della fraternità universale. Fra tutti, anche un gruppo di giovani egiziani e iracheni sarà a Madrid, insieme ai loro coetanei mediorientali. “Veniamo dall’Egitto per testimoniare la potenza della preghiera e la forza della fede, che tanto ci hanno aiutato e ci stanno aiutando per orientare al bene il futuro del nostro Paese. La fede spinge la preghiera e questa ci dona speranza in un futuro migliore per tutti” (mons. Makarios Tewfik, vescovo di Ismayliah). Testimoniare la potenza della preghiera e la forza della fede: una determinazione che i giovani egiziani stanno già mettendo in atto in questo tempo di preparazione… A Madrid vogliono arrivare pronti a confrontarsi con i loro coetanei. Certamente porteranno una ventata di “primavera araba” in Europa, e forse riusciranno anche a farci sentire il respiro affannato delle loro Chiese locali.

Tanta gioia e insieme –aggiunge il vescovo Tewfik- “anche un velo di preoccupazione: che alcuni dei nostri giovani non facciano ritorno in Egitto, decidendo di restare in Europa”. La Chiesa egiziana confida molto nei suoi giovani per rinnovarsi. Prega perciò con fiducia che i giovani pellegrini siano i semi di un rinnovamento per la chiesa egiziana, per la Chiesa tutta e per il mondo.

Dio nostro desiderio

La GMG si concluderà con la partecipazione del Santo Padre alla Via Crucis dei giovani per le strade di Madrid. Poi una grande festa nell’aerodromo di Cuatro Vientos e domenica 21 agosto alle 10,00 la solenne celebrazione eucaristica che chiuderà la GMG 2011.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

“Palloncini come colombe di pace”

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lug 13 2011

Solo dalla pace fra due e fra tre può nascere un giorno la grande pace, quella in cui noi speriamo (Bonhoeffer). Ed Hetty Hillesum confida nel suo diario: Non vedo alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. Convinti che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale.

Una Messa al confine…

L’Unione europea ha annunciato un piano di aiuti alimentari urgenti a favore della Corea del Nord del valore di 10 milioni di euro. “Stiamo affrontando la crisi peggiore mai verificatasi dalla divisione della Corea. Dobbiamo riprendere il dialogo e gli scambi intercoreani, per superare la fase della sfida militare e tornare a rispettarci l’un l’altro…”. Oltre 20mila cattolici sudcoreani hanno partecipato alla Messa per la pace fra le due Coree, organizzata in giugno dalla Conferenza episcopale del Sud a Seoul. Parlando ai fedeli riuniti presso la zona demilitarizzata, al confine con il Nord, il vescovo di Chunchon Luca Kim, presidente della Commissione episcopale per la riconciliazione del popolo coreano, ha ricordato a tutti:“La Corea del Nord deve impegnarsi in molti campi. Se vuole rispetto, deve migliorare la situazione dei diritti umani e iniziare a comportarsi con sincerità… Il compito dei cattolici del Sud è pensare a quei fratelli che al di là del confine vengono lasciati morire di fame. Abbiamo bisogno non di una politica passiva di sopportazione, ma di un atteggiamento attivo. Non dobbiamo mai scordarci che siamo apostoli”.

La Messa si è conclusa con un lungo applauso e con il lancio di palloncini a forma di colombe che annunciano pace.

…per rafforzare la ricerca di una umanità comune

Il gesto, fissato nella foto introduttiva, è sulla linea delle accorate parole del presule. Anch’esso infatti è, in un certo senso, invito ad utilizzare le differenze, che sperimentiamo quotidianamente, non come mattoni per mantenere (o costruire) mura difensive; o come espedienti volti a perpetuare divisioni e separazione. Ma a considerare ciò che ci distingue come punto di partenza per un dibattito concreto; per avviare la ricerca di una umanità comune e il controllo congiunto e continuo dei risultati via via raggiunti.

Vivere insieme nelle città di oggi: il sogno…

Zygmunt Bauman, noto e acuto interprete della società e dell’etica postmoderna, nel suo libro ‘Voglia di comunità’ scrive che nella nostra epoca, fatta di competitività sfrenata, la parola comunità ha un suono dolcissimo. Evoca tutto ciò di cui sentiamo il bisogno e che ci manca per sentirci fiduciosi, tranquilli e sicuri di noi…Un luogo caldo -aggiunge- un tetto sotto cui ci ripariamo quando si scatena un temporale.

Nella storia in effetti non si è mai vista una ricerca così tenace di una umanità comune. E mai è stata avvertita come oggi la necessità di una condotta conseguente nella ricerca.

…e la realtà

Ma nelle città tutti continuiamo a vivere in mezzo a folle di estranei, davanti alle quali ognuno diventa e si presenta semplicemente nella sua ‘facciata’. Così di un individuo si riesce facilmente a vedere solo questa facciata (e fra l’altro sempre di corsa!).

In tale situazione quali possibilità reali rimangono agli individui di capire quello che c’è dietro la “facciata”; di trovare in sé la forza per superare insicurezze, paure; di dialogare e aprirsi ad un incontro vero?

Certo, diffidando della possibilità reale di approfondire la conoscenza reciproca, negli individui finisce per prevalere l’istinto ad isolare le differenze e a prendere le distanze da tutto e da tutti. Per difendersi, si finisce così per scegliere di “chiudere” e ripiegarsi su di sé, in contraddizione però con il sogno comunitario che rimane. Tutti più o meno continuano così a cercare  una vita sicura che il mondo intorno però non è in grado di offrire e in un certo senso nemmeno riesce più a promettere. La sicurezza rimane condizione necessaria e insoddisfatta.

La via sicura per colombe di pace in ogni parte del mondo…

Le suore coreane della foto -e con loro almeno quanti abbiamo accolto l’invito a vivere insieme nel Suo Nome- sono impegnate a cercare una risposta più promettente al sentimento di insicurezza dominante nel nostro presente complesso.

Su questa via si comprende che la ricerca autentica di valori comuni richiede di moltiplicare le occasioni della vita insieme: sedere allo stesso tavolo degli “estranei”; camminare fianco a fianco per visitare gli stessi posti; decidersi a scegliere di perdere tempo per stare insieme, per pregare insieme, mangiare insieme, discutere insieme…

È facile, in ogni vita insieme, mendicare briciole di attenzione, di stima, di affetto… Sperimentiamo comunque che si diventa più forti quando si impara a conoscere le proprie forze e le proprie insufficienze. Con l’energia di tale consapevolezza, si riesce ad opporre ad ogni offesa e umiliazione subita un nuovo pezzetto di amore e di bontà conquistato in se stessi. Si accetta così di mangiare – pur con grande fatica – il pane duro e salato della comunione.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Cura delle relazioni: il futuro passa da qui

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lug 04 2011

Qualità della vita significa certamente qualità delle relazioni, perché sono queste che costituiscono la sostanza della vita. Ma se è così, allora perché nel nostro mondo continuiamo a vivere come ‘coriandoli’ che stanno l’uno accanto all’altro ma non sono insieme? In ambienti che sembrano aggregati senza centro e non trasmettono più identità. Abitati da una umanità che sembra aver perso -con l’abitudine alle relazioni- anche il controllo sul territorio. Vite che tendono a chiudersi in una dimensione stretta, fino a guardare il mondo attraverso il display del proprio cellulare…?

L’onda dei giovani

La grande partecipazione che si è registrata nell’ultima consultazione referendaria (ma anche prima con le manifestazioni di piazza: pensiamo anche solo a quella del 13 febbraio a difesa della dignità della donna e della persona!) dice che qualcosa finalmente sta davvero cambiando in fatto di relazioni. E non solo in Italia. La generazione dei nativi digitali, descritta come capace solo di giocare con il cellulare e totalmente disinteressata al mondo che li circonda, in realtà ha rivelato (e continua a rivelare!) voglia di futuro e insieme una grande volontà di determinare le politiche nazionali.

Il futuro irrompe attraverso i Social network

Questi giovani sono i soggetti che si trovano più a disagio e insieme la parte più attiva della popolazione. Si muovono con disinvoltura nel cyberspazio e ne sanno sfruttare le potenzialità. Cercano perciò altre vie e linguaggi per affrontare gli elementi che rendono problematica per tutti la relazionalità. Soprattutto attraverso Facebook  -canale orizzontale, in totale sintonia con il loro disagio- mandano alla politica, (e non solo!) un messaggio forte e chiaro, impregnato del loro dolore e di tanta speranza. La rete tutta recupera ed esprime, mentre il passaparola si diffonde e si amplifica.

In tempi di precarietà e disoccupazione, i giovani esprimono quel bisogno di verità e di rispetto, che è nel cuore di tutti. Non chiedono miraggi ottimisti, ma pensano il bene pubblico e scoprono il dovere, la responsabilità. Di fronte a politici che ignorano il mondo reale e ne inventano di falsi pur di conservare il potere, gettano in rete la loro rabbia. Da soli e senza molto leggere i giornali riescono a coinvolgere e a smuovere la maggioranza del popolo elettore, testimoniando la necessità e l’urgenza di pensare seriamente e drammaticamente al futuro.

Scommettere sui giovani

E quando i giovani entrano in scena -si sa- non sono mai una presenza incolore o amorfa; di solito invece cambiano la scena. Le stesse istituzioni non possono resistere. Così il sistema di comunicazione politica, finora affidato a personalità e partiti abituati a parlare solo fra se stessi e senza contatti veri con i cittadini, si sta trasformando in un continuo, personale colloquio con e fra milioni di sconosciuti, senza leadership riconosciute e senza messaggi ideologici compiuti, ma variegato nelle mille forme del digitale.

Essere autentici e veri

Per noi si tratta di affrontare con spirito insieme nuovo e antico questo cambiamento; di capire l’ampiezza e la profondità della nuova presa di coscienza civile e politica che sta attraversando molti strati della popolazione italiana e anche della Spagna, del Nord Africa…

Si tratta anche di non restare sordi alle tante sfaccettature di questo grido, di recuperare le radici della dimensione relazionale messa in rete, per rispondervi in modo adeguato. Relazionarsi in fondo è acquisire nel quotidiano l’abilità di dare e di ricevere con umiltà. È comunicare bene per giungere a un bene comune. Nel senso di imparare l’arte del mettere in comune, del convergere a partire dalle differenze, dell’ascoltare ed esprimere i bisogni e i desideri più autentici… Comunicare in effetti è un movimento circolare, reciproco, interattivo. Non esercizio arrogante del potere, ma scambio che non lascia immutati e modella invece l’identità.

Ogni relazione che sia autentica -e perciò evangelica- esige da tutti questa disponibilità quotidiana e concreta a rimettersi in cammino verso un oltre i cui confini non sono mai nitidi e chiari. Si scopriranno così nuovi orizzonti, in alternativa ai piccoli panorami degli interessi individuali e alle scelte di corto respiro. E nel cuore si rafforzerà la serena certezza che i semi del Regno, anche in questo nostro tempo, continuano a germogliare nelle pieghe contraddittorie dell’umano e a mettere radici nella storia.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Vecchiaia: zona rimozione forzata?

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giu 24 2011

L’Italia, con il precariato in aumento e i ‘cervelli in fuga’, non si presenta certo al mondo come un paese per giovani. Lo è almeno per vecchi? E se il vecchio è una donna?… Nel panorama politico e mediatico italiano l’unica donna ‘bella’ sembra essere quella giovane e la sola strada, perché una donna si senta socialmente accettata, è restare giovane e bella a dispetto del tempo.

Banalità corali…

“Anziano sarai tu”: è un’espressione apparsa su manifesti affissi dal Comune a Torino, con l’obiettivo di invogliare i vecchi ad impegnarsi in un servizio di volontariato civico. Indirizzata a persone anziane ancora attive, si accompagna al disprezzo per chi dimostra la sua età reale e suona come un insulto alla condizione di anzianità, che vede su di sé i segni della lenta morte rappresentata dal trascorrere del tempo. Se una pubblica amministrazione tranquillamente sponsorizza tale idea di vecchiaia, ci si può stupire che sia prioritario per tanti (e più ancora per tante!) mantenere il più a lungo possibile un aspetto giovanile?

Ma la vecchiaia non è solo un tempo naturale della vita (che nessuno per altro è sicuro di raggiungere!)? E l’autorevolezza, la saggezza, che pure derivano dall’esperienza, che fine hanno fatto?

…ed elogio della vecchiaia

In un discorso ai milanesi il politico Nichi Vendola qualche settimana fa diceva:“La vecchiaia una malattia? Rilassatevi. Siamo vecchi! E godetevi la vecchiaia che è una cosa bella…Diventiamo tutti fragili. La fragilità è la cosa più bella della condizione umana perché ci rende fratelli e sorelle nel mondo. La bellezza?… è nell’impegno, è nel cuore. E non è nelle curve o nell’ombelico! Ma spegnete quella TV volgare! Aprite il cuore alla conoscenza del mondo! Questo dobbiamo fare”.

Corpo senza difetti e senza età

È vero ciò che questo parlare lascia sottinteso: oggi ‘pochi sanno essere vecchi’. Ma è certo anche che non è facile invecchiare serenamente nel nostro mondo (anche quello religioso?!?) in cui -dalla televisione, e non solo; a tutti, e soprattutto alle donne- vengono proposti modelli sociali di giovinezza a tutti i costi. Modelli in cui un’immagine di perfezione fisica, tirannica e irreale, condiziona pesantemente la vita, in primo luogo delle donne, ad ogni età; in cui la giovinezza è considerata una ‘fortuna’ non ancora dissipata dal tempo; e il diventare vecchi una sconfitta da ritardare il più possibile, e comunque da nascondere; vissuta dai più come una condizione di cui doversi vergognare pubblicamente. Quasi la ratifica, insomma, di uno stato sociale decaduto, equivalente di inutile.

Ma provare a nascondere il corpo mortale e ad esaltare il corpo bello e vitale non serve a niente: senza l’uno non si dà l’altro. Il corpo va accolto nella sua “doppiezza”, nella sua ambiguità, nel dubbio e nella prova che porta in sé.

Le sfide dell’invecchiamento

Certo è necessario conoscere le limitazioni imposte dalla vecchiaia, come è altrettanto indispensabile imparare ad accettarle, mettendo a frutto quanto si è appreso durante tutta la vita. Nei vecchi, per esempio, la paura della morte è più grave e più insistente. A volte è un’idea fissa, che getta ombre nere sopra ogni ora della vita e ne accompagna i pensieri. Per moltissimi è il maggior tormento dell’ultima età, perché se i giovani possono morire, i vecchi devono morire. Occorre non ignorare, ma esplorare questi aspetti che terrorizzano tanti… Discendere nel dolore muto dei propri giorni può, infatti, condurre alla scoperta di tesori inattesi. Permette comunque di raccogliere un prezioso messaggio che è luce e senso per la vita: la vecchiaia e la morte sono passaggi dell’avventura umana da vivere in pienezza e da mettere a frutto per se stessi e per le persone che ci stanno intorno; una fecondità manifestata nella tenerezza e nella dolcezza, nell’equilibrio e nella serenità…Invecchiare consapevolmente è la strada per riuscirvi, la grande occasione per operare la sintesi di una vita.

Radici di un’idolatria da portare allo scoperto

La pubblicità -lo sappiamo- vende valori e immagini; vende concetti di amore e di sessualità, di romanticismo e di successo personale. Soprattutto vende un concetto di ‘normalità’. Dice, in un certo senso, chi siamo e chi dovremmo essere.

Della donna suggerisce che la cosa più importante è come appare. Così abitua a considerare ‘normale’ che il suo corpo, finché è bello e giovane, venga mercificato; che diverse sue parti siano manipolate in funzione di una bellezza artefatta a sfondo sessuale; persino che sia “concesso” per poter ottenere un lavoro facile e ben retribuito…

Le donne vecchie nella pubblicità

Parallelamente le donne vecchie nella pubblicità sembrano vivere solo l’angoscia di addentare una mela senza lasciarvi attaccata la dentiera, o di tenere sotto controllo la vescica debole. A loro la pubblicità affida il compito di verificare -come suocere immarcescibili- il bucato della nuora o l’anticalcare sui sanitari dei figli…

La buona vecchiaia

Il tutto certo suscita grande sconcerto. Ma fa anche riflettere. Come abbiamo potuto lasciare che potere, denaro, adulazione e sesso -usati per catturare l’attenzione del consumatore- si insinuassero nella mente di tanti, portassero sempre più donne a ‘rifarsi’ con la chirurgia estetica per sentirsi meno ‘fuori posto’;  per cercare di essere più piacenti attraverso una manutenzione esteriore. Come se la bruttezza fosse una colpa e la vecchiaia una malattia.

Come è stato possibile arrivare a questo? Noi dove eravamo? E, personalmente, quale idea e quale esperienza abbiamo della vecchiaia?

Se il mercato consumista di ‘cose’ e di idee, quasi insensibilmente, rende le persone sempre più passive e più schiave, il tempo invece dedicato alla socializzazione, alla lettura, alla riflessione, al pensiero critico è la via più diretta per recuperare in sé la ‘libertà’ più vera; per vivere i giorni maturi della propria vita come tempo di una contemplazione più acuta che apre alla saggezza; per strapparci dal cuore quell’immagine interiore brutta e incompleta per cui non riusciamo a credere  che, se qualcuno ci conoscesse davvero come siamo, ci potrebbe amare.

Solo Dio ci conosce veramente. Solo il suo giudizio conta davvero. Questa certezza interiore accompagna un invecchiare sereno che ispira autorevolezza.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Stupidità da denaro

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giu 10 2011

Malattia diffusa

C’è chi nel proprio quotidiano riesce a vedere, pensare e sognare soltanto denaro. E forse senza nemmeno esserne consapevole.

“Credo che dobbiamo tornare a imparare che i soldi vanno sudati e che non ci sono guadagni facili”. E’ il commento di Cesare Prandelli -ct azzurro- al nuovo scandalo legato alle partite di calcio truccate per incassare le vincite delle scommesse. Un’altra brutta pagina che fa male. Lo scandalo si va allargando alla serie A e su di esso comincia a stendersi anche l’ombra della criminalità organizzata, l’unica che può permettersi di movimentare certe cifre. Così s’intacca di nuovo la speranza di un mondo che -sempre secondo Prandelli- “è pulito, immune da trucchi e inganni, fatto per il 99,99% di entusiasmo e di valori”. Poi, dice “c’è una percentuale minima di stupidi che non fa testo”.

Ma si tratta davvero, nel nostro mondo, di una percentuale minima di stupidità da denaro?

‘Fame’ di bellezza e di bontà che non si estingue

Infiniti sono gli scandali che si rincorrono nel nostro mondo ogni giorno: milioni di «ca­se fantasma» – immobili mai de­nunciati al catasto e al fisco; continue raccomandazioni fra potenti; tangenti regolarmente accettate da troppi come ‘donazioni’. O più comunemente: pagare in nero per evadere l’Iva… fino ad arrivare ad attribuire un valore in denaro alle persone e a parte del loro corpo!

Persino nei discorsi quotidiani, quando pure si affrontano temi diversi, chissà perché si arriva sempre a chiedersi di ogni cosa: quanto costa? Come se in base al prezzo si potesse decidere della bontà e della bellezza di un oggetto. Questa stupidità da denaro, certamente facilitata dalla cultura dominante, oggi sembra essersi affermata come regola che investe l’intera società occidentale. Non è più uno spettacolo inatteso e, se nella sua radice etimologica stupiditas significa stupore, di fronte agli odierni e così diffusi scandali, anche solo meravigliarsi è diventato impossibile.

Doppia morale

Certo è che se ci si abitua al male, questo finisce per non sembrare più male, ma semplice opportunità. Così viene considerato immorale solo il comportamento di chi imbroglia e poi si fa scoprire. È questo che scandalizza. Come se la colpa non stesse nell’azione, ma nel come è stata compiuta. Come se per sentirsi onesti bastasse frequentare persone più disoneste di noi. Il fatto è che, se nella vita sana e normale certamente è meglio essere che sembrare, nella stupidità è meglio sembrare che essere.

Forse tutti, nel nostro quotidiano, conosciamo persone che sembrano vivere per spendere, accumulare e poi mostrare quello che possiedono… Ma una vita che ‘vede, pensa e sogna soltanto denaro’ si fa banale, noiosa e perfino asfissiante. E se non è il denaro in sé a provocare la stupidità, è però l’interesse che il denaro accende nel cuore, insieme al modo in cui lo si consuma, che porta la persona a togliere importanza a tutto il resto.

Apparente sicurezza e vite ridotte in cocci

Lo ‘stupido’ non pensa mai di essere tale. Guarda unicamente al risultato, agisce, non pensa. Cammina come se la vita e i giorni fossero solo un fare e mai un pensare. Così non ha dubbi e mai ha paura di sbagliare. Generalmente ripete inconsciamente i propri errori, appare incapace di correggerli, di darsi delle regole. Sembra, perciò, non essere in grado di scegliere la strada da imboccare.

La società del denaro, chiusa com’è nella sua apparente sicurezza, non è in condizione purtroppo di cogliere la bellezza del mondo e neanche il suo affanno. Sulle sue strade non è difficile perciò incontrare persone ridotte a un salvadanaio, che troppo facilmente può essere rotto lasciando in giro solo cocci.

Se il cielo prende dimora fra noi

Sentiamo tutti nel profondo di noi stessi che nella vita contano solo i rapporti fatti di amore e di comprensione. Il che significa riconoscere in sé la chiamata ad andare oltre se stessi per essere presenti per gli altri e aver bisogno di loro…

Ma quali possibilità ha la luce dell’amore di squarciare l’oscurità dei nostri tempi?

È possibile assumere la propria vita concreta e reale così com’è e impegnarsi a costruire relazioni che siano di volta in volta sempre più significative?

Amare anche i malati del denaro, sia quelli da privazione, sia gli obesi della ricchezza e dello spreco?

È certo che questo amore non arriverà a noi sotto forma di ‘oggetto smarrito’. Amare infatti è il frutto di uno sforzo lungo e costante, rischioso e sempre soggetto a battute d’arresto. Richiede anni di una crescita poco spettacolare, fatta di cure attente e costanti, intense e a volte sfibranti.

Ma la vita certamente è più semplice di quello che pensiamo e anche più breve. Vale la pena impegnarvisi a fondo e senza aspettare domani per cominciare. È comunque straordinariamente bello camminare nell’oggi con gli occhi bene aperti e con il cuore spalancato alla speranza e all’amore.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

L’inutilità della retorica

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giu 01 2011

Retorica e discorso politico

Tempo di elezioni, tempo di bugie. Politici e con loro anche molti intellettuali giocano con le parole come se non occorresse più pensare e far pensare, ma solo nascondere il male sociale. Ci chiediamo quale potere reale abbiano le parole pronunciate da chi:

- è impegnato a giustificare le incoerenze di un certo potere per mantenerlo saldo e renderlo anzi più ampio;

- è preoccupato unicamente di  ‘parlare’  per persuadere e far passare consensi;

- soprattutto sfrutta l’occasione per guadagnare per sé un po’ di reddito o di notorietà.

Certamente tali parole del potere sono segno di profondi limiti politici, culturali e umani. Si sente dire e ripetere da tante parti che i politici sanno solo parlare, che la politica serve unicamente a chi la fa, che è lontana dai fatti concreti, che è solo retorica, oratoria falsa e ingannevole per far passare messaggi non veritieri. Mentre la stampa troppo spesso appare fusa con la politica e incline al disfattismo.

Crisi del consenso

In tale quadro la politica contemporanea soffre in Italia di una crisi profonda del consenso e non riesce certo a trasmettere all’opinione pubblica alcuna passione.

Intorno al tema, V. Andreoli, noto psichiatra e scrittore, nel suo ultimo libro Il denaro in testa, tristemente riflette sul fatto che oggi “il luogo degli intellettuali è la televisione, un mezzo fatto apposta per produrre denaro. I potenti la governano e sono loro ad assoldare gli intellettuali per farli apparire in questo ambiente dove non si fa cultura, la si ammazza”. E conclude: “Senza cultura è come essere in un deserto a piangere la distruzione della società, attuata per consentire a pochi idioti di esprimere il loro delirio di onnipotenza”.

Ma allora la retorica si può ancora intendere, come in tempi ormai lontani, come un mezzo per spiegare meglio come stanno le cose? O non è invece, davvero, solo ricerca dell’effetto a sostegno dell’utile di pochi, mentre il potere rimane ancorato nelle mani di chi vuole prevaricare sugli altri?

«L’Italia si salva solo con un soprassalto di responsabilità»

«Dalla crisi oggettiva in cui si trova, il Paese non si salva con le esibizioni di corto respiro… ma solo con un soprassalto diffuso di responsabilità che privilegi il raccordo tra i soggetti diversi e il dialogo costruttivo». È il richiamo agli italiani del presidente della Cei A. Bagnasco.

Nel contesto attuale fanno ben sperare:

- il fatto che oggi non si possono più nascondere le cose che accadono, perché viviamo nel  tempo di internet e delle conoscenze “in tempo reale”;

- l’intuizione, che si fa strada nella mente e nel cuore della gente, di un modo di vita alternativo dentro la realtà politica;

- la voglia di sviluppare finalmente un personale e profondo senso critico per poter partecipare attivamente alla vita politica del proprio Paese.

E’ questo senso critico infatti che aiuta a far ragionare gli individui, sempre che essi vogliano difendersi dall’imposizione e senza che ciò si traduca nel divieto e nella proibizione della parola altrui.

Poca retorica e parole misurate

Così oggi molti cittadini non accettano più di dare solo il proprio consenso; cercano riscontri, vogliono sapere come stanno realmente le cose. Sono disposti a ripensare la propria partecipazione diretta alla cosa pubblica, ma chiedono una politica che si interessi e affronti realmente i temi più caldi e concreti, che davvero condizionano il quotidiano di tutti: dalla disoccupazione al precariato e alla scuola, dalla condizione della donna al diritto della casa, dai trasporti ai rifiuti, all’ambiente… Mentire spudoratamente a chi chiede sincerità e conosce la verità equivale alla cronaca di una fine annunciata.

Emergenza umanitaria senza progetto

In questi mesi, per esempio, una rivolta ancora priva di una direzione precisa sta scrivendo la Storia nel Mediterraneo, mentre continua anche a fare di questo nostro mare la fossa comune per tanti che cercavano speranza, ma non sono arrivati ad essere considerati ‘nostri’. Sono eventi internazionali che toccano il nostro Paese e il quotidiano di ogni cittadino. Chiamano alla responsabilità tutti e soprattutto chi in varia misura e con diverse modalità ambisce a gestire, a conservare o a conquistare il potere. Non si tratta di un’invasione, ma di una carenza strutturale nel nostro sistema di accoglienza per i rifugiati, a cui finalmente va posto rimedio.

”Ognuno è responsabile per ciò che fa … e per ciò che lascia fare” (Richard Von Weizsäcker)

Se l’impegno etico individuale è sempre necessario, ai nostri giorni però non basta più.

Sull’esempio dei cittadini di Lampedusa cresce in Italia il numero di chi chiede ai palazzi del potere di affrontare finalmente questi fenomeni con quella responsabilità che negli stessi palazzi sembra essere diventata virtù introvabile. Nel suo quotidiano intanto s’impegna con passione per:

- essere luogo di dialogo in un tempo di incertezza e di diffidenza;

- testimoniare la comunione e l’accoglienza pur vivendo nelle difficoltà derivanti dalle novità di vita del nostro oggi.

- esprimere e far valere la propria opinione in tutte le sedi possibili, coinvolgendo i giovani in questo stile di vita. Un’opinione non perentoria e assolutista; ma consapevole, argomentata e dialogata: prima espressione di una rinascita della democrazia.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Più libri e più liberi

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mag 24 2011

Il Maggio dei libri, appuntamento fisso nel calendario delle manifestazioni culturali italiane, si avvia ormai alla conclusione. Tanti, motivati alla campagna nazionale di promozione del libro e della lettura per il 2011, hanno lavorato insieme per questa celebrazione coinvolgendo soggetti pubblici e privati. Moltissimi anche gli eventi culturali organizzati in tutta Italia e le iniziative messe in atto per sottolineare il valore sociale del libro, farne conoscere le potenzialità, portarlo tra la gente e distribuirlo. Tutto potrebbe contribuire nell’immaginario collettivo ad identificare il libro come un autentico compagno di vita.

Ma la realtà ci dice che:

- in Italia siamo ancora all’ultimo posto rispetto all’Europa per l’indice di lettura;

- le librerie indipendenti chiudono, soffocate dai supermercati e dalle librerie di catena;

- i lettori ‘forti’ sono in calo, sostituiti dai consumatori ‘usa e getta’, che con le librerie on line diventeranno forse gli esperti del ‘taglia e cuci’.

Crescere con i libri

Tutti leggiamo. Questa è una certezza. Ma perché si legge e come si impara a farlo? Quali meccanismi emotivi si attivano? Come nasce la passione per la lettura?

L’abitudine alla lettura può giustamente essere considerata elemento chiave della crescita personale, culturale e sociale. Aiuta a capire meglio se stessi e gli altri; mette in moto la mente e anche l’esistenza; potenzia la capacità di fare le scelte più giuste; orienta a scorgere particolari della vita quotidiana che altrimenti sfuggirebbero. E, cosa forse più bella, sviluppa quella particolarissima capacità di “coccolarsi”, che fa ritagliare solo per sé momenti buoni per rilassarsi; per avere risposte che nella vita ordinaria, spesso, non troviamo; o per vivere una nuova breve vita in nuovi e sempre infiniti mondi.

Stato della lettura in Italia

Secondo dati pubblicati dall’Istat, in diverse case dei nostri connazionali purtroppo i libri mancano o sono molto pochi. Nelle famiglie, invece, dove essi sono presenti e dove la biblioteca domestica è più consistente e consultata anche dai genitori, allora si rileva un significativo incremento della quota dei giovani lettori.

Chi legge di più in Italia, secondo i dati dell’ISTAT, sono comunque i giovani e i giovanissimi, con un picco tra gli 11 e i 14 anni. La quota decresce con l’aumentare dell’età, per diminuire drasticamente dai 65 anni in poi e raggiungere quindi il valore più basso tra la popolazione di 75 anni e più. Sono dati che possono sorprendere, ma in fondo confermano che sono proprio i giovani –i meno attaccati al potere- i più ‘liberi’ per leggere: preoccupati di capire e di aiutare l’altro, preferiscono essere ‘umani’ piuttosto che ambire ad occupare una posizione. Non sono insomma ancora malati di ‘potere’.

Potere dei libri

Il potere del libro è quello di unire e non di dividere. Permettendo, infatti, la circolazione del pensiero e delle idee, unisce popolazioni e generazioni diverse; avvicina le culture e porta a scoprire quell’intercultura che è la strada perché uomini e popoli imparino a vivere in pace. Contribuisce insomma a formare una società globale orientata alla reciproca conoscenza, tolleranza e solidarietà. E tutti oggi sperimentiamo, più o meno direttamente, la profondità di questo bisogno nel grande movimento di popoli che caratterizza il nostro tempo.

Eppure alcuni scrittori nel Novecento, tralasciando la questione della giustizia e della dignità umana, hanno voluto credere a un incantesimo: la presa del potere per fini giusti, per diventare, in realtà, costruttori e consumatori di un potere da cui poi risulta tanto difficile separarsi. Oggi addirittura nel mondo occidentale il libro spesso vale non per ciò che dice, ma per i soldi che fa guadagnare. Usato perciò nella ricerca di un potere politico o economico… Sicuramente non è questo genere di libri che rende migliori e più liberi. La letteratura, infatti, per sua natura è altro rispetto al potere che vincola all’obbedienza. È piuttosto potenza che richiede grande onestà intellettuale e, in coerenza con essa, induce anche al coraggio di stroncature memorabili e alla disobbedienza. Un dono genuino e necessario soprattutto in tempi pericolosamente inquinati dalla ricerca del potere corrotto e drogato.

Pedagogia dei Grandi Libri

Un libro è inutile se non c’è qualcuno che lo legga, così come si grida al vento se non c’è chi possa ascoltare quanto viene detto. I Grandi Libri invece sono sempre attuali: costituiscono serbatoi di idee, o per lo meno offrono tracce per poter cercare e imparare. Ci sono libri che si leggono, si rileggono e, poi, si leggono ancora. Sono quelli che mettono in moto tutto dentro di noi: emozioni, sentimenti, attività di pensiero, volontà… Le loro parole risuonano nella persona come un’eco. Appaiono perfette per esprimere qualcosa a cui prima non si sapeva dare forma. Sono sentite dalla stessa persona come una parte di sé, forse perché già le erano dentro e in esse, perciò, riesce a riconoscere realtà che le appartengono. All’Autore di ognuno di questi libri è facile dare del tu come a preziosi compagni di vita.

Ma è anche vero che “il più prezioso degli scritti rimane senza alcuna efficacia se capita nelle mani di chi è incapace di leggerlo come si deve. Sappiamo bene che la capacità di leggere richiede molto esercizio” (Adler)… e -vogliamo aggiungere- anche una guida esperta: è il compito affidato ad ogni persona che abbia ricevuto dalla vita il dono di diventare lettore.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

15 MAGGIO: GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA FAMIGLIA

Senza categoria | Posted by usmionline
mag 12 2011

Sembra che della famiglia si prenda coscienza solo quando la sua situazione comincia a farsi problematica. Nel nostro Occidente da anni si parla di: “crescita zero”, fuga dal matrimonio, riduzione delle celebrazioni nuziali, aumento del numero e crescente precocità delle crisi coniugali, famiglie “allargate”… Non stupisce, allora, che le Nazioni Unite nel 1993 abbiano deciso di proclamare il 15 maggio di ogni anno la Giornata Mondiale della Famiglia.

Festa della Famiglia: un’occasione

La decisione riflette l’importanza che la comunità internazionale attribuisce alla famiglia, mentre offre al mondo l’opportunità:

-         che governi, organizzazioni non governative, scuole, singoli individui, le tante Religiose da sempre impegnate nell’ambito della famiglia, tutti ci impegniamo a celebrare con autenticità tale ricorrenza per promuovere una migliore comprensione delle funzioni, delle risorse, dei problemi e dei bisogni legati alla famiglia;

-         che i Paesi dimostrino quale concreto sostegno sono capaci di dare alle famiglie;

-         che nelle diverse iniziative messe in atto ognuno possa trovare un aiuto per rimeditare il proprio ruolo nei confronti dei giovani e nella Chiesa realizziamo insieme una pastorale della famiglia che non sia più solo per la famiglia, ma con la famiglia.

La famiglia è realtà che tutti gli Stati devono tenere nella massima considerazione, perché, come amava ripetere Giovanni Paolo II, l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia. La politica insomma è chiamata a creare condizioni-base favorevoli nei suoi confronti, in tutti i settori della vita; a sostenere le coppie nelle loro scelte a favore dei figli; ad affrontare concretamente quegli aspetti che ne limitano fortemente le potenzialità: la carenza di abitazioni e il loro costo elevato; una politica fiscale poco favorevole e la precarietà nel lavoro; la mancanza di aiuti alle famiglie numerose…

La Famiglia: scuola dell’amore e microcosmo della comunità globale

La famiglia fondata sul matrimonio è cellula vitale e pilastro della società e, in quanto “patrimonio dell’umanità”, interessa credenti e non credenti. Essa è il luogo delle emozioni e dei sentimenti personali che ci accomunano tutti perché sono radicati nell’universalità del bisogno di amare, di essere amati e riconosciuti. Questo senza che la propria esistenza al suo interno si svolga come un idillio, ma sia vissuta dentro una famiglia che conosce difficoltà e dolore; che è fatta di fragilità; che non è perfetta, né tanto meno un esempio di romanticismo poetico.

La famiglia permette di sperimentare nuove dimensioni della propria umanità e per questo diventa punto di riferimento nella vita. Diventa cioè per i singoli la forza per vivere dentro il mondo e anche di andare per il mondo, perché non toglie la libertà di agire da singolo, ma dà anzi la forza di farlo. Come prima struttura sociale è il luogo in cui si impara a conciliare diritti e doveri, libertà propria e rispetto dell’altro. E’ il luogo naturale per il dialogo e per il confronto, per partecipare e condividere gioie, problemi e interessi personali. Si può dire perciò che il bene della società, il suo nucleo vitale, è strettamente legato alle sorti della famiglia-microcosmo sociale vero e proprio.

Le ferite della Famiglia oggi

 

Per aiutare questa famiglia è necessario capire come si presenta oggi: chi sono i nuovi padri, le nuove madri, i nuovi figli; su quali modelli costruiscono la felicità, l’educazione, il benessere; su quali errori si sviluppa il disagio.

Se i problemi della famiglia oggi sono tanti, il massimo sembra essere rappresentato da genitori che hanno disimparato a essere presenti e autorevoli nella vita dei loro figli, impegnati spesso a realizzare se stessi più che a vivere responsabilmente il loro ruolo. Soprattutto la figura del padre appare così sbiadita e periferica che spesso non costituisce più punto di riferimento. I giovani genitori -spesso immaturi- o sono troppo esigenti e autoritari; o poco esigenti e accomodanti, per cui trasferiscono le proprie rimozioni e inibizioni ai figli, causando in essi involontariamente vari disturbi del carattere e a volte angoscia permanente.

Se invece un figlio nell’infanzia o nell’adolescenza è fatto passare  attraverso piccole prove graduali, allora nella vita sarà forte e potrà essere d’aiuto anche ad altri.

La forza della famiglia in tutti i tempi

Pur con i suoi cambiamenti la famiglia ‘resiste’ al tempo perché per natura è un legame che non serve a fare denaro o a ottenere successo. Serve invece a vivere e a dare alla vita un senso. Abbiamo bisogno infatti degli altri per essere noi stessi. Stando con gli altri mi percepirò più precisamente per quello che sono e non solo per quello che le mie potenzialità sono in grado di fare. Forse riuscirò anche a percepire la forza che è nella debolezza e acquisirò il coraggio della mia insufficienza e temerò l’onnipotenza dell’uomo e non i suoi limiti.

Sogno di vita in comunione

La sfida è coltivarci come persone comunitarie, coltivare sogni di comunione; nei piccoli e grandi spazi della vita fare casa, fare spazio intorno a noi e non stancarsi di tessere e ritessere relazioni. Per questo occorre fermare la corsa della propria vita e interrogarsi sul perché di quella velocità che a volte non lascia respirare e impedisce anche di pensare. Il tempo che fugge non permette più di perdere tempo. E scegliere diventa una necessità. Si può sempre ripartire, oltrepassare la soglia del non detto, del non fatto, del fatto male… Ma tenendo presente nel cuore che la base stessa della libertà è sempre la consapevolezza di un limite. In compagnia di Dio e attingendo alla forza della Sua paternità nessuno può pensare di essere solo nella fatica o vinto dalla pochezza delle proprie forze. Si può davvero così accogliere dal cuore del Padre anche la misericordia verso se stessi e i propri fallimenti. E ripartire ogni giorno da questa luce.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

I giovani e l’ingresso nel mondo del lavoro

Società | Posted by usmionline
mag 05 2011

Che siamo in crisi nessuno osa più negarlo. Intanto la crisi continua e si accanisce sui giovani. Questa la fotografia scattata a marzo e resa pubblica alcuni giorni fa dall’ISTAT.

I problemi che i giovani sentono e si pongono per il futuro –ammonisce il Presidente G. Napolitano- sono gli stessi che si pongono per il futuro dell’Italia. Quella che stiamo vivendo è una crisi economica, culturale, spirituale, etica. Tocca i fondamenti della nostra civiltà.

Disoccupazione è precarietà

In un mercato del lavoro in continuo mutamento, la maggior parte di chi è formalmente disoccupato svolge in realtà lavori saltuari, poco remunerati, nella totale assenza dei più elementari diritti dei lavoratori e con contratti a brevissimo termine. Per non parlare del lavoro nero, sommerso, il quale finisce semplicemente con il sommergere l’individuo. Disoccupazione oggi è precarietà. Ma che cosa diventa precario?… le condizioni di lavoro o l’esistenza del lavoratore? E qual è la soglia di sostenibilità di una vita precaria?

Effetti devastanti della disoccupazione

- L’impossibilità di accedere in tempi ragionevoli a un lavoro stabile porta con sé ambiti di incertezza e una perdita di autostima persistente nel tempo… al punto che la precarietà finisce col diventare un vero e proprio stile di vita. Porta a scoraggiamento, a soffrire per disturbi d’ansia e anche a un calo di motivazione nella ricerca di un impiego futuro. Porta un ritardo sempre più accentuato del passaggio da eterni figli a genitori. Passaggio che mette a rischio un equilibrio sociale ed economico già abbastanza fragile.

- Costretti a fare affidamento sul portafoglio dei genitori, anche i giovani che vogliono laurearsi dovrebbero potersi scegliere i genitori con relativo studio ben avviato, dato che ancora oggi il mestiere si trasmette per via ereditaria. Oppure possono scegliere di studiare bene un paio di lingue straniere e di tenere il passaporto pronto. Ma quando la cosiddetta fuga dei cervelli all’estero diventa frequente come negli ultimi anni, allora un’enorme quantità di capitale umano rischia di andare tristemente sprecato. Ci perdono i nostri ragazzi, che saranno sempre meno capaci di contribuire alla crescita del Paese. Ma non solo loro. Ci perdiamo tutti.

Politiche giovanili e del lavoro

A fronte di questa crisi che non molla, è difficile immaginare un’inversione di tendenza. Si tratta di una vera e propria questione nazionale e va affrontata come tale. Non basta certo che tanti si sforzino di ricostruire i fatti che riguardano i giovani assecondando mentalità e senso comune, fino a considerarli viziati, bamboccioni, persone con aspettative irrealistiche… Fino ad attribuire loro la colpa della propria disoccupazione: troppo istruiti -si dice- gli under 30 non si adatterebbero più a fare gli umili e sani lavori di una volta.

Ma questo dato è in contraddizione con il fatto che in Italia il livello di istruzione negli ultimi anni si è alzato meno che in tutti gli altri Paesi europei. Bisognerebbe invece pensare seriamente a rendere più competitivo il sistema produttivo italiano. Il che significa decidere di investire di più su innovazione e ricerca, evitando di far ricadere in gran parte la competizione -come purtroppo è ora- sul costo della forza lavoro e sulle famiglie.

L’indifferenza non paga

Sembriamo essere privi della sintassi del bene comune, la sola che possa spingere a decidere di muoversi verso l’innovazione dei processi, di puntare su istruzione e ricerca, scommettendo sul potenziale delle nuove generazioni. Ma non si può subire passivamente la realtà che ci circonda, né distruggerla o fuggire. Non si può nemmeno soggiacere a una cultura disumanizzante o all’indifferenza.

I giovani sono la parte sana che può dare nuova vita alla parte adulta e inquinata dell’umanità. Essi vivono il tempo come ‘nascente’, e questo può ridare slancio agli ideali.
A questa nostra società che si sta corrompendo e disgregando serve un’iniezione di amore. E se non è nelle nostre possibilità cambiare il mondo, è però nelle nostre possibilità cambiare il nostro cuore. È urgente perciò varare un patto sociale condiviso e mettere in atto strategie coraggiose di indirizzo.

Produttori di bene comune

Sarà il cuore a farci capaci di riportare nel mondo del lavoro il primato della persona; a farci operare per rendere dignità, umanità, capacità critica e di sogno alle persone.

Scrivere il futuro in fondo significa semplicemente creare le condizioni per vivere nuove libertà: dal bisogno, dall’imbarbarimento mediatico, dalla mercificazione del lavoro, dal globalismo commerciale e finanziario. Per questo è necessario che ognuno di noi -e insieme- ogni giorno scegliamo da che parte stare e da quale prospettiva guardare il mondo, ricordando che “Il cristiano è un produttore di bene: e di bene sociale. Sta nella società per questo: per fare il bene”: lo diceva Igino Giordani, ma è un messaggio più che mai attuale.

Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it

Conclusione dell’Assemblea

ASSEMBLEA NAZIONALE 2011 | Posted by usmionline
apr 29 2011

Roma 29. 04. 2011

 Conclusione della 58°assemblea nazionale 2011

 Care sorelle,

Si sta per concludere la nostra 58ª assemblea generale. Un’assemblea davvero significativa e direi anche ricca di vita, di luci, di orientamenti che potranno accompagnare e illuminare il vostro servizio di animazione delle comunità a voi affidate.

Nel cuore porteremo per lungo tempo la dolcezza di una esperienza ricca di fraternità serena, insieme a tanta ricchezza di contenuti e di esperienze condivise che in questi giorni hanno contribuito ad aprire brecce di essenzialità e di futuro per una vita religiosa fraterna bella, sempre più umana perché generata dallo Spirito, una vita religiosa che ritorni ad affascinare a ad attrarre, non tanto per aumentare i numeri, ma piuttosto perché in molti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza, perché anche loro siano in comunione con noi.

Padre Bisignano, ieri molto candidamente, mi confidava: “sa, durante la S. Messa mi sono commosso nel guardarvi, perché avvertivo dentro di me qualcosa di grande e mi andavo ripetendo: ecco, qui è il lievito evangelico della vita religiosa femminile nella chiesa!”.

Mi pare di poter affermare che tutte ripartiamo da questa convocazione abitate più dalla speranza e dalla fiducia che appesantite da preoccupazioni e paure.

Ancora una volta il Risorto in mezzo a noi, ci ha rassicurate e pacificate perché ci ha fatto dono di comprendere che solo accogliendo la sua logica impregnata di imprevedibilità  riceviamo la sua pace, che solo divenendo suo corpo dato e suo sangue versato diveniamo sorelle, che solo accogliendo di perdere e di morire avremo discendenza.

I nostri relatori, tutti, che ringrazio dal profondo del cuore sono stati in questi tre giorni per noi compagni di cammino davvero affidabili e guide sicure. Grazie!

Non posso concludere il mio saluto senza annunciare un evento molto importante per l’USMI.

L’anno 2013 sarà il grande giubileo per l’USMI, celebreremo il 50° della sua nascita ufficiale avvenuta nel 1963 con l’erezione sia canonica che giuridica.

Possiamo dire che l’USMI però esisteva già prima dell’USMI, siamo infatti alla nostra 58ª assemblea, ma il suo riconoscimento da parte della chiesa avvenne nel 1963.

La presidenza USMI si è già messa all’opera non tanto e non solo per celebrare un momento storico così importante ma soprattutto per dire,  nel modo più semplice possibile, ma anche efficace, quella parola profetica che l’USMI ha voluto sempre essere nella chiesa e nella nostra società, fin dalla prima intuizione che ebbero le nostre madri quando vollero la sua esistenza.

L’assemblea del prossimo anno 2012 segnerà l’inizio ufficiale del nostro giubileo (anno santo) e si concluderà con l’assemblea del 2013, che sarà anche elettiva.

Il S. Padre Giovanni Paolo II scrisse nell’esortazione apostolica Vita Consecrata: “voi avete sì, una grande storia da ricordare e da raccontare, ma soprattutto una grande storia da costruire! Guardate al futuro, nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi ancora cose grandi” .

Ebbene l’USMI è convinta che questo è il momento favorevole, il tempo della grazia per  accogliere questa sfida.

Care madri e sorelle, attendiamo anche da voi, in qualsiasi momento proposte e suggerimenti, idee e collaborazione perché davvero il nostro futuro lo vogliamo costruire insieme.

Grazie di cuore e, buon cammino a tutte.

Sr M. Viviana Ballarin, op
Presidente